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27 Gennaio 2019La politica sportiva del fascismo italiano dalla Tesina Esame di Stato di Antonio Abbate
Il fascismo italiano vide nello sport uno strumento di mobilitazione e di inquadramento di massa. Sulla carta i risultati dellʼattività promozionale del fascismo nello sport sono tanto grandiosi da accreditare il mito di un regime impegnato ad attuare concretamente la formula dello sport per tutti”.In realtà neppure il regime, che pure si trova ad agire in una favorevolissima atmosfera di stabilità sociale, riesce nell’intento di diffondere tra le masse una autentica coscienza sportiva. Ad un gradino superiore si colloca la pratica semi-professionistica che il regime, a conferma del sostanziale fallimento della sua politica promozionale, combatte a parole, ma incoraggia con i fatti. Queste forme di attività, limitate alle discipline più spettacolari, esplicano una duplice funzione, coinvolgendo nel vortice della passione e del fanatismo i gruppi sociali rimasti ai margini della pratica sportiva di massa ed indirizzando sui binari morti dei particolarismi campanilistici, delle polemiche, delle diatribe la carica agonistica delle masse. L’ultimo livello è quello dello sport spettacolo”, vale a dire dei match del secolo”, delle folle oceaniche, dei clubs prestigiosi, dei divi” della pedata, della bicicletta, del ring, che sperimentano le contraddizioni della condizione umana che il sistema capitalistico riserva ai personaggi del suo fragile Olimpo. Creazione originale del regime, lo sport-spettacolo” commercializzato fornisce alla fabbrica del consenso, in particolare alla stampa sportiva, che nel corso del ventennio” ripone ogni velleità di indipendenza e di rigore morale per appoggiare incondizionatamente gli interessi del potere politico ed economico, una serie inesauribile di miti: le vittorie, che cementano la coesione interna e solleticano l’orgoglio nazionale, gli atleti che ne sono gli artefici, che divengono eroi da imitare, idoli con i quali identificarsi dimenticando le angosce, le frustrazioni, gli squallori della vita quotidiana. Trionfa, insomma, la pratica elitaria, trionfa, diffusa dai mezzi di comunicazione di massa, la convinzione che lo spettacolo al quale le masse partecipano nel ruolo di fruitrici passive, diseducate, faziose, tumultuanti rappresenti un modello ottimale, l’unico modello plausibile, anzi, di pratica sportiva.
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