Letteratura italiana dell’ottocento
27 Gennaio 2019Émile Zola
27 Gennaio 2019trascrizione della videolezione su youtube del prof. Luigi Gaudio sulle Operette morali di Giuseppe Corso
Con il 1823 si attua una svolta in senso materialista di Leopardi, come abbiamo visto nei due dialoghi letti insieme (Il dialogo di un folletto e di uno gnomo”, il Dialogo della natura e di un Islandese”). La visita a Roma provoca un’ulteriore delusione. Questa città da cui lui si aspettava una apertura rispetto al provincialismo recanatese dimostra invece la sua staticità intellettuale e culturale e questo non fa altro se non approfondire in Leopardi il profondo distacco dal suo tempo, la profonda emarginazione, che potremmo definire addirittura autoemarginazione. Da qui il domino della ragione sul sentimento, sulle illusioni, sull’immaginazione che avevamo visto nel periodo precedente (ricordiamo l’idillio L’infinito”, gli idilli di Leopardi in generale). Egli afferma la nullità delle cose, afferma che dopo la morte non c’è altro che il nulla, in modo chiaro e netto. Approfondisce il suo pessimismo passando dal pessimismo storico al pessimismo cosmico, non è più l’uomo, solamente, l’autore del suo male, ma è la natura che contribuisce a causare l’infelicità dell’uomo. La natura è come una matrigna che non vuole bene all’uomo come una madre, ma vuole il male dell’uomo. Egli, già nel 1820 in una lettera a Pietro Giordani, aveva prospettato un progetto di prose filosofiche. In questi anni, dopo la visita a Roma soprattutto nel 1824, si concentra nella realizzazione delle operette morali, 20 operette fatte nel corso di un anno, e le altre diluite negli anni successivi. Ogni tanto riprenderà quest’opera, la integrerà con qualche dialogo fino ad arrivare a 24. Le fonti di quest’opera sono: Isocrate, un oratore greco, e anche filosofo, che aveva scritto delle operette morali. Ma questo solamente per il titolo. Per quanto riguarda il contenuto ha tratto molto da Luciano di Samosata, un filosofo critico, cinico, molto distaccato, critico per esempio sulla religione greca tradizionale. Attinge anche da Diderot, Dalembert, quindi dal razionalismo illuminista che questi scrittori hanno rappresentato nell’Enciclopedia, e infine da Voltaire pensiamo al Candido. Quindi un opera filosofica, fatta di dialoghi soprattutto, anche se certe volte ci sono dei Monologhi” come il Cantico del gallo silvestre. Una prosa filosofica quindi. Bisognava dare dignità a questi pensieri profondi ed egli adotta una lingua nazionale, ma scrive con una certa elevatezza, che viene data da una moderata arcaicità cioè certe volte Leopardi inserisce termini mutuati dalla tradizione, ricercati, ma dà comunque un impressione di leggibilità, a parte queste parole, queste scelte lessicali che necessitano di una certa conoscenza culturale, comunque il discorso si dipana in modo piuttosto scorrevole. Abbiamo viste alcune tematiche attraverso i due dialoghi che abbiamo letto. La tematica della derisione, per esempio, dell’antropocentrismo nel Dialogo di un folletto e di uno gnomo”, viene fuori il concetto del relativismo, non è vero che l’uomo è al centro dell’universo sono il folletto e lo gnomo ad essere al centro dell’universo. Un altro tema: il catastrofismo un altro tema. La consapevolezza che l’uomo si autodistrugge è una tematica contemporanea per noi che viviamo in una società che sta creando i presupposti ad una distruzione dell’umanità, pensiamo ad una catastrofe nucleare o all’ambiente che si degrada. E poi nel Dialogo della natura di un islandese” possiamo cogliere le tematiche fondamentali della natura matrigna che vuole il mare dell’uomo, l’uomo non ha un posto che gli è stato assegnato dalla natura neanche vicino all’equatore dove potrebbe vivere senza vestiti. L’uomo si trova nella sua nicchia ecologica, anzi anche lì è sottoposto alle leggi tremende della natura, ucciso dai leoni, come l’islandese alla fine del “Dialogo della natura e di un islandese”.
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