Lungo l’Affrico di Gabriele D’Annunzio – di Carlo Zacco
25 Dicembre 2015Riflessioni “natalizie” – di Lucio Garofalo
26 Dicembre 2015di Gabriele D’Annunzio
di Carlo Zacco
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Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta su l’alta scala che s’annera contro il fusto che s’inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna è prossima a le soglie cerule e par che innanzi a sé distenda un velo ove il nostro sogno giace e par che la campagna già si senta da lei sommersa nel notturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla.
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La natività della Luna – «tu»: c’è un «tu» indeterminato, a cui si rivolge il poeta; possiamo pensare alla donna amata;
– le mie parole: si augura che il suono delle sue parole sia fresco come il fruscio delle foglie del gelso, che un contadino silenzioso raccoglie alla luce incerta della sera. – s’inargenta: il riflesso della l’una fa in modo che il ramo del gelso, ormai privo di foglie, appaia di colore argenteo; – s’annera: sempre sul gelso spicca la scala del raccoglitore, scura, nell’oscurità della sera; – la Luna (sempre personificata) sta per sorgere, e già da dietro l’orizzonte emana il suo chiarore che si distende sul terreno come una specie di velo; – il sogno: è quello del poeta, che insieme alla donna amata contempla il paesaggio della sera, immerso in una specie di sogno estatico; – notturno gelo: la luce fredda della l’una è associata al fresco della notte; – sperata pace: è il refrigerio del fresco notturno, che la campagna assorbe dopo gli ardori del giorno; – la luce fredda della l’una è paragonata prima alla temperatura fresca della sera e ora a un liquido fresco che la campagna beve, ricavandone pace, cioè ristoro; – senza vederla: cioè prima ancora che la l’una spunti, già ne assapora il fresco; |
15 | Laudata sii pel tuo viso di perla,o Sera, e pe tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l’acqua del cielo! |
– viso di perla: immagine stilnovistica, che paragona la bianchezza della pelle della donna al colore della perla;- Laudata sii: ovviamente riprende San Francesco;
– nei suoi taccuini D’annunzio ci dice che il primo nucleo di questa poesia è nato dalla contemplazione della campagna di Assisi; – i grandi occhi: di difficile comprensione: probabilmente questi occhi umidi della sera sono le pozze d’acqua in cui il cielo si specchia (vedi Lungo l’Affrico); – sempre nei taccuini di D’Annunzio c’è scritto che la poesia è stata composta il 17 Giugno, «dopo la pioggia»; |
La Natività della Luna. Nella prima edizione del testo (in «Nuova Antologia», 1899) le tre strofe erano autonome, ed avevano ciascuna un titolo: la prima si intitolava La natività della Luna;
– spesso D’Annunzio recupera nelle due poesia un senso mistico che si accompagna al sorgere della Luna, che da sempre è stata vista come una divinità dalle religioni antiche;
– se la l’una che nasce ha qualcosa di divino, spetta al poeta-vate cogliere questo aspetto e rivelarlo, e le sue parole suonano come formule magico-liturgiche in gradi di propiziare l’apparizione della divinità;
– ad essere evocato, poi, non è il sorgere della l’una, ma l’attimo che immediatamente precede, e ciò evoca una situazione più sfumata e indeterminata; il sorgere effettivo della Luna sarebbe stato troppo preciso;
Sinestesie. Le parole del poeta (sensazione uditiva) si fondono con una sensazione tattile (le foglie sfiorate dal contadino);
– la luce argentea (visivo) della l’una è associata al notturno gelo (tattile);
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Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva tepida e fuggitiva, commiato lacrimoso de la primavera, su i gelsi e su gli olmi e su le viti e su i pini dai novelli rosei diti che giocano con laura che si perde, e su l grano che non è biondo ancora e non è verde, e su l fieno che già patì la falce e trascolora, e su gli olivi, su i fratelli olivi che fan di santità pallidi i clivi e sorridenti. |
La pioggia di giugno – bruiva: calco dal francese bruit (rumore); c’è in Verlaine («O bruit doux de la pluie»), ma qui D’Ann. lo usa il termine per il suo valore onomatopeico;
– tiepida e fuggitiva: è stato un rapido rovescio estivo; – commiato lacrimoso: la pioggia come una specie di pianto della primavera, che si accomiata per lasciare spazio all’estate; – rosei diti / che giocano: le pigne novelle che stanno spuntando dai pini sono di colore roseo, e sembrano dita che giocano col vento che gli passa attraverso; – trascolora: sta ingiallendo; – fratelli olivi: epiteto francescano; – santità: le foglie verde-argento degli ulivi conferiscono al colle una sfumatura di pallore > questa è collegata a un’idea di santità e ascetismo; – l’ulivo stesso è una pianta collegata all’idea di pace e umiltà, e fa parte della liturgia; |
Laudata sii per le tue vesti aulenti,o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora! |
– aulenti: profumate;- cinto che ti cinge: è la linea dell’orizzonte, che cinge i colli come un ramo di salice che cinge i covoni di fieno; |
La pioggia di Giugno. Questa seconda strofa è costruita su procedimenti analogici complessi;
– in primo luogo la parola tende a trasformarsi in puro suono, ed evocare la pioggia, indipendentemente dal significato delle parole (numerose assonanze e rime interne);
– l’immagine finale degli olivi è basata su un gioco analogico:
- a) il colore grigio-verde dà una sfumatura di pallore ai colli;
- b) allo stesso tempo l’ulivo è pianta associata alla santità;
- c) questo evoca il pallore dell’ascetismo;
Questo tipo di procedimento analogico è tipico di tutta la poesia successiva del Novecento.
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Io ti dirò verso quali reami
d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti eterne a l’ombra de gli antichi rami parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirò per qual segreto le colline su i limpidi orizzonti s’incùrvino come labbra che un divieto chiuda, e perché la volontà di dire le faccia belle oltre ogni uman desire e nel silenzio lor sempre novelle consolatrici, sì che pare che ogni sera l’anima le possa amare d’amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte, o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare le prime stelle! |
Il mistero della natura– reami d’amore: il suono del fiume è come un richiamo, che invita all’amore;
– le fonti eterne: le fonti dei fiumi erano considerate sacre dagli antichi; – colline come labbra: la curva delle colline sull’orizzonte limpido è paragonata alla curva delle labbra, chiuse a causa di un misterioso divieto che impedisce loro di parlare, ma che sono ansiose di rivelare il loro messaggio; – questo desiderio di parlare le rende ancora più belle; – consolatrici: anche se non possono rivelare il segreto, le colline continuano a essere consolatrici, per la loro bellezza, e per questo ogni sera l’anima le ama di un amore più forte;
– pura morte: la sera muore lasciando il posto alla notte; – è pura perché il cielo è sereno; e palpita perché è nell’attesa delle prime stelle; |
La sensualità. La terza strofa è incentrata su sensazioni olfattive, che richiamano più da vicino il motivo amoroso e sensuale.
– ogni elemento fa riferimento alla sensualità:
- a) il messaggio arcano delle fonti allude al «reami /d’amor», quindi a una forza erotica che pervade la natura;
- b) è sensuale anche la trasfigurazione delle colline in labbra: chiuse da un divieto misterioso, ma ansiose di rivelare il loro segreto; e questo segreto riguarderà esperienze amorose e sublimi, di bellezza ineffabile e oltreumana (Superuomo).
Cantico di Frate Sole. La natura descritta da D’Annunzio è pervasa da una sorta di atmosfera mistica:
– gli elementi naturali vengono personificati (viso di perla; le vesti aulenti della sera; i suoi grandi umidi occhi; i rosei novelli diti dei pini; le colline come labbra; eccetera);
– il riferimento a San Francesco arricchisce questo afflato mistico, dato che gli elementi naturali appaiono accomunati da un rapporto di fraternità;
– chiaramente questo riferimento non vuole mostrare alcun intento religioso di D’Annunzio: è semplicemente una citazione, un riferimento «arcaizzante», per accrescere il senso di mistero e di dialogo tra gli elementi naturali e l’io lirico.