Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019di Carlo Zacco
L’epica
1. L’epica medievale
La poesia epica nel quadro dei generi letterari
Gli elementi componenziali. La nozione di poesia epica è presente dalla filosofia greca fino al pensiero contemporaneo, ma ha assunto via via connotazioni diverse a seconda che si siano presi in considerazione il contesto culturale, il rapporto con la realtà ecc E possibile tuttavia adottare un criterio comune di classificazione che tenga conto della costante presenza di alcuni elementi componenziali comuni a tutti i testi appartenenti a culture e epoche diverse.
I primi riguardano la materia:
1. La storicità. Il tema viene posto in una realtà storica, anche quanto si è persa qualunque reale consapevolezza di essa, e anche quando questa realtà storica è fittizia.
2. Lo scontro. Tutte le azioni dell’epica vengono disposte attorno ad uno scontro tra parti contrapposte il cui esito è considerato decisivo per il destino collettivo.
3. L’eroe. La comunità si riconosce in un eroe che basa il proprio onore sulla riuscita della sua azione e che per essa può morire.
Altri elementi si riferiscono al testo in sé ed al contesto in cui esso trova la sua ragione desistere.
4. La struttura. Vari elementi del testo hanno caratteri topico e formulare tali da consentire innesti, ampliamenti, varianti, soppressioni.
5. Autore-pubblico. L’autore si pone allo stesso livello del suo pubblico, fa parte della stessa comunità, e non si distingue da essa restando anonimo: la voce narrante si riserva uno spazio minimo e il più delle volte i poemi epici sono anonimi.
6. Diffusione. Il testo è destinato ad una dizione pubblica, loci deputati le piazze, le vie molto frequentate, le fiere, da parte di un professionista che memorizza i versi, li canta accompagnandosi con uno strumento musicale.
Tale modello può essere applicato a testi di origine molto diversa tra loro per epoca e collocazione geografica.
La poesia epica nell’Europa medievale
La produzione epica medievale è immensa. Per l’analisi dell’epica romanza dobbiamo tenere conto in parte della tradizione Germanica, per via del ruolo che ha avuto nelle origini, in parte di quella mediolatina, con la quale la cultura monastica aveva familiarità, e della quale l’Alexandreis è il risultato più significativo.
Partiamo dall’inizio: le più antiche testimonianze di poemi epici sono le seguenti:
Testimonianze indirette. In alcune opere si accenna ad una produzione epica che però non ci è giunta.
? Tacito. Già dalle testimonianze contenute in Germania e negli Annales di Tacito, sappiamo che le popolazioni germaniche celebravano le gesta dei propri antenati tramite una assidua attività poetico-celebrativa. Sappiamo inoltre tramite testimonianze indirette che una tale attività era frequente anche all’interno di popolazioni germaniche insediate in territori romani, come i Franchi e Burgundi, ma non abbiamo testimonianze di ciò.
? Eginardo. Nella Vita Karoli inoltre Eginardo accenna ad una iniziativa di Carlo Magno di far trascrivere le gesta degli antichi re, ma il dato è ambiguo, poiché non sappiamo che cosa intendesse per trascrivere, se in lingua barbara o in latino, e la raccolta per di più non è conservata. («Item barbara et antiquissima carmina, quibus veterum regum actus et bella canebantur, scripsit memoriaeque mandavit. Inchoavit et grammaticam patrii sermonis». )
Testimonianze dirette
? Beowulf. Il più antico tra i poemi sopravvissuti è il Beowulf, degli inizi dell’VIII secolo: la storia è quella di due combattimenti svoltisi a cinquant’anni l’uno dall’altro per opera di un guerriero, Beowulf appunto, che perde la vita nel secondo di questi scontri. La stessa tematica è attestata da fonti merovingie anteriori.
? Edda. Si tratta di una serie di carmi provenienti dall’area insulare islandese la cui stesura è posteriore alla Chanson de Roland ma risalenti ad un periodo molto precedente, e comunque di poco successivo al Beowulf, alcuni personaggi appartengono infatti alla tradizione gotica e unna, come Sigurth, Sigfrido.
La forma. La canzone eroica bifronte è la forma originaria dei poemi epici germanici. Si tratta di carmi di circa 100-200 versi che svolgono interamente una scena epica e caratterizzati dallo spostarsi continuo del discorso tra voce narrante e protagonista. Il verso lungo è costituito da due emistichi collegati dal principio dell’allitterazione; il kenning è l’altro elemento tipico, si tratta di un’immagine significativa e ricorrente.
? L Hildebrandslied. E l’unico poema pervenutoci in questa forma. Ne possediamo una trascrizione dell’820 avvenuta nell’abbazia di Fulda. Il tema è quello antico della lotta tra padre e figlio che il caso pone l’uno contro l’altro all’insaputa di entrambi.
? Il Nibel’ungenlied. E un poema in 39 canti di versi lunghi rimati in schema AABB redatto intorno al 1200 in un monastero di Passau, ma che rappresenta la summa di una lunghissima e varia tradizione. Gli eventi storici sono la distruzione del regno burgundo ad opera degli unni e l’uccisione di Attila da parte di una concubina, ma vengono totalmente trasfigurati. Questo poema è tutto volto a rappresentare lo sfacelo del feudalesimo tedesco del XIII secolo ad opera del potere accentratore degli Staufen.
2. L’epica nell’area oitanica: le «chansons de geste»
Il corpus
E formato da una novantina di canzoni (escluse le varianti e i testi perduti attestati) , anonime per la maggior parte e collocabili cronologicamente tra l’XI e il XIV secolo.
Criteri e metodi di classificazione
I primi tentativi di suddivisione sono interni al genere stesso. Alcuni autori hanno praticato una divisione delle canzoni per materia.
? Jaen Bodel (fine XII) nel poema Chanson de Saisnes fa una distinzione sulla base della materia:
– La materia «de France»: è «sempre veritiera», ha sensus historicus, ovvero rievoca ciò che è veramente accaduto (è la Chanson de Geste);
– La materia «de Bretaigne»: è «vana e gradevole», ha sensus litteralis, ovvero esaurisce il significato in sé stessa (è il romanzo arturiano);
– La materia «de Ronme la Grande»: è «dotta e istruttiva», ha sensus moralis, poiché ha contenuto didattico ed esemplare (è il romanzo su tema antico);
? Bertran de Bar-sur-Aube nel poema Girart de Vienne distingue invece tre cicli sulla base del lignaggio:
– Il ciclo del Re di Francia
– Il ciclo di Garin di Monglane
– Il ciclo di Doon de Mayance
Origine scritta di un genere orale. Con il progresso della filologia romanza, dei metodi ecdotici, e la maggior conoscenza delle lingue antiche si è fatto nei primi del novecento meno stringente il problema delle origini.
Nel 1955 Jean Rychener pubblica uno studio accuratissimo sulle strutture formali della chanson: il verso, la lassa, le formule, i motivi, volto a dimostrare le origini orali del genere. Dopo di lui, chiunque volesse appoggiare la tesi opposta, doveva confrontarsi sullo stesso terreno dell’analisi formale del testo.
Oggi grazie a ciò è possibile il ragionevole compromesso che vede nella Chanson de geste lorigine scritta di un genere diffuso oralmente e per questo concepito secondo moduli che ne facilitino la recitazione.
Proiezione leggendaria dell’attualità. Rychener ha dunque spostato l’attenzione verso il testo nella sua autonomia. Questo ha consentito ulteriori sviluppi dai quali è emerso un nuovo rapporto tra letteratura e storia. Jean Frappier ha sottolineato il carattere politico militante e propagandistico di molta epica francese: il dato storico riferito all’età carolingia altro non sarebbe se non la trasfigurazione di una situazione attualissima: l’attualità storica viene proiettata su di un passato leggendario.
Associando quindi letteratura, storia e, sociologia, l’epica francese è stata vista come l’elaborazione in termini di letteratura dei complessi problemi legati alla feudalità medievale:
– il conflitto di interessi tra alta aristocrazia, interessata ad aumentare la propria autonomia, e funzionari reali interessati a favorire il Re nella speranza di ottenere feudi;
– contrasto tra monarchia ed l’aristocrazia che trae vantaggio sostenendo la nascente borghesia;
La «Chanson de Roland»
Il Roland Oxoiense. Il codice Digby 23 della biblioteca bodleiana di Oxford è il più antico (1125-1150) e prestigioso manoscritto recante una versione della Chanson de Roland, poema risalente al 1070 in lasse assonanzate dalla calibratissima struttura. E il modello più rappresentativo della chanson de geste francese ma allo stesso tempo un eccezione proprio per la grandezza che mai nessuno è riuscito ad imitare.
La storia. La morte di un certo «Hruodlandus britannici limitis praefectus» (Eginardo, Vita Karoli) durante una breve spedizione in Spagna nel 778 viene completamente trasfigurata. La storia:
Carlomagno, giunto all’età di duecento anni, è impegnato da sette in una guerra contro i saraceni guidati da Marsilio, il quale, tramite un’ambasciata, offre condizioni particolarmente vantaggiose purché l’assedio abbia termine. Carlo, anche dietro l’insistenza di Gano e Namo, accetta la proposta nonostante l’accorata opposizione del suo nipote prediletto, Rolando, che a sua volta propone Gano come inviato per il perfezionamento degli accordi presso la corte di Marsilio. Gano, per vendicarsi del gesto di Rolando, prende segretamente accordi con Marsilio al fine di consentire una sicura imboscata da parte dei saraceni alla retroguardia guidata proprio da Rolando. L’imboscata a luogo e insieme a Rolando muoiono valorosamente anche ventimila uomini. In punto di morte Rolando riesce a suonare il corno consentendo a Carlo di giungere in loro aiuto con il grosso dell’esercito e di sgominare le truppe di Marsilio. Rientrato ad Aquisgrana Carlo fa processare e giustiziare Gano.
Specchio di un medioevo cristiano. Nella Chanson de Roland sono presenti tutti gli elementi che fanno di essa la perfetta rappresentazione di un mondo retto da valori cristiani, nonché l’embrione di una futura coscienza nazionale:
– Il tema dominante della lotta fra cristiani e pagani (Paiens unt tort, chrestiens unt dreit)
– i continui parallelismi con situazioni evangeliche (es. il ricorrente numero 12; Gano/Giuda; ecc.);
– il meraviglioso cristiano (es. i messaggi dell’arcangelo Gabriele; il prolungamento della giornata);
– la figura ieratica e preveggente di Carlo;
Fede e Francia. L’eclettica figura di Carlo inoltre assomma in sé l’umano e il divino: una trepida umanità viene fuori dal suo accorato planctus in morte di Rolando, dalle sue frequenti commozioni; laura sacrale emerge dalle premonizioni, dalle visioni, dalle grazie divine accordate. Umano e divino insieme, intermediario fra cielo e terra, Carlo incarna l’altro binomio tematico della chanson: Fede e Francia, dove il taglio politico si legittima sul piano sacro.
Il tempo. Nel giro di sei giorni (Hexameron) si svolgono tradimento, morte dell’eroe, vendetta e punizione del traditore; Nella Chanson de Roland tempo della fabula e tempo dell’intreccio coincidono nonostante le continue anticipazioni della morte di Rolando; anticipazioni che hanno il doppio effetto di azzerare completamente ogni suspense conferendo al sacrificio di Rolando carattere di ritualità, e di ribadire con la loro martellante presenza in forma di presagi, premonizioni, avvertimenti, la sua provvidenziale ineluttabilità. (confronta con il vangelo).
Gli ideali feudali. La morte di Rolando è il punto di maggior tensione ed è sottoponibile ad un doppio ordine di interpretazione: a) il gesto finale in cui Rolando morente solleva il guanto che viene preso dall’arcangelo Gabriele riflette il rituale dell’omaggio vassallatico: omaggio feudale ed ordine celeste vengono messi sullo stesso piano; b) la morte di Rolando è descritta come un martirio con tanto di prodigi naturali che l’accompagnano, e viene associata alla morte di Cristo: ciò vuole sottolineare la missione religiosa dell’aristocrazia guerriera.
La lassa. L’azione epica e rituale trova la sua realizzazione nella struttura formale della lassa. Ogni lassa ha un valore autonomo e costituisce una scena pur mantenendo una predisposizione a una ripetizione variata; tutto il poema è costellato da una fitta rete di parallelismi, richiami di tipo formulare che l’autore sfrutta per creare giochi di tensioni: basta una sola variazione per consentirgli dei cambi di direzione; i più alti momenti patetici sono resi con l’uso delle lasse similari: gruppi di due, tre, quattro lasse che iterano con lievi variazioni di prospettiva la stessa scena al di esaltarne il pathos. Si tratta di una sospensione che genera notevole forza emotiva: alla costante linea orizzontale della fabula si innestano brevi linee verticali che ne intensificano i momenti lirici.
Portata collettiva. Questo modo di procedere consente all’autore di esprimere la massima semantizzazione del testo, ovvero la coesistenza in ogni elemento di una pluralità di significati: a quello umano si aggiunge sempre quello divino, in modo tale che alla fine quella battaglia fra paladini viene ad assumere il valore di un azione provvidenziale di portata collettiva.
Ulteriori significati. Ma non finisce qui, guardando più in profondità, la realtà del testo si mostra assai più complessa, ebbene:
L’ideologia feudale. Il vero cardine tematico su cui ruota tutta la vicenda non è tanto la lotta tra pagani e cristiani ed il conseguente spirito missionario che suscita, bensì il tradimento di Gano nei confronti di Rolando, che danneggia gravemente l’equilibrio dei rapporti di potere e merita dunque di essere pubblicamente punito da Carlo. Il meccanismo scontro/tradimento/punizione è volto a corroborare la stabilità di quell’equilibrio tra rapporti feudali, che storicamente sono fondati sulla fiducia personale, e sulla vendetta per il torto subito.
Gano/Rolando. L’opposizione Gano-Rolando è inoltre specchio del contrasto tra due grandi gruppi di potere: Gano è esponente di quella grande aristocrazia che non vuole cambiamenti dello stato di cose, Rolando invece rappresenta quella classe di funzionari guerrieri che fanno di tutto per ingraziarsi il Re in modo da trarne benefici. La sua opinione di continuare la guerra ad oltranza è vista come il tentativo di allargare i possedimenti del Re a spese proprio dell’aristocrazia feudale di cui Gano fa parte. In questo consiste la proiezione in un passato lontano di problemi della società contemporanea.
Rolando/Olivieri. Oltre all’opposizione cristiani/saraceni e a quella Gano/Rolando, vi è un terzo elemento di forte tensione, questa volta non ideologico o politico bensì di ordine morale che si concretizza nel rapporto tra Orlando e Olivieri nel momento in cui questo lo dissuade dal suonare il corno: «Roland est proz e Oliver est sage» cioè Rolando è prode, Olivieri è saggio. La mesure di Olivieri viene messa in Risalto rispetto alla ÏβÏιÏ, di Rolando quando il primo, vedendo che la situazione era ormai compromessa, sconsiglia al secondo di suonare il corno onde evitare di aggravarla ulteriormente.
Sospetti su Carlo. La predilezione di Carlo per Rolando nasconde il sospetto della paternità di quest’ultimo, ed è questo un altro problema sollevato di tipo morale: una leggenda precedente parla infatti di un rapporto incestuoso tra Carlo e la sorella da cui nasce appunto Rolando; la morte di lui, una punizione divina per un peccato che Carlo non ha mai saputo confessare.
Turoldo. «Ci falt la geste que Turoldus declinet» dove declinet può significare traduce, trascrive. Roncaglia suggerisce di identificare Turoldus con Turoldo abate di Petersborogh, morto nel 1098, un religioso anglonormanno legato strettamente al Re ed alla corte. Turoldo diffonde un opera di alto indottrinamento pubblico rivolta a tutti i livelli della società dell’epoca, anche se ci scorgiamo già elementi di quella crisi del feudalesimo minata dalla mancanza di fedeltà che ne costituiva il perno.
La «Chanson de Guillaume» e le prime canzoni di Guillaume d’Orange
La Chanson de Guillaume
E stata ritrovata all’inizio del nostro secolo e datata come poco posteriore alla Chanson de Roland. Stilisticamente molto inferiore al suo antecedente, si tratta di un poema di circa 3.500 versi, diviso in due parti, con la seconda caratterizzata da un forte abbassamento di tono e dall’inserzione di elementi burleschi.
La storia. Narra dell’opposizione di Guillaume e del nipote Vivien all’occupazione saracena.
? Nella riarsa landa di Larchamp (aridus campus) tu tutti i cristiani scappano davanti all’esercito saraceno lasciando da solo Vivien che combatte strenuamente con un piccolo gruppo di uomini.
? Sebbene stanco per una precedente battaglia Guillaume parte in soccorso del nipote, ma è costretto a ripiegare per l’attacco di un esercito saraceno. Dopo le insistenze della moglie, Guillaume riparte con il supporto di trentamila uomini e del nipote Gui, con cui riesce ad avere la meglio sui nemici. (v. 1980)
? La seconda parte della Chanson è caratterizzata dalla vincita sull’esercito saracino a Larchamp grazie all’aiuto di Rainouart, comico gigante che combatte con il solo aiuto di un bastone e che alla fine si scopre essere fratello della moglie di Guillaume, rapito da bambino e messo a lavorare come sguattero.
Analogie. Nella Chanson del Guillaume si possono riscontrare alcune analogie rispetto al poema di Rolando: a) il rapporto Guillaume / Vivien richiama quello tra Carlo e Rolando;
b) la demesure di Vivien richiama quella di Rolando, eroe prode ma non saggio;
c) imitatio dell’esperienza cristologica: il martirio di Vivien, che già di per sé richiama quello di Rolando, contiene un esplicito riferimento biblico quando il giovane morente è costretto a bere l’acqua intorbidita;
Differenze. Ma si trovano anche delle importanti differenze relative al trattamento della tematica feudale: a) la rappresentazione è più concreta ed aperta al reale (vedi descrizione delle sofferenze del combattere, la fame, la sete, la fatica) pone un accento più forte sui temi feudali, che qui sono esaltati;
b) in particolare si sposta l’accento sulle manchevolezze di questo sistema: le azioni dei pagani servono unicamente da catalizzatore per scatenare dei conflitti interni di quel modello sociale, costantemente esposto al rischio del crollo, ad esempio l’aiuto inizialmente negato, che è obbligatorio nel contratto feudale;
c) il binomio Carlo/Francia viene qui sostituito dall’antitesi tra una corte reale lontana e sorda, e il solido castello di Guillaume, pronto ad assumersi l’onere della difesa.
Il ciclo di Guillaume. La seconda parte, aggiunta posteriormente e forse basata su una perduta Chanson de Rainouart testimonia il carattere ciclico delle gesta legate a Guillaume e ne porta concentrati i temi peculiari di questo ciclo:
a) il difficile rapporto con la corona;
b) il conflitto con i saraceni e la difficile difesa del territorio periferico;
c) l’apertura a soluzioni comiche.
Il Couronnement de Louis
La storia. Si tratta di un poema scritto intorno al 1130 e tratta il tema del contrasto fra monarchia e nobiltà feudale. Racconta le gesta eroiche di Guillaume per la difesa del territorio durante il regno del figlio imbelle di Carlo Magno, Louis, sconfiggendo di volta in volta una serie di usurpatori che tentano di spodestare Louis per impadronirsi della corona.
Il tema politico. Il tema affrontato qui è quello dei problemi legati alla successione dinastica. Ereditaria o elettiva? La discendenza nel regno di Francia è stata elettiva dopo il progressivo indebolimento del regno carolingio; è tornata ereditaria con la dinastia Capetingia: il Corounnement de Luis mira ad evidenziare i possibili inconvenienti di una tale modalità di trasmissione del potere, e soprattutto la necessità di una nobiltà feudale, rappresentata da Guillame, per affrontarli (nel discorso durante l’incoronazione Carlo esorta il figlio a non dare ascolto a gente di oscuro lignaggio). La sostanza del messaggio politico è che solo con l’ausilio della nobiltà feudale la monarchia può prosperare e sopravvivere agli attacchi degli usurpatori.
Il problema interno. Nel Corounnement viene dunque tematizzato, con la solita proiezione nel passato, un problema politico interno molto sentito nel XII secolo: proprio mentre la dinastia Capetingia tenta di acquisire maggior controllo a discapito dell’aristocrazia feudale, la produzione incentrata sulle gesta di Guillaume vuole ribadire l’insostituibilità del ruolo dell’aristocrazia nella difesa della monarchia, dipinta assai negativamente.
il Charroi de Nimes
La storia. Nel ciclo dedicato alle gesta di Guillaume, al Couronnement de Louis segue il Charroi de Nimes, dove il problema dell’indipendenza dalla corte di un singolo lignaggio esplode in tutta la sua complessità: in questa canzone il Re Louis, al momento di distribuire le terre, si dimentica di dare a Guillaume la sua parte, questi, infuriato, rinfaccia al re tutti i favori concessi fino ad allora; il Re tenta il rilancio proponendogli terre assegnate in precedenza ad altri, Guillaume rifiuta e a sua volta chiede di potersi appropriare delle terre al momento occupate dai musulmani dopo averle riconquistate. Guillaume riuscirà in questa impresa, libererà Nimes e se ne approprierà, sposando per altro una donna mussulmana, che verrà convertita e battezzata col nome di Guibourc. La carriera vittoriosa di Guillaume è condotta tutta all’esterno del regno, disegnato un regno angusto, affollato, e retto su poteri sempre più fragili.
La linea biografica. Le gesta di Guillaume, la cui stesura segue circa un ventennio tra il 1130 1 il 1150, seguono una linea biografica: nell’ordine le canzoni a lui dedicate sono Couronnement de Louis, Charroi de Nimes, Prise d’Orange, Moniage Guillaume. La linea biografica segna una svolta nella canzone di gesta medievale poiché, oltre che a trattare in modo compiuto il problema del rapporto tra monarchia e aristocrazia, sottrae l’eroe allo spazio circolare della rappresentazione-celebrazione epica.
Costanti antropologiche. La linea biografica conferisce a questi testi una forte unità, e questo fatto ha consentito agli studiosi in tempi più recenti di cogliere anche altri aspetti accanto alle implicazioni politico feudali; innanzitutto la costante antropologica dell’eroe civilizzatore che ha il compito di portare l’ordine fuori e dentro il regno. Questo eroe per altro si carica di tutta una serie di caratteri che lo rendono peculiare, ed aprono all’epica sviluppi eroicomici.
Rinnegati e ribelli
Canzoni dei «vassalli ribelli» Sotto l’etichetta di canzoni dei «vassalli ribelli» si è soliti raggruppare un ciclo di canzoni caratterizzate da uno scarso spazio lasciato al conflitto tra pagani e cristiani (tema epico per eccellenza), ed un ampio spazio alle tematiche del conflitto tra aristocrazia e monarchia. A questo gruppo di testi si può aggiungere il Gormont et Isembart.
Gormont et Isembart
E uno tra i più antichi poemi epici di cui ci restano soltanto i primi 661 versi octosyllabes in lasse assonanzate.
Isembart si ribella al re Louis passando al servizio del Re saraceno Gormont e rinnegando la fede cristiana. Durante la guerra tra saraceni e cristiani Louis uccide Gormont, e Isembar, senza saperlo, uccide il padre, Bernart (ricorda lHildebrandslied). Isembart muore abbandonato dei suoi compagni; poco dopo muore anche Louis per le gravi ferite ricevute in battaglia.
Stile tragico. Nel poema non vengono precisati i motivi della ribellione di Isembart, ma se fa riferimento ad una grave colpa da parte di Louis; esiste per altro una cronaca posteriore in cui viene detto che Louis avrebbe permesso l’assassinio del fratello di Isembart. Questo poema si svolge comunque secondo l’andamento tipico delle canzoni dei rinnegati: il tono è sempre sostenuto, e gli sbocchi delle vicende sempre tragici.
Visione unilaterale. Rispetto al ciclo di Guillaume, qui le posizioni dell’autore si fanno più radicali. In Guillaume i conflitti reali della società appaiono nel testo letterario in modo latente: è presente sì una tensione dialettica tra i due poteri monarchico e aristocratico, ma il generale abbassamento di tono e i risvolti comici o grotteschi ne scaricano parzialmente la tensione. Qui invece la situazione precipita, i problemi sono additati con forza, le posizioni e i diritti dell’aristocrazia vengono rivendicati risolutamente e viene dipinta una monarchia ingiusta, sleale, incapace di mantenere gli accordi. Specchio questo di una presa di potere forte da parte della monarchia. Il punto di vista dell’autore viene puntualizzato chiaramente: i Re hanno torto, i vassalli anno ragione, ma è una battaglia persa.
Raoul de Cambrai
Poema composto alla metà del XII secolo in cui si racconta del mancato riconoscimento di un feudo al legittimo erede da parte del Re.
Raoul è troppo piccolo quando suo padre muore e il suo feudo assegnato dal Re ad uno dei suoi favoriti, Gibouin. Una volta cresciuto Raoul rivendica il suo feudo, ma il Re glielo rifiuta per paura di ritorsioni da parte di Gibouin, e gli promette che avrà il primo feudo che si renderà vacante. Alla morte del signore di Vermandois Raoul chiede di potersi appropriare del suo feudo, pur sapendo che il suo ingresso causerà una lite con i legittimi eredi, il Re accetta, e scoppia una violenta lotta fra Raoul e i Vermandois, tra cui c’è anche Bernier, scudiero di Raoul, che dopo una lunghissima e tragica lotta fra clan riesce ad uccidere Raoul. Il conflitto tuttavia durerà fra le generazioni successive che si ribelleranno al Re mettendo sotto assedio la città.
Esasperazione. Una situazione tragica: il mancato riconoscimento di un diritto feudale mette due amici l’uno contro l’altro e madre contro figlio. Mentre Guillaume riesce a spostare all’esterno la soluzione del problema, proponendo un bilanciamento tra fedeltà e indipendenza, Raoul non usa mezzi termini: vuole a tutti i costi l’indipendenza rappresentata dal possesso di un feudo e si abbandona al risentimento ed alla violenza per averlo. L’unica soluzione è la morte nella speranza del perdono di Dio, oppure la fuga, come farà Guerrì, zio di Raoul animatore di molte battaglie, che fuggirà lontano.
Girart e Renaut
Girart de Roussillon e Renaut de Mntauban sono due poemi in linea con il filone dei rinnegati, ma con qualche novità. Entrambi, a causa di conflitti con il Re, vengono estromessi dalla società feudale. A quest’altezza l’epica ha già assimilato molti aspetti tipici del romanzo. Bezzola: «Vittoria finale ma provvisoria della famiglia; conversione e monacazione dell’eroe; dimostrazione della tragica coscienza che non c’è giustizia quaggiù». Entrambi estromessi dai diritti feudali, riacquistano dignità solo a patto di una riconciliazione sul piano morale. A quest’altezza quindi è già avvenuta una parziale interiorizzazione dei conflitti.
Chevalerie Ogier
Scritto all’inizio del XIII secolo costituisce un’eccezione nel quadro pessimistico delle canzoni dei ribelli, offrendo una possibile soluzione del conflitto. La linea è sempre quella: una grave infrazione di Carlo che nega a Ogier di vendicare la morte del figlio avvenuta per mano del figlio di Carlo; allontanamento di Ogier in una corte straniera; sconfitta dei pagani da parte di Ogier, sua riabilitazione e conversione. A questo però si aggiunge un finale ottimistico: provvidenziale vittoria di Ogier sui saraceni e rinuncia, sempre ispirata, di questo alla vendetta; assegnazione del feudo; matrimonio felice che gli consente di tramandare la sua stirpe. Viene aperto dunque uno spiraglio sulla possibile conciliazione tra Re e Vassallo: a) grazie all’ispirazione di Dio che induce il vassallo a rinunziare alla vendetta; b) tramite il solito slittamento, al limite del Freudiano, del conflitto all’esterno contro i pagani, panacea per tutti i conflitti interni.
Lo sviluppo ciclico: le gesta di Guillaume
I figli generano i padri. Il concetto di sviluppo ciclico delle Chanson de geste è ben riassunto dalla massima di Frappier quando scrive «i figli generano i padri» al fine di definire un fenomeno che ha avuto luogo durante il XII secolo quando gli autori di avventure, per soddisfare le esigenze del pubblico, usano ed ampliano gli stessi materiali narrativi per generare altre storie: così ripercorrono a ritroso le vite degli eroi narrando situazioni precedenti, proponendo fantasiose genealogie, raccontando nascite, origini, e quando i materiali si esauriscono, parlano dei loro avi.
La vicenda letteraria di Rolando inizia con la sua morte dopo appena duemila versi di vita, e prosegue nei vari Aspremont, Otinel, Entrée dEspagne.
Il ciclo di Guillaume. Il più vasto e completo ciclo di questo tipo ha come protagonista Guillaume. Dal primo episodio che ritrae un frammento della sua carriera si sviluppa un ciclo di 21 canzoni che ripercorrono la sua dinastia dal trisavolo di Guillaume fino alla morte di quest’ultimo in odore di santità. Gran parte di queste canzoni sono poi state concepite proprio in vista di una loro collocazione all’interno di un ciclo.
Ordine cronologico rovesciato. Queste canzoni che ripercorrono a ritroso la biografia dell’eroe assimilano da un lato gli elementi tipici del Romanzo, e dall’altro vanno a scovare materiale leggendario legato alle vite di personaggi storici precedenti. I personaggi rimangono gli stessi, ma a seconda della collocazione cronologica della canzone, muta la loro natura via via più avventurosa.
Nuove soluzioni narrative. Questa esigenza pone si dei problemi stilistici, ma allo stesso tempo apre interessanti orizzonti narrativi. Da un lato abbiamo il Moniage con cui si dà una fine gloriosa alle gesta di un eroe troppo valoroso per una morte in battaglia. Questa fine gloriosa assume spesso caratteri provvidenziali di redenzione recuperando così un elemento tipico della primissima epica. La morte santa, l’esaltazione della cristianità. Dall’altro lato abbiamo l’Enfance: Carlo, Rolando, Guillaume, Renoirt, Ogier, sono protagonisti di altrettante Enfances in cui si ripercorrono le prime avventure guerriere e amorose di un eroe in erba, non ancora cavaliere, ma che dimostra già la sua natura aristocratica. Qui l’eroe viene spesso rappresentato in una situazione d’esilio che oltre a confermare il principio di non alienabilità dell’aristocrazia, apre una finestra che consente l’utilizzo di materiale nuovissimo: in primo luogo i sentimenti e gli amori, poi separazioni e ritrovamenti, sparizioni, agnizioni e così via.
Le canzoni di crociata
Passato e presente. La conquista del santo sepolcro e la fondazione del regno di Gerusalemme fornisce per la prima volta agli autori, tra il XII e il XIII secolo, l’occasione trasporre in poesia i problemi del loro tempo, senza proiettarli in epoche storiche precedenti come era avvenuto per tutta l’epica prodotta sino ad allora; in essa infatti era sì presente il tema militare-missionario, ma sempre staccato da eventi storici ben precisi e fortemente stilizzato. Nelle canzoni di crociata invece storia del passato e storia del presente non sono più fuse insieme.
La quarta geste. Siamo di fronte dunque alla cosiddetta quarta geste, che si può aggiungere alle tre pensate da Jean Bodel che parlava di una Matière de France, de Betaigne, e di Rome la grande (vedi cap. «criteri e metodi di classificazione).
Chanson de Antioche
Il testo. La versione originale perduta è tratta dai racconti di un testimone oculare che prese parte alla I crociata, Richard le Pèlerin; la versione più antica a noi rimasta è invece una rielaborazione della fine del XII secolo effettuata da Graindor de Douai.
Agiografia e storia. In questa chanson, accanto al racconto delle gesta militari tipico di tutte le altre geste, si trovano due importanti novità:
a) il modello agiografico, finalizzato a sottolineare il carattere missionario-spirituale della crociata; e del resto a ciò doveva servire una Chanson, cioè a conferire a quella spedizione un surplus di senso che la legittimasse e che la facesse apparire nella vulgata ciò che non era;
b) il modello storiografico: in questo la Chanson de Antioche è un unicum, nessun altra infatti presenta l’alto livello di aderenza dei fatti narrati alla realtà storica. Il fatto straordinario è che questa Chanson non è solo espressione della classe nobile, cui fa parte il protagonista Goffredo di Buglione, ma anche la piccola nobiltà, la borghesia, il clero, che ebbero un ruolo effettivo durante la I crociata. Questo vuol dire che la Chanson era diretta anche a loro, propagandisticamente, per promuovere fra di essi uno spirito di crociata che potesse preparare il terreno a spedizioni successive.
Le continuazioni. A continuazione della Chanson d’Antioche sono state scritte la Conquete de Jerusalem e i Chetifs: man mano che ci si allontana dagli eventi narrati diminuisce il livello di storicità in favore degli elementi agiografici nel primo caso, del meraviglioso e dell’avventura nel secondo.
Il ciclo. Queste tre Chanson sono state naturalmente oggetto lungo il XIII secolo di ciclizzazione genealogica, con l’intrusione sempre maggiore di elementi favolistici.
Le canzoni tardive e i nuovi tipi eroici
Mutamenti dell’epica. Le canzoni tardive sono composizioni originali o trascrizioni risalenti agli ultimi anni del XII e i primi del XIII secolo. L’evoluzione del genere epico è caratterizzata dai seguenti elementi:
· Il meraviglioso. Il meraviglioso qui non viene usato come semplice ornamento ma come vero e proprio fattore strutturale: per esempio, se nella Chanson de Roland il terremoto alla morte di Rolando aveva il solo scopo di creare un collegamento extratestuale con la morte di Cristo, ora vengono inserti elementi magici che contribuiscono al progresso della vicenda. Vengono usati materiali di provenienza folklorica: talismani, creature soprannaturali, viaggi fantastici.
· Influenza del romanzo. L’influenza del romanzo cortese si ha con l’estensione di situazioni amorose del dominio dell’epica: alle gesta militari si intrecciamo storie d’amore dove l’eroe si invaghisce di una donna saracena
· Contenuto didattico. Con la riduzione del tema Cristiani vs Musulmani a mero espediente narrativo, nasce l’esigenza di ritorno alla materia veridica: gli autori riempiono i testi di nuovi elementi moraleggianti, costituiti qui da proverbi, motti, modi di dire, vere auctoritates.
L’Alexandre. A costituire un vero e proprio modello per questo nuovo tipo di epica è il Roman d’Alexandre di Alexandre de Paris. Questo testo è vicino all’epica per le guerre che vi vengono raccontate e per lo stile formulare; c’è un analogia con la storia di Rolando (morte per tradimento) e il Couronnement (il Re che trova fedeltà solo nei suoi vassalli e non in gente di oscuro lignaggio). La versione di Alexandre de Paris è una summa di testi precedenti: 1°) un frammento in octosyllabes di Albéric de Pisançon; 2°) una sua elaborazione in decasillabi, anch’essa incompleta; 3°) la versione in alessandrini di Lambert le Tort scritta alla fine del XII secolo.
Mutamenti del personaggio. Lo sviluppo dell’epica è caratterizzato anche da una mutazione del personaggio/eroe, che acquista man mano caratteri nuovi; tali caratteri si possono riscontrare negli sviluppi ciclici e genealogici delle gesta.
· Fortitudo et Sapientia. Altro elemento derivato dalla forte influenza dell’Alexandre è la presenza nell’eroe di altre virtù oltre quella della forza nelle battaglie: la sapienza e la cultura. Oltre a saper usare bene la spada, un cavaliere deve anche saper ben parlare.
· Tratti non cavallereschi. Il personaggio acquista anche dei tratti prima estranei alla natura di un cavaliere. Verranno fuori per esempio nobili cavalieri che saranno anche dei grandi seduttori.
· Il pagano. Evolve anche la figura del pagano, che spesso si converte divenendo colonna degli eserciti cristiani, spesso a seguito di uno scontro con un valoroso cavaliere cristiano che lo vince anche spiritualmente.
· La donna. In alcuni casi riesce anche a diventare protagonista nei panni di una donna perseguitata o ingiustamente accusata che solo alla fine riesce a dimostrare la sua virtù.
· L’elemento folklorico. E forse l’introduzione più innovativa di queste canzoni tardive. Nella Chanson de Roland alcuni elementi sono mutuati dalla tradizione folklorica più che dalla storia, come l’invidia, l’odio del padre per il figliastro, il tradimento. In queste Chanson è il personaggio stesso ad essere tratto dalla tradizione folklorica popolare:
– Rainouart, con il suo tinel, la sua clava, pare tratto da una vecchia divinità silvestre;
– la funzione civilizzatrice di Guillaume;
– la storia degli amici gemelli indivisibili di Ami e Amile;
– dal folklore germanico viene Auberon, Re degli gnomi;
– il tema onnipresente della «sposa sostituita»
Il comico e la parodia
Primi elementi. Anche nei poemi più antichi, ai motivi patetici, eroici o guerreschi si mischiano quelli triviali e comici: già nella Chanson de Roland gli sguatteri tormentano Gano con i loro pratical jokes; il vile Teobaldo della Chanson de Guillaume perderà il controllo degli sfinteri di fronte al pericolo. L’elemento comico crescerà fino a dare ad alcune Chanson una vera e propria connotazione farsesca o parodica.
Parte Guillaume. Proprio la natura iperbolica del linguaggio epico favorisce l’ingresso sempre significativo nell’epica. Il punto di partenza è proprio il carattere popolareggiante delle figura di Guillaume: modi maneschi, spavalderie, misure gigantesche, appetiti pantagruelici; al comico sarà poi consacrato il personaggio di Rainouart.
Il Moniage. Il punto comico più alto è nei Moniage Guillaume e nel Moniage Rainouart, che mostrano palesemente il tema satirico contra monachos, e usano la monacazione dei due eroi come spunto per dispiegare effetti comici, parodistici e grotteschi.
Il Pelerinage de Charlemagne. Si tratta di una vera e propria trasfigurazione parodica del genere epico formato da 870 dodecasyllabes assonanzati e risalente alle seconda metà del XII secolo. In questo poema il vanitoso Carlo si reca a In pellegrinaggio a Costantinopoli per verificare se è vera la diceria che lì si trova un Re più elegante di lui. Il viaggio avrà un finale comico con tanto di intervento divino.
I temi della Chanson vengono ribaltati in chiave comica: a) Carlo e i dodici sono presentati come una combriccola di beoni chiassosa e ingombrante; b) Gli eroici voti di Roland e Vivien vengono trasfigurati in sfrontate vanterie in tempo di pace; c) L’intervento divino che a Roncisvalle consente a Carlo di sgominare i nemici, in quella Bisanzio patinata consente a lui ed ai suoi di mettere ancora più in ridicolo il Re di Costantinopoli.
3. L’epica in Provenza
Il corpus
Il corpus epico provenzale è estremamente ristretto. Conta infatti appena due lavori di un certo rilievo: a) il Girart de Roussillon, di area mediana tra lingua doc e lingua d’oil, assoluto capolavoro dei tutto il medioevo romanzo; b) la Canzone contro la crociata degli albigesi, anche questo è un lavoro notevole, a quattro mani. A questi si può aggiungere, anzi premettere, il Boecis, testo che congiunge tradizione epica e agiografica. Restano poi una piccola serie di testi superstiti minori, per lo più incompleti e di poca importanza.
I testi conservati
I 4 gruppi. I testi e i frammenti superstiti si possono raggruppare in quattro insiemi:
1) Il Boecis. Di questo testo possediamo i primi 257 versi conservati in un manoscritto del XI secolo. Vi troviamo rappresentato un Boezio cristiano e martire, e tutto il testo ha i caratteri dell’agiografia, genere che accomuna tanto l’area doc quanto quella d’oil e che sconfina nell’epica sia per tematiche che per forma.
E scritto in décasyllabes raccolti in lasse assonanzate simili a quelle del Roland, ma non è questo l’unico punto in comune. Il Boecis si può accostare al Roland Oxoiense anche per la tecnica della similarità, per l’uso di alcune formule, per il tono celebrativo, per la ieraticità.
Il racconto parte in un clima di grande moralismo con presentazione di un Boezio all’apice della sua carriera; passa poi a descrivere le false accuse di Teodorico e la condanna; si interrompe con la scena della Filosofia che, personificata, visita Boezio in carcere.
2) Il Girart de Roussillon e altre canzoni. Il Girart de Roussillon, insieme a Raoul de Cambrai è l’opera più rappresentativa del medioevo feudale. A renderla tale è la singolare rappresentazione di forti passioni dalle conseguenze immani, tanto orgoglio e umiliazione quanto amore e fedeltà coniugale.
Il filologo W.M.Hacket esprime in una celebre frase tutta l’ambiguità di questo testo: «Il Girart de Roussillon è una Chanson de geste che inizia come un romanzo e finisce come la Vita di un santo». Da questa massima affiorano in primo luogo delle dibattute questioni circa la stratigrafia del testo: a) la doppia promessa di matrimonio tra Carlo ed Elissent, e Girart e Berta è riconducibile a storie di carattere romanzesco in auge dopo la metà del XII secolo; b) in finale esprime in modo inequivocabile il suo legame con i monasteri di Vezelay e Poitiers; c) l’episodio della degradazione di Girart e Berte sono un interessantissimo scorcio sulla società medievale dell’epoca.
3) Poemetti ralandiani: Ronsavals e Rolant a Saragossa
Ci sono pervenuti attraverso manoscritti molto tardi, risalenti alla fine del XIV secolo dove vengono rimaneggiati materiali precedenti. Questi poemetti non sono interessanti tanto per il valore letterario, che in verità è assai scarso, quanto per alcuni contenuti riguardanti la materia rolandiana: a volte episodi o temi inediti che lasciano intravedere le loro radici antiche.
· Il Ronsavals. Uno fra tutti è lo straordinario episodio in cui Carlo confessa il suo rapporto incestuoso con la sorella da cui nasce Rolando, di cui Carlo è padre dunque, e non zio. Questo passo è noto in altri testi, ma «censurato» nel Roland oxoiense.
· Rolant a Saragossa. In questo poemetto spicca l’episodio di un exploit amoroso di Rolando che si reca a Saragossa, unica città non ancora conquistata da Carlo, su invito di una bella regina pagana.
4) Canzoni su temi di storia contemporanea
Il riferimento a fatti storici più o meno attendibili è un elemento fondamentale. C’è tuttavia un gruppo di poemetti che fa di questi fatti storici il suo fondamento fino a somigliare più a cronache che a celebrazioni poetiche.
4. L’epica nella penisola iberica
Sguardo d’assieme
Nella penisola iberica abbiamo una produzione epica in volgare in quei territori non occupati dagli arabi e che lentamente si allargavano a seguito della reconquista.
Catalogna. In catalogna la lingua di cultura era il provenzale e le uniche tracce della diffusione dei cantari epici su temi di storia contemporanea, simili a quelli provenzali, si hanno nelle cronache in prosa. Sempre in area catalana è presente un’onomastica fortemente influenzata da quei testi.
Castiglia. Sulla falsariga del paradosso di Fauriel, anche qui si è ritenuto e cercato di dimostrare che il Cid sia il superstite di una folta tradizione parallela ed indipendente a quella francese, ma veniamo ai fatti: possediamo pochissimi testi epici.
– Due quasi completi: il Cantar de mio Cid e il Mocedales de Rodrigo;
– Un frammento: il Roncesvalles;
– Un rifacimento: il Fernan Gonzales, adattamento del XIII secolo di un poema in lasse assonanzate precedente.
Cantari prosificati. Inoltre partendo dal genere per eccellenza castigliano, che era la cronaca, gli studiosi sono riusciti a dimostrare che molte cronache altro non erano se non prosificazioni di poemi epici; in alcuni casi questi adattamenti erano talmente aderenti all’originale (conservavano anche le assonanze), da consentire una ricostruzione di cantari epici che oggi sono perduti. In ogni caso, tra poemi conservati e poemi ricostruiti, non si riesce nemmeno lontanamente a mettere insieme un corpus che potesse competere con quello oitanico per imponenza; la tesi che vuole una tradizione catalana altrettanto fruttuosa non può essere quindi dimostrata con dati storicamente verificabili.
L’anisosillabismo. C’è una tesi, che va vigorosamente respinta, che vuole trovare degli elementi comuni nella versificazione castigliana, francoitaliana ed anglonormanna riferiti ad un loro stato arcaico per contro ad una innovazione della versificazione oitanica: in altre parole, l’irregolarità dei versi castigliani, anglonormanni e francoitaliani (anisosillabismo), costituirebbe uno stadio arcaico della più evoluta regolarità oitanica. Sbagliatissimo: l’irregolarità è dovuta ad un elaborazione del modello regolare francese che in lingua locale ha dato un esito irregolare. E folle poi l’ipotesi che su questa falsariga vuole scomparso uno stadio irregolare oitanico.
L’influsso oitanico. Altro elemento a favore della tesi di un influsso dell’epica oitanica su quella iberica e contro quella di una origine autoctona, sono tutti gli elementi, non solo scritti, della cultura transpirenaica disseminati lungo la via di pellegrinaggio verso la Galizia.
Il «Cantar de mio Cid»
La tradizione. Testimoniato da un unico manoscritto risalente alla metà del trecento, copiato a sua volta da un manoscritto perduto del 1207; a pochi anni prima doveva risalire la stesura del poema. Il manoscritto è acefalo, ma possiamo supplire alla mancanza dei versi iniziali con la trasposizione in prosa contenuta nel Cronica dei veynte reyes.
La storia. Nell’incipit perduto vengono narrati gli antefatti che hanno portato all’esilio di Cid e della sua masnada; Ciò che ci è rimasto parte con il Cid in viaggio che si allontanava da Viver verso Burgos, dove è stato inviato in esilio da parte di Re Alfonso. Rodrico, o Ruy Dìaz, detto Cid, è un personaggio realmente esistito, appartenente ad una famiglia della bassa nobiltà, esiliato da re Alfonso VI nel 1081, e datosi a conquiste personali di territori della Spagna occidentale.
E diviso in tre cantari.
? Il primo, il cantare del destierro, ovvero dell’esilio, parla della progressiva fortuna di Cid.
? Il secondo, il de las bodas, ovvero, delle nozze delle figlie di Cid con esponenti di famiglia avverse al fine di reintegrare Cid e riconciliarlo col Re.
? Il terzo cantare, afrenta de Corpes, ovvero offesa compiuta a Corpes verso le sue figlie, termina con le seconde nozze delle figlie, questa volta con esponenti diretti della casa reale.
La ricchezza tematica. Già l’eroe in sé è singolare, un padre di famiglia circondato di sole donne; il poema del Cid si distingue per l’alternanza di temi differenti: dal guerriero al picaresco, dal cavalleresco al familiare. Da questo punto di vista Cid è più vicino ad un Guillaume d’Orange che ad un Roland. Il rapporto tra Rodrigo e Alvar Fanez, cugini nella realtà diventa nel testo un rapporto tra zio e nipote, modellato più che su quello Carlo/Roland su Guillaume/Vivien. Alcuni modelli di narrazione sono poi mutuati dall’epica francese, ma nonostante questi parallelismi, il Cid ha forti tratti di originalità e da essa si distacca notevolmente. Per stile: se da un lato il Cid ha un notevole fascino per il suo contenuto, sul piano formale è piuttosto sciatto, mal organizzato, fondato su una retorica rudimentale e lontanissima dalla raffinatezza del Roland Oxoiense: i tre cantari sono ineguali tra loro, e manca una vera tensione, non c’è paragone con il Roland.
Altri cantari di tema cidiano
Il Cantar de Sancho II. Riusciamo a ricostruire le linee generali di questo poema a partire dalle sue prosificazioni. Narra gli antecedenti degli avvenimenti del Cid, e la sua stesura è successiva ad esso, testimonianza del suo successo.
Le Mocedales. Si tratta di una enfance del Cid, e narra delle prime battaglie e vittorie di Cid presso re Ferdinando.
5. L’epica nella Padania e nell’Italia peninsulare
L’espansione del francese in Italia
La letteratura franco-veneta. Il fenomeno della diffusione della letteratura francese in Italia è di proporzioni molto vaste, risale al XII, forse anche XI secolo, ed ha il suo punto più alto dopo la diaspora dei trovatori a seguito della crociata contro gli Albigesi nella prima metà del duecento. L’epica franco-veneta o franco-italiana si può dividere in tre gruppi: a) trascrizioni di opere provenienti dalla Francia; b) rimaneggiamenti di tali opere con inserzioni originali fatte da autori italiani; c) opere completamente originali composte in Italia.
La lingua «franco-veneta». Queste opere sono scritte in un volgare artificiale, creato a tavolino dagli autori. Aurelio Roncaglia ha studiato quella lingua ibrida in cui sono state scritte queste opere, il «franco-veneto»: e sottolinea la parziale intenzionalità da parte degli autori di creare un idioma di mezzo tra quello delle opere originali e quello dei propri uditori; naturalmente gli esiti sono tanti quante le opere, ma si possono rilevare elementi ricorrenti in opere diverse, segno di una sorta di tradizione. Oltre a francese a all’italiano, nei testi di matrice più dotta si trovano anche elementi latineggianti.
L’epica trecentesca in «langue de France»
LEntrée dEspagne. Composta tra il 1330 e il 1340 da un poeta padovano; nonostante l’opera a noi pervenuta sia incompiuta e per giunta mutila di una parte considerevole, consta di circa sedici mila versi. La trama cerca di ricostruire la preistoria della Chanson de Roland, basandosi sulla Chronaca di Turpino e su un altro poema perduto. Rolando viene qui presentato come cavaliere errante e addirittura coinvolto in una appassionata storia d’amore, e questo elemento sarà molto importante nello sviluppo successivo del tema rolandiano a Ferrara.
Con Pseudo-Turpino s’intende una composizione agiografica e romanzesca, con pretese cronachistiche, composta in Francia intorno alla metà del XII secolo al fine di nobilitare il nascente pellegrinaggio iacobeo con collegamenti al Ciclo Carolingio. Venne spacciata dalla Chiesa come opera di Turpino, celebre arcivescovo di Reims durante il regno di Carlo Magno. Il titolo originale di Historia Karoli Magni et Rotholandi, presenta una versione della leggenda di Orlando assai discordante dalla Chanson de Roland. L’opera collega la storia di San Iacopo con la spedizione in Spagna di Carlo Magno, durante la quale, sempre secondo la Historia, venne scoperta la tomba dell’apostolo.