Titiro e Melibeo
27 Gennaio 2019Zaira Gangi
27 Gennaio 2019La Germania di Tacito di Carlo Zacco
Composizione. E’ stata scritta probabilmente nel 98, ed è una breve monografia di argomento geo-etnografico (De origine et situ Germanorum).
Struttura. E’ divisa in due parti:
1) nella prima vengono trattati gli aspetti comuni a tutte le tribù germaniche: origini e aspetto fisico; configurazione del loro territorio; clima e prodotti del suolo; usi, costumi, credenze;
2) nella seconda parte vengono presi in esame aspetti specifici dei singoli popoli, circa una settantina, che Tacito passa in rassegna uno per uno.
I Germani e Roma. La battaglia di Teutoburgo aveva arrestato per sempre le mire espansionistiche dei romani in Germania, ma ovviamente non aveva interrotto i contatti tra i due popoli:
– da quel momento i romani si appostarono su posizioni difensive lungo il Reno e consolidarono i confini;
– i germani continuavano a costituire un pericolo:
– mentre Tacito scriveva la monografia, Traiano da 5 anni era luogotenente sul confine con la Germania settentrionale; una volta eletto imperatore, prima di rientrare a Roma attese ancora un anno, durante il quale cercò di consolidare le comunicazioni tra l’entroterra e le basi poste sulle frontiere renane;
– la Germania allora costituiva un problema di scottante attualità. Da qui l’esigenza di fornire un’opera aggiornata a rigorosa su quel territorio e sulla gente che lo abitava.
Germania, 1 – I confini della Germania
Il territorio. L’esordio riprende l’andamento del De bello gallico di Cesare. Lo scopo è quello di delineare i confini di una regione vasta e impervia, delimitata da due fiumi (Reno e Danubio), sui quali si concentra l’attenzione dell’autore.
[1] Germania omnis a Gallis Raetisque et Pannoniis Rheno et Danuvio fluminibus, a Sarmatis Dacisque mutuo metu aut montibus separatur: | cetera Oceanus ambit, latos sinus et insularum inmensa spatia complectens, nuper cognitis quibusdam gentibus ac regibus, quos bellum aperuit. |
Germania | omnis | separatur | a Gallis | Raetisque | et Pannoniis | fluminibus |
La Germania | nel suo complesso | è separata | dai Galli, | dai Reti | e dai Pannoni | dai fiumi |
Rheno et Danuvio, | a Sarmatis Dacisque | [separatur] | mutuo metu | aut montibus: |
Reno e Danubio, | dai Sarmati e dai Daci | [è separata] | dal timore reciproco | o dai monti: |
Germania omnis: omnis indica «nel suo complesso» un insieme articolato di parti; mentre totus indica un oggetto «tutto intero», concepito come non diviso al suo interno;
– in realtà Tacito fa riferimento alla Germania transrhenana, quella che si trova al di là del Reno, detta Barbara o Magna; la Germania Cisrenana, che era stata divisa da Domiziano (nel 90) in Germania Superior e Germania Inferior, e considerati parte integrante della Gallia romana già dai tempi di Cesare;
– il passo riprende il celebre esordio del De bello Gallico;
a Galliis, Raetisque et Pannoniis: abl. di separazione; i nomi dei popoli, per metonimia, richiamano i nomi dei luoghi in cui essi abitano; tutte e tre già sotto il dominio romano all’epoca: Rezia > Baviera;
Pannonia > Croazia/Bosnia; Dacia > Romania; Sarmazia > Ucraina meridionale;
-que + et: variatio;
– montibus: la catena dei Carpazi;
– aut: la disgiuntiva non significa per forza opposizione, ma accostamento di fattori non omogenei (i monti e il timore), accostati a scopo espressivo/drammatico, rafforzata dall’allitterazione;
cetera Oceanus ambit, | complectens | latos sinus | et inmensa spatia | insularum, |
l‘oceano circonda le altre sue parti, | abbracciando | vaste penisole | e grandi estensioni | di isole, |
nuper cognitis quibusdam gentibus ac regibus, | quos bellum | aperuit. |
essendo stati conosciuti solo di recente certi popoli e re | che la guerra | [ci] ci ha rivelato. |
Cetera: il resto del territorio, ovvero la parte più settentrionale;
Oceanus: soggetto di ambit; espressione evocativa e indeterminata;
Ambit: da ambio, -?re; poetismo, invece del più prosastico circumdat;
Latos sinus: acc pl. sinus è il golfo, ma anche la terra sporgente; è plurale poetico per il singolare; si riferisce alla Danimarca, ovvero la penisola dello Jutland;
immensa insularum spatia: «immensi spazi di isole»; ipallage per insulas immensi spatii (genitivus inv. );
complectens: part. pres di complector («abbracciare»)
reges: non dei veri r propri sovrani di monarchie, ma dei capi di tribù barbare;
quos bellum aperuit: espressione poetica; aperio nel senso di «rendere noto»;
Rhenus, Raeticarum Alpium inaccesso ac praecipiti vertice ortus, modico flexu in occidentem versus septentrionali Oceano miscetur.
Rhenus, | ortus | vertice | inaccesso | ac praecipiti | Raeticarum Alpium, |
Il Reno, | nato | dalla cima | inaccessibile | e dirupata | della Alpi retiche, |
versus | modico flexu | in occidentem, | miscetur | septentrionali Oceano. |
dopo aver piegato | con curva leggera | verso occidente, | sfocia | nell’Oceano settentrionale. |
vertice: abl. di origine; vertex («vetta»), è di uso poetico;
ortus: (< orior, ?ri) e versus (< verto, ?re): participi congiunti a Rhenus;
modico flexus: ablativo modale:
– flexus: «piega», «curva», «deviazione»; < flecto, ?re;
– modicus: «moderato», «contenuto»;
misceo, ?re: regge l’ablativo di unione: Septentrionali Oceano; anche questo è poetico;
Danuvius molli et clementer edito montis Abnobae iugo effusus pluris populos adit, donec in Ponticum mare sex meatibus erumpat: septimum os paludibus hauritur.
Danuvius, | effusus | iugo | molli | et clementer edito | montis Abnobae, |
Il Danubio, | che scaturisce | da un giogo | dolce | e moderatamente elevato | del monte Abnoba, |
pluris populos adit, | donec erumpat | in Ponticum mare | sex meatibus: | septimum os |
tocca molti popoli, | fino ad erompere | nel mare di Ponto | per sei bocche | la settima foce |
paludibus hauritur. |
è inghiottita dalle paludi. |
molli / edito: abl. di origine, retti da effusus; accosta un aggettivo e un participio per variatio;
montis Abnobae: gen. che specifica iugo. Oggi Abernauer Gebirge, nella Selva Nera;
effusus: participio perfetto di effundo, ?re; congiunto a Danuvius;
pluris: sta per plures da unire a populos;
populos: oggetto di adit; indica per metonimia il luoghi abitati da quelle popolazioni;
donec + congiuntivo: uso poetico, di norma richiederebbe l’indicativo;
Moto dei fiumi: è da notare un’antitesi riferita al corso dei fiumi, resa molto bene a livello stilistico:
– il Reno è impetuoso (praeceps) all’inizio, mentre si mescola (miscetur) calmo nel mare alla foce;
– il Danubio, invece, per un lungo tratto sembra quasi «visitare» (adit) i vari popoli, mentre si riversa con violenta (erumpit) nel mare di Ponto con le sue molteplici bocche.
sex meatibus: abl. strumentale: prima di sfociare nel Mar Nero in Danubio si separa in un ampio Delta;
paludibus: abl. di causa efficiente, retto da haur?tur;
Una descrizione molto elaborata. Il dato geografico non è mai scarno, ma viene sempre espressivamente arricchito da procedimenti retorici e stilistici anche complessi:
1) parallelismi sintattici: a Gallis Raetisquea Sarmatis Dacisque;
2) antitesi: il Reno discende inaccesso ac praecipiti vertice; il Danubio molli et clementer edito iugo;
3) sequenze allitteranti: mutuo metu aut montibus;
4) variotiones, vocaboli poetici, espressioni ricercate;
L’effetto complessivo è quello di trovarsi di fronte ad un vasto, remoto territorio di indeterminata suggestione.
Capitolo 2: autoctonia e origine del popolo germanico
Purezza della razza. Nel Capitolo 1 Tacito delinea rapidamente le caratteristiche del territorio, qui si concentra invece sui suoi abitanti: in particolare mette in evidenza il carattere autoctono della stirpe, che è stata (a suo ride) immune da mescolanze con altri popoli;
– poi l’autore passa a delineare le mitiche origini e la genealogia del popolo germanico, basandosi su una antica teogonia narrata da «antichi canti» (carminibus antiquis);
– infine si sofferma sulla derivazione del nome Germani: secondo lui appartenuto in principio ad una sola tribù e successivamente esteso a tutto il popolo;
[2] Ipsos Germanos indigenas crediderim minimeque aliarum gentium adventibus et hospitiis mixtos, quia nec terra olim, sed classibus advehebantur qui mutare sedes quaerebant, et inmensus ultra utque sic dixerim adversus Oceanus raris ab orbe nostro navibus aditur. Quis porro, praeter periculum horridi et ignoti maris, Asia aut Africa aut Italia relicta Germaniam peteret, informem terris, asperam caelo, tristem cultu adspectuque, nisi si patria sit?
Ipsos Germanos | crediderim | indigenas [esse] | minimeque | mixtos |
Quanto ai Germani | sarei portato a credere | che siano nativi del luogo | e niente affatto | mescolati |
adventibus | aliarum gentium | et hospitiis, | quia olim |
a causa dell’arrivo | di altre genti | o dell‘ospitalità [offerta ad altre genti], | poiché anticamente |
nec terra | sed classibus | advehebantur | qui mutare sedes quaerebant, | et inmensus |
non per terra | ma per mare | si spostavano | quelli che cercavano di mutare sede | e l’immenso |
Oceanus | [patens] | ultra [Germaniae] | utque sic dixerim | adversus |
Oceano | [che si estende] | al di là [della Germania] | e per così dire | [posto] agli antipodi |
aditur | raris navibus | [venientes] ab orbe nostro. | Quis porro, | praeter |
è solcato | da rare navi | [provenienti] dai nostri paesi. | Chi d’altra parte | senza contare |
periculum horridi et ignoti maris | relicta | Asia aut Africa aut Italia | peteret |
il pericolo di un mare tempestoso e ignoto, | lasciando | Asia, Africa o Italia | avrebbe potuto dirigersi |
Germaniam, | informem terris, | asperam caelo, | tristem | cultu | adspectuque |
verso la Germ, | brutta nel suolo, | rigida nel clima, | squallida | ad abitarsi | e a vedersi |
nisi si | [ei cui illa] patria sit? |
a meno che | quella non fosse la sua patria? |
Indigeni. Come sappiamo i Germani non erano affatto indigeni, ma provenivano dalle zone centrali dell’Asia, al pari di tutti gli altri popoli indoeuropei;
– il mito dell’autoctonia era diffuso presso molti popoli antichi, che ponevano come causa l’asperità del luogo, che non avrebbe consentito a chi lo abitava di mischiarsi con altri;
– anche Tucidide dice la stessa cosa dell’Attica,
Celebrant carminibus antiquis, quod unum apud illos memoriae et annalium genus est, Tuistonem deum terra editum. Ei filium Mannum, originem gentis conditoremque, Manno tris filios adsignant, e quorum nominibus proximi Oceano Ingaevones, medii Herminones, ceteri Istaevones vocentur. Quidam, ut in licentia vetustatis, pluris deo ortos plurisque gentis appellationes, Marsos Gambrivios Suebos Vandil’ios adfirmant, eaque vera et antiqua nomina.
[Germani] Celebrant | carminibus antiquis, | quod | apud illos | est unum genus | |
[I Germani] celebrano | con antichi canti | che | presso di loro | è unica forma |
memoriae et annalium, | Tuistonem deum, | terra editum. | [Germani adsignant] Ei | |
di memoria storica, | il dio Tuistone, | generato dalla terra. | I germani gli attribuiscono |
filium | Mannum, | originem | conditoremque | gentis, | Manno | adsignant |
come figlio | Manno, | progenitore | e fondatore | della stirpe [germ], | a Manno | attribuiscono |
tris filios, | e quorum nominibus | vocentur | Ingaevones | [Germani] proximi Oceano, |
tre figli, | dai nomi dei quali | sono chiamati | Ingevoni | [i Germani] più vicini all‘oceano, |
Herminones | medii, | ceteri Istaevones. | Quidam, | ut [solet] | in licentia |
Erminoni | quelli di mezzo, | gli altri Istevoni. | Alcuni | come [suole avvenire] | nella libertà |
vetustatis, | adfirmant | deo | ortos [esse] | pluris [filios] | plurisque [esse] |
delle cose antiche, | affermano | che dal dio | siano stati generati | più [figli] | e che più numerose siano |
appellationes gentis, | Marsos | Gambrivios | Suebos | Vandil’ios, | eaque vera |
le denominazioni della stirpe, | Marsi, | Gambrivi, | Svevi, | Vandali, | ugualmente veri |
et antiqua nomina. |
e antichi nomi. |
Ceterum Germaniae vocabulum recens et nuper additum, quoniam qui primi Rhenum transgressi Gallos expulerint ac nunc Tungri, tunc Germani vocati sint: ita nationis nomen, non gentis evaluisse paulatim, ut omnes primum a victore ob metum, mox etiam a se ipsis, invento nomine Germani vocarentur.
Ceterum | [putant] Germaniae vocabulum | recens | et nuper additum, | quoniam |
Invece | [ritengono che] il termine Germania | sia recente | e attribuito da poco, | poiché |
qui primi, | Rhenum transgressi | Gallos expulerint, | ac nunc Tungri, | tunc |
quelli che per primi, | dopo aver attr. il Reno, | scacciarono i Galli, | e ora [sono detti] Turingi | allora |
Germani vocati sint: | ita | nationis nomen, | non gentis, |
allora si sarebbero chiamati Germani: | e perciò | il nome di una sola tribù, | non dell’intero popolo, |
evaluisse paulatim, | ut omnes Germani vocarentur | primum | a victore |
sia prevalso s poco a poco, | così che tutti furono chiamati Germani | dapprima | dal [nome] del vincitore |
ob metum, | mox | invento nomine, | etiam a se ipsis. |
per la paura [che incuteva ai Galli] | poi | trovato il nome, | anche da loro stessi. |
Tuistione. Etimologicamente il nome Tuisto deriva dal germanico *twa, che rimanda al numero «due» (two, zwei), e rimanda ad una doppia natura;
– potrebbe trattarsi di un dio androgino, e ciò può essere confermato dal fatto che nelle fonti non vi sono attestazioni di divinità o entità femminili con cui egli potrebbe aver generato i suoi figli;
– oppure può riferirsi a un deus geminus simile al Giano romano;
– come Cronos (figlio di Gea) e Cercope (progenitore dell’attica) è generato dalla terra.
Manno. In questo nome si riconosce la radice Mann, uomo: il primo uomo, o il progenitore di tutti gli uom;
– Tacito è importantissimo per la ricostruzione dell’antica religione germanica, da questo passo risulta una teogonia in cui un dio dalla doppia natura maschile femminile (perciò: Twisto), generato dalla terra, a sua volta genera un figlio, il cui nome significa uomo.
I Turingi. Secondo Tacito, dunque, i Turingi, all’inizio, erano i soli a chiamarsi Germani, e questo nome gli sarebbe stato attribuito dai Galli;
Caratteri della prosa tacitiana:
1) concisione e densità dello stile;
2) uso di parallelismi sintattici e variationes:
– ad esempio la frase quia nen terra olim, sed classibus advehebantur, dove a terra non corrisponde mare, ma classibus;
– oppure nella descrizione del territorio germanico: informem terris, asperam caelo, tristem cultu aspectuque: è un esempio di asindeto trimembre, tipicamente tacitiano, dove spicca la costruzione agg. + sostantivo in abl. di limitazione, ma il terzo colon si espande in due, per variatio;
3) poetismi lessicali: come classis anziché navis; l’avv. olim, per indicare un tempo remoto;
4) ricorso a strutture brachilogiche ed ellittiche:
– ad esempio: nisi si patria sit? che sta per nisi [ei cui illa] patria sit?; a conclusione di un’ampia interrogativa retorica introdota dal Quis porro…
Capitolo 2: La purezza della stirpe germanica
Nel capitolo 3 (non riportato) Tacito afferma che, secondo una fonte non precisata (memorant) Ercole e Ulisse si sarebbero spinti fino alla remota Germania, e che sussisterebbero tracce del loro passaggio;
– inoltre, tracce sepolcrali mostrerebbero la presenza di remoti insediamenti greci;
– su queste notizie preferisce non esprimersi: neque refellere…neque confirmare in animo est,
– richiamando lo stesso scetticismo di Livio riguardo all’archeologia mitica del popolo romano;
– e tacito lo riprende letteralmente, perché Livio dice: nec adfirmare nec refellere in animo est (Liv. Ab Urbe condita, Praefatio, 6).
Nel capitolo 4 riprende l’informazione che aveva dato nel 2 (indigenas crediderim minimeque aliarum gentium adventibus et hospitiis mixtos), e la approfondisce;
– afferma cioè che è da escludere che i Germani si siano mai «contaminati», mescolandosi con altre popolazioni;
– come dimostrazione di cioè descrive il loro aspetto fisico, sottolineando l’eccezionale uniformità nell’aspetto; aveva detto che la popolazione è simile solo a se stessa (tantum sui similem gentem).
[4] Ipse eorum opinionibus accedo, qui Germaniae populos nullis aliis aliarum nationum conubiis infectos propriam et sinceram et tantum sui similem gentem exstitisse arbitrantur. Unde habitus quoque corporum, tamquam in tanto hominum numero, idem omnibus: truces et caerulei oculi, rutilae comae, magna corpora et tantum ad impetum valida: laboris atque operum non eadem patientia, minimeque sitim aestumque tolerare, frigora atque inediam caelo solove adsueverunt.
Ipse | accedo | opinionibus | eorum, qui | arbitrantur | Germaniae populos, |
personalmente, | mi accosto | all’opinione | di coloro i quali | ritengono | che i popoli germanici, |
nullis aliis conubiis infectos | aliarum nationum, | exstitisse | gentem |
non contaminate da nessun‘altra mescolanza | con altre genti, | siano rimasti | una stirpe |
propriam et sinceram | et tantum sui similem. | Unde | habitus quoque corporum, |
a sé stante | e simile soltanto a se stessa. | Perciò | anche l’aspetto fisico |
tamquam in tanto hominum numero, | idem omnibus: | truces et caerulei oculi, |
per quanto possibile in un così gran numero di uomini, | è lo stesso in tutti: | occhi torvi e di colore azzurro |
rutilae comae, | magna corpora | et tantum ad impetum valida. | non [est illis] eadem patientia |
capelli rossi, | grandi corpi | ma validi solo al primo assalto. | non hanno la stessa capacità di soppor. |
laboris atque operum, | minimeque adsueverunt | tolerare | sitim aestumque; |
della fatica e del lavoro, | e non sono per niente abituati | a sopportare | la sete e il caldo; |
[adsueverunt tolerare] | frigora atque inediam | caelo solove. |
[mentre sono abituati a sopportare] | il freddo e la fame | a causa del clima e della natura del suolo. |
– truces oculi: gli occhi torvi: già Cesare nel De bello gallico (I, 39, 1), aveva riportato alcune dicerie dei Galli e dei Mercanti che dicevano che non era possibile sostenere lo sguardo dei Germani;
– rutilae comae: i capelli rossi: Plinio il Vecchio invece riferisce che i Germani si tingevano i capelli di un colore rosso più vivo e cupo, con sostanze vegetali, per apparire ancora più spaventosi;
La purezza della razza. Per interpretare correttamente questo testo bisogna tenere conto almeno di due aspetti:
1) la mentalità romana è totalmente e costitutivamente estranea al mito della purezza della razza;
2) i caratteri di autoctonia (II, 1), purezza di sangue e somiglianza, che Tacito attribuisce alla stirpe germanica, sono motivi che il critico Norden ha definito «itineranti», cioè sono ricorrenti nelle tradizioni di diversi popoli;
– nonché veri e propri tòpoi letterari ricorrenti in varie fonti antiche, una delle quali potrebbe verosimilmente aver influenzato Tacito;
Determinismo. Inoltre il brano del capitolo 4 si conclude con un’osservazione improntata su un criterio di determinismo ambientale (caelo solove), molto diffuso nel mondo antico:
– secondo questo modo di pensare, è possibile riscontrare una stretta affinità tra le caratteristiche di un popolo e la natura della terra in cui esso abita:
– ad esempio: fatti esterni (il clima, il suolo), assai più che interni (la purezza di sangue), incidono in modo determinante sulle caratteristiche della popolazione.
Saggio di Canfora. L. Canfora, La «Germania» di Tacito da Engels al nazismo, Liguori, Napoli, 1979
In questo saggio Luciano Canfora dimostra l’assoluta inconsistenza sul piano esegetico e storico, delle letture che sono state fatte di questi passi della Germania di Tacito;
– dimostra inoltre quanto queste letture siano state pregiudiziali e arbitrarie;
– i tedeschi, a partire già a partire dal Cinquecento, e poi in particolare nella seconda metà dell’Ottocento, e massimamente nel Novecento, hanno stravolto arbitrariamente questo passo di tacito, per legittimare:
– in primo luogo il mito della purezza e superiorità razziale del cosiddetto Urvolk, il «popolo originario»;
– in secondo luogo le dottrine apertamente naziste elaborate tra Otto e Novecento, volte a giustificare la pratiche di pulizia etnica della Germania nazista.
Capitoli 18-20: le donne germaniche
Le donne, negli eserciti. Nei capitoli precedenti Tacito aveva parlato del valore militare dei Germani, e in quell’occasione aveva già accennato alle donne, dicendo che:
– esse seguivano i propri mariti in battaglia e si occupavano di loro;
– le testimonianze delle donne erano tenute in grande considerazione;
– il loro supporto in battaglia è fondamentale: le curare le ferite dei soldati, e nel portare cibo ed esortazioni; le donne facevano come il tifo, e questo gratificava molto i guerrieri germanici;
– molte volte è capitato che degli eserciti vacillanti siano stati ricondotti all’assalto dalle suppliche e dalle esortazioni delle donne;
Testo. In questa parte tacito tratta dei costumi germanici relativi al matrimonio e alla famiglia;
– torna ancora a parlare delle donne, e coglie l’occasione per metterle a confronto, polemicamente, con quelle romane.
Cap. 18. Il matrimonio è tenuto in grande considerazione, e i germani (a differenza della maggior parte dei barbari) sono rigidamente monogami;
– la dote non è portata dalla moglie al marito, ma al contrario dal marito alla moglie;
– durante il matrimonio i familiari del marito non portano alla sposa inutili ornamenti, ma tre doni;:
1) due buoi aggiogati;
2) un cavallo bardato;
3) delle armi;
Questi doni hanno un preciso significato:
– indicano che la donna non verrà esclusa dalle vicende della guerra, ma che essa stessa condividerà le fatiche e i pericoli del marito;
– una volta divenuta madre, la donna farà lo stesso dono alle mogli dei figli e così via;
Cap. 19. Le donne Germaniche, inoltre, sono virtuose: non sono attratte da spettacoli o conviti;
– esattamente come gli uomini, le donne non conoscono la scrittura;
– gli adulteri sono rarissimi, e duramente castigati: se il marito coglie la moglie in flagrante adulterio, la spoglia nuda, le taglia i capelli, e la caccia via di casa, inseguendola e picchiandola per tutto il villaggio;
– una donna adultera non avrà mai più possibilità di trovare marito;
– infatti, presso i germani, i vizi non provocano riso, e la corruzione non è di moda;
– in molte tribù le donne arrivano vergini al matrimonio, e si dedicano tutta la vita a un solo marito.
Saggio: Alain Michel, Tacito e il destino dell‘Impero, Einaudi, Torino, 1973
Categorie romane. Che cosa spinge Tacito a comporre un trattato etnologico sulle popolazioni germaniche?
– Il trattato di Tacito sembra per molti aspetti convenzionale;
– in realtà la prima parte dell’opera, quella che parla dei Germani in generale, presenta dei caratteri molto particolari: Tacito infatti, prima di passare alla descrizione delle varie tribù Germaniche, parla in generale delle virtù delle popolazioni germaniche;
– nel trattare le virtù procede in questo modo, e tratta in successione:
1) la guerra (da cui sono tratti i capitoli sulle donne);
2) la religione;
3) la giustizia;
– Tratta cioè, in successione, i tre valori fondamentali della tradizione civica romana: religio, fortitudo, fides;
– per studiare i Germani utilizza quindi le categorie proprie della mentalità romana;
– infatti: descrive l’organizzazione politica dei Germani, distinguendo tre funzioni che corrispondono appunto ai valori di religio, fortituto, fides, distinguendo sacerdoti, soldati, uomini di legge;
– queste tre funzioni sono alla base del pensiero politico romano, e non a caso, fin dalle origini, erano sottoposte a tre divinità: Giove, Marte, Quirino;
Virtù dei Germani. Servendosi dunque di queste tre categorie, tacito esalta le virtù dei Germani:
– ne esalta lo spirito religioso, il senso del sacro, la dignità morale delle donne;
– loda la lealtà dei rapporti umani: ad esempio quando parla dei mercanti, che in Germania non mentono su quello che vendono;
– si dilunga molto parlando del coraggio dei Germani, che costituisce per loro l’arma più importante durante la guerra;
– in questo Tacito è moralista: la sua riflessione parte, quindi, dalle virtù che dovrebbero distinguere tutti i popoli, e che, come era noto a tutti i suoi lettori, avevano distinto la Roma delle origini e della Repubblica;
Pericoli per Roma. Ora, Tacito ritrova queste virtù non a Roma, ma nelle popolazioni Germaniche, che seppur rozze, possiedono quelle virtù che un tempo furono di Roma;
– che anzi hanno fatto in modo che Roma raggiungesse la propria grandezza, e che quindi, ora, fanno in modo che i Germani costituiscano un serio pericolo per l’Impero romano, ormai infiacchito.
– I Germani sono coraggiosi > i romani, invece, si dedicano al riposo e agli svaghi, e pagano soldati stranieri, mercenari, per farsi difendere;
– I Germani sono leali e liberi > i romani, invece, sono schiavi del lusso (disprezzato, appunto dai Germani) che favorisce ipocrisia e leggerezza;
– In questa situazione, nessun principe può contare, realmente, sui suoi amici e sui suoi collaboratori, che, per denaro, possono tradirlo da un momento all’altro; c’è ipocrisia e diffidenza.
– Tacito comprende questa tragedia imminente (e lo era davvero): la prosperità di Roma è solo apparente, in realtà Roma ha perso le antiche virtù morali che ne avevano assicurato a lungo la sopravvivenza, e anche, la supremazia: la catastrofe è inevitabile.
Il destino di Roma. I filosofi antichi, Platone e Aristotele, avevano affermato che una città non più vivere senz’anima: Tacito, da studioso, aveva identificato in quelle virtù i fondamenti di quest’anima romana, ma da storico, aveva osservato che nel tempo queste erano andate perdendosi, ed era facile per lui indovinare quale sarebbe stato l’esito futuro di ciò. Ed ha indovinato.
– La Germania non è quindi una semplice rievocazione nostalgica del passato, ma un tentativo di soluzione.
I vizi dei Germani
I Capitoli 23-24 (pag. 424) sono dedicati ai vizi dei Germani. Questo non è in contraddizione con quello che ho appena detto:
– non bisogna dimenticare che i Germani sono nemici potenzialmente molto pericolosi, proprio grazie a tutte le virtù e le belle cose che Tacito è andato raccontando nei capitoli precedenti;
– per questo, occorre conoscere anche i loro punti deboli, in modo da poterli sconfiggere con maggiore facilità facendo leva sui loro vizi.
[23] Potui umor ex hordeo aut frumento, in quandam similitudinem vini corruptus: proximi ripae et vinum mercantur. Cibi simplices, agrestia poma, recens fera aut lac concretum: sine apparatu, sine blandimentis expell’unt famem. Adversus sitim non eadem temperantia. Si indulseris ebrietati suggerendo quantum concupiscunt, haud minus facile vitiis quam armis vincentur.
Potui | [est illis] | umor | ex hordeo aut frumento, | corruptus |
Come bevanda | hanno | un liquido | fatto di orzo e frumento, | fatto fermentare |
in quandam similitudinem | vini: | proximi | ripae | [Rheni] | et vinum mercantur. |
in una maniera simile | al vino: | i più vicini | alla riva | del Reno | commerciano anche il vino. |
Cibi simplices [sunt], | agrestia poma, | recens fera | aut lac concretum: |
I cibi sono semplici, | frutti selvatici, | selvaggina appena cacciata | o latte rappreso: |
sine apparatu, | sine blandimentis | expell’unt famem. | Adversus sitim | non eadem temperantia [est] |
senza sontuosità | senza condimenti | cacciano la fame. | Contro la sete | non hanno la stessa moderazione. |
Si indulseris | ebrietati | suggerendo | quantum concupiscunt, | vincentur |
Se si asseconda | l’ubriachezza | sottoponendogli | quanto essi desiderano, | saranno sconfitti |
vitiis | haud minus facile | quam armis. |
da [questi] vizi | non meno facilmente | che nelle armi. |
[24] Genus spectaculorum unum atque in omni coetu idem. Nudi iuvenes, quibus id ludicrum est, inter gladios se atque infestas frameas saltu iaciunt. Exercitatio artem paravit, ars decorem, non in quaestum tamen aut mercedem: quamvis audacis lasciviae pretium est voluptas spectantium. Aleam, quod mirere, sobrii inter seria exercent, tanta lucrandi perdendive temeritate, ut, cum omnia defecerunt, extremo ac novissimo iactu de libertate ac de corpore contendant. Victus voluntariam servitutem adit: quamvis iuvenior, quamvis robustior adligari se ac venire patitur. Ea est in re prava pervicacia; ipsi fidem vocant. Servos condicionis huius per commercia tradunt, ut se quoque pudore victoriae exsolvant.
Genus spectaculorum unum | atque in omni coetu idem. | Nudi iuvenes, | quibus id est, |
Vi è un unico genere di spettacolo | e identico in ogni adunanza. | Giovani nudi, | che hanno questo |
ludicrum | se iaciunt saltu | inter gladios | atque infestas[1] frameas. |
come divertimento | si lanciano in salti | tra le spade | e lance minacciose. |
Exercitatio artem paravit, | ars decorem, | non in quaestum tamen | aut mercedem: |
L‘esercizio gli procura abilità, | e l‘abilità la grazia, | ma non per guadagno | o ricompensa: |
pretium | lasciviae | quamvis audacis | est voluptas spectantium. |
la ricompensa | di questo gioco | quanto mai audace | è il piacere degli spettatori. |
Aleam, | quod mirere, | exercent | sobrii | [sicut] | inter seria, | tanta [est] |
Ai dadi, | cosa di cui ci si stupirebbe, | si dedicano | sobri | come | tra le cose più serie, | tale è |
lucrandi perdendive temeritate, | ut, | cum omnia defecerunt, | extremo ac novissimo[2] |
l‘arditezza nel vincere e nel perdere, | che, | dopo aver perso tutti i loro averi, | con un ultimissimo |
iactu | de libertate ac de corpore contendant[3]. |
lancio | si giocano la libertà personale. |
Victus | voluntariam servitutem adit: | quamvis iuvenior, | quamvis robustior |
il perdente | va in contro alla schiavitù volontariamente: | anche se molto giovane, | anche se robusto, |
adligari se ac venire patitur. | Ea est pervicacia | in re prava; |
accetta di essere legato e venduto. | Tale è la loro ostinazione | in una situazione così vergognosa; |
ipsi fidem vocant. | Servos condicionis huius | per commercia tradunt, | ut |
loro stessi la chiamano lealtà. | I servi di questo genere | li mettono in vendita, | in modo da |
se quoque exsolvant | pudore victoriae |
liberarsi | dalla vergogna di aver vinto. |
Schiavi e liberti
[25] Ceteris servis non in nostrum morem, descriptis per familiam ministeriis, utuntur: suam quisque sedem, suos penates regit. Frumenti modum dominus aut pecoris aut vestis ut colono iniungit, et servus hactenus paret: cetera domus officia uxor ac liberi exsequuntur. Verberare servum ac vinculis et opere coercere rarum: occidere solent, non disciplina et severitate, sed impetu et ira, ut inimicum, nisi quod impune est. Liberti non multum supra servos sunt, raro aliquod momentum in domo, numquam in civitate, exceptis dumtaxat iis gentibus quae regnantur. Ibi enim et super ingenuos et super nobiles ascendunt: apud ceteros impares libertini libertatis argumentum sunt.
Ceteris servis | utuntur | non in nostrum morem, | descriptis ministeriis |
Degli altri schiavi | si servono | non secondo il nostro costume, | cioè assegnando loro compiti specifici |
per familiam; | suam quisque sedem regit[4], | suos penates. | Dominus | iniungit |
nella famiglia; | ognuno governa la propria dimora, | e la propria famiglia. | Il padrone | [gli] impone |
frumenti modum | aut pecoris | aut vestis | ut colono, | et servus | hactenus |
una quantità di frumento | o di bestiame | o di stoffa | come fosse un colono, | e il servo | fin qui |
paret: | cetera domus officia | uxor ac liberi exsequuntur. | Verberare servum | |
obbedisce: | gli altri lavori di casa | sono eseguiti dalla moglie e dai figli. | Picchiare un servo |
ac coercere | vinculis | et opere | rarum: | occidere solent, | non disciplina et severitate, |
o punirlo | col carcere | o con lavori | è raro: | sogliono ucciderli, | non per rigore disciplinare, |
sed impetu et ira, | ut inimicum | nisi quod | impune est. |
ma per impeto d‘ira, | come un nemico, | se non che ciò | resta impunito. |
Liberti | non sunt | multum supra servos[5], | raro | [babent] | aliquod momentum | in domo, |
I liberti | non stanno | molto sopra i servi, | raramente | hanno | una qualche parte | in casa, |
numquam in civitate, | exceptis dumtaxat | iis gentibus quae regnantur. |
in nessun caso in città, | eccetto solamente | di quei popoli che sono governati da re. |
Ibi enim | ascendunt | et super ingenuos et super nobiles: | apud ceteros | libertini |
Qui infatti | salgono | sia sopra i liberi sia sopra i nobili: | presso gli altri | [il fatto che] i libertini |
impares | libertatis argumentum sunt. |
[siano] inferiori | è segno di libertà. |
Cerimonie funebri
[27] Funerum nulla ambitio: id solum observatur, ut corpora clarorum virorum certis lignis crementur. Struem rogi nec vestibus nec odoribus cumulant: sua cuique arma, quorundam igni et equus adicitur. Sepulcrum caespes erigit: monumentorum arduum et operosum honorem ut gravem defunctis aspernantur. Lamenta ac lacrimas cito, dolorem et tristitiam tarde ponunt. Feminis lugere honestum est, viris meminisse.
Haec in commune de omnium Germanorum origine ac moribus accepimus: nunc singularum gentium instituta ritusque, quatenus differant, quae nationes e Germania in Gallias commigraverint, expediam.
Funerum nulla ambitio: | id solum observatur, | ut corpora clarorum virorum | crementur |
Per i funerali nessuno sfarzo: | viene solo osservato | che i corpi di uomini illustri | siano bruciati |
certis lignis. | Cumulant | struem rogi | nec vestibus nec odoribus: |
con determinati legni. | Non ammassano | la catasta del rogo | né con abiti né con profumi: |
adicitur sua cuique arma, | igni quorundam et equus. |
vengono affiancate a ognuno le proprie armi, | e al fuoco di alcuni anche il cavallo. |
caespes erigit sepulcrum: | aspernantur | honorem | monumentorum | arduum |
Una zolla di terra alza il sepolcro: | disprezzano | l’onore | di monumenti | complessi |
et operosum | ut gravem defunctis. | Cito ponunt lamenta ac lacrimas, | tarde |
ed elaborati | come gravi per i defunti. | Cessano rapidamente lamenti e lacrime, | tardi |
dolorem et tristitiam. | Feminis lugere honestum est, | viris meminisse. |
il dolore e la tristezza | Alle donne si addice il pianto, | agli uomini il ricordo. |
Haec | in commune | accepimus | de origine ac moribus omnium Germanorum: |
Queste cose | in generale | abbiamo raccolto | dell‘origine e dei costumi di tutti i Germani: |
nunc | expediam | instituta ritusque | singularum gentium, | quatenus differant, |
ora | tratterò | le istituzioni e i riti | delle singole tribù, | fino a che punto differiscano, |
quae nationes e Germania commigraverint in Gallias. |
quali popoli dalla Germani siano migrati in Gallia. |
[1] infestas: minacciose, perché on la punta rivolta verso l’alto;
[2] extremo ac novissimo: endiadi;
[3] de libertate ac de corpore: altra endiadi: libertà corporale > personale;
[4] A differenza degli schiavi romani, quindi, quelli germani non dimorano presso i padrone, ma ciascuno a casa propria;
[5] A Roma, invece, alcuni liberti avevano raggiunto grandi livelli di ricchezza;