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24 Febbraio 2016Il 23 aprile 2008 il quotidiano Avvenire pubblicò un articolo scritto da don Savino. Questa sue righe ci regalano un frammento del suo cuore e ci raccontano qualcosa della sua vocazione e del suo essere sacerdote.
Nel Vangelo di Matteo al capitolo 19 si legge: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Come un’eco, le parole dell’Evangelista risuonano in quelle di don Savino che scrive: «Io che pensavo di aver rinunciato a diventare padre, mi sono ritrovato con centinaia di figli generati inspiegabilmente a una vita nuova che ha dato loro il gusto, la speranza e la passione fino al punto di essere io ora figlio di questi figli che mi sono diventati padri e madri per la testimonianza di fecondità nella fede che ora mi danno. Mai avrei immaginato che fare il prete mi avrebbe fatto essere spettatore, sempre indegno e stupito, di innumerevoli miracoli che tutte le volte mi fanno dire: ma chi è Costui al quale appartengo?».
Chi è dunque Costui al quale don Savino è appartenuto per quasi 44 anni? Seguendolo nella sua riflessione leggiamo: «Non ho mai saputo dare una risposta esauriente tranne l’unica che mi diede il primo prete santo che ho incontrato nella mia vita e che mi fermò una mattina mentre andavo al lavoro e, quasi con stizza aprivo la porta di quella Chiesa e, senza entrare, fissavo il tabernacolo e chiedevo con insistenza: “Ma Tu cosa vuoi da me?” […] Quel prete mi fermò e mi disse: “Ma perché non entri in chiesa, perché scappi?” . “Ho paura che mi chieda di fare il prete e io non ne sono assolutamente capace” , risposi. E quel prete santo mi disse: “Guarda che Gesù non vuole le cose che sei capace o no di fare, Gesù vuole te così come sei” . Da quel giorno la mia vita è stata tutta determinata dalla risposta a quella chiamata che dopo 36 anni si fa sempre più totalizzante: io voglio Te. Questa convinzione è diventata passione per l’istante e obbedienza anche alla modalità e alla forma che mi veniva chiesta». E, ripensando all’ultimo doloroso tratto della sua vita, alla modalità e alla forma anche della sofferenza e della malattia.
Determinante nel suo cammino vocazionale anche l’incontro con «un altro grande prete santo (Don Giussani) che mi è stato padre e maestro fin ad ora. Quando lo incontrai mi guardò profondamente e mi abbracciò, senza mai avermi visto prima! Da quel giorno incominciai a capire che Chi mi chiamava mi voleva un bene infinito e quindi valeva la pena non staccarsi mai più da Lui».
Le citazioni sono tratte dall’articolo di don Savino Gaudio
“Mi chiedo, stupito: chi è Costui al quale appartengo?” pubblicato su Avvenire del 23 aprile 2008