Verbi della terza coniugazione
27 Gennaio 2019Maurizio Zini
27 Gennaio 2019
introduzione e biografia
di Carlo Zacco
Vita. Anche la vita di Giovanni Boccaccio è segnata da una frattura profonda, che determina un cambiamento negli interessi e nella scrittura. Questa frattura si colloca intorno al 1848, anni della peste a Firenze, che uccide molti suoi parenti e amici.
– la vita artistica di Boccaccio può quindi essere divisa in due periodi: fino a più o meno il 1350, e dopo questa data;
– la prima fase più sperimentale, e legata al volgare;
– la seconda fase più tradizionalista, e legata al latino e all’amicizia con Petrarca.
Prima fase. Nella prima fase le esperienze più importanti sono legate a due città: Napoli e Firenze (quindi si parla di fase napoletana e fase fiorentina).
Infanzia a Firenze (1313-1327)
Infanzia. Boccaccio nasce a Firenze, nel 1313. Il padre (Boccaccino di Chelino) è un ricco commerciante fiorentino;
– Giovanni in realtà è un figlio illegittimo, nato al di fuori del matrimonio, ma il padre si occupa comunque di lui, e procura che il figlio abbia una prima istruzione a Firenze:
– dapprima in casa, poi presso un maestro privato (Domenico da Strada) che gli infonde l’amore per Dante e la Commedia.
Periodo Napoletano (1327-1340)
A Napoli. All’età di 11 anni si trasferisce a Napoli. Il padre infatti era diventato socio in affari con i Bardi;
– i Bardi erano banchieri fiorentini, ed avevano una sede a Napoli, poiché erano anche i principali finanziatori degli angioini;
1) L’apprendistato. In un primo momento Giovanni inizia un periodo di apprendistato presso i Bardi, stando al banco, ma non dimostra alcuna inclinazione per il lavoro di bancario; era più portato per gli studi;
2) Università. Il padre allora lo iscrive alla facoltà di diritto canonico, che frequenta per due anni (1330-31);
3) La vita di corte. Durante gli studi viene attratto anche dalla elegante e raffinata vita di corte: partecipa alla «dolce vita» delle brigate giovanili, tra conversazioni mondane, amori frivoli;
– nel frattempo entra anche in contatto con la letteratura che girava in quell’ambiente: la letteratura cortese e i romanzi francesi, che lì erano molto diffusi;
– frequenta assiduamente anche la biblioteca di corte, e si appassiona anche di letteratura latina: studia da autodidatta;
4) La scrittura. Inizia anche a scrivere, in volgare: inventa anche un mito letterario sulla propria persona, nel quale si dichiarava nato a Parigi, e innamorato (infelicemente) di una certa Fiammetta, dietro la quale i biografi hanno voluto vedere una figlia illegittima del Re Roberto d’Angiò.
Opere del periodo Napoletano
Il pubblico cortese. Le opere del periodo napoletano sono legate, naturalmente, alla vita di corte, e al pubblico dei cortigiani che ne facevano parte, in particolare le donne.
– la scrittura di queste opere nasce sempre da un elemento biografico dell’autore, cioè da un amore privato, che viene trasfigurato e proiettato in un universo letterario.
Le opere. Per le opere di questo periodo gli studiosi parlano di «sperimentalismo», cioè della tendenza a sperimentare generi letterari diversi, mescolandoli anche tra loro:
– i critici parlano anche di stile mescidato, cioè «mescolato», indicando con questo termine la tendenza a mescolare tra loro generi e motivi letterari diversi; di stile mescidato si parla anche in riferimento al Decameron.
Il Filocolo
Scrittura. L’opera più significativa di questo periodo è il Filocolo: romanzo in prosa in cinque libri, scritto forse nel 1337.
Occasione. Il racconto parte da un dato biografico: la richiesta da parte di Maria (la figlia di Roberto d’Angiò che verrà chiamata Fiammetta nelle poesie d’amore) di raccontare la storia di Floro e Biancifiore.
La storia. Floro e Biancifiore sono due ragazzini che crescono insieme alla corte di un re saraceno, Felice.
– Florio è il figlio del Re;
– Biancifiore invece è orfana: il padre era stato ucciso dai soldati del Re stesso; la madre era stata per questo accolta alla corte del Re, ma era morte poco dopo.
– Floro e Biancifiore a un certo punto (leggendo l’Ars Amandi di Ovidio), si innamorano, ma il re si oppone al loro amore, e fa vendere Biancifiore come schiava ad un ammiraglio di Alessandria, e là viene condotta;
– A questo punto Floro inizia la sua fatica d’amore, la cosiddetta quete, l’inchiesta amorosa, ovvero la ricerca della donna amata: si cambia il nome in Filocolo (appunto: fatica d’amore), e parte;
– dopo varie avventure arriva ad Alessandria: viene a sapere che Biancifiore si trova nascosta su una torre, vi si introduce, viene scoperto e condannato a morte;
– se non che, si scopre che l’ammiraglio che tiene prigioniera Biancifiore è un parente di Floro, che acconsente quindi che i due si sposino.
– Il romanzo si conclude con la conversione di Floro, che promette di tornare dal padre (Felice) solo se anche questi si convertirà; Felice si converte, e Floro viene incoronato Re.
Rapporto col padre. In questo episodio gli studiosi hanno voluto vedere un elemento autobiografico che riflette il rapporto di Boccaccio con il padre.
Il primo periodo fiorentino (1340-1350)
Rientro a Firenze. Nel 1341 la collaborazione tra il padre di Giovanni e i Bardi finisce, e la famiglia si sposta di nuovo a Firenze.
– Boccaccio rimpiangerà spesso il periodo di spensieratezza di cui aveva potuto godere alla corte angioina di Napoli;
– A Firenze Boccaccio cerca un’occupazione stabile (presso qualche famiglia), ma senza grandi risultati;
– intanto si inserisce nella vita culturale cittadina e scrive varie opere in volgare, alcune delle quali molto influenzate dalla Commedia dantesca (Amorosa visione, Commedia delle Ninfe);
Peste. Nel 1348 a Firenze giunge la peste, che stermina la famiglia di Boccaccio (muoiono sia il padre che la matrigna, nonché molti amici stretti);
– dopo il 48 avvengono due fatti importanti:
1) inizia a scrivere il Decameron;
2) conosce Francesco Petrarca, col quale instaurerà una profonda amicizia;
Dopo questi due fatti il percorso intellettuale e artistico di Boccaccio prenderà una piega nuova.
Opere del primo periodo fiorentino
Nuovo pubblico. A Firenze il pubblico è diverso: non più quello nobile della corte Angioina, ma quello borghese della città, per giunta dotata di una ricca tradizione letteraria in volgare.
Nuovi generi. Boccaccio continua a sperimentare, a mescidare, includendo tra i suoi interessi generi diversi, che all’epoca erano molto diffusi in toscana:
– la letteratura allegorico-didattica (Brunetto Latini);
– la cronaca (Dino Compagni);
– la novellistica (Il Novellino, il Libro dei Sette Savi);
Commedia delle Ninfe Fiorentine
Storia. La storia è situata in un ambiente idillico-pastorale in prossimità dell’Arno. Il protagonista è Ameto, un pastore rozzo e grossolano.
– a un certo punto Ameto incontra sette ninfe, e si innamora di una di loro, Lia;
– durante una celebrazione in onore di Venere, le sette Ninfe si radunano intorno ad Ameto, e gli raccontano delle storie (Decameron);
– tra queste storie ce ne sono due che hanno carattere celebrativo: una (quella di Fiammetta) narra le origini mitologiche di Napoli; l’altra (quella di Lia) le origini di Firenze; questo è un tipico esempio di stile mescidato, che mescola tematica erotica e celebrativa;
Senso allegorico. Alla fine delle narrazioni, Ameto è sottoposto a un bagno purificatore, dopo il quale egli risulta ingentilito e raffinato, e può comprendere il senso della vicenda di cui è stato protagonista:
1) le sette ninfe sono la rappresentazione allegorica delle quattro virtù cardinali e delle tre teologali;
2) le sette storie rappresentano la possibilità per l’uomo di avvicinarsi a conoscere Dio attraverso la conoscenza e l’insegnamento;
Il piacere della narrazione. La struttura allegorica è però un mero involucro: l’elemento preponderante è quello novellistico, che punta sul piacere nel raccontare, e sulla volontà di intrattenere il lettore con delle storie appassionanti.
Il Ninfale Fiesolano
Genere. E’ un poemetto in ottave con cui Boccaccio canta le origini mitologiche di Firenze e di Fiesole.
– i protagonisti del poemetto sono Africo e Mensola, i cui discendenti sarebbero stati in seguito fondatori delle città;
– Africo e Mensola sono anche due fiumi, che, nel racconto di Boccaccio, i fondatori avrebbero dato in ricordo dei due progenitori antichi.
Trama. Un giorno Africo, un giovane pastore, vede da lontano alcune ninfe in un bosco, e si innamora di una di loro, Mensola, e vorrebbe cercarla e sposarla;
– il padre di lui cerca di distoglierlo, poiché sa che le ninfe sono consacrate a Diana, ma Africo persevera;
– su consiglio di Venere, Africo si traveste da donna; si mescola tra le ninfe, e violenta Mensola;
– questa è disperata per aver disobbedito a Diana, ma nonostante ciò continua a vedere Africo, finché non ne resta incinta;
– una ninfa più grande suggerisce a Mensola di nascondere la propria gravidanza, ma contemporaneamente smettere di vedere il giovane; Mensola segue il consiglio;
– Africo, per la disperazione si uccide, gettandosi nel fiume che poi prenderà il suo nome;
– Mensola partorisce, e viene scoperta da Diana, che la trasforma in fiume a sua volta.
L’elegia di Madonna Fiammetta
Genere elegiaco. E’ l’opera più matura di Boccaccio prima del Decameron. Il genere è quello dell’elegia, ma si tratta di un’opera in prosa, in cui la protagonista, Fiammetta, parla in prima persona, e racconta alle altre donne il proprio dramma d’amore. L’opera è metà tra confessione e lamento.
Il mescidato. Lo stile Mescidato qui si ritrova nella commistione di generi:
– l’epistola: di fatto si tratta di una lunga lettera indirizzata alle donne, da parte di Fiammetta;
– l’elegia: il lamento d’amore;
– il romanzesco: perché Fiammetta racconta anche alcune sue vicende.
Trama. La storia è ambientata a Napoli. Fiammetta è una donna sposata, ma è innamorata di Panfilo, ed è da lui ricambiata;
– A un certo punto Panfilo si trova a dover partire per Napoli, e promette a Fiammetta che tornerà dopo quattro mesi, e non la tradirà;
– Tuttavia, durante l’assenza di Panfilo, a Fiammetta iniziano a giungere notizie ambigue e contrastanti riguardo ad un possibile tradimento da parte di lui:
– qui inizia il vero e proprio dramma di Fiammetta, che è totalmente in preda a sentimenti e ipotesi contrastanti, e alle oscillazioni del suo stato d’animo, dovute all’incapacità di distinguere realtà e apparenza;
– a tutto ciò si aggiunge il fatto che Fiammetta deve fingere davanti al marito, che, vedendola in queste condizioni disperate, la crede malata, e cerca di farla curare.
– L’unica soluzione per Fiammetta è quella di scrivere, e cercare, ci operare un’analisi profonda del suo io attraverso la scrittura.
Lo stile. Lo stile è molto elevato, con numerose citazioni di autori latini (Ovidio, Boezio, Virgilio, Seneca);
– questo innalzamento di stile è dovuto al carattere «scottante» della materia trattata, e con questo Boccaccio vuole evitare di stuzzicare il suscettibile moralismo della borghesia fiorentina.
Il secondo periodo fiorentino (1351-1360)
Il Decameron. All’indomani della Peste Boccaccio scrive il Decameron, che costituisce, di fatto, la sintesi di tutte le sperimentazioni degli anni precedenti.
La Svolta. A partire al 1351 inizia un periodo molto importante, poiché intervengono altre novità:
1) l’amicizia con Petrarca: i due si erano conosciuti nel 50 a Firenze, e iniziano una stretta amicizia; da questa amicizia crescerà in Boccaccio l’interesse per gli studi umanistici e la filologia;
– un segno di ciò è visibile in un viaggio a Napoli: Boccaccio aveva sempre cercato di ritornarvi, e di trovare un’occupazione in modo da potervisi stabilire;
– all’inizio degli anni 50 vi si reca; non cava un ragno dal buco, ma visita la biblioteca di Montecassino, e sappiamo che in quell’occasione inizia a trascrivere alcuni codici;
– altro fatto importante, è l’interesse per gli studi di greco: stringe i rapporti con un certo Leonzio Pilato, maestro di Greco, e fa in modo che questi si sposti a Firenze ad insegnare lì questa lingua: è la prima ‘classe di greco d’Europa;
2) il comune di Firenze comincia ad affidargli incarichi molto prestigiosi:
– ad esempio: missioni diplomatiche presso il papa ad Avignone, per convincerlo a ritornare a Roma;
Ritiro a Certaldo. Nel 1360 inizia la carriera ecclesiastica, e diventa chierico:
– questo ruolo non prevedeva mansioni particolarmente gravose, e dava in cambio una buona rendita, sicché Boccaccio può dedicarsi solamente allo studio e alla scrittura (la bella vita, insomma);
– nel 61 si ritira a Certaldo, facendo alcuni viaggi (Avignone, Napoli).
– Muore nel 1375 a Certaldo: era malato di obesità e scabbia.
Opere del secondo periodo fiorentino
Opere in Latino. Mostrano la nuova vocazione umanistica; scrive diverse opere in latino:
– De mulieribus claris: rassegna di donne famose: raccolta di 106 biografie di donne dall’antichità e dei suoi tempi (personaggi biblici, della mitologia romana e greca, storici);
– Genealogia deorum gentilium. Una specie di dizionario dei miti. E’ la raccolta più completa e filologicamente rigorosa di miti classici disponibile all’epoca.
– Bucolicum Carmen. Raccolta di 16 egloghe, in esametri latini, dove in un’ambientazione pastorale si possono intravedere riferimenti alla realtà attuale; sulla scia di Petrarca.
– Traduzione in latino della Griselda.
Opera in Volgare. Oltre al Decameron (capolavoro assoluto), le opere in volgare più importanti di questo periodo sono:
1) Il Corbaccio. Il titolo deriva da corvo, corvaccio, richiama una figura di malaugurio;
– è un’opera apertamente misogina, contro le donne, che ribalta le posizioni filogine che Boccaccio ha tenuto fino ad allora;
– è un’opera a metà tra la satira; il vituperium contro le donne; il viaggio allegorico.
– con quest’opera Boccaccio vuole più che altro ribadire la propria conversione letteraria: non più verso temi mondani, ma temi elevati, propri di un intellettuale umanista;
2) Il Trattatello in laude di Dante. E’ un opera in volgare; una biografia di Dante. Che Boccaccio ha successivamente anteposto ad un commento della Commedia Dantesca, cioè la trascrizione di letture pubbliche della Commedia che aveva fatto nel 70 a Firenze.