Guerra aperta alla scuola – di Pietro Trematore
27 Novembre 2012Senza scuola non c’è futuro, senza insegnanti non c’è scuola –…
27 Novembre 2012Qualcuno di noi pensava che la sortita delle 24 ore del Ministro Profumo, appena rientrata, sarebbe prima o poi riuscita fuori, stante i luoghi comuni radicatissimi sugli insegnanti. Magari il prossimo anno.
Francamente però non ci aspettavamo tanta tempestività da parte del governo, oltretutto in evidente spregio al lavoro del Parlamento che ha unanimemente cassato l’aumento dell’orario di lezione frontale degli insegnanti nel Ddl di Stabilità.
Occorre però una riflessione sulle priorità da opporre per scardinare questi luoghi comuni che altrimenti si ripresenteranno periodicamente, puntuali come le tasse.
Il Professor Monti, infatti, si è esibito in tv in una disinvolta diagnosi dedicata ai malanni e alle storture dell’Istruzione in Italia. “In alcune sfere del personale della scuola c’è grande conservatorismo” ha affermato. Chi mai potrebbe negare una affermazione tanto ovvia quanto generica? Magari estendendola anche fuori dai recinti dell’Istruzione, naturalmente.
Poi, forse per uscire da questa nebulosa genericità, ha proseguito lanciandosi in una esemplificazione un po’
spericolata e non consueta per il personaggio: “tale conservatorismo “- ha proseguito – si è rivelato al mondo
quando gli insegnanti hanno mostrato “indisponibilità a fare anche due ore in più alla settimana, che
avrebbero permesso di aumentare la produttività” . A parità di stipendio naturalmente.
Ha esplicitato, unendo considerazioni da imprenditore “manchesteriano” del primo capitalismo ad una
esercitazione elementare di contabilità spicciola – se per la stessa cifra il salariato rimane sul tornio due ore
in più alla settimana, la produttività di quel lavoratore aumenta. Alleluja! – un pensiero condiviso da molti: gli
insegnanti – quelli italiani – lavorano poco. Sono quindi dei privilegiati. Anzi sono i più privilegiati tra i pubblici
dipendenti. Coerentemente solo a loro il governo aveva chiesto di lavorare di più a parità di stipendio.
La improvvida e singolarmente non corretta affermazione del Presidente – le ore di lezione frontale
aggiuntive e gratuite richieste agli insegnanti erano 6 alla settimana e non 2 – può essere figlia di un
momentaneo abbassamento dei freni inibitori, di una “voce dal sen fuggita” in uno studio televisivo, oppure
dalla stanchezza provocata dall’attivismo che l’alto incarico esige…
Certamente l’intimo pensiero del Presidente Monti è uno dei tanti risvolti amari del sindacalismo
scolastico italiano di stampo operaio ed impiegatizio, il più potente d’Europa, che ha trasformato ad hoc
l’antico slogan per cui l’unione fa la forza” in un contratto unico che vede assemblati insieme insegnanti,
personale di segreteria, bidelli etc. Tutti “operatori scolastici” quindi: todos caball’eros in una non veritiera
sorta di egualitarismo ideologico delle funzioni.
Nella scuola conseguentemente non ci sono che “operai non specializzati” (unskilled per il professor
Monti): per tutti la produttività si misura, all’ingrosso, nelle ore passate in torneria, a fare buchi nel metallo.
I nostri “buchi” al tornio? Le lezioni frontali naturalmente. Troppo pochi quei “buchi” , evidentemente, per i
professori del governo.
Ma se si accetta tale logica la conclusione è inevitabile: o si fanno più ore frontali – i bidelli ne fanno
già “troppe” – o si e’ più presenti a scuola, magari a imitazione dell’orario impiegatizio. Molti insegnanti si
dicono d’accordo su tale seconda ipotesi: meglio passare 30-36 ore a scuola-tutto compreso – piuttosto
che… passare per lavativi agli occhi dei benpensanti.
L’alternativa a questo sentire collettivo, che come uno schiacciassasi stritola la “professione docente” , è una
sola: la serena accettazione che, anche a scuola, non siamo tutti, necessariamente, “eguali” . Che la
specializzazione, la professionalità, la necessità di una carriera e il merito, in definitiva non sono una mera
rivendicazione ideologica ma una semplice constatazione, serena, quasi ovvia: la differenza tra una
dimensione “professionale” , con annessa formazione di tipo superiore, laurea, abilitazione, specializzazione e
formazione continua e una dimensione impiegatizia. Con tutti gli oneri e onori connessi.
Con ciò qualcuno sul campo, potrebbe guadagnarsi, continuando nel paragone precedente, gli ambiti
galloni di “operaio specializzato” che oltre a fare buchi, sa anche assemblare ad arte i pezzi di un puzzle
complesso, quello della conoscenza.
Da ciò stipendi e orari diversi e contrattualmente separati da quelli di bidelli, amministrativi etc. Perché,
pacatamente, facciamo un altro mestiere. E, spesso, lo facciamo bene!
Un ultima considerazione: perché i presidi hanno un contratto separato pur potendo rientrare nell’abusato
schema degli “operatori scolastici” sostenuto da sindacati &C? Semplicemente perché svolgono una attività
diversa da quella della “manovalanza” fatta da bidelli e insegnanti.
E questa diversita e’ stata riconosciuta contrattualmente.
Con buona pace dell'” unione fa la forza” e di simili, superate amenità.
Roma, 27 novembre 2012 APEF