Risposta all’email di Matteo Renzi – di Enrico Maranzana
8 Giugno 2016Valutare i processi attributivi del bonus premiale – di Enrico Maranzana
13 Giugno 2016Quando abitavo ancora a Bari, avevo 11 anni e mio fratello aveva appena detto la prima messa ho sentito parlare per la prima volta di Baranzate, io vivevo ancora a Bari e venivo da mio fratello durante l’estate. Poi, nel 1978 mio padre andò in pensione e pensò: cosa ci facciamo ancora qui a Bari, che Savino è a Milano: andiamo a Baranzate e cerchiamo una casa in affitto. E così è stato. Peccato che in quello stesso anno il parroco di Sant’Arialdo Don Ettore Lessa aveva spedito una lettera in Curia in cui diceva: Per favore mandatemi un coadiutore normale, un prete che faccia le cose che fanno normalmente i preti, ad esempio le funzioni religiose, il catechismo, ecc.. Lui è talmente impegnato nella scuola da essere un punto di riferimento della pastorale scolastica. E la parrocchia? E poi questo fatto di legare tutto a quel suo amico prete Don Giussani, fa sì che tutto quello che lui fa va a favore del movimento di Comunione e Liberazione. Chiaro che in Curia appena ricevettero una lettera del genere mio fratello fu spostato per la prima delle sei volte, e tutte le volte mio fratello ha sempre dimostrato amore per la Chiesa e obbedienza al di fuori di quelle che erano le sue preferenze.
Attenzione: dico queste cose perché Don Ettore, che era un sant’uomo, ha poi riconosciuto lui stesso di aver perso un evangelizzatore straordinario qui a Baranzate, ha poi ritrovato e abbracciato più volte mio fratello, gli ha lasciato anche delle cose significativamente nel suo testamento.
E così io. mio padre e mia madre andammo a vivere in Via Bissone proprio in quello stesso anno, e solamente sei anni dopo trovammo una casa a Cesano Boscone, dove lui nel frattempo si era trasferito. Dopo di che io personalmente mi sono fermato lì, perché se avessi dovuto seguire mio fratello avrei dovuto fare l’intera cerchia delle tangenziali di Milano, da Cormano a Dergano, da Brugherio a Mezzate, fino a quando finalmente è tornato vicino a casa a Corsico.
Nel frattempo, fra le vacanze estive che avevo passato a Baranzate e poi il mio trasferimento si è compiuto quello che si è compiuto per molte delle persone che sono qui stasera, e che son cinquantenni come me, o sessantenni o settantenni, a seconda che in quel 1972 quando qui è capitato Don Savino avessero 11 anni come me, o 20 o 30.
Noi abbiamo avuto Don Savino come padre: non come padre biologico, ma come padre che ci ha aperti alla vita. Io personalmente ho imparato a suonare accompagnando gli amici nella rappresentazione di un testo di Diego Fabbri “Processo a Gesù” , ho vissuto esperienze di amicizia, di convivenza comunitaria che non immaginavo neanche.
Certo, era molto netto, oserei dire poco oggettivo, si incazzava spesso, con me poi, che ero appunto un ragazzino di 11 anni e lui ne aveva 28, prete novello. Provate un po’ voi ad avere un fratello maggiore, prete, a 11 anni, Ma quando si ama è così. E Savino amava molto, mi amava tanto ci amava, ti amava tanto, e ha dato la vita per noi.