Uomo
27 Gennaio 2019Storia dell’Ottocento
27 Gennaio 2019
Come abbiamo detto la foresta è una miniera di materie prime per fabbricare moltissime cose, ma nel Medioevo il suo sfruttamento (fortunatamente!) non era così intenso e distruttivo come è diventato oggi in generale, pensando come esempio negativo a quel che accade nella foresta del Mato Grosso. Almeno molta parte della foresta europea si è conservata, ma moltissima altra scomparve per ricavarne terreno da coltivare! L’idea che si andava affermando in quegli anni di fervore cristiano, appoggiata dalle dichiarazioni dei molti santi (perlopiù irlandesi) dell’alto Medioevo, era che nella foresta si nascondessero il paganesimo e i suoi sacerdoti diabolici per cui, solo distruggendola, si potevano eliminare i templi del demonio e dei suoi servi. Inoltre aumentando il terreno da coltivare si offriva la possibilità a sempre più numerose persone di trovare una vita cristiana lavorando la terra e guadagnandosi il paradiso col sudore della fronte e, soprattutto, legando la gente al posto dove lavorava. Detto con le parole di un grande studioso, Roland Bechmann:
Distruggere la foresta fu per la Chiesa una soluzione per eliminare questi rifugi agli spiriti maligni, questo nido di superstizioni diaboliche e di pratiche di stregoneria. Allo stesso tempo si allargava lo spazio coltivabile e si aumentava la produzione dei prodotti di sussistenza e si affrontavano i problemi di una popolazione in aumento.”
Nonostante la sistematica distruzione, che rimanesse pure qualche lembo di bosco per la caccia dei cavalieri nobili e per l’indispensabile raccolta di qualche prodotto fondamentale per la vita economica! Allo stesso tempo, che tutto fosse sotto controllo, parcellizzato e santificato!
La deforestazione dunque sinstaurò come atto santo cristiano e addirittura dopo ogni grande carestia si intensificò perché, si fece notare, queste calamità erano dovute proprio alla mancanza di terreno da coltivare! Nell’Europa Occidentale essendosi il Papa con la sua Chiesa affermato come un’autorità molto forte con politiche ecumeniche” (specialmente quando erano in gioco il rafforzamento e l’espansione della Chiesa stessa e il pericolo dello scisma e dellerezia) persino in stati indipendenti che non appartenevano alla giurisdizione ecclesiastica diretta, l’indicazione riguardante la foresta fu intesa come l’obbligo morale cristiano di ogni signore, di ogni re e perciò seguita e approvata. Per fortuna (dobbiamo dirlo!) nell’Europa settentrionale e nordorientale dove il Cristianesimo non si era ancora ben affermato fino al X-XII sec., tale piano di intenso disboscamento non fu attuato e il Bassopiano Sarmatico dall’Elba agli Urali con le sue estensioni di fitta foresta rimase momentaneamente intatto!
Non solo! Quando la domanda per i prodotti silvicoli andò aumentando nei secoli X-XIII sec. in Occidente, la foresta nordica diventò l’unica risorsa delle indispensabili materie prime e la dinastia di Rjurik fondò la propria esistenza economica e politica durata fino alla morte di Giovanni il Terribile esclusivamente sul traffico di ciò che si ricavava da questa immensa risorsa naturale! Si capisce dunque che la protezione di questo ambiente si trasformò in interesse primario per la Rus di Kiev. Già iniziò simbolicamente con Olga di Kiev a metà del X sec. quando costei riservò a suo uso personale alcune zone forestate del nord. Naturalmente lo sfruttamento restò a disposizione di tutti coloro che vivevano intorno alla foresta con quasi nessuna limitazione giuridica purché lo smierd e i suoi continuassero a raccogliere non solo ciò che serviva loro per la propria economia di villaggio, ma anche per produrre prodotti e semifiniti da passare come tributo. A quei tempi inoltre, non esistendo alcun contratto sociale definito con lélite al potere del tipo dell’obbligo di assistenza sanitaria o economica verso i sudditi, alla foresta era affidato un ulteriore compito: quello letterale di rappresentare per lo smierd, persino e soprattutto, il luogo dove trovare la soluzione a tutti i tipi di problemi quotidiani! Vediamo di capir meglio quest’ultima affermazione giacché essa si è conservata fino ad oggi attraverso la mitologia slavo-orientale come è stata ricostruita dai ricercatori russi più specializzati.
Fra gli alberi abitano esseri dai poteri soprannaturali che regolano il mondo per conto del Creatore e dunque, se c’è un evento è possibile contrastarlo o evitarlo con il loro intervento oppure, alla stessa maniera, è persino possibile provocarli perché avvenga qualcosa che desideriamo. Abbiamo già detto che il tempio degli dèi slavi è qui fra gli alberi e dunque la mediazione del volhv per alcuni problemi della vita è indispensabile, ma in altri casi ci si può anche arrangiare da soli. Ma di quali problemi stiamo parlando? Un malanno fisico? Un disagio psichico? Un problema economico? E davvero è possibile trovare soluzioni efficaci vagando fra gli alberi?
Sicuramente lo smierd si trovava ad affrontare problemi personali di varia natura ogni giorno della sua vita, ma come membro di una grande famiglia trovava sempre assistenza e aiuto concreti da parte di tutti gli altri membri e non sempre era necessario ricorrere alla preghiera e ai sacrifici per chiedere l’intervento delle forze divine. Inoltre tutti sanno che l’infinita provvidenza del Creatore dell’Universo in caso di crisi aveva formato animali e piante proprio per servire alluopo! Ma come fare a riconoscere la pianta o l’animale giusto? E qui sinnestava la secolare esperienza che gli antenati avevano accumulato e che avevano tramandato di uomo in uomo e di donna in donna nella grande famiglia slava. Bastava chiedere alle persone che sapevano” ed esse vi avrebbero aiutato a trovare la pianta o l’animale destinati a voi.
Cerano però delle regole da rispettare. La foresta è viva e noi non abbiamo il diritto di uccidere i suoi abitanti per nostro piacere, ma solo se debitamente autorizzati”! Questo sì! Ad esempio, l’uomo nella selva è un ospite in casa d’altri e quindi deve sempre chiedere il permesso al Lescii, lo spirito che la governa. Occorre quindi chiedere aiuto agli esseri della foresta nei casi giusti ed essi, se implorati nel modo corretto, si presteranno volentieri a sacrificarsi al posto nostro, siano piante siano animali, perché sanno che anche noi faremmo lo stesso per loro. Ne segue che è inutile affaticarsi a cercare piante e animali con insistenza perché ce ne potrebbe cogliere male in quanto molte sono le forze maligne che stanno a guardarci e quando siamo nel dubbio sono pronte a ridurci in loro ostaggi (zalòzhniki). E bene quindi aver pazienza e quanto serve comparirà davanti a noi senza neppur fare un gesto. Evitare lingordigia è importante, accumulare riserve è ingiusto e bisogna lasciare sempre agli abitanti della foresta una parte di quello che si consuma, scusandosi con loro se è troppo poco o se abbiamo preso troppo.
Ecco! Questo è il tipo di comportamento che lo smierd mantiene di fronte alla sua” foresta. Dio sarà pure il creatore di tutto questo, ma deve mantenere l’uomo in vita bene, se vuole essere servito da lui a dovere (in russo si diceva in questo caso, più che servire, nutrire gli dèi ossia kormit)!
Nella concezione mitologica, all’uomo erano assegnati dalla nascita un certo numero di anni da vivere (rok) trascorsi i quali si passava ad un altro tipo di vita quella del mondo dei morti. Osservando la natura, in cui ogni anno il rito alterno delle morti e delle nascite si ripeteva fedelmente senza grandi cambiamenti, non cera ragione per non credere che non dovesse accadere lo stesso agli uomini. Durante il periodo attivo” della vita però capitavano imprevisti che potevano abbreviare o allungare, danneggiare o deviare il rok personale. Se il corpo umano era costruito più o meno come quello degli altri animali, doveva funzionare regolarmente per il tempo assegnato e, solo quando una forza maligna penetrava all’interno, si scombussolava il meccanismo ed ecco dolori, malattie, disagi psichici e simili. Non la morte! Questa comunque arrivava per consumazione o vecchiaia, purché non prima del previsto e nei modi ammessi! Morire prima o vivere troppo, questo era l’imprevisto! E l’imprevisto
solitamente era provocato dalla capricciosa intromissione di forze invisibili nel corpo vivo e dove il Creatore non interveniva, se non dovutamente implorato e pregato dall’uomo colpito.
La ricerca del benessere fisico e psichico (se è possibile fare tale distinzione!) è un bisogno naturale e diffuso, come tutti sappiamo! Anche qui però vale l’osservazione degli animali nostri simili. Certo! Gli animali subiscono talvolta, ma rarissimamente a quanto pare, disagi fisici, ma poi in breve tempo ritornano come prima dopo essersi aggirati nella foresta ed aver ingurgitato qualche sostanza che ridona loro la vita! Qualche esempio? Tutti coloro che hanno in casa un gatto sanno benissimo che ogni tanto questo piccolo dolce carnivoro ha bisogno di cercare la cosiddetta erba gattaia. Questa erba ha effetti vomici che al gatto serve per rigurgitare i peli che ha accumulato nello stomaco a causa delle varie pulizie” con le leccate periodiche che fa sulla propria pelliccia. E evidente che ha un disagio e deve liberarsene e lo fa ricorrendo ad una pianta. Ancora! Qualsiasi pescatore sa che se mette sul suo amo una certa esca pescherà un certo pesce e se invece ne metterà un’altra pescherà altri pesci. E così via. Insomma, per farla breve, se gli animali sanno tenersi in forma con quello che la natura offre loro, se hanno i loro gusti quanto al cibo che trovano esplorando, così gli uomini, non molto diversi, possono scoprire nell’ambiente ciò che serve in tutti i casi particolari di bisogno o di necessità.
Dunque nella foresta c’è il rimedio a tutto!
Ciò che metteva in ansia lo smierd però non era il malanno o il guaio in sé, ma il non poterlo prevedere o il non aver colto i segni che ne indicavano lapprossimarsi! Ogni qual volta era possibile prevedere e premunirsi, l’uomo viveva meglio come è ancora oggi! Cera dunque tutto un apparato di rituali scaturiti dalla conoscenza degli antenati, che abbiamo già in parte esaminato, da eseguire a scopo scaramantico e per prevenire il futuro oscuro.
Interi libri di scongiuri per qualsiasi caso della vita sono stati raccolti, numerosi amuleti, specialmente di pietre semipreziose (la magica ambra!), sono stati classificati e vari luoghi sacri” (i crocicchi specialmente) sono stati individuati e descritti e tutto questo materiale è così minuzioso e preciso che è impossibile immaginare che lo smierd fosse senza difesa, benché non avesse né le medicine né gli specialisti di cui noi oggi (a pagamento!) disponiamo! Quanto poi questa difesa fosse efficace, questo rimarrà per noi un mistero
Oggi comunque non è cambiato molto negli uomini davanti alle forze della natura e persino i mezzi materiali sono ancora gli stessi. Dopo un secolo di intense ricerche chimiche e fisiche ci siamo accorti che le molecole che noi fabbrichiamo nelle nostre industrie farmaceutiche per curare o lenire tutta un’infinità di malanni e disagi, siano essi provocati dal modo di vivere siano essi inventati per ragioni di economia o di pubblicità, cominciano a costarci troppo in inquinamento e in risorse sprecate. Ci siamo accorti che varrebbe forse la pena di cercare quelle stesse molecole nelle piante ed estrarle da esse o dal mare o dagli animali senza sprecare energia e vite umane in inutili e complicati procedimenti artificiali. Perché non utilizzare le delicate fabbriche, sperimentate da milioni di anni di equilibrio biologico che sono sotto i nostri occhi sotto forma di erbe e di animali piccoli e grandi? E non è già questo che si comincia a fare con la bioagricoltura? E invece, abbagliati da superficie lucide a specchio, da scintillii e showroom, continuiamo ad eliminare erbe e fiori, insetti e animali come se fossero un qualcosa in più nel mondo abitato! Non stiamo auspicando un ritorno al tempo antico o un regresso tecnologico! No! Crediamo che sia giunto il momento di riflessione per organizzare meglio il nostro pianeta senza trasformarlo ulteriormente in una parte dei nostri rifiuti irriciclabili, altrimenti fra non molto non troveremo più posto neanche per noi stessi! Nel fondo del Paganesimo slavo e nelle tradizioni conservatesi in questa parte d’Europa si legge proprio questo desiderio umile di mantenere un equilibrio con il resto della natura al di là di chi l’avesse creata, un dio cristiano o un dio pagano
E tempo ora di entrare fra gli alberi e di cercare quanto serve.
Abbiamo già dato una rapida occhiata alle tante piante che oggi, magari, non s’apremmo neppur riconoscere e che tornavano invece utili allo smierd. Ci ripromettiamo così di continuare il nostro viaggio per vedere come, oltre al cibo, la foresta forniva tutta una serie di altre sostanze che in modi diversi potevano dare felicità e liberare da disagi. Tuttavia, come abbiamo sempre ribadito, non è possibile strappare unerba, un fiore, una bacca senza il consenso del suo spirito protettore e la raccolta non è mai una semplice operazione di routine, ma un rito sacro che non può essere eseguita semplicemente da chiunque in qualsiasi momento libero come faremmo noi oggi con l’attuale ignoranza del mondo vegetale! Solo se ci mettiamo in quest’ottica, possiamo cominciare l’avventura dal più straordinario e dal più sacro degli esseri viventi, la Quercia!
Se mai vi capiterà di trovarvi davanti ad una quercia viva con un’età di qualche secolo, ne rimarrete di certo folgorati poiché lo spettacolo è indescrivibile quanto a grandiosità. Si è di fronte ad un albero di altezza impensabile (fino a 50 m!) che domina su tutta una vasta zona da solo poiché intorno raramente crescono altre piante. Solo alcune specie di funghi crescono alla base del tronco! Ciò è dovuto alla secrezione di sostanze inaccettabili al metabolismo di moltissime specie vegetali del sottobosco o di altri alberi che la quercia immette nel terreno dalle proprie profonde radici. La chioma inoltre incombe enorme e con le sue grandi foglie lobate e copre tutto il cielo sopra di noi. Se non sapessimo che quest’albero, quantunque grandioso ed alto, ha comunque una cima, penseremmo che esso davvero raggiunga le nuvole. Mettetevi nei panni di uno smierd che si muove sempre in piano e non ha mai occasione di dare unocchiata al paesaggio da un’altezza da cui poter ammirare il suo inferno verde! Potrebbe immaginare tranquillamente che una quercia raggiunge la dimora degli dèi! Tocca il cielo!
Se poi avrete l’occasione di recarvi sul Dnepr, nei dintorni di Zaporozhe (l’ultima grande cataratta prima di arrivare al Mar Nero) a sud di Kiev c’è un isola chiamata Hortiza, famosa anche perché era una base dei famosi Cosacchi del Don. Visitatela perché qui esiste una quercia davvero enorme. La chioma ha un diametro di poco meno di 50 m e il tronco di base ha una circonferenza di oltre 6 m. A quanto pare ha oltre 600 anni e si dice che alla sua ombra si riposasse l’eroe cosacco nazionale ucraino Bogdan Hmelnizki. E non è la sola in Europa con tale veneranda età! Roland Bechmann ne nomina qualcuna per le foreste di Francia ed ultimamente è stato pubblicato un atlante delle querce annose tedesche!
Insomma stiamo parlando della regina (o del re, in russo è maschile dub!) degli alberi della selva. Giustamente la denominazione latina contiene la parola che significa forza (ossia Quercus robur) proprio perché, finché l’uomo non ebbe gli arnesi adatti, una quercia era difficilissima, se non impossibile, da abbattere. Per di più il fatto che la vita di un uomo non riuscisse a vederla morire insinuò l’idea che l’albero fosse eterno e che il fulmine levitasse. E che dire dei frutti, delle ghiande? Suscitavano l’idea del maschio, del dominatore, della potenza dell’uomo rispetto alla donna debole e coatta. In latino il nome per glande umano è uguale a ghianda e così in russo e in tedesco per la grande somiglianza fra frutto e parte superiore del fallo! Insomma, quest’albero, una volta diffusissimo nelle foreste europee, con la sua dissacrazione imposta dal Cristianesimo (vedi il Paganesimo druidico!) e con l’uso delle asce di ferro a poco a poco si ridusse di numero e moltissimi individui furono abbattuti e ridotti a materiale da costruzione. La toponimica europea malgrado ciò ne conservò il ricordo ed è piena di nomi che ancor oggi ricordano la sua presenza. Forse più di altri è così nell’area slava dove la città di Dubrovnik (chiamata dai Veneziani, Ragusa) ne è l’esempio più clamoroso! Nella Pianura Russa poi i nomi che ricordano la quercia sono parecchie centinaia e molti di essi sicuramente si rifanno alla presenza dei piccoli querceti sacri (dubràva) dove il volhv celebrava i riti pagani fino a qualche secolo fa in onore di Perun e della sua paredra.
Abbiamo già nominato questo dio slavo-baltico. Aggiungiamo che lo ritroviamo nel polacco Piorun, nello slovacco Perom e addirittura in Pargianja nella mitologia vedica e Fjorgyn in norreno e, se ci è permesso azzardare un’ipotesi, potrebbe essere persino identificato con Quirinus (dal latino *quir-c– per quercia), il dio cittadino di Roma. I Celti davano alla foresta della Gallia lungo il Reno il nome di Hercynia Silva (come ci informa Cesare) in cui si nasconde la stessa radice *hercu– di quercia per la grande diffusione di questo albero sacro!
Una cosa però non è certa: Che Perun fosse da sempre in cima allolimpo slavo! Dai documenti ci risulta al contrario che questo dio fu elevato a tale preminenza da Vladimiro e che anteriormente ogni clan o tribù aveva i suoi dèi particolari fra i quali Perun era assente! Ad onor del vero fra gli Slavi Occidentali il dio supremo è un altro. Ha nome Svantevit/Svjatovit. Tuttavia Perun viene già nominato al tempo di Igor e di Oleg, ma dicono le Cronache Russe che nell’anno 980: (Vladimiro) si mise a governare da solo a Kiev e pose i kumiry (i simulacri divini) sulla collina vicina allo spiazzo davanti al suo terem: Perun di legno (di quercia, naturalmente!) con una testa (ricoperta) d’argento e con i baffi doro” con evidente atto di devozione in quanto il dio lo aveva protetto fino a quel momento e che quindi, da vincitore, ora Vladimiro lo imponeva quale dio maggiore di ogni altro preesistente!
Dunque la quercia e il suo legno sono sacri e non possono essere destinati ad altri usi se non quelli in cui si onora il dio che abita” la pianta. Attenzione! Ciò non significa che proprio per ragioni sacre non possano essere abbattute delle querce per elevare costruzioni sacre, come le fortificazioni. E non solo! Il porco è ghiotto di ghiande e quindi il suo posto preferito nella tarda estate, prima che la sua padrona lo richiami dalla foresta, è proprio sotto le querce dove la scrofa addirittura si accoppiava con il cinghiale. Pure in questo si può riconoscere una sacralità e un legame di questo animale con Perun E anche chiaro perché, ancora oggi in Bielorussia, all’ospite gradito e onorato venga offerto come piatto speciale il lardo di porco tagliato a dadini e fritto!
E che dire dell’orso? Anche lui è grande amante delle ghiande E non soltanto gli animali Le ghiande nel lontano passato venivano tostate e dalla farina che se ne otteneva si faceva un infuso che oggi possiamo raffrontare nel gusto al caffè, sebbene molto meno amaro di questo. Probabilmente anche questo consumo era ritualizzato e sacro
Le foglie di quercia poi, abbastanza grandi (fino a 20-25 cm), quando l’albero in autunno se ne spoglia parzialmente nel mese di Listopad, vengono raccolte con cura e servono ad avvolgere il karavai e dargli quella bella crosta bruna lucida di cui abbiamo già detto, a causa dellimbrunimento dei tannini esposti alla temperatura della pecka. La corteccia dell’albero poi coll’avanzare dell’età si fessura e si spacca e le sue schegge, raccolte e pestate, erano usate per conciar le pelli con l’azione dei tannini.
La quercia però non è il solo monumento vivente che si può trovare nella selva perché infatti ce né molti altri e altrettanto (sebbene un po meno) notevoli, ma che facevano molto comodo allo smierd. Di solito ogni regione ha i suoi alberi caratteristici ai quali la gente del luogo è affezionata e la Betulla è quello al quale i popoli della Pianura Russa sono legati di più, ma che i loro antenati considerarono indispensabile addirittura per la vita. Della nordica Betulla (berjòza in russo, Betula sp.) generazioni di slavi hanno goduto (e godono), delle sue proprietà e dei suoi prodotti utilissimi. Era così caratteristica che ha dato il nome a vari fiumi e laghetti, a cittadine e a villaggi del nord. In particolare è probabile che il Dnepr abbia preso il nome classico” del suo corso superiore, registrato nelle Storie di Erodoto come Boristhenes, proprio dalle betulle e cioè dal suo affluente Berezinà (fiume di betulle o qualcosa del genere) dove secoli dopo fu battuto Napoleone nella Campagna di Russia! La caratteristica più famosa è il colore della sua corteccia, bianco argentato! Non tutte le cortecce di Betulla sono però dello stesso colore e ce né anche specie con la corteccia nera, ma che non appartengono alla foresta europea.
Nella Pianura Russa se ne conoscono circa una cinquantina di specie e sottospecie e la più comune è quella che ha ricvevuto il nome di Betula alba sp. Lalbero è molto longevo e vi sono individui con oltre cento anni di età! Lo si trova nelle poesie e nei canti russi quando si descrive l’eleganza delle sue forme, il lungo e sottile tronco, la bianca e lucente corteccia che scintilla alla luce della luna. Soprattutto però lo smierd aveva un rapporto speciale con l’albero. Questo gli comunicava ogni giorno, attraverso l’aspetto della sua chioma e delle sue foglie, come stava andando il tempo! Era come un calendario delle stagioni poiché la Betulla ha degli abiti che muta non appena sente che sono cambiate temperatura, pressione dell’aria e umidità. Comincia dominare il colore dorato? Ormai l’inverno è vicino! Appare il verde? E arrivata la primavera! Per di più se il verde appare prima del solito lo smierd se ne rallegra perché vuol dire che l’estate sarà più calda
Riportiamo un vecchissimo indovinello russo sulla betulla che dice: C’è un albero che conosce quattro arti. La prima illuminare il mondo, la seconda far tacere il grido (v. più oltre su questa strana malattia medievale), la terza guarire i malati e la quarta mantenere la pulizia del corpo! E davvero la Betulla esaudisce tutte queste cose.
Col suo succo (la linfa, che si può tirar via in gran quantità dalle betulle destinate ad essere abbattute nel famoso rito del podsek e cioè del taglia-e-bruci), con gli infusi dalle sue foglie, con i suoi rami (veniki) usati per battere il corpo nudo nella banja per ravvivare la circolazione sanguigna e mantenere la pelle giovane. Con la primavera sale lungo il tronco il succo, il più prezioso dei suoi prodotti, che sgorga lentamente al taglio leggero sulla corteccia e si può raccoglierlo per berlo fresco o allungato con acqua e persino leggermente fermentato. Ha un sapore fra il dolce e il salato, ma è molto diuretico e perciò aiuta alla pulizia interna del sangue con lurinare frequente.
Sulle biforcazioni dei rametti giovani poi si formano delle verruche (borodòvki) gonfie di resina (djògot) che si usa come unguento medicinale e si usava (ma ancor oggi!) per guarire gli erpeti facciali! Usato sulla pelle delle donne, la ringiovanisce e tutti sanno che le ragazze, quando si devono preparare per la festa, in segreto vanno nel bosco dove ci sono betulle e si spalmano con questo balsamo (oppure col succo, detto pasok) per acquistare un bel colore rubizzo sulle guance. A maggio quando appaiono i suoi fiori è il tempo invece di raccogliere le foglie per gli infusi. I rami di betulla però si usano anche da bruciare nella pecka e i rametti più fini per far luce (la cosiddetta lucìna usata dalle tessitrici per illuminare il lavoro serale d’inverno!) per l’effetto del djògot sopra detto che brucia bene, lentamente e non fa fumo. E che dire della corteccia? Ottima come supporto per scrivere, la scorza di betulla (berjòsta) è rimasta importantissima nella storia russa per essere stata usata come carta da lettere fra il XI e il XIII sec. specialmente nella zona della coltissima Novgorod-la-Grande.
Ci siamo fermati su questi due alberi particolari, la Quercia e la Betulla, in quanto è probabilmente su di essi che si impernia il mito dell’albero universale della mitologia slava, centro della divisione dell’universo in Cielo, dove abitano gli dèi massimi, in Terra dove vivono gli uomini e il Mondo sotterraneo. Non sappiamo bene quanto queste divisioni fossero realmente presenti nella mente dello smierd e in quale di questi due alberi perciò non possiamo speculare oltre e rimandiamo il lettore alla letteratura specializzata.
Un altro albero della foresta che ci ha colpito è il Ginepro (russo buzinà, Juniperus communis sp.). Se lasciato crescere lentamente come avviene nei climi più freddi l’individuo può raggiungere l’altezza di 6 m dal suolo, se invece lo si lascia vivere nelle vicinanze delle case (terreno che la pianta preferisce per l’umidità e il calore) allora diventa un arbusto magico dalle proprietà misteriose ma utilissime: Probabilmente è la pianta dellOvinnik poiché dove c’è il Ginepro topi e sorci non si avvicinano!
Naturalmente è la donna dello smierd che conosce meglio tutte queste piante e quando il suo uomo la vede cuocere acqua e foglie, ha paura! Come mai? Qui c’è la storia del rapporto fra donna e fuoco, fra un essere impuro ed inferiore come lei e il purificatore per eccellenza. Come mai la donna è impura, pur essendo un essere similissimo all’uomo e destinata persino a riprodurlo nel proprio corpo? Non possiamo affermarlo con chiarezza poiché è un vecchissimo dibattito storiografico ancora senza una risposta da parte di etnografi e antropologi culturali, ma possiamo solo azzardare un’ipotesi funzionale”.
Per un certo periodo della sua vita la donna perde sangue ogni 28 giorni e, invece di morire per questo, rinnova la sua potenza creatrice che mette a disposizione dell’uomo per i prossimi giorni. Questo ciclo coincide con quello della luna e dunque l’una e donna devono essere in qualche modo legate. La luna però, al contrario del sole, non suscita paure poiché il suo ciclo è sempre uguale e senza interruzioni o variazioni, né da essa dipende la crescita delle piante e quindi la produzione del cibo, ergo è un dio (o una dea) di rango inferiore! L’universo però può esistere senza la luna? Certamente no! Altrimenti non esisterebbe la donna. Qual è la relazione della donna allora con il mondo della notte, del buio e del mistero? Forse la donna è la personificazione della luna?
Dalle ricerche di J. Frazer, di M. Eliade, di H. v. Glasenapp ed altri, alla donna è sempre impedito l’accesso ai recinti sacri dai diversi popoli del nord Europa e quindi non potrebbe essere diverso nel caso degli Slavi Orientali. Per questo nel kapiscce, dove il fuoco acceso dalla brace di un incendio generato dal fulmine arde in eterno in onore del suo dio vegliato dal volhv, le sacerdotesse molto probabilmente non erano previste. Tuttavia il fuoco può essere anche riprodotto in modo meno spettacolare e meno terribile (come è stato insegnato agli uomini da Perun stesso nella notte dei tempi, si racconta), sfregando due legni di quercia! Ma per farne cosa? Semplicemente perché nellizbà, nella casa dello smierd, il fuoco è importante. Arde nella pecka, ma vegliato dalla donna.
Nella mitologia slavo-orientale il dio del fuoco è Svarog, che abbiamo già incontrato, e il fuoco stesso è proprio Svarozhic suo figlio! Evidentemente con le sue arti sensuali, come la donna fa innamorare l’uomo così riesce ad ammaliare Svarozhic. Lo vezzeggia e lo corteggia, lo chiama Nonno Focherello! La notte lo mette a dormire coprendolo con la cenere con molta attenzione affinché nessuno lo disturbi all’interno della pecka e di giorno lo ravviva con legna nuova degli alberi che a lui” piacciono. E in più, visto che la donna è sempre vicino a lui evidentemente subisce la sua azione purificatrice e per questo acquisisce nuove abilità da Svarozhic usando le quali riesce a trasformare in cibo commestibile e bevande bevibili con piacere tutto ciò che le passa fra le mani che altrimenti non sarebbe ingeribile! Il fuoco perciò non solo distrugge, ma purifica e rende qualsiasi cosa con la sua forza un vapore talmente fino che riesce a salire fino al cielo.
Proprio a questa sua proprietà purificatrice e divinizzante è legata la cerimonia, che si conservò per molto tempo anche dopo l’introduzione del Cristianesimo, di bruciare i morti con il corredo dei loro arnesi e con qualche frutto a loro più gradito. E non solo! La donna del defunto era obbligata a sacrificarsi con lui prendendo posto sulla stessa pira funebre. Attraverso quella cerimonia (krada o klada) il morto si ricongiungeva al suo Creatore e viveva la sua vita più lunga fino al Giorno del Giudizio (Strascnyi Sud), ma portava con sé anche la sua donna.
Spegnere dunque il fuoco era un sacrilegio e la donna che lo lasciava estinguere nella pecka poteva essere punita con la morte! Svarozhic è sacro e inviolabile e chi gli sta vicino lo è altrettanto. Di qui ne segue il biasimo per colui che sputa sulle fiamme o offende la cuoca al lavoro!
La mitologia slava suggerisce che il fuoco proviene dalla terra, come si sa dai vulcani che eruttano fiamme, ma che tende ad andare in cielo soltanto per poi ritornare nel grembo della Umida Madre Terra come fulmine o sotto forma di serpenti di fuoco come chiunque può osservare al 10 di agosto quando i fuochi celesti (stelle cadenti) precipitano sulla terra e scompaiono nelle sue visceri. E la donna non è paragonabile alla Madre Umida Terra? Non c’è il fuoco nel suo grembo? E evidente che solo lei riesce ad avere contatti con questi serpenti di fuoco e, siccome di questi strani animali se ne possono trovare in buche e caverne addirittura a guardia di tesori, solo una donna può congiungersi col drago guardiano per portarseli via! Ecco dunque un’altra potenza della donna ben confermata dalle byline!
La figura femminile affaccendata davanti al fuoco di una pecka genera perciò paure e timori a causa di tutte queste relazioni con mondi oscuri e misteriosi.
Il cibo che lei prepara è dato da mangiare a tutti e se la donna vi ha messo delle sostanze velenose o erbe magiche ecco che il cibo diventa essso stesso magico e pericoloso allo stesso tempo. Prima di mangiare è bene premunirsi contro qualsiasi forza malefica che si sia nascosta nel cibo e solo dopo una benedizione” appropriata si può consumarlo! Non solo! Una volta che il pranzo sia terminato e che tutto sia filato liscio, chi ha finito deve ringraziare le forze benevole che l’hanno protetto e lo hanno preservato da qualsiasi danno intenzionale o inconscio che la cuoca può aver cercato di produrre!
Certo, nei casi in cui il corpo sia stato assalito e penetrato da qualche forza malefica, è necessario ricorrere a qualcuno per liberare il malato e rimetterlo in vita integra e sana, ma a chi?
In primo luogo occorre definire quale forza malefica ha agito e, una volta individuato il nemico invisibile, cercare il rimedio. Il primo tentativo per curare un malato grave è proprio quello col fuoco. Si preparano secondo le istruzioni del volhv due o tre fuochi all’aperto e il malato lo si fa passare attraverso le fiamme e se ne vede l’effetto. Se la situazione migliora, bene! Altrimenti bisognerà ricorrere ad altro. Ad esempio, in uno scongiuro, registrato da N.M. Nikolskii (1988) contro una febbre maligna (?), si intravede un rito in cui con bastoni di legno di quercia occorre battere a sangue un qualche animale o persona colpevole dell’incantesimo (urod o mostro in russo, ma nello scongiuro paragonato al perfido re Erode – Irod) finché la febbre non scompare! Altri rimedi? Rivolgersi alla znaharka!
Sebbene ammalarsi non fosse una cosa frequente a quei tempi per il semplice fatto che il bimbo che sopravviveva dalla nascita ad una adolescenza dura di privazioni e di fatiche era sicuramente molto più resistente ai malanni di un adulto di oggi sterilizzato e facilmente esposto ad allergie e ad epidemie, la malattia più preoccupante per lo smierd era la fame! Dolori, ulcere, ferite? Passavano col tempo oppure si conviveva con essi ma non la fame!!!
Si moriva abbastanza giovani. A 40-50 anni al massimo! E la morte era accettata – a quanto pare – con tutta tranquillità perché il rok era finito! Addirittura sembra che i vecchi, quando si accorgevano di essere diventati inutili per il resto della famiglia attraversavano il fiume” e si allontanavano per non ritornare mai più! E non solo! Un malato che non guarisse era considerato come ormai proprietà dello spirito che lo aveva occupato” e quindi abbandonato nella foresta.
Confessiamo in ogni caso che allo stato attuale delle nostre conoscenze tutte queste rappresentazioni della vita, della malattia e della morte sono in parte contraddittorie e incomplete, specialmente se sono da assegnare ad epoche diverse e a luoghi diversi nelle tradizioni russe” rispetto ad altre cerimonie e credenze che invece sono rimaste quasi immutate per secoli. Per questo motivo il nostro racconto qui può essere solo raccogliticcio e non unitario e ci scusiamo col nostro lettore.
Torniamo dunque alla donna e la sua relazione con la luna. Col suo ciclo mestruale la donna è legata allastro notturno che è il padrone del tempo che scorre”. Il russo vremja e il latino fortuna sono la stessa parola (*vartaman, una delle più antiche parole indoeuropee documentate) che indica il tempo e il ciclo del suo ritornare sempre uguale e inarrestabile che, chiaramente non può essere attribuito al sole che invece ha cicli variabili di luce e di buio sempre diversi durante l’anno, ma soltanto alla luna che non cambia mai! Ecco dunque la magia della donna intrinsecamente fisica e senza scampo per il suo sesso. Ecco l’impossibilità di immaginare un altro sesso che non sia né uomo né donna e quindi il rifiuto di sentimenti omosessuali. Addirittura possiamo aggiungere che, se i greci e i romani e i germani avevano le tre dee che tessevano la vita dell’uomo, nella mitologia slava cera lei, la donna che dava la nascita, ma aveva anche il potere di dare la morte in tutti i vari modi possibili delle sue arti.
A questo punto però si pone la questione delle streghe e degli stregoni. Esistettero come tali oppure erano solo dei sacerdoti e sacerdotesse (?) pagani condannati ad un rango inferiore dalla propaganda della Chiesa Cristiana?
Molto si è scritto su questo argomento! Per di più è difficile prescindere dalle conclusioni a cui si è giunti in ambito occidentale europeo senza tenerne conto anche per le Terre Russe. Ad ogni buon conto l’accumulazione della conoscenza in poche menti crea sempre unélite intellettuale alla quale si rifà tutta la comunità nei casi di problemi e di soluzioni dubbie, ma quando questa conoscenza viene bollata di diabolico ecco che questi archivi viventi” da élite che erano sono costretti a recedere e a nascondersi, sebbene non disposti a sparire per sempre, sic et simpliciter! La gente meno accorta (ma è proprio così?) perciò continua a credere nelle loro parole e nei loro poteri poiché sono anche cose che hanno circolato per secoli nel mir e che hanno risolto tantissime circostanze sfavorevoli. La nuova scienza imposta dallélite al potere (i Rjurikidi di Kiev e la Chiesa Cristiana) cercherà di ridicolizzare queste persone e il loro sapere per impedire loro di accrescerlo o di migliorarlo, ma sarà sempre molto difficile trovare una ragione valida per eliminare fisicamente questi stregoni e queste streghe senza causare sommosse popolari. L’élite intellettuale (leggi qui la Chiesa Russa) li accuserà di inganno, di desiderio di far male, ma non riuscirà a proporre un’alternativa altrettanto valida A questo riguardo è utile leggere A. Sinjavskii sul fatto che la Chiesa si lamentasse che questi operatori” nel Medioevo Russo si circondavano di mistero per ingannare e imbrogliare:
sarei poco propenso a ridurre la questione (degli stregoni e delle streghe) ad un inganno e una messinscena. Gli stregoni avevano le loro buone ragioni per evitare ogni contatto. Erano effettivamente degli emarginati della società e li si sospettava dei crimini più abominevoli; i poteri costituiti li perseguitavano e li sterminarono nel corso dei secoli e il popolo stesso bastonava e bruciava gli stregoni Era dunque naturale in queste condizioni vivere una vita solitaria e mostrarsi poco socievoli, cercando di incutere paura per proteggersi“
Con l’affermarsi del potere cristiano nelle Terre Russe la soluzione applicata in Occidente di distruggere la foresta contro streghe e stregoni non era auspicabile per i motivi economici e politici che abbiamo già detto e l’unico modo per combattere il Paganesimo concorrente restò quello di penetrare direttamente fondando conventi e chiese fra gli alberi! Sarà proprio questa la politica che san Sergio di Radonezh inaugurerà e rafforzerà, ma solo nel XIV sec. e a partire dalle vicinanze di Mosca! In quel periodo infatti con ripetuti scontri armati con la gente dei villaggi vicini si fondarono centinaia di conventi, si distrussero molti boschetti sacri (quelli che si riusciva a trovare!), ma sempre con difficile successo.
Già prima però era avvenuta una grande rivoluzione nell’ambito dell’arte del guarire e del curare: L’introduzione del sapere medico bizantino in Terra Russa! Quando parliamo di sapere medico deve essere anche chiaro che esso si esplicava in un’attività non limitata soltanto a curare e a guarire con i pochissimi ed inefficaci farmaci a disposizione, ma piuttosto ad intermediare fra le forze della natura (buone o cattive) e corpo umano in disagio.
Presso il Monastero delle Grotte, intorno all’XI sec., viene fondato un primo cosiddetto ospedale dove un monaco, chiamato in russo lec’èz, cura i fratelli ammalati ed eventualmente, ma eccezionalmente, anche i feriti dei continui scontri fra i Knjaz di Kiev per il potere. A poco a poco a questospedale ammalati da tutte le parti sono indirizzati qui per eventuali cure. Un certo monaco Antonio che ha studiato a Monte Athos diventerà un famoso lec’èz proprio operando qui e dopo di lui un altro a nome Agapito (morto ca. 1095 d.C.). Quest’ultimo addirittura riuscì con un miscuglio di erbe medicinali da lui stesso coltivate o raccolte a guarire nientedimeno che il futuro Velikii Knjaz di Kiev, Vladimiro Monomaco. Benchè poi si spargesse la voce delle eccellenti arti di questo lec’èz, non risulta che Agapito usasse le sue arti con gli smierd. Lo smierd ammalato viene escluso e respinto a questo circuito sanitario” e ciò durerà praticamente fino al XVII sec.!
Da questo è facile intuire che nel villaggio saranno le donne ad agire da medichesse insieme ai volhv e, sebbene marchiati di streghe e stregoni, quando i volhv scomparvero nelloblìo definitivamente, le donne rimasero ancora per tanto tempo le uniche custodi di un sapere pagano utile che la nuova mitologia cristiana non riusciva a sopraffare.
E un fatto che la maggior parte delle sostanze usate nell’arte medica fossero e rimanessero vegetali! Se il volhv probabilmente con le sue arti agiva sui disagi psichici più che su quelli somatici, la donna in particolare continuava ad avere la vocazione per tutti i disturbi organici”. D’altronde è logico, data la sua attività domestica, e, sebbene la Chiesa Russa rappresentasse la donna come strega quando agiva con pozioni e decotti, per secoli nessuno prese mai il suo posto, malgrado le maledizioni e gli anatemi. La cucina e la pecka dunque antri demoniaci? Le bevande fermentate o cotte, pozioni magiche per far male alla gente? C’è uno stereotipo cristiano del ‘700 che ci piace più di altri: Quello in cui una strega scarmigliata gira e rigira col mestolo una qualche zuppa magica in un pentolone! E il pentolone è un oggetto diffusissimo proprio qui nel nord dell’Europa per raccogliere il sangue delle vittime sacrificali! Insomma è giusto vedere nell’arte culinaria un certo mistero, una certa segretezza che si addice ai riti pagani connessi col cibo e non meraviglia più chi ci ha seguito fin qui! A quale scopo però chiamare la donna che sa curare, strega malefica, o metterla allo stesso livello dei sacerdoti pagani e figli del demonio, quando lei stessa negli scongiuri e nelle invocazioni non fa altro che nominare divinità cristiane (dopo l’introduzione del Cristianesimo)?
Nella misoginia innata della Chiesa bizantina tuttavia una donna deve essere solo la serva di suo marito, far figli e dargli il piacere sessuale quando le è richiesto, curare il bestiame, mantenere in ordine la casa, allevare i bambini, tessere e far da mangiare. Altro non le è permesso (così recita il Domostròi, una galateo russo del XVI sec.). Una donna che sappia curare e persino guarire non può esistere, se non come personificazione o succuba di forze diaboliche! Dobbiamo mettere in evidenza questo fatto perché la funzione della znaharka sebbene guardata con sospetto dalla Chiesa, era insostituibile e, siccome la znaharka oltre ad aiutare le partorienti continuava ad essere la medichessa riconosciuta del mir, continuò a dominare la conoscenza delle piante e la sua applicazione ai malesseri e alle malattie. Se infatti ritorniamo a quanto detto sull’istituzione del primo ospedale presso il Monastero delle Grotte di Kiev, dobbiamo ribadire che la concezione di malattia e di guarigione oppure di morte si basava sempre su una visione del corpo umano che è ben descritta dalle parole dell’Ecclesiastico (38,9 e 12,14) più o meno corrispondenti ai dettami del Santo Paterik della Chiesa Ortodossa:
Figlio mio, non irritarti per la malattia, ma prega il Signore e ti guarirà!Poi chiama pure il medico poiché lo ha creato (anche) il Signore e non lo allontanare, c’è bisogno anche di lui. Tempo verrà in cui la salute sarà nelle loro mani ed essi pregheranno il Signore che conceda loro il sollievo del malato e la cura per conservarlo in vita!”
Dunque in un modo o nell’altro sono sempre gli dèi (o l’unico dio) che decide se far guarire o se far morire e quindi l’intervento o lintermediazione del medico (o di chi sa esercitare l’arte medica) è un’azione sacra perché quest’ultimo riesce a convincere gli dèi (o il dio) di far guarire. Per questo motivo la Chiesa ebbe sempre timore di interdire con inopportuni anatemi le znaharke o altri personaggi che sapessero lenire o guarire le sofferenze umane e così, almeno questo personaggio come la znaharka, si conservò, eccetto naturalmente il fatto negativo che costei potesse esercitare la sua funzione di intermediatrice con le forze divine attraverso il demonio!
Forse c’è una spiegazione più prosaica nell’evoluzione del ruolo della donna, da madre a mammana e poi a medichessa. Indubbiamente il ciclo vitale della donna è molto diverso da quello dell’uomo e con la menopausa interviene in lei un tale mutamento psicologico che la porta ad essere esclusa dall’economia domestica che finora nella sua casa è stata tutta la sua vita e costretta ad un isolamento sociale ingiusto. La donna normalmente sopravvive all’uomo e perciò da vedova deve cercarsi una nuova posizione nell’antica famiglia se vuol sopravvivere. Ecco! Si renderà utile con il sapere che ha accumulato in tutti questi anni. Ma quale sapere? Quello della conoscenza delle erbe e delle sostanze medicamentose per curare e guarire, oltre che per insaporire i cibi. E così, sempre subendo il marchio di essere inferiore, si trasforma in sapiente (znaharka o vedma), veggente (vesccia), maga (koldunja) etc. e riesce a mantenere l’antica dignità, spesso aumentando la stima (o l’invidia e la paura) degli altri verso di lei.
Nella credenza popolare la strega” è di due tipi: Quella che ha ereditato il sapere dai suoi antenati (detta perciò rozhdjònnaja) e colei che ha imparato (ucjònaja) da quelle ereditarie”. La differenza fra le due sta nella qualità delle fatture rispettive: Quella ereditaria sa di più ed è molto affidabile, benché libera di fare fatture maligne o benigne, mentre quella che ha imparato” sa far solo fatture maligne. Ciò sarà importante specialmente nell’istruzione dei processi nel XVI sec. Si dicevano molte cose sulle streghe”, ma per la stragrande maggioranza non erano note negative, proprio a causa del loro importante ed insostituibile ruolo social-sanitario. Con l’avvento del Cristianesimo e la diffusione delle famiglie mononucleari, il numero delle vedove solitarie che rimanevano ad invecchiare in unizbà isolata si accrebbe e molte byline raccontano come queste nonne” (baba) potessero ammaliare il viandante che veniva da esse ospitato. Un indizio della loro solitudine era quando la notte di Kupala venivano a chiedere della brace per riaccendere il fuoco nella propria pecka
Le streghe” di solito si circondavano di tanti inservienti sotto forma di animali, quali rane, rospi e gatti specialmente. Questi servi erano mandati in giro nella notte di Kupala per svuotare, le cantine dei vicini, succhiando loro il latte e la panna acida (smetana) che poi rigurgitavano per dar modo alla loro padrona di preparare il pasto! Infatti un segno della vicinanza di una vedma era l’improvviso scomparire del latte nella vacca, nella notte fatidica di Kupala. Un altro segno era come queste donne sedevano a causa della loro coda!
Come si va da una znaharka per chiedere aiuto o cure? E costei come fa una diagnosi? Si osservava il colore della pelle delle guance, il movimento degli occhi (!), l’eventuale anoressia, i gonfiori sul corpo, la natura della tosse e soprattutto lalito
Secondo la mitologia slava inoltre le malattie che potevano colpire il corpo umano (ossia gli spiriti femminili” che potevano penetrarlo e causare una morbilità) erano dodici ed erano chiamate Febbri o Tremori (Lihodarki oppure Trjasovizi) la residenza delle quali era la palude, i laghi, le radure oscure: Insomma la foresta! Per ogni spirito febbrile” cera una pianta curativa apposita (karkoliste) Prima di ogni intervento farmacologico però cerano gli scongiuri coi quali si poteva tentare di ricacciare queste donne scarmigliate (zhenscciny prostovolosya) nella loro” foresta tenebrosa e lasciare libero il malato.
Che poi l’uso delle pozioni, del decotto e della bevanda che la znaharka preparava potesse essere il più diverso e persino il più pericoloso, non ricadeva nelle sue responsabilità, ma nell’uso che la gente ne faceva a sua insaputa o non seguendo i riti prescritti intorno al malato!
Rarissimamente infatti vedremo nei racconti popolari una donna del popolo che vive ed è ben nota nel villaggio come znaharka, eliminata fisicamente per aver sbagliato una cura. Tuttal più la si batterà in pubblico o la si esporrà al ludibrio di tutti constrigendola a fuggire via nella foresta per relegarsi in unizbà piantata su una zampa di gallina acquisendo la mala nomea di baba jagà
Lista dei nomi degli spiriti femminili apportatrici di febbri secondo F.S. Kapiza, 1999
Treseja Avvarjuscia Hrapuscia
Otpeja Puhleja Zhjolteja
Gladeja Aveja Nemeja
Gluheja Karkuscia Ciumà (la peste)
Una sola malattia però era sicuramente provocata da fatture di streghe: La consunzione (in russo porcia)! Male assolutamente inguaribile, ammenocché non si riuscisse ad eliminare la fattura rimandandola” alla donna che l’aveva fatta!
Una fattura maligna immediata e efficace era invece il malocchio (in russo si dice sglaz, ma si usano tantissime altre espressioni) contro il quale occorreva prendere sempre delle precauzioni. Ad esempio, il malocchio è pericoloso per i bimbi perché può condizionare tutta la loro vita. E allora? Diffidare di quelle persone che fanno complimenti ai bimbi e cercano di attirarli con dolci e giocattoli e munire i figli sempre di un pezzo di ferro consacrato da portare addosso. Tuttavia il bimbo ha una speciale sensibilità per laura che una strega o uno stregone emanano e, appena questi si avvicinano, istintivamente si rifugia dietro la gonna della madre! Diffidare di quelle donne sconosciute che guardano con insistenza i vostri arnesi di lavoro, lizbà, gli alberi che avete piantato nel giardino. Diffidare di chi è zoppo o strabico, etc.
Come faranno le donne a scoprire nella foresta le piante più curiose che poi propongono per curare i vari malanni dei propri congiunti? Evidentemente sanno adescare e convincere le forze impure della foresta che indicano loro le piante giuste!
Il più notevole vivente per stranezza che le donne riuscivano a trovare col presumibile aiuto di uno spirito della foresta è un fungo detto ciagà (Inonotus obliquus sp.) il quale non solo è il più longevo che si conosca – si sviluppa e cresce per circa 15 anni – ma anche il più grosso, visto che riesce a raggiungere il peso di 5 kg e più! E inutile però cercarlo nei nostri boschi giacché la ciagà cresce sulla corteccia della Betulla (se lo trovaste sul Tiglio e sullOlmo, sappiate che questi individui sono giudicati inefficaci) formando degli strani ed enormi tumori orizzontali di color gialliccio-brunastro. Una volta che una donna ne abbia scoperto uno, deve tenere il segreto per sé poiché se lo propala, la ciagà sparisce o si disfa. La ciagà una specie di panacea per qualsiasi tipo di ferita o tumore esterno (trattamento omeopatico) e, siccome ne basta qualche grammo per farne una miscela efficace, per anni si può (e si deve) sfruttare sempre lo stesso fungo. E chiaro che col passar del tempo il fungo invecchia e diventa sempre più compatto e più duro, ma allora lo si può ancora usare per intagliarvi amuleti contro gli spiriti maligni!
E non solo medicamenti vegetali si trovano nella foresta! Anche la famosa Acqua Acidula (kislaja vodà o narzàn) che sgorgava da una sorgente del Valdai (vicino a Novgorod-la-Grande, probabilmente nel villaggio di Izhica, vicino al Lago Valdai) era in definitiva un prodotto della foresta” e la si raccomandava a scopi terapeutici o per usarla nelle pozioni (chi riusciva a procurarsene!) e si diceva che qualsiasi audace appena caduto in uno scontro poteva ritornare in vita bevendone.
E che dire della polvere dei palchi di corna delle alci o degli escrementi delle capre o quelli del maiale, animali entrambi sacri? Questi ultimi prodotti, raccolti sui campi, seccati nella pecka e ridotti in polvere erano utili farmaci
Forse l’unico contributo maschile a questa farmacopea medievale russa” era il fegato fresco dei grandi pesci di fiume che serviva non solo come cibo prelibato, ma anche come fonte di vitamina D per i bimbi di pochi mesi nati d’inverno che non si potevano lasciar nudi sui campi come invece si faceva destate
E qui ci fermiamo pur raccomandando al nostro lettore di leggersi il bellissimo racconto di A. Pusckin, Ruslan e Ljudmila in cui un vecchio Finnico (il mago Fin) fa rivivere l’eroe del racconto, Ruslan, proprio con l’acqua viva di una fonte magica per la gioia di Ljudmila.
Aldo Marturano