Inno a Venere
27 Gennaio 2019Ad Angelo Mai
27 Gennaio 2019La blusa del bellimbusto, Notte di luna, Inno alla bustarella e Sberleffi sono quattro poesie di Vladimir Majakovskij, commentate dal prof. Carlo Zacco
Vladimir Majakovskij (1893 – 1930)
Emblema del Futurismo russo, famosissimo più per le vicende private che per la poesia: per il suo amore contrastato con la moglie di Brik, per il suo suicidio a poco più di trent’anni, per la sua attiva partecipazione al partito bolscevico.
1) La blusa del bellimbusto, in Prima rivista dei futuristi russi, 1914
E uno sberleffo tipicamente futurista della tradizione; qui lo stesso poeta è portatore delle nuove ideologie contro il perbenismo e il falso moralismo borghese, che qui viene irriso.
Intenti provocatòri. L’intento è quello tipico anche dei futuristi italiani, cioè quello di dissacrare il perbenismo borghese ed abolire le vecchie abitudini in favore della nuova era nascente; in realtà in questa poesia c’è più che altro una baldanza tipicamente adolescenziale, un esibizionismo gratuito.
In realtà. Proclama sì l’avvento di una nuova era, ma tutto sommato ciò che di fatto risulta dal tessuto testuale è una fregatura: il metro (in originale) è più che tradizionale; le immagini poetiche anche: il velluto della mia voce”, la blusa resa gialla dal tramonto”, e i sorrisi cuciti come fiori” sono anch’esse immagini tradizionali, lontanissime dall’essere pungenti e provocatorie; l’unico tratto che conferisce al testo la vitalità promessa è la metafora dello stuzzicadenti.
Testo
- La blusa del bellimbusto Vladimir Majakovskij
Io mi cucirò neri calzoni
del velluto della mia voce.
E una gialla blusa di tre tese di tramonto.
Per il Nevskij del mondo, per le sue strisce levigate
andrò girellando col passo di Don Giovanni e di bellimbusto.
Gridi pure la terra rammollita nella quiete:
“Tu vieni a violentare le verdi primavere!”
Sfiderò il sole con un sogghigno arrogante:
“Sul liscio asfalto mi piace biascicar le parole!”.
Sarà forse perché il cielo è azzurro
e la terra mia amante in questa nettezza festiva,
che io vi dono dei versi allegri come ninnoli,
aguzzi e necessari come stuzzicadenti.
Donne che amate la mia carne e tu, ragazza
che mi guardi come un fratello,
coprite me, poeta, di sorrisi:
li cucirò come fiori sulla mia blusa di bellimbusto.
- Note:
v. 4: Si riferisce naturalmente alla prospettiva Nevskij, luogo deputato al passeggio elegante della borghesia pietroburghese;
v. 5: il bellimbusto è l’immagine del Dandy baudelairiano, che vive al di fuori e si irride della società;
v. 9: il biascicare parole è il riferimento al modo spocchioso di parlare dei dandy, con la r moscia e la puzza sotto al naso;
v. 13: la metafora dello stuzzicadenti è un modo per ridicolizzare l’attività della poesia.
v. 15-17: è semplicemente un invito volto alla provocazione e finalizzato a destare scandalo nel perbenismo borghese.
2) Notte di luna, nella rivista Novyj Satirikon, 1916
Testo:
Verrà la luna.
È già apparsa
un po’.
Ma eccola sospesa piena nell’aria.
Dev’essere Dio
che con meraviglioso
cucchiaio d’argento
rimesta la zuppa di pesce stellare.
Commento:
Si tratta di un notturno futurista, dunque la parodia di un notturno. Anche qui parte con un immagine tradizionale, ma l’atmosfera sognante viene dissacrata con una metafora culinaria: la luna è paragonata ad un enorme cucchiaio con cui Dio mescola la sua zuppa di pesce di stelle.
Marinetti proclamava uccidiamo il chiaro di l’una”, ed eccolo qui servito su un piatto di zuppa di pesce, l’intento dellirriverenza è qui raggiunto pienamente.
3) Inno alla bustarella, nella rivista Novyj Satirikon, 1915
TESTO:
Eccoci qui, umilmente, a cantare le tue lodi,
bustarella amatissima,
tutti qui, dal sotto portinaio
fino a chi porta galloni dorati.
Tutti quelli che la nostra mano destra
ardiranno fissare con riprovazione
non se lo sognano neppure, i mascalzoni,
come li puniremo per la loro invidia.
E perché più non osi alzarsi il biasimo,
indosseremo uniformi con medaglie,
e, mostrando un persuasivo pugno,
chiederemo: «E questo lo vedete?».
A guardare dall’alto c’è da restare a bocca aperta,
con ogni muscolo che freme dalla gioia.
La Russia, dall’alto, è proprio come un orto,
s’inturgida, fiorisce, lussureggia.
E dove mai s’è visto che, se c’è una capra,
alla capra faccia fatica di cacciarsi nell’orto?…
Certo, avessi tempo, vi dimostrerei
chi sono le capre e chi gli ortaggi.
E poi non c’è gran che da dimostrare: basta entrare e prendere
La pianterà alla fine il giornalume.
Tosarli e rasarli bisogna, come montoni.
Ma che, ci si deve vergognare pure a casa propria?
Commento:
Qui il poeta incarna un uomo nell’atto di intascarsi una bustarella e ricalcando il linguaggio della malavita denuncia un malcostume diffusissimo all’epoca.
Questa poesia è indice dell’interesse di Majakovskij verso i problemi più scandalosi della sua società, e del suo modo di denunciarli tramite un linguaggio sarcastico.
4) Sberleffi, nella rivista Novyj Satirikon, 1916
TESTO:
Come coda di pavone la fantasia spiegherò in un ciclo screziato,
darò l’anima in potere d’uno sciame di rime inaspettate.
Voglio di nuovo sentire come zittiscono dalle colonne dei giornali
quelli
che, accanto alla quercia che li nutre,
scavano le radici con i grugni.
Commento:
Si rivolge ai giornalisti; qui non c’è nessun riferimento alle abitudini liriche tradizionali, ma solo la volontà di una vera e propria lotta iconoclasta tipica del futurismo.
I maiali che scavano col grugno alle radici delle querce sono i giornalisti, che, allora come ora, sono viscidi servi del potere; al contrario il poeta è colui che come un pavone mostra le proprie nobili penne e con il suo modo di parlare è in grado di farli zittire.