L’Italia nel seicento
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27 Gennaio 2019Ludovico Ariosto ha dato un’impronta moderna e ironica al genere del poema cavalleresco
La vita
Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia l’8 settembre 1474 da Daria Malaguzzi Valeri e dal conte Niccolò Ariosto, capitano della rocca di quella città.
E’ la tipica figura dell’intellettuale cortigiano del Rinascimento. Partecipa alla vivace vita della corte di Ercole I d’Este, a Ferrara, dove entra in contatto con vari e prestigiosi letterati ed umanisti. Lascia gli studi di diritto all’università di Ferrara per dedicarsi completamente alla sua vocazione letteraria. Nel 1503 entra al servizio del cardinale Ippolito d’Este svolgendo soprattutto vari incarichi di ambasceria. Nel 1517, Ariosto passa al servizio del duca Alfonso d’Este, poiché il cardinale Ippolito aveva accettato di prendere in possesso un vescovato in Ungheria. Nel 1516 viene pubblicata la prima edizione dell'”Orlando Furioso” in 40 canti, dedicato al cardinale Ippolito. Ariosto muore nel 1533 per complicazioni polmonari.
Lascia di sé l’immagine di un uomo amante della vita sedentaria e contemplativa, tesa a riparare le difficoltà e le amarezze della vita quotidiana. Oltre a “L’Orlando Furioso” scrisse anche le Satire, l’Epistolario, Produzione lirica e il Teatro.
L’ORLANDO FURIOSO
Introduzione
Nel XV secolo erano diffusi in Italia i racconti in versi recitati dai cantastorie nelle piazze e nei palazzi che narrano delle leggendarie imprese dei cavalieri. Questi contenuti antichi erano scritti dapprima in modo semplice e rudimentale, in seguito diedero spunto ad alcune opere di alto livello artistico; alla corte di Ferrara ne furono scritte due, una da Matteo Maria Boiardo “L’Orlando innamorato” e una da Ludovico Ariosto “L’Orlando furioso”.
Ariosto iniziò a comporre tale poema epico-cavalleresco nel 1505. Il poema fu pubblicato nella sua edizione definitiva nel 1532. (fonte: wikipedia)
Prima edizione dell’Orlando furioso
Quest’opera si collega direttamente a quella del Boiardo, riprendendo dal punto in cui il poeta l’aveva interrotta e proseguendola con nuove avventure.
Il poema è pensato come opera di intrattenimento, indirizzato ad un pubblico di cortigiani e persone colte. Esso presenta ancora i caratteri della trasmissione orale, del racconto rivolto a voce a un pubblico presente dinanzi al poeta, anche se, in realtà, il Furioso è un’opera pensata per la diffusione attraverso la stampa.
L’opera, riprende la tradizione del ciclo carolingio (vicende dei paladini di Carlo Magno) e in parte del ciclo bretone (vicende dei cavalieri di re Artù). (fonte: wikipedia)
L’opera è scritta in volgare, un lunghissimo racconto in strofe di otto versi ciascuna, suddiviso in canti (40 nella prima edizione e 46 nella terza) che dividono il racconto come i capitoli dei romanzi in prosa.
Il linguaggio poetico è elegante; spesso il tono è ironico ma equilibrato.
La trama e i personaggi
La storia ruota attorno al personaggio di Orlando, al quale è dedicato il titolo ed ha come cornice la guerra fra cristiani e saraceni, cioè lo scontro fra l’esercito di Carlo Magno e quello di Agramante, re dei Mori, che ha invaso la Francia. (fonte: wikipedia)
I personaggi principali sono Orlando e Angelica. Il personaggio di Angelica incarna la bellezza femminile che fa innamorare e non si raggiunge mai. Orlando dovrebbe essere paladino della fede, invece si fa trascinare dal desiderio di Angelica e viene meno al suo compito. Personaggi minori sono Astolfo che risolve le situazioni difficili con incantesimi e Ruggiero e Bradamante che si amano ma appartengono ad eserciti nemici.
Il Proemio
Come tutti i poemi epici l’Orlando furioso si apre con il proemio nel quale l’autore presenta la sua opera.
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l’argomento che viene trattato: avventure d’amore e di guerra degli eroi cristiani e saraceni e la pazzia di Orlando;
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l’invocazione alle muse : essa non è rivolta alle solite muse pagane oppure a Dio o alla Vergine, bensì alla donna da Ariosto amata (Alessandra Benuzzi) vista come causa della sua pazzia amorosa che è paragonata a quella di Orlando
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la dedica : secondo il costume dell’epoca Ariosto dedica il poema al suo mecenate, il cardinale Ippolito d’Este. Il rapporto tra l’intellettuale e il suo mecenate è di reciprocità: il signore offre protezione, rendite e molti privilegi mentre il poeta, in cambio, lo ringrazia dedicandogli il poema, consacrando così la fama del suo protettore.
Nella migliore tradizione del classicismo Ariosto inizia la sua opera imitando i poemi epici classici greci e latini.
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Odissea “Narrami l’uomo d’ingegno molteplice, o musa, che tanto errò, poi che distrusse la rocca di Troia divina… “
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Iliade “Cantami o diva, del Pelìde l’ira funesta, che infiniti addusse lutti agli Achei.”
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Eneide: “Io l’armi canto e il prisco eroe che venne dal suol di Troia, per voler dei Fati, profugo alle lavinie itale sponde.”
Il PROEMIO è composto da quattro ottave.
La prima ottava enuncia lo sfondo della vicenda, cioè la guerra del re saraceno
Agramante contro Carlo Magno, ma elenca anche i temi che verranno trattati, appartenenti tanto al ciclo carolingio (le armi, le audaci imprese) quanto a quello bretone (le donne, i cavalieri, gli amori, le cortesie).
La seconda presenta il protagonista, Orlando, e come da innamorato egli diventa pazzo. In essa è contenuto anche l’accenno di tipo autobiografico alla donna del poeta.
La terza contiene la dedica dell’opera al cardinale Ippolito d’Este che con l’appellativo “Erculea prole” viene identificato come discendente di Ercole I, signore di Ferrara, idealmente collegato al famoso eroe greco, artefice di tante imprese.
La quarta introduce un secondo protagonista, Ruggero, che viene presentato come antenato del cardinale Ippolito. In essa viene dichiarato l’intento encomiastico dell’opera nei confronti della casa d’Este.
Le caratteristiche della storia
La trama si sviluppa attorno a tre motivi principali:
1. L’aspetto epico è dato dalla guerra tra infedeli e cristiani che fa da sfondo all’intera narrazione e si conclude con la vittoria cristiana in seguito allo scontro tra gli eroi avversari (TEMA GENERALE). (fonte: wikipedia)
Tiepolo: Angelica cura Medoro
2. La vicenda amorosa si incentra sulla bellissima, principessa del Catai, Angelica, in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali i cavalieri Orlando e suo cugino Rinaldo. Per l’Ariosto è protagonista, Orlando, eroe saggio, che invece diventa pazzo per amore. Dopo numerose peripezie, incantesimi, battaglie tuttavia Angelica incontrerà il saraceno Medoro e lo sposerà felicemente preferendolo a tutti gli altri famosi eroi che la corteggiavano, causando l’ira e la follia di Orlando, risanata solo in conclusione, quando Astolfo gli restituirà il senno recuperato sulla Luna. Con la saggezza di Orlando tornerà anche la vittoria dei cristiani. (TEMA SPECIFICO). (fonte: wikipedia)
3. L’aspetto celebrativo Ariosto un poeta di corte perciò si sente in obbligo di glorificare la famiglia che lo protegge; fa questo attraverso la storia dell’amore contrastato tra Ruggiero, guerriero pagano, e Bradamante, guerriera cristiana, che riusciranno a congiungersi solo dopo la conversione di Ruggiero, al termine della guerra: da questa unione discenderà la dinastia estente, quindi anche il signore di Ferrara di quel tempo, Ercole I. (fonte: wikipedia)
Caratteristica fondamentale dell’opera è il continuo intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi che vanno a costituire molteplici fili narrativi, tutti armonicamente tessuti insieme.
Non si può dire che il poema abbia un vero e proprio centro: prevale l’azione centrifuga, il dipartirsi dei personaggi in infinite direzioni. Il centro è costituito di volta in volta dal personaggio che in quel momento è il protagonista dell’azione.
Il lettore si appassiona anche perché spesso l’autore abbandona un personaggio in un momento avvincente per seguirne un altro creando attesa.
Approfondimento: “Astolfo sulla luna”
Siamo nel XXXIV canto (ottave. 70-83).
Astolfo, fedele compagno di Orlando, in groppa all’ippogrifo, vola fin sulla cima del paradiso terrestre dove viene accolto da san Giovanni Evangelista, che gli rivela la volontà divina di quel viaggio soprannaturale. Gli spiega che deve recarsi sulla Luna per riprendere il senno che Orlando aveva perso inseguendo il desiderio per la bella pagana Angelica; Dio aveva tolto il senno a Orlando per punirlo della sua passione amorosa, sarebbe durato solo tre mesi.
Accompagnato e guidato da S. Giovanni Evangelista, Astolfo varca la sfera del fuoco e giunge in un vallone lunare dove si trovano ammonticchiate tutte le cose che si perdono in Terra: le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo che si trascorre nei giochi, le ambizioni, i desideri… e, soprattutto, il senno degli uomini, raccolto in numerose ampolle che portano scritto il nome del proprietario. Tra quelle ampolle, Astolfo troverà quella con scritto «Senno di Orlando».
Significativamente, le centinaia di ampolle che contengono il senno di altrettanti uomini, lasciano intendere che sulla Terra siano rimasti ben pochi uomini saggi. Qualcuno il senno lo perde in amore, in ricchezze, in onori, altri nelle speranze dei signori, altri ancora spendendo i propri soldi pagando indovini, astrologhi e poeti. Astolfo, con sua grande sorpresa, vede l’ampolla contente quella parte de suo senno che aveva perduto e con l’assenso di San Giovanni Evangelista, ne annusa il contenuto.
La Luna è descritta come un mondo grande come il nostro, mari compresi. Vi sono fiumi, laghi, pianure, città, castelli, come da noi; eppure “altri” da quelli nostri. La Luna dell’Ariosto è uno specchio della terra che offre immagini rovesciate; è l’esatto complemento della terra dal momento che sulla luna si trova tutto ciò che sulla terra si è perso o per errore, o per colpa del tempo o della fortuna.
Illustrazione di Gustavo Dorè per l’edizione francese del 1879 dell’ Orlando furioso.
Dirà Calvino: “E’ la prima volta che la Luna diventa per gli uomini un oggetto reale, che viene descritta minutamente come cosa tangibile”.
Nel 1609 Galileo punterà il suo cannocchiale sulla Luna e anche lui vedrà che la Terra e la Luna non sono poi così diverse come era stato sostenuto per lungo tempo e scrutando gli astri, sosterrà il sovvertimento della teoria tolemaica.
Confrontando l’Orlando Furioso con la Divina Commedia, si può notare che nel poema di Dante esiste una netta contrapposizione tra la terra e il cielo che rappresentano la materia e lo spirito, il peccato e la salvezza. Nel poema dell’Ariosto, invece, vi è una dimensione terrena che riflette, la concezione laica del Rinascimento.
In una delle ottave di questo episodio si può individuare la figura retorica dell’ “anafora” (come all’entrata dell’Inferno di Dante: ” Per me si va”): riferendosi al senno degli uomini l’Ariosto scrive “altri in amar lo perde, altri in onori, altri in cercar, scorrendo in mar ricchezze”.
L’invenzione fantastica e il clima meraviglioso dell’episodio servono da supporto all’intento conoscitivo della follia dell’uomo che continua ad inseguire oggetti delusori. Il viaggio lunare è un espediente per avere una visione distaccata e disincantata della realtà umana.
In questo brano si rivela una leggera vela di ironia molto moderna ad esempio nella farse che parla del senno “era come un liquor sottile e molle, atto a esalar se non si tien ben chiuso” o ancora “non preghiamo mai Dio per riottenere il senno perduto, ma lì sulla luna ce n’era una montagna vera e propria e da solo occupava più spazio di tutte le altre cose messe insieme”.
di Sabry
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