David Mugnai
27 Gennaio 2019Guernica di Picasso
27 Gennaio 2019Approfondimento sulla Prima guerra mondiale di Nicola Fusco
Il 28 Giugno del 1914 vennero uccisi a Sarajevo, sotto la sovranità dell’ Austria, l’erede austriaco Ferdinando Francesco e la moglie Sofia. Autore del delitto fu uno studente serbo, aiutato da tre compagni. La motivazione dell’assassinio era la disponibilità mostrata dall’ereditario a raccogliere le richieste degli Slavi , della Croazia, Slovenia e Bosnia in contrasto con le ambizioni serbe su questa regione.
L’Austria inviò un ultimatum a Belgrado di 48 ore. Il governo serbo si affrettò a rispondere in tempo, ma l’Austria non ritenendosi soddisfatta dichiarò guerra alla Serbia, sconvolgendo profondamente l’Europa. Nel giro di pochi giorni il conflitto divenne generale, con l’entrata in guerra di altre potenze.
La Germania mirava a mettere rapidamente fuori combattimento l’esercito francese, per concentrarsi sul fronte orientale. A tal fine, invase il Belgio violandone la neutralità, per prendere alle spalle l’esercito francese.
Ciò indusse l’Inghilterra a scendere in campo a fianco della Francia. I belgi riuscirono a far fronte all’invasione, permettendo all’esercito francese la possibilità di prepararsi a difendere e fermare l’invasore.
Sul fronte orientale, i russi avevano invaso la Prussia con l’intervento del comando tedesco sul fronte occidentale.
A questo punto anche sul fronte orientale si stabilizzava la guerra. Il governo italiano fu sconvolto dagli avvenimenti, e in particolare dalla politica offensiva dell’Austria, in contrasto col trattato della Triplice. L’Italia aveva dichiarato ufficialmente di voler restare neutrale, portando accese discussioni tra neutralisti e interventisti. Nel 1915 l’Italia formò con le potenze dell’Intesa il patto di Londra: garantiva agli alleati il proprio intervento al loro fianco entro 30 giorni.
L’interventismo era votato all’insuccesso a causa della maggioranza neutralista presente al Parlamento. Il 20 maggio all’ordine del giorno delle Camere vi era l’approvazione dell’assegnazione dei pieni poteri a Salandra. Nel 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria. All’ingresso dell’Italia in guerra le cose non andavano troppo bene per l’intesa: i russi erano stati ricacciati con gravissime perdite. Inoltre gli austro-tedeschi riuscivano a mettere fuori combattimento la Serbia.
Nel frattempo al blocco navale, imposta alla Germania dall’Inghilterra e Francia, l’imperatore tedesco aveva risposto scatenando la guerra sul mare.
L’intervento italiano era l’unico elemento positivo per l’intesa, che entrò in azione mentre era in atto la rottura sul fronte russo. Nello stesso anno furono combattute le quattro battaglie d’Isonzo, risolte con molte perdite e risultati modesti. Il terzo anno della guerra si aprì con eserciti numerosissimi di uomini: sui fronti di guerra non si ebbero mutamenti importanti, ma le perdite furono enormi. Le battaglie di Verdun e delle Somme sul fronte francese si risolsero con vere e proprie stragi senza un risultato decisivo.
Nel 1916 si svolse l’unico scontro navale anglo-tedesco di tutta la guerra. La battaglia avvenne nelle acque del Mare del Nord, al largo della penisola dello Jutland. Dopo mesi di relativa calma, si riprese a combattere sul fronte italiano. Gli austriaci sferrarono in Trentino una violenta offensiva, per vendicare il tradimento dell’Italia. Sul fronte italiano molti caddero prigionieri dell’Austria, che vennero impiccati come traditori.
Di fronte al grave pericolo corso nel trentino il governo Salandra si dimise, per dare vita a compagnie ministeriali, presieduto da Paolo Borselli il quale dichiarò guerra alla Germania. Nonostante il successo dell’Intesa sul fronte italiano, le sorti della guerra erano ancora incerte.
La pace era ormai desiderata da tutti: non contraria era la Germania che propose l’iniziativa attraverso il pontefice Benedetto XV. Tentativo che fallì a causa del ministro inglese David Lloyd Gorge, sostenitore della guerra, le cui idee a poco a poco furono accettate dall’intesa. La lunga guerra causava difficoltà sempre più gravi alle popolazioni civili; inoltre aumentavano le perdite di mezzi e soprattutto di vite umane. La partecipazione russa alla prima guerra mondiale fra le potenze dell’intesa aggravò le condizioni del popolo che dette vita ad una sommossa alla quale aderirono anche le truppe incaricate di reprimerle.
Si formò un governo provvisorio presieduto dal principe lvov, che aveva al proprio fianco l’esponente di sinistra Kerenskij. Lo zar Nicola II, sotto la pressione esercitata dal nuovo potere, fu costretto ad abdicare. Mentre la zar e la sua famiglia venivano arrestati, oltre al governo provvisorio si precisò un nuovo potere: quello dei soviet. La situazione ebbe una svolta decisiva quando il capo bolscevica Lenin tornato dall’esilio in Svizzera, pubblicò la Tesi d’Aprile, che miravano a trasformare la rivoluzione borghese di febbraio in rivoluzione proletaria e comunista, interrompendo la possibilità di intesa con i socialisti rivoluzionari e menscevichi.
Nel mese di maggio la presidenza del governo provvisorio venne assunta dal socialdemocratico Kerenskij, che si rese conto della gravità della situazione. Ben presto si ebbe il colpo di Stato del generale Kornilov contro il nuovo governo. In questa drammatica circostanza il governo provvisorio chiese l’aiuto dei soviet e di Lenin. Quest’ultimo si rese conto che ormai il governo Kerenskij stava perdendo il potere; così la guardia rossa occupò il palazzo d’inverno , sede del governo, passata alla storia come rivoluzione di ottobre, volta alla formazione di un governo rivoluzionario di operai e soldati, alla cessazione della guerra mediante la pace democratica.
Alla guida del nuovo stato sovietico (basato sui soviet) venne posto Lenin, che sciolse l’assemblea costituente(eletta per dare una forma definitiva al paese) in quanto il suo potere era inferiore a quello dei soviet. Ed, inoltre, stipulò la pace di Brest-Litovsk con Austria, Ungheria e Germania con condizioni durissime; infatti comportarono per la Russia la rinuncia alla Polonia, Lituania, Finlandia, Ucraina e Bielorussia.
Il crollo del fronte russo costituì un duro colpo per l’intesa, perché gli austro-tedeschi poterono concentrare le loro divisioni sul fronte occidentale. Sul fronte italiano gli austriaci riuscirono a sfondare il fronte a Caporetto.
Il nuovo ministero di unione nazionale, guidato da Vittorio Emanuele Orlando e il comandante dell’esercito Diaz riuscirono a fermare l’avanzata straniera. Nell’aprile 1917 gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania, in nome degli ideali di libertà del presidente Wilson. L’intervento americano fornì all’intesa un notevole apporto di uomini e di mezzi e mise in crisi Germania e Austria, che scatenarono due offensive: una contro gli anglo-francesi, annullata nella seconda battaglia di Marna; una contro gli italiani, annullata sul Piave e seguita con la disfatta austriaca di Vittorio Veneto e la firma dell’armistizio. Sull’onda della sconfitta subita, Germania e Austria dichiararono decaduti i rispettivi regnanti e si trasformarono in repubbliche.
Nel 1919 le potenze vincitrici (Inghilterra, Francia, Italia e Stati Uniti) si riunirono nella conferenza di pace di Parigi per dare una sistemazione alla nuova Europa: quello democratico, espresso dal presidente americano Wilson nei 14 punti, basato sui principi dell’autodecisione dei popoli e il rispetto della nazionalità ; E quello della Francia e Inghilterra, volto a mettere i tedeschi in condizione di non poter più nuocere, puntando all’annientamento militare ed economico.
Nello stesso anno, venne creata la Società delle Nazioni con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati; la sua azione tuttavia fu limitata dal ritiro degli Stati Uniti e dalla mancanza di mezzi concreti di intervento contro quelle nazioni che avessero disatteso l’opera della società stessa. Sul vastissimo territorio che un tempo apparteneva all’impero austro-ungarico sorsero stati indipendenti con il riconoscimento dell’indipendenza dell’Albania.
All’Italia, l’Austria cedette il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’alto bacino dell’Isonzo col trattato di Saint-Germain. Sui territori un tempo appartenuti alla Russia, nascevano i nuovi stati indipendenti della Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania; e inoltre fu riconosciuta l’indipendenza della Bulgaria. La Turchia si trovava non solo ridotta a un modesto stato, ma anche privata di tutti i territori arabi e costretta a pagare pesanti riparazioni di guerra. In seguito col trattato di Losanna, si ebbe la proclamazione della repubblica turca e l’annullamento delle pesanti clausole del trattato di Sèvres e alla loro sostituzione con altre più accettabili.
Francia e Inghilterra procedettero alla spartizione del Vicino Oriente attraverso la politica dei mandati, in basa al quale veniva affidata la tutela dei popoli a nazioni disposte ad assumersi la responsabilità del loro sviluppo. Ciò suscitò la rabbia degli arabi, la cui spinta di indipendenza portò all’unificazione della penisola arabica, fino alla creazione del regno dell’Arabia Saudita. Nel XX secolo anche nei paesi afroasiatici si determinò la spinta indipendentista. Il più colpito fu l’impero coloniale britannico, che aveva ampliato i suoi possedimenti. Nel frattempo l’Inghilterra fu costretta a concedere l’indipendenza agli stati di Commonwealt (Canada , Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda) e all’Egitto dove però mantenne il controllo il canale di Suez. Significativo, fu il movimento indipendentista dell’India, secondo quale l’emancipazione degli inglesi doveva essere ottenuta attraverso la non-violenza.
La Francia aveva avuto la possibilità di estendere ulteriormente il proprio impero coloniale, annettendo le colonie tedesche, rafforzando il protettorato sul Marocco ed stendendo l’influenza sulla Siria e sul Libano con i mandati. Continuò nella sua politica di sfruttamento delle risorse locali, senza cercar di risolvere i vari problemi sociali economici e politici, per migliorare le condizioni degli indigeni. Il Giappone, intanto potenziò la sua politica imperialistica. Intanto, dopo la proclamazione della repubblica, la Cina era divisa in due parti: nel nord dominavano i reazionari, signori della guerra, nel centro-sud il democratico Sun Chung-Shan. La minaccia giapponese aveva favorito la nascita del partito nazionalista. In seguito si aprì il conflitto con il partito comunista cinese, convinto della necessità di conquistare alla rivoluzione le masse contadine.
Battuti, i comunisti e il loro esercito (l’Armata Rossa) si spostarono con la lunga marcia dove fondarono una repubblica comunista. Di fronte all’avanzata nipponica, però comunisti e nazionalisti deposero ogni rivalità, alleandosi nella guerra contro il Giappone. Dal conflitto l’Italia era uscita vincitrice, ma dominata da gravi difficoltà economiche e da profondi contrasti sociali. Le casse dello stato avevano accumulato elevatissimi debiti; le industrie invece costrette a passare da un economia di guerra ad un economia di pace. Il fallimento delle trust, imprese con lo steso indirizzo produttivo, provocò il crollo degli istituti bancari avendo riflessi negativi sul sistema industriale.
Su larga parte dell’opinione pubblica ebbe vasta presa il mito della vittoria mutilata, in quanto la vittoria dell’Italia sarebbe stata incompleta perché non riconosciuta dagli alleati, che rinfocolò le lotte interne tra neutralisti ed interventisti. Intanto il partito liberale andava perdendo peso politico, mentre prevaleva quello socialista. Nel 1919 a Roma, Luigi Sturzo fondò il Partito Popolare Italiano, che prevedeva l’estensione al voto alle donne e l’adozione del sistema elettorale proporzionale in sostituzione a quello uninominale. All’interno del partito socialista prevaleva la corrente massimalista di Menotti avversa a ogni collaborazione con lo stato borghese. Invece il riformismo, sostenuto da Turati, sottolineava come il partito non utilizzava gli strumenti che la strategia riformista indicava come i soli capaci di attuare rivendicazioni della Sinistra e di avviare le premesse per una convivenza democratica. La terza corrente socialista fu il Nuovo Ordine che puntava ad un azione rivoluzionaria.
Nel clima di rivolta sociale, l’ex-socialista Benito Mussolini fondò un nuovo movimento, i Fasci di combattimento, il cui programma( il cosiddetto programma di San Sepolcro) prevedeva l’instaurazione della repubblica, il suffragio universale, l’abolizione del Senato, l’eliminazione della polizia ecc. Nel dopoguerra si verificò la questione di Fiume, città che l’Italia intendeva annettere contro il volere degli alleati. Gabriele d’Annunzio con un gruppo di nazionalisti marciò su Fiume dove instaurò un governo provvisorio Con la firma del trattato di Rapallo che dichiarava Fiume città libera e l’allontanamento di d’Annunzio, si giunse ad una soluzione.
Le elezioni politiche del 1919 furono le prime tenutesi con il sistema proporzionale e con il suffragio universale maschile, che premiò cattolici e socialisti, presentati per la prima volta a votare, e la crisi del partito liberale. Quest’ultima assieme all’agitazione di massa sfociarono in una serie di scioperi e tumulti, che segnò il periodo del biennio rosso. Di fronte agli industriali di non concedere aumenti richiesti, i sindacati di sinistra indirono uno sciopero bianco cui la controparte rispose con la chiusura degli stabilimenti. Il governo Giolitti per evitare il pericolo di una guerra civile, si oppose alla richiesta degli industriali di reprimere con la forza l’occupazione e firmò un accordo con i sindacati. Ciò, però, non pose fine alle agitazioni sociali nel paese.
di Nicola Fusco