Quiz preselezione per il concorso a cattedre 2012
3 Dicembre 2012Gorgia, il maestro della parola e del dubbio
3 Dicembre 2012Protagora di Abdera (circa 485-411 a.C.) è una delle figure più importanti e controverse della sofistica greca.
Noto per la sua affermazione “l’uomo è misura di tutte le cose”, egli ha profondamente influenzato il pensiero filosofico occidentale, suscitando al contempo numerose critiche.
Il relativismo di Protagora
La frase più celebre di Protagora, “l’uomo è misura di tutte le cose”, esprime un profondo relativismo. Secondo Protagora, non esiste una verità assoluta e oggettiva, ma la verità è relativa all’individuo e alle sue percezioni. Ciò significa che ciò che è vero per una persona può non esserlo per un’altra, e che la realtà è soggetta a continua evoluzione.
Cosa implicava questo relativismo?
- Nessuna verità assoluta: Protagora negava l’esistenza di una verità universale e valida per tutti.
- Centralità dell’individuo: L’individuo diventa il punto di riferimento per la conoscenza e la valutazione della realtà.
- Relatività del sapere: La conoscenza è considerata relativa e soggettiva, dipendente dalle esperienze e dalle percezioni di ciascuno.
L’insegnamento di Protagora
Protagora era un sofista, ovvero un maestro di saggezza che insegnava l’arte della parola e del ragionamento. I sofisti erano molto richiesti nelle città-stato greche, dove le abilità retoriche erano fondamentali per il successo politico.
Protagora insegnava ai suoi allievi:
- L’arte della persuasione: Protagora riteneva che la capacità di persuadere gli altri fosse fondamentale per la vita politica e sociale.
- Il relativismo: Insegnava che non esiste una verità assoluta, ma che la verità è relativa al contesto e all’individuo.
- La critica: Incoraggiava i suoi allievi a mettere in discussione le opinioni comuni e a cercare nuove prospettive.
Confronto tra Protagora e Socrate
Protagora e Socrate, pur essendo entrambi figure di spicco nella filosofia greca, rappresentano due approcci radicalmente diversi alla conoscenza e alla verità.
- Relativismo vs. Assolutismo: Protagora è il campione del relativismo, sostenendo che la verità è relativa all’individuo e alle sue percezioni. Socrate, al contrario, è alla ricerca di una verità universale e oggettiva, accessibile a tutti attraverso la ragione.
- Metodo: Protagora utilizza la dialettica per persuadere gli altri e difendere le proprie tesi. Socrate, invece, impiega la maieutica, un metodo dialogico volto a stimolare la riflessione e a far emergere la verità nell’interlocutore.
- Scopo della filosofia: Per Protagora, la filosofia è uno strumento per il successo nella vita politica e sociale. Per Socrate, la filosofia è una ricerca della virtù e della conoscenza di sé.
In sintesi, mentre Protagora si concentra sulla dimensione soggettiva della conoscenza, Socrate è orientato verso una dimensione più oggettiva e universale.
L’influenza di Protagora sulla filosofia successiva
L’influenza di Protagora sulla filosofia successiva è stata profonda e complessa.
- Nascita del relativismo: Protagora è considerato il padre del relativismo, una corrente filosofica che ha avuto un’influenza duratura sulla storia del pensiero.
- Sviluppo della dialettica: Il suo insegnamento ha contribuito allo sviluppo della dialettica, ovvero l’arte del ragionamento attraverso lo scambio di argomentazioni.
- Nascita della retorica: Protagora ha posto le basi per lo sviluppo della retorica, intesa come l’arte della persuasione.
- Critica del dogmatismo: Il relativismo di Protagora ha rappresentato una sfida al dogmatismo e ha incoraggiato una maggiore apertura mentale e un atteggiamento critico nei confronti delle verità assolute.
Le critiche rivolte al relativismo di Protagora
Il relativismo di Protagora è stato oggetto di numerose critiche nel corso dei secoli.
- Scetticismo radicale: Alcuni filosofi hanno criticato il relativismo di Protagora per aver portato a uno scetticismo radicale, secondo cui è impossibile conoscere la verità.
- Incoerenza: Altri hanno sottolineato l’incoerenza della sua affermazione “l’uomo è misura di tutte le cose”, poiché anche questa affermazione sembra pretendere di essere una verità universale.
- Relativismo morale: Il relativismo di Protagora ha sollevato interrogativi sulla possibilità di fondare un’etica universale, se la verità è soggettiva.
Nonostante le critiche, il pensiero di Protagora continua a stimolare il dibattito filosofico e a rappresentare una sfida per coloro che cercano di definire la natura della conoscenza e della realtà.
L’eredità di Protagora
Il pensiero di Protagora, infatti, ha avuto un’influenza profonda sulla filosofia occidentale.
- Sviluppo della dialettica: Protagora ha contribuito allo sviluppo della dialettica, ovvero l’arte del ragionamento attraverso lo scambio di argomentazioni.
- Nascita della retorica: Il suo insegnamento ha posto le basi per lo sviluppo della retorica, intesa come l’arte della persuasione.
- Critica del relativismo: Il relativismo di Protagora è stato oggetto di numerose critiche nel corso dei secoli, ma ha anche stimolato la riflessione sulla natura della conoscenza e della verità.
Protagora è considerato uno dei padri fondatori del relativismo, una corrente filosofica che ha avuto un’influenza duratura sulla storia del pensiero.
Schema sintetico di studio su Protagora
PROTAGORA
- – Nasce ad Abdera tra il 491 e 481 a.C. e muore alla fine del secolo
- – Viaggiò molto per tutta la Grecia e soggiorna spesso ad Atene, dove riscuote più successo
- – Scrive le Antilogie, che è la sua opera principale
PENSIERO
- – L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono
- – Misura = norma di giudizio
- – Cose = tutte le esperienze in generale, la realtà
- – Uomo = inteso sia come uomo singolo che come comunità, umanità
- – Tutto è soggettivo » la verità è soggettiva perché il metro di misura è proprio a ciascuno
» esistono tanti punti di vista quanti sono gli uomini
» nulla è vero in sé, nulla è assoluto perché tutto lo è
» non esistono nemmeno valori morali assoluti
» non si può riconoscere più il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto
» intorno ad ogni cosa ci sono due ragionamenti che si contrappongono
» per ciascuna cosa si può dire qualcosa e il contrario di essa
» la conoscenza ha suo fondamento nell’esperienza
- – Esempio = per una persona sana il cibo è una cosa buona, ma per un ammalato non è così, il
cibo diventa quindi buono solo per alcuni individui, cattivo per altri
» il medico però può convincere con la ragione e l’eloquenza che il cibo è una cosa
buona (lo stesso compito ce l’hanno i filosofi)
- – Eloquenza= unico criterio per cui io posso far prevalere il mio pensiero su quello degli altri
» mezzo che utilizza per rendere più forte l’argomento più debole
» egli insegnava i metodi con cui tecnicamente far prevalere la propria verità
» la retorica diventa quindi solamente un elemento tecnico, e di conseguenza la
filosofia perde il suo valore in quanto ricerca della verità dell’uomo
» virtù = abilità nel far prevalere qualsiasi punto di vista su quello opposto
- – Utilità» esiste qualcosa che è più utile, più conveniente, e quindi più opportuno
» il sapiente è colui che conosce il più utile e sa convincere gli altri di ciò
» il filosofo è questo sapiente che convince gli altri a riconoscere ciò che è più opportuno
» l’utilità si presenta in qualche modo come oggettiva » forte limitazione della soggettività
» l’uomo è misura di tutto ma è misurato secondo l’utilità, ma non ne spiega i criteri
» “bene” e “male” diventano “utile” e “inutile, più dannoso”
Lettura di un testo su Protagora
Nel “Protagora”, il noto sofista di Abdera illustra la propria tesi col mito di Epimeteo e Prometeo: Zeus, per render loro possibile vivere in società, ha distribuito aidos e dike a tutti gli uomini. Gli uomini hanno bisogno della cultura e dell’organizzazione politica perché sono creature prive di doti naturali, come artigli, denti e corna, immediatamente funzionali ai loro bisogni. Tutti partecipano di queste due virtù “politiche”. Ma esse non vanno viste come connaturate all’uomo, bensì come qualcosa di sopravvenuto, qualcosa che è stato trasmesso in maniera consapevole, e non semplicemente attribuito in un processo cieco, “epimeteico”, del quale si può render conto soltanto ex post: per questo è possibile insegnare aidos e dike agli uomini, mentre non si può “insegnare” a un toro ad avere corna e zoccoli.
Ci fu un tempo in cui esistevano gli dei, ma non le stirpi mortali. Quando giunse anche per queste il momento fatale della nascita, gli dei le plasmarono nel cuore della terra, mescolando terra, fuoco e tutto ciò che si amalgama con terra e fuoco. Quando le stirpi mortali stavano per venire alla luce, gli dei ordinarono a Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e distribuire in modo opportuno a ciascuno le facoltà naturali. Epimeteo chiese a Prometeo di poter fare da solo la distribuzione: “Dopo che avrò distribuito – disse – tu controllerai”. Così, persuaso Prometeo, iniziò a distribuire. Nella distribuzione, ad alcuni dava forza senza velocità, mentre donava velocità ai più deboli; alcuni forniva di armi, mentre per altri, privi di difese naturali, escogitava diversi espedienti per la sopravvivenza. [321] Ad esempio, agli esseri di piccole dimensioni forniva una possibilità di fuga attraverso il volo o una dimora sotterranea; a quelli di grandi dimensioni, invece, assegnava proprio la grandezza come mezzo di salvezza. Secondo questo stesso criterio distribuiva tutto il resto, con equilibrio. Escogitava mezzi di salvezza in modo tale che nessuna specie potesse estinguersi. Procurò agli esseri viventi possibilità di fuga dalle reciproche minacce e poi escogitò per loro facili espedienti contro le intemperie stagionali che provengono da Zeus. Li avvolse, infatti, di folti peli e di dure pelli, per difenderli dal freddo e dal caldo eccessivo. Peli e pelli costituivano inoltre una naturale coperta per ciascuno, al momento di andare a dormire. Sotto i piedi di alcuni mise poi zoccoli, sotto altri unghie e pelli dure e prive di sangue. In seguito procurò agli animali vari tipi di nutrimento, per alcuni erba, per altri frutti degli alberi, per altri radici. Alcuni fece in modo che si nutrissero di altri animali: concesse loro, però, scarsa prolificità, che diede invece in abbondanza alle loro prede, offrendo così un mezzo di sopravvivenza alla specie. Ma Epimeteo non si rivelò bravo fino in fondo: senza accorgersene aveva consumato tutte le facoltà per gli esseri privi di ragione. Il genere umano era rimasto dunque senza mezzi, e lui non sapeva cosa fare. In quel momento giunse Prometeo per controllare la distribuzione, e vide gli altri esseri viventi forniti di tutto il necessario, mentre l’uomo era nudo, scalzo, privo di giaciglio e di armi. Intanto era giunto il giorno fatale, in cui anche l’uomo doveva venire alla luce. Allora Prometeo, non sapendo quale mezzo di salvezza procurare all’uomo, rubò a Efesto e ad Atena la perizia tecnica, insieme al fuoco – infatti era impossibile per chiunque ottenerla o usarla senza fuoco – e li donò all’uomo. All’uomo fu concessa in tal modo la perizia tecnica necessaria per la vita, ma non la virtù politica. [322] Questa si trovava presso Zeus, e a Prometeo non era più possibile accedere all’Acropoli, la dimora di Zeus, protetta da temibili guardie. Entrò allora di nascosto nella casa comune di Atena ed Efesto, dove i due lavoravano insieme. Rubò quindi la scienza del fuoco di Efesto e la perizia tecnica di Atena e le donò all’uomo. Da questo dono derivò all’uomo abbondanza di risorse per la vita, ma, come si narra, in seguito la pena del furto colpì Prometeo, per colpa di Epimeteo. Allorché l’uomo divenne partecipe della sorte divina, in primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri viventi, cominciò a credere in loro, e innalzò altari e statue di dei. Poi subito, attraverso la tecnica, articolò la voce con parole, e inventò case, vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura. Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano sparsi qua e là, non c’erano città; perciò erano preda di animali selvatici, essendo in tutto più deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto sufficiente per procurarsi il cibo, ma era inadeguata alla lotta contro le belve (infatti gli uomini non possedevano ancora l’arte politica, che comprende anche quella bellica). Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di nuovo, morivano. Zeus dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del tutto, inviò Ermes per portare agli uomini rispetto e giustizia, affinché fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Ermes chiese a Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: «Devo distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?« «A tutti – rispose Zeus – e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida, come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia». [323] Per questo motivo, Socrate, gli Ateniesi e tutti gli altri, quando si discute di architettura o di qualche altra attività artigianale, ritengono che spetti a pochi la facoltà di dare pareri e non tollerano, come tu dici – naturalmente, dico io – se qualche profano vuole intromettersi. Quando invece deliberano sulla virtù politica – che deve basarsi tutta su giustizia e saggezza – ascoltano il parere di chiunque, convinti che tutti siano partecipi di questa virtù, altrimenti non ci sarebbero città. Questa è la spiegazione, Socrate. Ti dimostro che non ti sto ingannando: eccoti un’ulteriore prova di come in realtà gli uomini ritengano che la giustizia e gli altri aspetti della virtù politica spettino a tutti. Si tratta di questo. Riguardo alle altre arti, come tu dici, se qualcuno afferma di essere un buon auleta o esperto in qualcos’altro e poi dimostri di non esserlo, viene deriso e disprezzato; i familiari, accostandosi a lui, lo rimproverano come se fosse pazzo. Riguardo alla giustizia, invece, e agli altri aspetti della virtù politica, quand’anche si sappia che qualcuno è ingiusto, se costui spontaneamente, a suo danno, lo ammette pubblicamente, ciò che nell’altra situazione ritenevano fosse saggezza – dire la verità – in questo caso la considerano una follia: dicono che è necessario che tutti diano l’impressione di essere giusti, che lo siano o no, e che è pazzo chi non finge di essere giusto. Secondo loro è inevitabile che ognuno in qualche modo sia partecipe della giustizia, oppure non appartiene al genere umano. Dunque gli uomini accettano che chiunque deliberi riguardo alla virtù politica, poiché ritengono che ognuno ne sia partecipe. Ora tenterò di dimostrarti che essi pensano che questa virtù non derivi né dalla natura né dal caso, ma che sia frutto di insegnamento e di impegno in colui nel quale sia presente. Nessuno disprezza né rimprovera né ammaestra né punisce, affinché cambino, coloro che hanno difetti che, secondo gli uomini, derivano dalla natura o dal caso. Tutti provano compassione verso queste persone: chi è così folle da voler punire persone brutte, piccole, deboli? Infatti, io credo, si sa che le caratteristiche degli uomini derivano dalla natura o dal caso, sia le buone qualità, sia i vizi contrari a queste. Se invece qualcuno non possiede quelle qualità che si sviluppano negli uomini con lo studio, l’esercizio, l’insegnamento, mentre ha i vizi opposti, viene biasimato, punito, rimproverato.
Il mito per Protagora
- – Mito» la superiorità dell’uomo non sta solo nel sapere tecnico, ma anche in quello politico
» sapienza politica = capacità dell’uomo di vivere in modo associato, in comunità
» l’uomo diventa animale politico (zòon politikòn)
» vivendo separatamente l’uomo si estinguerebbe, non può vivere isolato
» l’uomo trova suo compimento nella società, in una comunità
» la vita comunitaria è una dimensione umana, fa parte della natura dell’uomo
» l’utile del singolo diventa l’utile anche della comunità
» le leggi completano l’uomo perché garantiscono la convivenza in natura
» legge= mezzo attraverso cui l’uomo può compiere la sua natura e si basa sull’utile
» per questo è vietato l’omicidio, perché non è utile per la comunità
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