IL TEMPO
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E quindi uscimmo a riveder le stelle. Come termina l’Inferno di Dante, XXXIV, 70-139
A.S. 2001-2002
TESINA PER L’ESAME DI STATO DI LAURA BOSONI
– Les dieux s’en vont –
AD ARIMANE – G.Leopardi
AD ARIMANE (TESTO)
(1835)
Re delle cose, autor del mondo, arcana
malvagità, sommo potere e somma
intelligenza, eterno
dator de’ mali e reggitor del moto,
io non so se questo ti faccia felice; ma mira e godi, ecc., contemplando eternamente, ecc.
Produzione e distruzione, ecc. Per uccider partorisce, ecc. Sistema del mondo, tutto patimenti. Natura è come un bambino, che disfa subito il fatto. Vecchiezza. Noia o passioni piene di dolore e disperazioni: Amore.
I selvaggi e le tribù primitive, sotto diverse forme, non riconoscono che te. Ma i popoli civili, ecc.
Te con diversi nomi il volgo appella
Fato, Natura e Dio.
Ma tu sei Arimane, tu quello che, ecc.
E il mondo civile t’invoca.
Taccio le tempeste, le pesti, ecc., tuoi doni, ché altro non sai donare. Tu dai gli ardori e i ghiacci.
E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione. Ma l’opra tua rimane immutabile, perché per natura dell’uomo sempre regneranno l’ardimento e l’inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso, ecc. ecc.
Vivi, Arimane, e trionfi, e sempre trionferai.
Invidia dagli antichi attribuita agli dèi verso gli uomini.
Animali destinati in cibo. Serpente boa. Nume pietoso, ecc.
Perché, dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? l’amore? per travagliarci col desiderio, con confronto degli altri e del tempo nostro passato, ecc.?
Io non so se tu ami le lodi o le bestemmie, ecc. Tua lode sani il pianto, testimonio del nostro patire. Pianto da me per certo tu non avrai : ben mille volte dal mio labbro il tuo nome maledetto sarà, ecc.
Ma io non mi rassegnerò, ecc.
Se mai grazia fu chiesta ad Arimane, ecc., concedimi ch’io non passi il settimo lustro. Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore, ecc., l’apostolo della tua religione. Ricompensami. Non ti chiedo nessuno di quello che il mondo chiama beni: ti chiedo quello che è creduto il massimo de’ mali, la morte. (Non ti chiedo ricchezze, ecc., non amore, sola causa degna di vivere, ecc.). Non posso, non posso più della vita.
COMMENTO
Di questo inno è sicuro terminus ante quem il 29 giugno 1933 (cfr. l’accenno al settimo lustro nell’ultimo paragrafo). Ed è in effetti legato a filo doppio con alcuni componimenti coevi, del cosiddetto ciclo di Aspasia e dei successivi. A ben considerare non può essere sbrigativamente definito solo un abbozzo, se è vero che un sensibilissimo lettore leopardiano quale è il grande Carmelo Bene è riuscito a darne una squisita ed irrequieta interpretazione. Il dettato è comunque comprensibile, e anche la sibillina allusione al serpente boa si spiega con la nota autografa al v. 34 della Palinodia.
Nella religione persiana antica Arimane è il principio del male, contrapposto al benefico dio supremo, Ahura-Mazdah. Una concezione religiosa che, ripresa dal manicheismo, è rifluita, sotto diverse forme, fino ai giorni nostri. Secondo Fubini il Leopardi ne avrebbe tratto il nome dal Manfredo del Byron. O, più dubitativamente, dal voltairiano Poème sur le désastre de Lisbonne (ipotesi dell’Antonioni). Anch’io ritengo che alla base ci sia Voltaire, ma soprattutto quel Voltaire che cita Arimane nel Dictionnaire Philosophique, alla voce Bien, Tout est bien. Più che la citazione in sé, suggestivo è quanto si trova verso la fine della voce stessa: “Quel sistema del Tutto è bene rappresenta in sostanza il Creatore come un re potente e malvagio, che non si preoccupa se debban perire quattro o cinquecentomila uomini, e gli altri trascinar la loro vita nella carestia e nei dolori, purché egli possa venire a termine dei suoi progetti” (trad. a cura di M. Bonfantini). Come che sia il tutto venne puntualmente ripreso e meditato nello Zibaldone, pp. 4174 ss., pagine che di nuovo presentano ascendenze, anche lessicali (per es. “sistemi”, “mondi”, “patimento”), a questo inno.
1 – “Oromaze”, alla greca, lo chiamava Antonio Ranieri, e probabilmente lo stesso Leopardi, che appare ispiratore di quanto il napoletano scriverà, nel ’45, all’inizio della Notizia che accompagna l’edizione lemonnieriana dei Canti, e che è altro passo non citato, ma rilevante, a gettare un filo di luce non solo su questo inno, ma probabilmente anche sull’intima natura del pessimismo leopardiano: “Il grande ingegno consta di due elementi quasi incompatibili, una gran fantasia e un gran raziocinio […] Ma con que’ due elementi era congiunto un terzo, la malattia, il dolore, la parte più inesplicabile dell’inesplicabile mistero dell’universo. Laonde, sferzato da un tanto flagello, egli ne domandò la spiegazione […] prima agli altri e poi a se stesso; e questa perpetua ed insaziabile interrogazione è il pensiero a un tempo dominante ed occulto de’ suoi scritti. In nessun uomo non fu mai scorto più sensibilmente l’innesto terribile di que’ due principii che diedero agli uomini il primo concetto d’Oromaze e d’Arimane; il maggior bene, l’intelletto, commisto col maggior male, il dolore. Egli si valse del primo a manifestare il secondo, e cantò, per cosí dire, l’inferno colle melodie del paradiso”. Non può non venire in mente la celeberrima lettera al Giordani (Recanati, 8 agosto 1817): “A me il pensiero ha dato per lunghissimo tempo e dà tali martirii, per questo solo che m’ha avuto sempre e m’ha intieramente in balia (e vi ripeto, senza alcun desiderio) che m’ha pregiudicato evidentemente, e m’ucciderà se io prima non muterò condizione”.
SATANISMO IN LETTERATURA
ITALIANO
· Ad Arimane di Giacomo Leopardi
· A Satana di Giosuè Carducci
· A Satana di Gabriele D’Annunzio
FRANCESE
· Litanie di Satana di Baudelaire
· La bestia umana di Zola
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