Grazie Papa Francesco dalla scuola cattolica e dalle famiglie
15 Maggio 2013Le radici della violenza – di Laura Alberico
19 Maggio 2013Nello scrivere, come consuetudine, queste note di proposta sui temi dell’istruzione per la prossima legislatura, ci è parso evidente, purtroppo, che le analisi e le proposte da indicare non si discostano molto da quelle scritte in occasione delle precedenti elezioni. La “questione docente” è infatti passata indenne a qualsiasi attenzione anche in questa legislatura.
Come pure non possiamo non riscontrare lo scarso spazio che nel dibattito elettorale viene riservato ai problemi dell’istruzione e alle relative politiche per affrontarli: poco a quelli dell’università e della ricerca, quasi nessuno a quelli della scuola, contrariamente alle dichiarazioni di principio sulla loro rilevanza, espresse da tutte le forze politiche in campo.
Noi siamo invece convinti che per superare l’attuale, ormai indiscussa, situazione di emergenza educativa, attestata dalla posizione decisamente poco brillante che l’Italia occupa nelle indagini internazionali, come OCSE-PISA, occorra, da una parte, sospendere l’azione riformatrice “palliativa” , dall’altra ricostruire i contorni della professione docente ed operare su una riorganizzazione del lavoro professionale degli insegnanti nelle scuole, partendo però dalla prima importante fase della formazione iniziale e del reclutamento per arrivare alla definizione di un nuovo stato giuridico, in modo da renderla finalmente idonea alle
necessità delle scuole autonome, imperniate sulla responsabilizzazione dei processi didattici e dei relativi risultati, per invertire finalmente la tendenza che oggi vede il sistema istruzione italiano come fanalino di coda nella UE. Noi riteniamo che sia questa la più importante “riforma strutturale” che la Scuola italiana attende ormai da troppi anni, e a cui finora non si è mai messo mano. Diversamente, a nulla porteranno i tentativi rigoristi e i tagli lineari che hanno avuto e avranno l’effetto di minare sempre più l’efficienza del sistema.
Del resto non sarà un caso che il presidente Obama punti a vincere la sfida della competizione globale partendo dalla Scuola e a questo scopo abbia cercato nuovi fondi al Congresso, e che definisca gli insegnati come nation builder.
E’necessario, quindi, ripartire dagli insegnanti, modificando alla radice tutta la lunga serie di ostacoli, connivenze, alleanze tra la politica e gli attori della conservazione a tutti i livelli, a partire dalla organizzazioni sindacali, che finora hanno ostacolato, per interessi di parte o per una assenza di progettualità educativa, la necessaria innovazione, la valorizzazione della professione e dei migliori, attraverso una valutazione del Sistema, anche quando è prevista da norme di legge.
Per modificare radicalmente le politiche scolastiche in tal senso occorrerà coraggio e determinazione, mettendo subito in campo una nuova questione di metodo consistente nel partire da una visione della scuola non partisan, ma rivolta al bene comune, indipendentemente dall’orientamento politico delle maggioranze di governo, nella convinzione che se la Scuola va a picco va a picco anche il Paese.
L’Autonomia va finalmente attuata
Partendo dalla considerazione che l’Autonomia è la prospettiva da cui partono tutte le riforme ordinamentali proposte negli ultimi venti anni ed è la vera Riforma perché deve cambiare in modo concreto il modo di fare scuola, quindi incidere in modo sostanziale sui risultati degli apprendimenti, la questione docente attende almeno dal 2000, anno in cui è entrata in vigore la riforma costituzionale che conferisce Autonomia funzionale alle scuole.
Infatti, com’è avvenuto in tutti i settori del Pubblico impiego, le riforme di tipo strutturale hanno sempre portato ad una revisione dello Stato giuridico del personale.
Non si pensi che questa sia una rivendicazione meramente sindacale, perché essa è funzionalmente utile alle scuole. Chiunque “opera” attivamente nella scuola, dirigente o docente che sia, sa benissimo che per gestire le nuove complessità previste dall’autonomia e dalle riforme, come ad esempio, la Valutazione e l’Autovalutazione d’istituto, la progettazione dei curricoli, necessarie per raggiungere la Qualità auspicata, occorrono ruoli funzionali di coordinamento a cui si associno responsabilità delle decisioni: nuove figure professionali dei docenti con una preparazione specifica.
E’pertanto divenuto indifferibile che Governo e Parlamento legifichino su un nuovo Stato giuridico degli insegnanti che realizzi il passaggio da una figura di docente oggi ancora monadica e appiattita a quella di un professionista nuovo con nuove responsabilità.
Un nuovo inquadramento professionale, quindi, basato su un virtuoso intreccio tra merito e funzione, che può essere garantito solo dalla costruzione di uno sviluppo di carriera professionale, come avviene in tutte le professioni. In Europa, del resto, il merito equivale a fascia professionale differenziata, legata allo svolgimento di funzioni più complesse.
Il ritardo del nostro paese verso un’armonizzazione con il resto d’Europa in termini di costruzione dei requisiti del docente professionista, del resto ha radici lontane: la Raccomandazione dell’UNESCO poneva, già nel lontano ’66, il problema di “individuare i requisiti per una professionalizzazione degli insegnanti” , il Consiglio Europeo di Barcellona nel 2002 fissava l’obiettivo di ” ridurre gli ostacoli normativi al riconoscimento professionale degli insegnanti al fine di promuoverne una dimensione europea” entro il 2010, data ampiamente superata. Noi riteniamo che si possano ascrivere anche a questo ritardo i nostri deludenti
risultati nei confronti internazionali.
La revisione del ruolo e del profilo professionale degli insegnanti è l’ormai troppo atteso corollario della Prima Riforma Bassanini (L. 59 del ’97) della Pubblica amministrazione che ha introdotto anche l’Autonomia delle istituzioni scolastiche.
Si tratta di un cambiamento sostanziale, già affrontato da decenni nei Paesi OCSE con le migliori performances in termini d’apprendimenti, che vede il passaggio da un modello centralista in cui le scuole sono rigide esecutrici di programmi e procedure a uno in cui esse stesse diventano propositive della propria “identità culturale e formativa” attraverso la costruzione di curricoli flessibili e un deciso orientamento ai risultati, e poi vengono valutate, ma anche supportate, sulla loro capacità di farlo. Per far questo occorrono insegnanti con un profilo professionale sostanzialmente diverso e più articolato dell’attuale. Lo stato giuridico dei docenti risalente a circa trentacinque anni fa, un’eternità per i profondi mutamenti legislativi
intervenuti nel frattempo, è legato al vecchio modello centralista pre-autonomista dell’organizzazione scolastica. E’ quindi improcrastinabile costruire giuridicamente una figura di docente professionista che si realizza in un’azione professionale collettiva, che per essere efficace ha bisogno di ruoli professionali diversificati e formalizzati cui attribuire le responsabilità complesse della scuola autonoma. Tra i ruoli prioritari e coerenti con il progetto autonomista vi è quello che riveste su di sé l’insieme delle diverse competenze che
portano all’esercizio di un orientamento efficace degli studenti nella costruzione del loro curricolo scolastico. Solo un potenziamento della flessibilità didattica, prevista dall’autonomia e dalla recente Riforma della Secondaria Superiore, può, infatti, rendere più appetibile la scuola e contribuire a risolvere quello che per il nostro Paese è uno dei principali problemi: l’alto tasso d’abbandoni, il rilevante numero di debiti scolastici e gli scarsissimi risultati nelle pagelle internazionali (OCSE-PISA 2009).
Come per i dirigenti, questo ripensamento dei profili professionali spetta al Parlamento, che però da ben quattro legislature non è stato in grado di trovare una soluzione. E’ doveroso sottolineare l’urgenza di rendere più efficace l’azione delle scuole per recuperare posizioni rispetto alle nostre deludenti performaces internazionali e mostrare finalmente che anche il nostro Paese non ignora quello che gli altri Paesi europei hanno capito, e cioè che per ogni qualificazione più elevata raggiunta ci sarà un ritorno in termini di crescita economica, come previsto dal programma Lisbona 2020.
E’appena il caso di ricordare che 100 punti nella graduatoria degli apprendimenti OCSE-PISA equivalgono ad un 2% di Pil in più.
Innovare in questo senso contribuirà a raggiungere anche altri due risultati:
· Rimotivare la categoria degli insegnanti profondamente in crisi, appiattita su posizioni impiegatizie anziché di professionismo responsabile perché priva di prospettive di carriera professionale.
· Rendere la professione docente una scelta nuovamente appetibile per i giovani più preparati (estremamente preoccupante a questo proposito la drammatica penuria di laureati scientifici che decidono di intraprendere la carriera docente).
9 PUNTI per il Nuovo Parlamento
1. Potenziare e sostenere tutte le prerogative di tipo giuridico-organizzativo che realizzano l’Autonomia didattica, organizzativa e finanziaria degli istituti abbandonando la strada di un centralismo statale che non paga perché non è in grado di garantire equità; si deve assolutamente superare il tabù ideologico per cui spaventa l’allentamento del controllo dello Stato attraverso una definizione dall’alto dell’organizzazione delle comunità scolastiche a favore della potestà delle scuole di definire la propria organizzazione da impostare su autonomi Statuti e con principi definiti per legge, ma curvata sui propri specifici bisogni.
2. Costruire una leadership professionale dei docenti in grado di guidare il cambiamento attraverso l’individuazione e la definizione di ruoli professionali definiti, legati alle funzioni più complesse proprie della scuola autonoma e, attraverso questa leadership, far transitare competenze che altrimenti, legate al solo individuo-insegnante, si disperderebbero non divenendo patrimonio della scuola;
3. Definire per legge un nuovo stato giuridico degli insegnanti (art. 97 della Carta costituzionale) che preveda livelli di carriera (7-8-9) da conseguire a domanda e su contingenti programmati, sia attraverso una formazione in servizio universitaria sia con una valutazione per merito, dei titoli e delle competenze professionali acquisite, da realizzarsi con un moderno sistema in grado di valorizzare le risorse umane e la
costituzione di Albi professionali regionali;
4. Realizzare per legge un’area di contrattazione specifica per gli insegnanti, nell’ambito del comparto scuola, analogamente a come avviene per tutti gli altri laureati del Pubblico Impiego, per valorizzare la professione docente e sottrarla all’appiattimento sul restante personale,cui i sindacati l’hanno confinata. Da questo discenderebbe, inoltre e finalmente, un’equa rappresentanza nelle RSU che oggi sono incongruamente unitarie;
5. Portare rapidamente a compimento la riforma degli Organi collegiali di governo della scuola, risalenti ormai a trenta anni fa, attraverso una normativa coerente con le innovazioni introdotte dall’autonomia e con i nuovi ordinamenti della scuola, snodo centrale per l’autogoverno e il buon funzionamento delle scuole, il cui testo di legge in discussione alla Camera da diversi anni, ha tra l’altro raggiunto l’accordo tra tutte le
forze politiche che sostenevano il governo uscente.
6. Ridimensionare e ridefinire il ruolo delle RSU d’istituto e degli organi della scuola. Nella scuola italiana, in luogo di un auspicato quanto necessario inquadramento dei docenti in una dimensione professionale, come ipotizzato in Europa con “strumenti” propri dei professionisti, si sono spinti invece verso una sindacalizzazione esasperata, contrapponendo rappresentanze sindacali unitarie (RSU) che trattano materie che spesso sono di competenza degli organi professionali della scuola. Con il risultato che
questa espropriazione riduce sempre più l’autorevolezza dei docenti come corpo professionale e dei loro già obsoleti organismi collegiali di rappresentanza;
7. Risolvere una delle anomalie italiane: quella di una rappresentanza professionale degli insegnanti, praticamente inesistente nel nostro Paese, perché impropriamente assorbita in tutte le sue funzioni dai sindacati di comparto.
L’associazionismo professionale dovrà trovare la sua collocazione in spazi istituzionali di consultazione e di ascolto, relativamente a tutte quelle materie di politica scolastica che riguardano la professione, sulla via indicata dalla costituzione del Forum nazionale delle associazioni professionali dei docenti e dirigenti, istituito presso il M.I.U.R.
8. Dare attuazione, con urgenza, in tutte le sedi universitarie al percorso di formazione iniziale specifica degli insegnanti in ambito universitario, varato con il Regolamento nel settembre 2010, poiché al momento ci troviamo in una situazione di vuoto legislativo in materia di formazione e reclutamento degli insegnanti dopo
l’abrogazione delle SSIS avvenuta nel 2008, ad opera del Ministro Gelmini. Poiché siamo convinti che un insegnante di qualità non può che costruirsi dalle origini, riteniamo che sia necessario abbandonare in futuro, per il suo reclutamento, le prassi tipiche del nostro paese: la via concorsuale riservata e ope legis, il criterio della priorità cronologica e le periodiche sanatorie.
9. Costruire, finalmente un Sistema nazionale di Valutazione che sia prima di tutto di supporto ai docenti, ai dirigenti e alle scuole e che, in un confronto virtuoso tra i diversi sistemi d’istruzione, sia nazionali che internazionali, possa fornire ai decisori politici elementi “obiettivi e scientifici” su cui orientare le scelte di politica scolastica.
Va portato a compimento e attuato quanto proposto dal Ministro Profumo nella bozza di Regolamento, che da avvio in forma graduale ad una verifica esterna delle scuole su oggetti “strategici” e non solo le prove Invalsi. Deve essere valorizzare la prima fase sull’autovalutazione, che noi abbiamo da sempre sostenuto, perché riteniamo essere l’elemento di partenza per un cambiamento di “cultura” sulla Valutazione da parte degli insegnanti.
Gennaio 2013
A.P.E.F.
Associazione Professionale Europea Formazione
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Costituita il 06/12/2000 dal Prof. Sandro Gigliotti – Reg.ta il 12/12/2000 presso il Registro delle Persone Giur. del Trib. di TIVOLI,
n°1874, Serie 1, (Rep. n° 11253, Raccolta n°3294 e suc. modifiche)