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Langolo dei Tesori
9. Una proposta multimediale” per rivedere insieme il percorso della Storia europea. Dai simboli alle forme: la Cappella Palatina
Ho intitolato questa uscita nominando la Cappella Palatina (del Palazzo di Carlo Magno) per dare un’indicazione del link che vi riporto. In realtà, però, questo articolo è una premessa per riflettere su qualcosa che tocca anche il nostro mondo e, con esso, noi ed i nostri giovani: la potenza che certi simboli considerati atavici” possono avere sullimmaginario collettivo con risultati talvolta devastanti per l’individuo, ma anche per la sua società, di cui parlerò nell’uscita seguente.
Nelle scuole la nostra Storia sembra insegnata come il lungo percorso di una cultura capace più delle altre di liberarsi di certi elementi, come se la parte più incomprensibile, fascinosa e meno razionale del sapere” che ci ha preceduti possa essere liquidata come una sovrastruttura di superstizioni popolari facile da amputare e priva di significato reale. Qui vorrei far notare come in ogni sua fase, la nostra cultura si sia proposta rispetto alle precedenti ufficialmente come superamento delle superstizioni”; ma come al tempo stesso invece l’apparente nuovo” si sia fondato su qualcosa che già esisteva, riorganizzandolo, notava Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche“, testo di studio rimasto fondamentale nella mia prospettiva), prendendo spunto da un simbolo utilizzato dal primo Imperatore mi si permetta di dire europeo”, per poi riportare il discorso ad un tempo a noi più vicino.
Ho già detto che il Medioevo è percorso da tradizioni di conoscenze” che con il passare dei secoli prenderanno la forma che hanno le nostre discipline scientifiche” ma che a quell’epoca e per lungo tempo ancora rimasero intrecciate a qualcos’altro. Anche oggi una parte dei messaggi culturali che ci sono stati tramandati e che tramandiamo a nostra volta conservano alcuni aspetti meno razionali di quanto si creda; ed anche questi aspetti conservano sia la traccia della nostra appartenenza al nostro passato culturale che la traccia del nostro bisogno di non essere solo e sempre razionali”: prenderne consapevolezza significa imparare ad accettare la condizione dell’uomo, posizione dinamica tra il fascino di ciò che vuole sentire e che sente in qualche modo misterioso e fuori dal suo controllo, ed il bisogno di riprendere il controllo razionale, di dare spiegazione e forma a ciò che gli sfugge.
Leggere libri intelligenti” (da intelligere”) sul Medioevo è una splendida opportunità per comprendere alcuni meccanismi di traduzione dell”irrazionale” in razionale”, poiché, dal punto di vista dell’uomo medievale, nulla nel mondo accade, esiste e può essere creato a caso, senza un collegamento chiaro e preciso ad una altrettanto chiara e precisa visione del mondo. Un mondo de-finito” (non un universo infinito, come si scoprirà essere con lo shock culturale della rivoluzione scientifica del 1600) che i Medievali impararono ad un certo punto dai testi antichi a riconcepire sferico, ma circondato dalle sfere a cui già i Greci avevano attaccato i sette pianeti movibili in cielo e visibili ad occhio nudo (tra cui i due luminari, il Sole e la Luna, ed i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno) secondo quella teoria geocentrica (gea=la Terra) che vedeva la Terra al centro di un Universo finito e che da Copernico in poi verrà sostituita dalla teoria eliocentrica (da elios= il Sole). A parte il notare che sulla visione del moto dei pianeti rispetto alla Terra sono ancora calcolate le loro posizioni nella tuttora praticata dottrina astrologica, di essi conserviamo il ricordo nel nome occidentale dei giorni della nostra settimana (l’un-edì, Mart-edì, Mercol-edì, Giov-edì; Vener-dì; Satur-day e Sun-day in Inglese; in Italiano abbiamo assimilato dalla Sabbata ebraica il nome del Sabato; mentre la Domenica è per noi non più il giorno dedicato al Sole, ma al Signore). Ma non è questo il punto: il punto è il cercare di immaginare cosa volesse dire per un Medievale concepire un mondo confinato entro limiti definibili: entro un tale Universo, tutto era e doveva essere determinabile in modo preciso, tutto quindi poteva e DOVEVA essere spiegabile secondo la sua posizione rispetto a punti di riferimento fissati ed amovibili; ed anche ciò che si muoveva, come i pianeti, aveva una traiettoria definibile entro una visione geometrica preconcetta che continuava sì ad essere aggiornata e corretta, ma che non mutava la sua struttura principale fondata sul cerchio e sul moto circolare del tempo e delle cose del mondo.
Che sicurezza, poter vedere le cose così
Quindi, gli antropologi partono dal presupposto che ogni logica culturale si richiama ad un codice legato a riferimenti molto precisi senza i quali i suoi elementi e passaggi perderebbero senso: senza decodificazione, però, le logiche seguite per produrre cultura rimangono tanto misteriose al punto da sfuggirci e da perdere significatività.
Durante il Medioevo, il sistema dei simboli doveva collegare ogni cosa in modo ordinato (=”logico”) al suo Creatore, a Dio – il suo piano del Sacro”, piano fondante che dà significato ultimo alle cose del mondo.
Anche l’architetto medievale è operatore culturale che conferma i significati dati alle cose dalla sua cultura di appartenenza: egli non inventa le strutture che crea: le sceglie, e sa perfettamente su quale base si poggiano le sue scelte.
Rivediamo come si mossero gli architetti di Carlo Magno agli albori di un rinascimento” culturale che porterà l’Altomedioevo piano piano a desacralizzarsi” riscoprendo il pensiero laico, scegliendo di costruire la Sala del suo Palazzo dove lui era solito tenere udienza e che era dunque simbolo primo del suo potere. Impegnato in guerre su vari fronti, Carlo Magno aveva varie basi in cui soggiornare; come sede ufficiale della sua Corte, scelse un luogo di fondazione romana al centro del suo territorio imperiale, Aquisgrana (oggi Aachen). La Cappella Palatina (https://www.youtube.com/watch?v=zXHZzBUSLco) è costruita secondo criteri diversi da quelli usati dalle chiese romane, che abbiamo visto essere a croce latina”: lui vuole rifondare un potere imperiale laico e si ricollega, per farlo, a Roma antica ed a Bisanzio. La forma prescelta dai suoi collaboratori è lottagono, una figura angolare avente un significato cosmologico e derivante dalla sovrapposizione di due quadrati dal baricentro coincidente la quale, oltre al quadrato ed allangolarità, allude anche al cerchio. Lottagono era stato già usato da Nerone, primo Imperatore romano a tentare una forma di divinizzazione personale mentre ancora in vita, per la Sala Centrale attorno alla quale si sviluppavano tutti gli ambienti della sua estesissima Domus Aurea, il suo Palazzo – pare anzi che questa Sala ottagonale fosse sormontata da una cupola elevata e girevole da cui l’Imperatore megalomane poteva avere una totale panoramica su Roma – una notizia considerata spuria per lungo tempo ma di cui alcuni archeologi oggi sembra abbiano trovato modo di provare la storicità. Il simbolo dellottagono era piaciuto molto ai Bizantini, allostrogoto Teodorico che li ammirava (vedere edifici a Ravenna, per esempio il Battistero degli Ariani, facendo il copia/incolla e cercando su Google Immagini) ed era stato ripreso da alcuni vescovi occidentali per la pianta di alcune basiliche nelle zone influenzate dalla cultura bizantina. Dopo Carlo Magno, lo stesso simbolo piacerà a Federico II di Svevia, che con questa forma fece costruire non solo uno dei suoi castelli (il Castel Del Monte, in Puglia, fare copia/incolla come sopra), ma la sua stessa corona (fare copia/incolla come sopra). La Cappella Palatina rimase il luogo di incoronazione dei Re di Germania da Ottone I (936), il primo Imperatore del nuovo Sacro Romano Impero Germanico (sorto sulle rovine dell’Impero carolingio) fino al XVI secolo – i Re tedeschi erano eletti dall’assemblea dei Duchi tedeschi in Germania e solo dopo venivano formalmente incoronati dal Papa a Roma come imperatori. Francesi e Tedeschi si contendono da secoli la vera” nazionalità di Carlo Magno, che era franco, al punto che diverse dinastie di entrambe le Corone sono risalite a Carlo Magno nelle rievocazioni del cerimoniale dell’incoronazione, fino a Napoleone.
Cristina Rocchetto (educatrice e consulente pedagogista)
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