IL TEMPO
27 Gennaio 2019L’infinito in Luzi
27 Gennaio 2019di Claudio Pagani
Tennis e psicologia
Il tennis affonda le proprie radici non solo nella sua grande espressione tecnica e fisica ma anche nelle profondità della psiche umana. Si potrebbe affermare più in generale che nello sport filosofia e tecnica si incontrano perfettamente. Si può capire questa disciplina sportiva sia tramite filosofia e fisica, sia confrontandola ad esempio con il comportamento animale (etologia). Il tennis specialmente può essere visto come una sorta di strumento utile alla psicanalisi e viceversa. Essendo uno sport individuale (trascurando la variante di gioco in coppia), il giocatore deve affrontare l’avversario da solo. Viene meno il supporto dei compagni di squadra e l’individuo deve così far fronte a difficoltà psicologiche personali più o meno gravi come ansia insicurezza ecc. che potrebbero precludere una buona prestazione. Viene preso in esame l’atleta agonista con l’obbiettivo di migliorare la propria prestazione sportiva. Come afferma il Dr Domenico Devoti nell’intervento Dal trauma alla performance”¹:[l]a micropsicoanalisi da questo punto di vista si rivela uno strumento ideale per linvestigazione dell’ambito sportivo in tutte le sue componenti, umane e situazionali, a causa della sua duttilità, dei suoi supporti tecnici e soprattutto del suo modello energetico[…] integrato con i punti di vista strutturale e dinamico freudiani – che ricompone in unità polo psichico e polo somatico dell’uomo, riformulando in modo scientifico la psicosomatica e rendendo perfettamente conto dei processi fini che intessono l’evoluzione dal primario al secondario e linterrelazione tra psiche e soma. Inoltre permette, anzi in certo qual modo costringe, ad andare al di là dell’individuo ed abbracciare l’intera storia umana in cui per tappe successive si sono elaborate, cristallizzate e fissate le forme e i setting dell’agire sportivo collettivo, nelle quali si riversano come in stampi preconfezionati e sulle quali si intrecciano le vicende individuali.”E’ proprio studiando l’evoluzione dello sport che si può arrivare a capire le premesse di quello odierno. Essa vede il passaggio progressivo da un trauma-dramma cosmico o precosmico o cosmogonico duplicato e reiterato nel rito, ad un trauma-morte umano (la morte dell’eroe) perlaborato come lutto nei giochi agonistici e gladiatori, ad un trauma interno neutralizzato o sublimato nello sport attuale. In altre parole, un’evoluzione nel senso di una codificazione e sottomissione a regole sempre più vincolanti di impulsi aggressivi all’origine estremamente violenti e disgreganti.”Lo sport attuale quindi può essere definito anche come sublimazione degli impulsi aggressivi, quelli che Sigmund Freud definiva con il concetto di thanatos .Tali impulsi, connessi con quell’attività primaria che è l’aggressività e attivati da un trauma originario, in un primo tempo sono proiettati su uno scenario cosmico e rappresentati per mimesi nel territorio del sacro con un vincolamento al codice rituale e normativo che al sacro pertiene; in un secondo tempo sono desacralizzati, identificati e giocati sullo scenario umano in connessione con immagini di separazione e perdita, quindi
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che vede attivarsi in modo privilegiato i processi di identificazione e idealizzazione agiti nell’ambito dei riti funerari e iscritti in quel complesso lavoro di elaborazione del lutto terzo tempo si sganciano anche dal contesto funerario e si legano alla dimensione della festa e dell’esaltazione di capacità prettamente umane. A questo punto il trauma originario, internalizzato e apparentemente scomparso o disattivato, in realtà rimosso specie nelle sue componenti rappresentazionali, può diventare motore prestazionale in individui che per il loro terreno e per i loro vissuti interiorizzati sono predisposti allesternalizzazione sportiva.Se questa è l’evoluzione storica e dinamica globalmente considerata nei suoi tempi principali, il processo evolutivo concreto è più complesso e vede attivarsi congiuntamente,sia pure con diversi gradi di intensità in ogni tempo forte i meccanismi di proiezione,identificazione e rimozione; l’andamento generale è comunque quello di una progressiva desaggressivizzazione degli impulsi aggressivi, quindi di sublimazione dell’aggressività. Tale processo di sublimazione implica, oltre al cambiamento degli oggetti-meta delle pulsioni aggressive mediante loro sostituzione con oggetti-meta socialmente accettati, un altrettanto complesso lavoro di metabolizzazione di quel trauma che fin dalle origini sta alla base della forma sportiva e che poi altro non è che una manifestazione di squilibrio odi rottura in relazione a un conflitto fondamentale determinato da incompatibilità strutturali. E’ proprio del mito mettere in scena questi antagonismi originari per padroneggiarli e eventualmente risolverli, come è proprio del rito trasporli nellagito secondo forme, modi e sequenze ordinate che ne regolano i dinamismi interferenti e contrastanti. “La pratica sportiva e il campo da tennis hanno una particolare funzione nel rappresentare il limite che circoscrive lo spazio dell’agire sublimato e regolato, separandolo da quell’altro spazio in cui tutti i processi sono più liberi e l’aggressività si esplica nelle forme più dirette o mascherate, nevrotiche o perverse.[… ]La palestra, lo stadio, il circuito, il ring,ecc. sono forme chiuse […], entrando nelle quali se ne assumono le valenze strutturali e dinamiche, quindi con mobilitazione di sentimenti e pensieri che entrano in risonanza con immagini e vissuti profondi. Ovviamente questo non vale per tutti ma sicuramente per chi porta nella sua eredità psichica o nelle esperienze interiorizzate della sua ontogenesi il ricordo di tali forme e le impressioni del lavoro avvenuto al loro interno. “Venendo dunque all’atleta attuale, questi si trova inserito nella forma assunta dallo sport moderno, forma ormai decisamente sganciata dalle sue origini sacrali e divenuta il luogo dell’espressione corporea e della competizione al massimo grado. Anche in questa nuova dimensione l’evoluzione è stata nel senso di un vincolamento sempre più stringente a regole precisamente definite e di una neutralizzazione sempre più spinta degli impulsi violenti e disgreganti. Ha proseguito quindi la tendenza alla deviazione dell’aggressività verso la sua sublimazione. Il costante invito al fair play di questi ultimi anni ne è la più evidente illustrazione, anche se nella sua reiterata invocazione denuncia un ritorno proprio di quegli elementi che la linea di tendenza cercava di escludere o di neutralizzare. D’altronde il processo di sublimazione non è mai concluso, in quanto processo dinamico che, sotto la spinta delle componenti strutturali dell’aggressività,continuamente si elabora e si rimodella a contatto con l’ambiente esterno e/o per interni spostamenti di investimenti e scambi di informazioni. A questo proposito, due considerazioni possono essere fatte dal punto di vista psicosociale:1. la tendenza a desaggressivizzare sta interessando tutti gli ambiti dell’espressione umana,con conseguente stasi energetica e rinforzo della rimozione delle rappresentazioni e affetti specifici dell’aggressività. Di qui l’incremento delle risultanze nevrotiche, psicosomatiche e perverse. 2. In ambito sportivo la tendenza alla trasgressione delle regole, la pratica dilagante del doping e la ricerca di ogni mezzo per imporsi a qualunque costo, anche a seguito della pesante intromissione di interessi commerciali e finanziari, fanno aumentare il rischio nei tempi lunghi per lo sport stesso, oltre che beninteso per la salute e la longevità atletiche degli sportivi. Ma ritornando al punto di vista psicodinamico, l’atleta per sua costituzione psicobiologica si esprime in modo privilegiato con e attraverso il corpo: il corpo diventa il teatro in cui si rappresentano tutti i suoi vissuti, e questi si estrinsecano nella forma primordiale dell’azione, cioè attraverso l’attività motoria. In che modo ciò avvenga e come sia possibile,la metapsicologia micropsicoanalitica lo spiega in base al denominatore comune energetico che lega alla radice e nell’identità di essenza lo psichico e il biologico: entrambi cioè sono strutturati energeticamente in organizzazioni di complessità crescente e sono in interazione permanente, accumulando e trasferendo dall’uno all’altro polo informazioni ed energia. Così lo psichismo inconscio è descritto in termini di livelli di organizzazione energetica che contengono la memoria di esperienze e vissuti aggressivo-sessuali, onto- e filogenetici interiorizzati e che, quando si riattivano, si caricano producendo spinte pulsionali la cui funzione è di scaricarli. Nel processo di carica-scarica si operano movimenti energetici e modificazioni di sistema che interessano l’intero apparato psicosomatico, con interscambi di informazioni tra mente e corpo e mobilitazioni della motricità dell’una e/o dell’altro. Il tutto allo scopo di riequilibrare l’organismo psicobiologico.”Si manifesta perciò la carica psichica attraverso l’inconscio nel corpo che è la sua via preferenziale.Il corpo e la mente sono perciò strettamente legati tra loro infatti:Freud rileva, già nel 1892, come un conflitto psichico possa dar luogo ad un disturbo somatico, convertendo un’idea inaccettabile per la coscienza in un sintomo senso-motorio.”¹Il perché […] può essere spiegato, oltre che dal terreno del soggetto, proprio dai tipi di vissuti interiorizzati e dalla dominanza aggressiva di questi stessi. Nuclei rappresentazionali-affettivi a forte componente destrutturante e disaggregante, che rischiano di far esplodere o implodere l’unità psicobiologica, pongono l’organismo in stato di sovraccarica, quindi di estrema tensione e di allerta che può attivare la motricità corporea innescando comportamenti primordiali di attacco/fuga, istinti e bisogni più direttamente legati alla sopravvivenza. Il livello di attivazione (arousal) di base sembra essere più elevato negli atleti e sbilanciato verso il polo dell’agitazione o della frenesia, con una tendenza all’ansia somatica piuttosto che a quella cognitiva. I forti nuclei aggressivi si ripercuotono sugli stadi di sviluppo ontogenetico producendo vissuti a intensa coloritura conflittuale ed esaltando in modo particolare le pulsioni sadiche e di appropriazione. Ma particolarmente importanti al fine di un destino atletico risultano essere alcune fasi di transizione estremamente delicate: anzitutto quella tra il periodo fusionale e quello defusionale, in cui labbarbicamento del bambino alla madre nellindistinzione proprio del primo periodo, con circolazione e scambi informativi tra l’uno e l’altra, può prolungarsi,fissarsi o violentemente interrompersi esacerbando vissuti di abbandono e di rivendicazione, attivando pulsioni di rigetto e di distruzione cannibalica mescolate con pulsioni di annichilamento e mobilitando una continua rincorsa al ripristino della situazione precedente perduta. Si pensi solo, ad esempio, alla coazione a correre o ad allenarsi in modo ossessivo in taluni atleti, coazione che è come una spinta irrefrenabile verso una meta sconosciuta e che sempre si sottrae, costringendo così la spinta medesima a cortocircuitarsi sul corpo stesso del soggetto divenuto oggetto-meta di essa.
¹ Sofferenza dell’anima e malattia del corpo” Giovanna Nencini
http://www.spc.it/approfondimenti/articolitemplate.asp?cod=40
Linvestimento sul proprio corpo di tali pulsioni nel loro impasto con le corrispettive sessuali può diventare in tal caso l’equivalente di un investimento narcisistico sul corpo della madre,favorendo legami di tipo simbiotico e sospingendo lo psichico verso il corporeo, anzi lepidermico, come luogo di rifusione. Forse è proprio qui che si forma la disposizione alla somatizzazione.Altra fase estremamente importante, soprattutto ai fini della sublimazione dell’aggressività,è quella delineata da Winnicott e denominata “fase transizionale”; durante questa il bambino, se aiutato da una madre sufficientemente buona, riesce attraverso la sua creatività a riparare quanto è stato danneggiato dalle pulsioni aggressive, e lo fa costruendosi un oggetto intermedio che sta tra il sé e il non sé, corpo esterno che è prolungamento di sé. In realtà questa fase si riempie di realtà e fenomeni transizionali che costituiscono come un mondo di mezzo, tra realtà e immaginazione, in cui avvengono scambi di informazioni, percezioni, esperienze tra mondo interno e mondo esterno, dove si stabiliscono connessioni e corrispondenze in un movimento oscillante di proiezioni,identificazioni e introiezioni in assoluta libertà, che esaltano la capacità creativa del bambino e lo predispongono alle realizzazioni artistiche, religiose, magiche sportive.”¹ Dopo un lungo lavoro preparatorio si arriva ad un punto d’arrivo denominato peak experience ( momento magico ) ossia il massimo della prestazione. [I]n tale momento il gesto sportivo fluisce naturalmente quasi a prescindere dalla coscienza che il soggetto ha di compierlo; il gesto in certo senso si fa da sé e l’atleta è tutto nel gesto, è il gesto o vede se stesso compierlo come se fosse un altro, in una contemplazione quasi ipnotica da cui sono assenti fatica, impegno, concentrazione sulle abilità acquisite, strategie. Si potrebbe quasi dire che il soggetto si fa tutto corpo e il corposi sublima nel mentale, ritrovando la comune origine energetica, con i giusti stimoli, cioè con la libera circolazione delle informazioni tra la mente e il corpo ed una perfetta cibernetica psicobiologica.” ¹ L’ansia , provocata dallo stress, può essere inoltre controllata tramite il training autogeno una terapia sviluppata negli anni trenta dallo psicologo J. H. Schultz. Quest’ultima differisce molto dalla psicoanalisi perché ha lo scopo di rendere i propri pazienti indipendenti dal terapeuta per sviluppare il proprio benessere. […] Questa tecnica è indicata per atleti e sportivi in genere in quanto favorisce il recupero di energie permettendo una migliore gestione delle proprie risorse,migliora la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni. Il Training autogeno è utile inoltre nella cura di […] insonnia, emicrania, asma, ipertensione, attacchi di panico.”²
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² http://it.wikipedia.org/wiki/Training_autogeno
Tennis e fisica
Il tennis però come già detto in precedenza non comprende solo la psiche ma anche la tecnica. Quest’ultima trova il suo perché nelle leggi fisiche coinvolte durante l’attività. Ad ogni movimento (non lesivo del corpo) corrisponde una determinata legge che ne differenzia uno corretto da uno sbagliato. Teorizzando situazioni ideali si può arrivare a fornire una spiegazione esauriente delle motivazioni dei movimenti.
Innanzitutto i colpi fondamentali sono tre: dritto (o diritto), rovescio e servizio. Tutti e tre i sono impatti racchetta pallina e sono esempi del principio di conservazione della quantità di moto (massa · velocità). Questa legge dice che [l]a quantità di moto di un sistema è costante nel tempo se la risultante delle forze esterne che agiscono sullo stesso è nulla”¹. Se la racchetta e la pallina hanno massa fissata, più la velocità con cui la prima colpisce la seconda sarà elevata, maggiore sarà la velocità con cui la palla lascia la racchetta. Quindi l’obbiettivo della tecnica è quello di far sviluppare al braccio la massima velocità consentita. Siccome il movimento della racchetta è una rotazione orizzontale nel caso di dritto e rovescio e verticale in quello del servizio si prende in considerazione la forza centrifuga:E’ da considerare in particolare modo la formula inversa visto che l’obbiettivo è quello di ricavare maggior velocità
Dove in questo caso F è la forza sviluppata dal braccio, r è la distanza dalla spalla (centro di rotazione) al punto di impatto lungo il piano ortogonale a quello della rotazione e m è la somma delle masse di racchetta e braccio. Per far sì che r aumenti bisogna quindi distendere il braccio il più possibile lontano dal corpo in modo che esso formi un angolo di 90° con la linea del corpo. Un altro modo utile sarebbe incrementare la massa della racchetta. Questo metodo però presenta grossi limiti infatti il braccio potrebbe non arrivare ad esprimere una velocità consistente e come è possibile notare dalla composizione delle due formule viste sopra la quantità di moto viene moltiplicata solo per â^?m . Quindi tra le due opzioni è sicuramente più conveniente cercare un movimento più ampio. Un’ altra soluzione per riuscire ad imprimere più velocità alla palla è quella di scaricare il peso del corpo” su di essa. Tradotto in termini fisici se tutto il corpo del giocatore durante l’impatto si muove verso la palla, quando si va a calcolare la massa in funzione della quantità di moto non si considera più solo il sistema braccio racchetta, ma il sistema corpo racchetta. Nel caso ideale della palla inizialmente in quiete:
http://it.wikipedia.org/wiki/Conservazione_della_quantit%C3%A0_di_moto
E’ molto importante quindi la preparazione al colpo così che le gambe piegate siano pronte a spingere il corpo verso il campo avversario. Un’ultima soluzione invece è quella di tendere meno il piatto corde sfruttando così l’effetto elastico delle stesse. Un qualsiasi corpo solido o liquido può essere distorto in diversi modi: allungandolo, torcendolo,comprimendolo ecc. Ognuno di questi contribuisce all’ammontare dell’energia elastica del materiale”. ¹ L’energia elastica, sviluppatasi in questo caso dall’allungamento delle corde prodotto dall’impatto con la pallina, si va a convertire quasi completamente (per il principio di conservazione dell’energia) in energia cinetica. Nonostante questo metodo faccia viaggiare la pallina ad una velocità più elevata, esso presenta però un grosso difetto cioè il controllo del colpo diventa molto complicato. Infatti più la velocità con cui la pallina e la racchetta si incontrano sarà elevata, più le corde si allungheranno e più energia sarà sviluppata:troppe variabili per il cervello che senza un lungo allenamento non riesce a controllare con sicurezza il colpo. Difatti uno degli obbiettivi della tecnica tennistica è quello di far controllare dove si vuole mandare la pallina in modo da costruire poi una tattica. Questo controllo avviene sia con un movimento calibrato che con l’aiuto di effetti fisici specifici della pallina rotante in aria. Infatti durante il colpo, oltre al movimento del braccio , vi è anche una rotazione del polso. Questa durante l’impatto mette in movimento rotatorio anche la racchetta e permette così di far sfregare il piatto corde con la palla. L’attrito tra le corde della racchetta e la stoffa della palla mette in rotazione quest’ultima dotandola così di effetti. Essi sono tre: top spin, back spin e slice (orario o antiorario esso avviene solo nella battuta). I primi due sono rotazioni che avvengono su un asse orizzontale parallelo al piano del campo: il primo si effettua sfregando la palla dal basso verso l’alto ed accentua molto il moto parabolico facendo scendere improvvisamente la palla nella fase di discesa (fig.1a). Il secondo è l’opposto del primo e annulla il moto parabolico o addirittura lo capovolge facendo durare più a lungo la fase di volo della palla (fig.1b). Il terzo invece è una rotazione sull’asse perpendicolare al piano del campo e da alla palla un moto circolare nel piano parallelo al campo da tennis (fig.1c).
Fig.1 Effetti della palla da tennis.
¹ Traduzione dall’inglese da: http://en.wikipedia.org/wiki/Elastic_energy
Una volta capito come creare gli effetti alla palla bisogna capire il perché essa assume determinate traiettorie. Questi, ben visibili ad occhio nudo, sono il risultato dell’effetto Magnus, composizione dell’effetto Bernoulli e dell’attrito tra l’aria e la superficie della palla. Si considera il caso dello slice antiorario, con la palla vista da sopra (fig. 2) .Prescindendo da ogni effetto complesso, si dovrebbe dire che l’aria che scorre sul lato destro della palla ha, relativamente ad essa, una velocità maggiore di quella che transita sul lato sinistro( a destra, la velocità rotatoria della palla, essendo concorde con quella del suo moto traslatorio, si somma a essa, mentre si sottrae sull’altro lato). La legge di Bernoulli dice che la pressione è minore dove la velocità dell’aria è maggiore, dunque la palla sarebbe soggetta a una spinta laterale che la fa percorrere una traiettoria incurvata verso destra. Ebbene, l’esperienza insegna che le cose vanno esattamente all’incontrario. Il fatto è che la palla per effetti di attrito, trascina con sé un involucro d’aria che va a diminuire la velocità effettiva dell’aria dove la palla ruota andando contro la direzione i moto dell’aria(ossia a destra), e ad aumentarla sul alto opposto. Dunque, riapplicando la legge di Bernoulli in questa visione, la pressione è maggiore a destra e la palla piega a sinistra.
Effetto Magnus
L’effetto Magnus sviluppa sulla palla una forza che nel caso del top spin spingendo verso il basso sisomma a quella di gravità e in quello del back spin spingendo verso l’alto la contrasta. Questi sono i motivi per cui avviene il drop ossia la caduta improvvisa della palla (nel primo caso) e il prolungamento della fase di volo (nel secondo). Molto importante nel tennis è la risposta al servizio dove sono fondamentali i riflessi. Si chiama riflesso condizionatola risposta che il soggetto dà alla presentazione di uno stimolo condizionato.[…] Il riflesso condizionato è una reazione prodotta nell’animale in cattività da un elemento esterno, che l’animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo (presentato subito dopo durante la fase di condizionamento; subito prima una volta effettuato il condizionamento). Il primo agente diventa perciò lo stimolo chiave, ciò che attiva il riflesso condizionato.”Il tennista deve rispondere allo stimolo visivo della palla spostandosi poi per andare a colpire. ¹ Perché accade ciò che accade” di Andrea Frova, Einaudi Febbraio 2004
Classici esempi di grande prontezza di riflessi sono le risposte ai servizi nella categoria mondiale(ATP) dove le palline possono arrivare ad una velocità di 200 Km/h (Roddick batte la prima palla a 227,2 km/h”¹). Il giocatore che deve rispondere, guardando il lancio, cerca di capire dove andrà la palla, dopo di che si butta in quella direzione cercando l’impatto alla distanza giusta. Il tennis inoltre è tattica. La parte fondamentale è costruire il punto. Questo avviene quando un giocatore dalla linea di fondo riesce a spostare l’avversario (fase di palleggio che può durare anche diversi scambi) che tira così al centro del campo(accorciando il tiro) dando la possibilità all’altro di attaccare a rete oppure di chiudere il punto (tirare un colpo in modo che l’avversario non sia in grado di prenderlo). Questa procedura ricorda molto la tecnica di caccia del leopardo. Quest’ultimo infatti segue la sua preda appostato per ore e poi effettua agguati improvvisi cercando di sprecare meno energia possibile. Il leopardo (Panthera pardus) è un animale molto intelligente che fa parte della famiglia dei felidi. Le sue caratteristiche,che lo accomunano al giocatore di tennis, sono di essere elegante agile e veloce. Questo felide non è un grande amante della corsa infatti effettua scatti brevi consumando così la giusta dose di energia. Allo stesso modo il tennista dovrebbe cercare di fare economia delle proprie energie visto che una partita in media può durare da una a tre ore. E’ un animale di tipo solitario e come il tennista egli si muove all’interno di un campo”. Quest’ultimo si può identificare con il territorio che, delimitato dalle sue urine,può variare da 1 a 10 Kmq di superficie. Una curiosità su questo animale è il fatto che la pantera nera , inizialmente identificata come specie a se, differisce dal leopardo per il colore del manto che all’ombra sembra tutto nero ma in realtà sotto il sole presenta anche esso le macchie tipiche del panthera pardus¹
Bibliografia:
Internet:
1. Breve trattazione di psicologia sportiva a cura del dottor Domenico Devoti.
2. http://www.spc.it/approfondimenti/articolitemplate.asp?cod=40
Sofferenza dell’anima e malattia del corpo” di Giovanna Nencini trattazione di psicologia sul rapporto soma e psiche.
L’enciclopedia libera su internet.
Libri:
1. Perché accade ciò che accade”Andrea Frova, Einaudi Febbraio 2004
Opera che affronta gli eventi di tutti i giorni spiegandoli in termini fisici.
Video:
1. Il Leopardo principe della notte”collana animali in primo piano, De agostini 1988
Documentario presentato da Piero Angela sulla vita del leopardo della durata di circa 60 minuti.