Mario Capurso
27 Gennaio 2019Atto di citazione
27 Gennaio 2019di Franco Caristo
Non si può dire che lo scrittore calabrese, Corrado Alvaro ( San Luca 1895 – Roma 1956 ) abbia goduto di una fortuna critica pari ai suoi meriti letterari, poiché le eccessive riserve sulla sua opera, spesso determinate dal retroterra ideologico dei critici stessi, hanno condizionato l’approccio allo scrittore di San Luca, finendo per cogliere non solo aspetti marginali della sua vastissima produzione letteraria ma limitando anche la comprensione della reale fisionomia dell’uomo. Il fatto poi che Alvaro fosse meridionale ha determinato un ulteriore accostamento ambiguo che ha legato, in sostanza, all’immagine del Nostro multiple fisionomie letterarie – meridionalista, regionalista, europeista, verista, sol’ariano, fascista, bontempelliano, – che hanno forse impedito di cogliere appieno la sua vera dimensione intellettuale e umana, la sua complessa e poliedrica statura di scrittore, nonché la sua posizione all’interno della cultura letteraria italiana ed europea che si muoveva tra la cultura della crisi e il bisogno di nuove certezze. Ognuno, per molto tempo, ha letto il suo Alvaro, un Alvaro dimidiato, parziale, ignorando di fatto la complementarità dei comportamenti, della scrittura, delle tematiche, delle sorgenti ispirative, talvolta oggettivamente eterogenee ma confluenti, a circolo, in una coerente Weltanschauung , che diventa così presupposto essenziale per avvicinarsi unitariamente all’uomo Alvaro e alla sua all’opera .
La sua produzione, generata da una forza centripeta e centrifuga , non trascura nessun genere letterario e nessuna tematica: dalla diaristica al saggio, dallelzeviro alla prosa d’arte, dal teatro al bozzetto, alla poesia, al romanzo di formazione, alla traduzione, al racconto di viaggio,allautobiografismo, così come lampio ventaglio tematico oscilla tra la denuncia delle condizioni dei pastori e contadini del Sud fino ai temi esistenziali e fantascientifici.
Alvaro, dunque, come hanno rilevato le più recenti acquisizioni critiche, snoda il suo percorso scritturale consapevolmente sia entro i confini di un regionalismo di matrice verista sia all’interno di un più complesso retroterra letterario e ideologico proprio della cultura contemporanea, mostrandosi nel contempo e pienamente uomo della sua Calabria e uomo del mondo ( lo spazio creativo, d’altra parte, che consolida queste dimensioni ha i suoi confini in Gente in Aspromonte (1930 ) il libro delle memorie della sua terra e Belmoro (1957 ), il romanzo incompiuto sul futuro della civiltà tecnologica.
E facile ravvisare in lui l’ambivalenza tra l’uomo del sud solido e tenace, nel rivivere i secolari valori della sua terra e l’intellettuale consapevole del travaglio creativo espresso in Europa dalla cultura della crisi . Questa personalissima doppia identità di Alvaro non è solo letteraria ma ha il suo pendant anche nelle scelte esistenziali, nel modo di stare al mondo : la sua calabresità difatti lo sospinge verso il ripiegamento interiore – correlativo oggettivo di quella naturale diffidenza meridionale – ma anche verso la ricerca di momenti di intensa vitalità sicché aveva allegrie da ragazzo e momenti cupi, di solitudine buia, ove la Calabria oscurava l’Europa .
Alla innata scontrosità – la sua faccia sembrava un pugno chiuso” – fa però da contraltare una disposizione onnivora che porta Alvaro a percorrere un estesissimo territorio letterario, diacronico e sincronico, tale da fornirgli un solidissimo e stratificato armamentario tematico e stilistico con forti mediazioni della tradizione narrativa nostrana – riversamenti veristi, stilemi tipici della prosa lirica, lintenso lirismo camuffato da colloquialità dei crepuscolari, atmosfere che rimandano al realismo magico di Bontempelli – fino alle incursioni nella prosa asciutta e onirica dei grandi romanzieri europei e nord americani scoperti attraverso la frequentazione delle riviste letterarie degli anni 30 del ‘ 900, armamentario che comunque sarà fuso, interiorizzato, filtrato da un animus dolens e riproposto in una scrittura originale, in uno stile sempre densissimo, fatto di finitezza e di precisione, e minuzioso e martellato insieme .
Un intellettuale dunque che fa della letteratura un valore totalizzante e che nella unicità della letteratura trova lo strumento per esprimere la sua profonda Weltschmerz , la critica risentita a una civiltà in crisi armato dalla consapevolezza profonda della drammaticità che tale crisi importa per l’uomo , crisi legata alle mutate condizioni storiche dell’Europa tra le due guerre, all’instaurazione dei regimi dittatoriali, alla fine delle libertà, alla caduta negli orrori della seconda guerra mondiale e al capitalismo che cinicamente smantella gli antichi valori .
L’opera di Alvaro, dunque, o che tratti della civiltà contemporanea o che scaturisca da uno scatto memoriale, da una immersione nel mitico passato di una civiltà contadina di una Calabria primitiva e fuori dalla storia, rimane indiscussa testimonianza di uno scrittore anomalo, scomodo, critico verso la mediocrità della società contemporanea, non organico e non militante (forse la declassazione operata da parte di taluni critici muove da questo Alvaro desengagé?) che resta immeritatamente uno dei grandi eclissati del nostro Novecento . Per questo, dunque, va riscoperto e riproposto all’attenzione del grande pubblico che, se non fosse per Gente in Aspromonte, ne ignorerebbe perfino l’esistenza .
Questo mio lavoro, all’interno di aspetti generali di un Alvaro già noto , intende prendere in esame quelle opere nelle quali echi tematici, atmosfere, figure, ambienti, costumi, pathos e Weltanschauung rimandano alla Calabria e alla profonda, intatta e lacerante calabresità dello scrittore sanluchese, il quale nei suoi pellegrinaggi esistenziali (e l’accostamento a Dante non sembri fuori luogo ) e intellettuali sente potente il richiamo del sangue e della sua terra che rimane, alla fine , icona consolatoria, terra promessa e valore originario che prevale sull’artificio di una civiltà corrotta e piena di disarmonie.
Ritengo allora che la complessità dell’arte e linquieta esistenza di Alvaro devono essere colte e collocate anche all’interno di vicende più vaste e di portata universale, e la stessa arte, se pure può essere sistemata all’interno di una Storia della letteratura regionale, vive di un respiro internazionale che pone lo scrittore calabrese sullo stesso percorso di ricerca dei più conosciuti Pirandello e Svevo, Joyce e Proust non solo per certi esiti scritturali ma anche per la tematizzazione tipicamente decadente che emerge in romanzi come L’uomo nel labirinto o lo stesso Belmoro.
Tutto ciò allora dà la conferma che Alvaro è un autore del Novecento italiano che meriterebbe più ampia trattazione nelle scuole: ma forse il fatto di essere un calabrese introverso e periferico non ha giovato e non giova alla sua giusta valorizzazione.
Prof. Franco Caristo