La vita di Torquato Tasso prima parte
5 Dicembre 2015Lettura domestica n.3
7 Dicembre 2015
Il transito dei migranti, il transito di quanti fuggono da guerre, da
persecuzioni, da miseria e da fame. Il viaggio infinito dei tanti che non
arriveranno mai, la diaspora di coloro che saranno bloccati, umiliati, depredati
di ogni ultima dignità e infine respinti. Nel gennaio di settant’anni fa, dai
binari celati dal Silos, nella Stazione ferroviaria di Trieste, si ultimava
l’abominio della deportazione nei Lager nazisti.
Da questo stesso luogo, meta odierna di nuova disperazione partì, negli anni
dell’occupazione tedesca, il 70% dei deportati dall’Italia con destinazione
Auschwitz. Il penultimo convoglio della morte partì l’11 gennaio 1945 diretto al
Campo di sterminio femminile di Ravensbruck. L’ultimo, sabato 24 febbraio ?45
scaraventò i martiri nell’inferno di Bergen Belsen. Quasi un mese dopo
l’avvenuta liberazione di Auschwitz.
Anche nelle ultime tragiche fasi della Seconda Guerra Mondiale Trieste ebbe un
ruolo strategico fondamentale per il Terzo Reich, tramite la Risiera di San
Sabba convertita nell’unico Lager di sterminio nazista in suolo italiano e
dell’Europa meridionale, avvalendosi febbrilmente del suo snodo ferroviario, nel
quadro della massima efficienza dei trasporti affidati allo zelo maniacale di
Adolf Eichmann. Sulle traversine di legno, superstiti testimoni dei binari della
Deportazione e dell’Olocausto italiani, si sono inginocchiate queste consapevoli
vittime del nuovo millennio. Perlopiù giovani senza meta, senza domani.
Infreddoliti. Affamati. Disperati. Rifiutati. Nell’indifferenza del nostro
vivere civile, caldo e pulito. Dinanzi alle nostre porte, semplicemente chiuse.
Nella progettata riqualificazione della maestosità architettonica del Silos,
nuovamente simbolo della tragedia umana, si consideri l’importanza di un luogo
permanente della Memoria: di quanto allora è stato e di quanto nuovamente è.
Memoria in quanto le analogie con quel passato riemergono in un’inquietante
realtà nello stesso luogo, a un passo dalle nostre case e dalle nostre vite, nel
centro della città e al contempo distanti da tutti e tutto, nuovamente celando
il crimine dell’indifferenza.