Inno a Venere
27 Gennaio 2019Ad Angelo Mai
27 Gennaio 2019Vita, opere, testo e commento di quattro poesie del poeta tedesco Stefan George, di Carlo Zacco
Stefan George (1868 – 1933)
E un personaggio complesso e ambiguo, spesso utilizzato dal nazismo che ne ha interpretato alcuni aspetti della poetica come la ricerca della purezza e dell’assoluto in senso razzista, cioè come esaltazione dell’individuo eccezionale e della razza pura.
George non pensava minimamente a questo tipo di ideologie, anzi fugge dalla Germania non appena si accorge che il suo messaggio è stato travisato.
Verso la fine dell’800 George crea a Monaco un cenacolo di poetica, il George-Kreis, con l’intento di ricercare e raggiungere la poesia ‘pura, ovvero smaterializzata, fuori dalle cose materiali, che si regge su sé stessa, dunque assoluta. C’è in questa poetica un anelito verso l’oltre-umano.
Il cenacolo di George è una sorta di setta, e la poesia una specie di culto; i rapporti tra i componenti della setta richiamano quelli delle società segrete. I componenti sono soli uomini, e George era ivi venerato come un maestro .
Dalla raccolta: Algabal – Eliogabalo (1892)
Algabal è la raccolta del 1892 da cui sono tratti i due componimenti . Eliogabalo era imperatore romano del III secolo d.C, e George trae spunto da un episodio che lo riguardava: tra le varie altre bizzarrie l’imperatore aveva fatto costruire un giardino sotterraneo.
1) Ne aria ne calore servono al mio giardino
Mein garten bedarf nicht luft und nicht wärme,
Der garten den ich mir selber erbaut Und seiner vögel leblose schwärme Haben noch nie einen frühling geschaut.
Von kohle die stämme, von kohle die äste Und düstere felder am düsteren rain Der früchte nimmer gebrochene läste Glänzen wie lava im pinien-hain.
Ein grauer schein aus verborgener höhle Verrät nicht wann morgen wann abend naht Und staubige dünste der mandel-öle Schweben auf beeten und anger und saat.
Wie zeug ich dich aber im heiligtume, – So fragt ich wenn ich es sinnend durchmas In kühnen gespinsten der sorge vergass – Dunkle grosse schwarze blume? |
Il mio giardino non necessita né di aria né di calore il giardino che io stesso mi sono costruito e gli stormi senza vita dei suoi uccelli non hanno mai ancora visto una primavera.I tronchi di carbone; i rami di carbone e campi cupi su un cupo confine; i pesi dei frutti mai rotti rilucono come lava nel bosco di pigne.Una luce grigia da una caverna nascosta non rivela quando il mattino o la sera si avvicinano e i polverosi vapori degli oli di mandorla aleggiano sulle aiuole e sui campi e sulla semina. Come tuttavia ti genero nel tempio
|
In questo componimento viene esaltato proprio questo giardino sotterraneo e artificiale; Sono due i temi fondamentali:
– l’autocompiacimento per aver riprodotto uno scorcio di natura artificiale ed eterna;
– l’angosciosa consapevolezza che questa natura parallela non può essere generatrice di vita;
Eliogabalo si compiace 1) del fatto che né aria né sole servono al suo giardino per sopravvivere, e del fatto anche di averlo costruito lui in persona, 2) di aver dato luogo ad un’ opera artificiale e per questo eterna, non soggetta a corruzione; è dunque riuscito a trarre la sostanza segreta della natura e a riprodurla, spogliandola degli accidenti e dunque rendendola eterna. In questo giardino anche gli uccelli sono artificiali, e sono come carbonizzati; tutto è al buio, senza colori naturali. Gli stessi frutti vengono paragonati a lava; non si sa quando è mattina o quando è sera; i profumi vengono da mandorle e da frutti secchi. L’imperatore è soddisfatto e compiaciuto di tutto questo, ma non gli basta: come si può far nascere della vita da tutto questo – La domanda è legittima: se questo giardino è un’alternativa valida alla natura, allora deve poter generare della vita, deve poter creare qualcosa da sé stesso? Naturalmente la domanda viene lasciata in sospeso, e la risposta non può che essere negativa. Emerge così l’ansia segreta di chi conosce la vanità della propria presunzione.
Dalla raccolta: Das Iahr der Seele – L’anno dell’anima (1897)
2) Cogli i doni del fasto che ci lascia
Tre quartine in rima incrociata (ABBA); la traduzione in italiano di Traverso mantiene lo schema rtimico originale ed è fedelissimo agli aspetti fonici più che al significato delle parole: per esempio nella prima quartina la rima erhaschen – uberraschen viene resa con lascia – accascia: l’urgenza di mantenere il suono palatale sc supera l’aderenza al significato che nel caso di uberraschen (sorprendere)/ accasci viene decisamente stravolto; il traduttore, davanti alla scelta di valorizzare il significato rispetto al suono, ha optato per il secondo, il che in un contesto di poesia a-semantica come questo pare forse la scelta più appropriata; il traduttore nella sua versione in italiano ha interpretato per noi un aspetto fondamentale di questa poetica.
Il tema portante della poesia, nettamente in contrapposizione con la precedente, è:
– il trapasso stagionale dal fasto all’aridità, dall’estate all’inverno;
– l’invito a cogliere gli ultimi momenti dei felicità naturale;
Nun säume nicht die gaben zu erhaschen Ein schwaches flöten von zerpflücktem aste Die wespen mit den goldengrünen schuppen |
Ora non esitare a cogliere i doni dello sfarzo che se ne va dietro la svolta – le grigie nubi di radunano rapide – la nebbia potrebbe sorprenderci presto.Un debole flauto da un ramo spogliato ti annuncia l’ultimo buon avviso la terra (la tempesta gli sta intorno) ancora avvolta da fulgido damasco.Le vespe con squame verde-oro sono volate via dal – noi viaggiamo con la barca in lunghe curve in arcipelaghi bronzei di fogliame. |
In questa poesia occorre notare anzitutto che:
1) sono gli ultimi istanti, e non si può indugiare se si vuole godere appieno di essi fino all’ultimo istante;
forse domani già nebbia ci accascia”: vuol dire che l’inverno è prossimo ad arrivare;
2) aste, ramo, viene tradotto con amarasco per esigenza di rima. Il ramo ormai spoglio allude a qualcosa che ricorda il flauto, forse perché canna spogliata dalle foglie;
3) Contrasto tra la natura in fiore e la natura addormentata;
Il George-Kreis
Questo circolo, che cominciò a riunirsi nel 1892, era retto da un complesso cerimoniale estetizzante e composto da soli uomini (si, erano gay), studiosi e poeti, scelti da George stesso per affinità spirituale;
– compenetrazione di arte-vita secondo modelli estetizzanti del decadentismo;
– distacco dall’ordinario e dal popolare;
Sia Valéry che George in Germania sono comunque legati alla poetica di Mallarmé. Il cenacolo di George è un cenacolo di iniziati di cui lui è il Vate; vengono adottati i canoni poetici del decadentismo, le sue immagini, il binomio arte-vita, nonché una fitta rete di cerimonialità; tutto era estetizzante: abbigliamento, arredi, modo di parlare, e finalizzato a distaccarsi quasi aristocraticamente dalla vita ordinaria.
Oltre a ciò George fonda una rivista, Blätter für die Kunst, una rivista di diffusione della sua poetica, e dei valori di arte per l’arte, sulla quale scriveranno molti poeti del tempo, tra cui Hoffmanstal.
Dalla raccolta: Der siebente Ring – Il settimo anello (1907)
È la raccolta più importante, composta nel periodo della conoscenza e della frequentazione tra George e il giovane Maximin, il quale sarà oggetto di una contemplazione simbolica (ma che ha avuto anche una realizzazione sentimentale effettiva) che si rifletterà notevolmente in questa raccolta.
3) Ringraziamento – Danksagung
Die sommerwiese dürrt von arger flamme.
Auf einem uferpfad zertretnen kleees Sah ich mein haupt umwirrt von zähem schlamme Im fluss trübrot von ferner donner grimm.
Nach irren nächten sind die morgen schlimm: Die teuren gärten wurden dumpfe pferche Mit bäumen voll unzeitig giftigen schneees Und hoffnungslosen tones stieg die lerche.
Da trittst du durch das land mit leichten sohlen Und es wird hell von farben die du maltest. Du lehrst vom frohen zweig die früchte holen Und jagst den schatten der im dunkel kreucht.
Wer wüsste je – du und dein still geleucht – Bänd ich zum danke dir nicht diese krone: Dass du mir tage mehr als sonne strahltest Und abende als jede sternenzone |
I campi estivi disseccati da una fiamma maligna.
Sul margine di un sentiero di trifogli calpestati ho visto la mia testa arruffata tra il fango nel fiume intorbidito da feroci tuoni lontani.
Dopo folli notti, i mattini sono ancora peggiori: I nitidi giardini diventano cupi stabbi con alberi pieni di neve avvelenata e l’allodola saliva con tono disperato. |
In questa poesia notiamo:
1) Situazione di sconforto e desolazione, le immagini naturali sono di maniera, non si tratta di un paesaggio naturale, ma stilizzato; l’aggettivo ‘maligna riporta ad una dimensione interiore, non si dice “maligna” ad una natura reale, ma lo si dice ad una natura interiorizzata. Lo stesso vale per gli aggettivi ‘folli, ‘torbidi, ‘avvelenata: si tratta di metafore che il lettore deve colmare.
L’allodola, uccello primaverile, portatore di serenità e di rinascita, è ‘sgomenta, anch’essa, dunque, portatrice, proiezione del sentimento del poeta.
2) Nella seconda strofa la situazione cambia: subentra un indefinito “tu” che modifica completamente l’atmosfera estremamente angosciosa della prima stanza. E come se dicesse ‘la tua presenza è segno che c’è una diversa possibilità in questa vita. I rami lugubri infatti tornano qui a produrre frutti. Gli stabbi sono terreni recintati dove nottetempo vengono rinchiusi gli animali perché li concimino.
Tu scacci l’ombra che rende tutto grigio;
tu rendi il buio sopportabile e non nemico;
Rama: ramo, rigoglioso, carico di frutti;
Spera: cultismo che sta per “ambito”, con il senso di calma, serenità;
Per questo motivo di dà ghirlande di parole; tu illumini più del sole, e anche di notte.
L’evento autobiografico intorno al quale ruota questa raccolta, e questo componimento in particolare è l’incontro con Maximin, relazione che si caricherà di immensi risvolti simbolici.
– C’è una stretta identificazione tra natura e spirito:
– la natura appare stereotipata e senza un significato proprio;
– già dal primo aggettivo arg, «maligna» si capisce che l’autore sta descrivendo una proiezione interiore di essa, come dire «se il mio mio animo fosse un paesaggio, sarebbe così»;
– tutta l’aggettivazione conferma la necessità di una lettura psicologica del testo;
– connotazione nettamente negativa: l’allodola, uccello della primavera, della rinascita, è hoffungslos.
– Tanto maggiore è il ribaltamento della situazione nella seconda stanza:
– appare un’tu che cammina per la campagna che allontana l’ombra;
– quest’apparizione consente al poeta di cantare nuovamente;
C’è in questo testo una notevole cura formale, ma non manca l’afflato sentimentale: la freddezza di George è una sorta di abito, un modo per tenere sempre vigile la guardia, per avere il controllo dei sentimenti e non farsi sopraffare da essi.
E il suo un programma filosofico vero e proprio volto ad arrivare all’assoluto superando il transeunte. Un processo di ascesi, di adattamento per liberare le scorie dello spirito. Questo programma è espresso nei versi che seguono.
Dalla raccolta: Der Stern des bundes – La stella dell’alleanza (1914)
Breit in der stille dem Geist Unter dem reinen gewölk Send ihn zu horchender ruh Lang in die furchtbare nacht Dass er sich reinigt und stärktDu dich der hüllen befreist Du nicht mehr stumm bist und taub Wenn sich der gott in dir regt Wenn dein geliebter dir raunt |
Ampio nel silenzio dello spirito sotto la nuvola pura mandalo ad ascoltare il riposo a lungo nella notte terribile che purifica e rafforza se stessoLiberati dai veli non sei più muto e sordo quando il dio si muove in te quando chi ti ama ti sussurra |
IN questa poeta esprime la necessità di liberazione, un percorso di ascesi.
È più un programma filosofico che un’ enunciazione di poetica: si richiede all’uomo un lungo periodo di solitudine che gli consenta di affrontare il ‘silenzio, ovvero l’ignoto, in modo da potersi liberare dai veli, cioè dai legami che lo tengono legato alla vita quotidiana; quando lo spirito sarà puro, sarà in grado di parlare ed ascoltare, perché libero da queste scorie. In questo modo sarà in grado di far emergere il dio che è in sé, non il Dio dottrinale naturalmente, ma uno stato di consapevolezza superiore.
http://www.zeno.org/Literatur/M/George,+Stefan