Erik Erikson
27 Gennaio 2019Rosalia Di Nardo
27 Gennaio 2019da “Un viaggio nel mondo del doping”
di Libera Maria De Padova
L’attuale definizione normativa, legge n. 376 del del 14 dicembre 2000 contiene sanzioni penali collegate ad attività di consumo e di commercializzazione di sostanze dopanti.
Le condotte incriminate sono quelle previste dallart. 9: al comma 1 si statuisce la pena della reclusione da 3 mesi a 3 anni per chi procura, somministra, assume o favorisce l’utilizzo di sostanze dopanti al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti o di modificare i risultati dei controlli (elemento costitutivo della condotta).Destinatario della pena è, quindi, sia colui che consente la pratica illecita, sia lo stesso fruitore.
Non può considerarsi punibile chi non esercita attività agonistica, partecipando, quindi, a manifestazioni di carattere competitivo organizzate sotto l’egida degli Enti riconosciuti dal CONI.
Per incorrere nella fattispecie criminosa, non è necessario un collegamento temporale fra l’assunzione e la prestazione: è illecita anche l’attività posta in essere in fase di preparazione dell’impegno agonistico (es. sostanze anabolizzanti “slow release”, cioè a lento rilascio della sostanza). Ecco i punti più importanti di questa legge:
Art. 1
(Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping)
Costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.
Art. 9
(Disposizioni penali)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da ? 2.500,00 a ? 50.000,00 a chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso ditali farmaci o sostanze.
La pena è aumentata:
1. se dal fatto deriva un danno per la salute;
2. se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;
3. se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal CONI.
4. Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue linterdizione temporanea dall’esercizio della professione.
Con conseguente interdizione permanente dagli uffici direttivi del CONI, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal CONI.
Per il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) il doping è contrario ai principi di lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport, alla sua funzione di valorizzazione delle genuine potenzialità fisiche e delle qualità morali degli atleti”.
I regolamenti sportivi vietano il doping, consentono strettamente le tipologie e le dosi dei farmaci utilizzabili, e prescrivono l’obbligo per gli atleti di sottoporsi ai controlli antidoping, che si effettuano mediante l’analisi delle urine e in taluni casi anche del sangue. Gli atleti che risultano positivi alle analisi vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha istituito un’apposita agenzia, la WADA, che si occupa della lotta al doping.
Nonostante i controlli, l’uso di sostanze e terapie dopanti è diffuso non solo nello sport professionistico ma anche in quello dilettantistico e perfino amatoriale. Attorno al fenomeno del doping c’è un giro d’affari che in Italia è stimato in circa 500 milioni di Euro.
Casi particolarmente clamoros di doping sono stati quello di Ben Johnson, squalificato alle Olimpiadi di Seul nel 1988 dopo aver vinto la corsa dei 100 metri piani e stabilito il nuovo record del mondo (che venne annullato), e quello di Marco Pantani, escluso dal Giro d’Italia del 1999 alla vigilia della penultima tappa mentre era largamente in testa alla classifica (Pantani non risultò positivo a sostanze dopanti, ma il suo ematocrito era superiore al valore massimo consentito).
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