Il protagonista nel nome ha insieme, fuse come in un ossimoro, la pazzia e la sapienza.
MATTIA in dialetto siciliano vuol dire pazzia (da matto)
PASCAL è il cognome del filosofo BLAISE, famoso anche per le sue conoscenze matematiche. Forse però Pirandello deve essere stato ispirato dal pensiero 180, in cui Pascal scriveva: io non so né perché venni al mondo, né come, né cosa sia il mondo, né cosa io stesso mi sia”
Come dice Roberto Filippetti, questo è il romanzo della identità dell’uomo, ma termina con la totale assenza di identità.
All’inizio del romanzo muoiono la mamma e la figlia, le uniche due persone che hanno corrisposto a Mattia, che potevano dargli un senso, un volto, che rappresentano il passato e il futuro, cioè l’origine e il destino della vita di Mattia.
Il Fu Mattia Pascal – l’illusione superomistica
Quando Mattia legge in treno la notizia della sua presunta morte, si sente libero e dice: mi ritengo assolutamente padrone di me, senza più il fardello del mio passato, e con l’avvenire dinanzi, che avrei potuto foggiarmi a piacer mio”, proiettato verso un nuovo sentimento della vita” nelle condizioni di esser l’artefice del mio nuovo destino”,
Il Fu Mattia Pascal – la disillusione
Egli, però, da Adriano Meis, sfiora solo il reale, non può avere relazioni durature (con Adriana), perché è un forestiere della vita”, si suicida” a Roma per potersi riprendere la sua vita, ma non può, e deve rassegnarsi ad essere un vivo già morto, che non s’aprebbe proprio dire chi sia”.
Il Fu Mattia Pascal – l’inizio
I: Premessa
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:
Il Fu Mattia Pascal – l’inizio
Io mi chiamo Mattia Pascal.
Grazie, caro. Questo lo so.
E ti par poco?
Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all’occorrenza: