INGLESE
27 Gennaio 2019UNA SCUOLA, TANTI INDIRIZZI
27 Gennaio 2019Torquato Tasso
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
Dafne, Silvia, Coro
[DAFNE] Ne porti il vento, con la ria novella,
che s’era di te sparta, ogni tuo male
e presente e futuro. Tu sei viva
e sana, Dio lodato, ed io per morta
5 pur ora ti tenea: in tal maniera
m’avea Nerina il tuo caso dipinto.
Ahi, fosse stata muta, ed altri sordo!
[SILVIA] Certo ‘l rischio fu grande, ed ella avea
giusta cagion di sospettarmi morta.
10 [DAFNE] Ma non giusta cagion avea di dirlo.
Or narra tu qual fosse ‘l rischio, e come
tu lo fuggisti. [SILVIA] Io, seguitando un lupo,
mi rinselvai nel più profondo bosco,
tanto ch’io ne perdei la traccia. Or, mentre
15 cerco di ritornare onde mi tolsi,
il vidi, e riconobbi a un stral che fitto
gli aveva di mia man press’un orecchio.
Il vidi con molt’altri intorno a un corpo
d’un animal ch’avea di fresco ucciso,
20 ma non distinsi ben la forma. Il lupo
ferito, credo, mi conobbe, e ‘ncontro
mi venne con la bocca sanguinosa.
Io l’aspettava ardita, e con la destra
vibrava un dardo. Tu sai ben s’io sono
25 maestra di ferire, e se mai soglio
far colpo in fallo. Or, quando il vidi tanto
vicin, che giusto spazio mi parea
a la percossa, lanciai un dardo, e ‘n vano:
ché, colpa di fortuna o pur mia colpa,
30 in vece sua colsi una pianta. Allora
più ingordo incontro ei mi venia; ed io
che ‘l vidi sì vicin, che stimai vano
l’uso de l’arco, non avendo altr’armi,
a la fuga ricorsi. Io fuggo, ed egli
35 non resta di seguirmi. Or odi caso:
un vel, ch’aveva involto intorno al crine,
si spiegò in parte, e giva ventilando,
sì ch’ad un ramo avviluppossi. Io sento
che non so chi mi tien e mi ritarda.
40 Io, per la tema del morir, raddoppio
la forza al corso, e d’altra parte il ramo
non cede, e non mi lascia; al fin mi svolgo
del velo, e alquanto de’ miei crini ancora
lascio svelti co ‘l velo; e cotant’ali
45 m’impennò la paura ai piè fugaci,
ch’ei non mi giunse e salva uscii del bosco.
Poi, tornando al mio albergo, io t’incontrai
tutta turbata, e mi stupii vedendo
stupirti al mio apparir. [DAFNE] Ohimè, tu vivi,
50 altri non già. [SILVIA] Che dici? ti rincresce
forse ch’io viva sia? M’odii tu tanto?
[DAFNE] Mi piace di tua vita, ma mi duole
de l’altrui morte. [SILVIA] E di qual morte intendi?
[DAFNE] De la morte d’Aminta. [SILVIA] Ahi, come è morto?
55 [DAFNE] Il come non so dir, né so dir anco
s’è ver l’effetto; ma per certo il credo.
[SILVIA] Ch’è ciò che tu mi dici? ed a chi rechi
la cagion di sua morte? [DAFNE] A la tua morte.
[SILVIA] Io non t’intendo. [DAFNE] La dura novella
60 de la tua morte, ch’egli udì e credette,
avrà porto al meschino il laccio o ‘l ferro
od altra cosa tal che l’avrà ucciso.
[SILVIA] Vano il sospetto in te de la sua morte
sarà, come fu van de la mia morte;
65 ch’ognuno a suo poter salva la vita.
[DAFNE] O Silvia, Silvia, tu non sai né credi
quanto ‘l foco d’amor possa in un petto,
che petto sia di carne e non di pietra,
com’è cotesto tuo: ché, se creduto
70 l’avessi, avresti amato chi t’amava
più che le care pupille degli occhi,
più che lo spirto de la vita sua.
Il credo io ben, anzi l’ho visto e sollo:
il vidi, quando tu fuggisti, o fera
75 più che tigre crudel, ed in quel punto,
ch’abbracciar lo dovevi, il vidi un dardo
rivolgere in se stesso, e quello al petto
premersi disperato, né pentirsi
poscia nel fatto, che le vesti ed anco
80 la pelle trapassossi, e nel suo sangue
lo tinse; e ‘l ferro saria giunto a dentro,
e passato quel cor che tu passasti
più duramente, se non ch’io gli tenni
il braccio, e l’impedii ch’altro non fesse.
85 Ahi lassa, e forse quella breve piaga
solo una prova fu del suo furore
e de la disperata sua costanza,
e mostrò quella strada al ferro audace,
che correr poi dovea liberamente.
90 [SILVIA] Oh, che mi narri? [DAFNE] Il vidi poscia, allora
ch’intese l’amarissima novella
de la tua morte, tramortir d’affanno,
e poi partirsi furioso in fretta,
per uccider se stesso; e s’avrà ucciso
95 veracemente. [SILVIA] E ciò per fermo tieni?
[DAFNE] Io non v’ho dubbio. [SILVIA] Ohimè, tu no ‘l seguisti
per impedirlo? Ohimè, cerchiamo, andiamo,
che, poi ch’egli moria per la mia morte,
de’ per la vita mia restare in vita.
100 [DAFNE] Io lo seguii, ma correa sì veloce
che mi sparì tosto dinanzi, e ‘ndarno
poi mi girai per le sue orme. Or dove
vuoi tu cercar, se non n’hai traccia alcuna?
[SILVIA] Egli morrà, se no ‘l troviamo, ahi lassa;
105 e sarà l’omicida ei di se stesso.
[DAFNE] Crudel, forse t’incresce ch’a te tolga
la gloria di quest’atto? esser tu dunque
l’omicida vorresti? e non ti pare
che la sua cruda morte esser debb’opra
110 d’altri che di tua mano? Or ti consola,
ché, comunque egli muoia, per te muore,
e tu sei che l’uccidi.
[SILVIA] Ohimè, che tu m’accori, e quel cordoglio
ch’io sento del suo caso inacerbisce
115 con l’acerba memoria
de la mia crudeltate,
ch’io chiamava onestate; e ben fu tale,
ma fu troppo severa e rigorosa;
or me n’accorgo e pento. [DAFNE] Oh, quel ch’io odo!
120 Tu sei pietosa, tu, tu senti al core
spirto alcun di pietate? oh che vegg’io?
tu piangi, tu, superba? Oh maraviglia!
Che pianto è questo tuo? pianto d’amore?
[SILVIA] Pianto d’amor non già, ma di pietate.
125 [DAFNE] La pietà messaggiera è de l’amore,
come ‘l lampo del tuono. [CORO] Anzi sovente
quando egli vuol ne’ petti virginelli
occulto entrare, onde fu prima escluso
da severa onestà, l’abito prende,
130 prende l’aspetto de la sua ministra
e sua nuncia, pietate; e con tai larve
le semplici ingannando, è dentro accolto.
[DAFNE] Questo è pianto d’amor, ché troppo abonda.
Tu taci? ami tu, Silvia? ami, ma in vano.
135 Oh potenza d’Amor, giusto castigo
manda sovra costei. Misero Aminta!
Tu, in guisa d’ape che ferendo muore
e ne le piaghe altrui lascia la vita,
con la tua morte hai pur trafitto al fine
140 quel duro cor, che non potesti mai
punger vivendo. Or, se tu, spirto errante,
sì come io credo, e de le membra ignudo,
qui intorno sei, mira il suo pianto, e godi:
amante in vita, amato in morte; e s’era
145 tuo destin che tu fossi in morte amato,
e se questa crudel volea l’amore
venderti sol con prezzo così caro,
desti quel prezzo tu ch’ella richiese,
e l’amor suo col tuo morir comprasti.
150 [CORO] Caro prezzo a chi ‘l diede; a chi ‘l riceve
prezzo inutile, e infame. [SILVIA] Oh potess’io
con l’amor mio comprar la vita sua;
anzi pur con la mia la vita sua,
s’egli è pur morto! [DAFNE] O tardi saggia, e tardi
155 pietosa, quando ciò nulla rileva!
SCENA SECONDA
Nuncio, Coro, Silvia, Dafne
[NUNCIO] Io ho sì pieno il petto di pietate
e sì pieno d’orror, che non rimiro
né odo alcuna cosa, ond’io mi volga,
la qual non mi spaventi e non m’affanni.
5 [CORO] Or ch’apporta costui,
ch’è sì turbato in vista ed in favella?
[NUNCIO] Porto l’aspra novella
de la morte d’Aminta. [SILVIA] Ohimè, che dice?
[NUNCIO] Il più nobil pastor di queste selve,
10 che fu così gentil, così leggiadro,
così caro a le ninfe ed a le Muse,
ed è morto fanciullo, ahi, di che morte!
[CORO] Contane, prego, il tutto, acciò che teco
pianger possiam la sua sciagura e nostra.
15 [SILVIA] Ohimè, ch’io non ardisco
appressarmi ad udire
quel ch’è pur forza udire. Empio mio core,
mio duro alpestre core,
di che, di che paventi?
20 Vattene incontra pure
a quei coltei pungenti
che costui porta ne la lingua, e quivi
mostra la tua fierezza.
Pastore, io vengo a parte
25 di quel dolor che tu prometti altrui,
ché a me ben si conviene
più che forse non pensi; ed io ‘l ricevo
come dovuta cosa. Or tu di lui
non mi sii dunque scarso.
30 [NUNCIO] Ninfa, io ti credo bene,
ch’io sentii quel meschino in su la morte
finir la vita sua
co ‘l chiamar il tuo nome.
[DAFNE] Ora comincia omai
35 questa dolente istoria.
[NUNCIO] Io era a mezzo ‘l colle, ove avea tese
certe mie reti, quanto assai vicino
vidi passar Aminta, in volto e in atti
troppo mutato da quel ch’ei soleva,
40 troppo turbato e scuro. Io corsi, e corsi
tanto che ‘l giunsi e lo fermai; ed egli
mi disse: “Ergasto, io vo’ che tu mi faccia
un gran piacere: quest’è, che tu ne venga
meco per testimonio d’un mio fatto;
45 ma pria voglio da te che tu mi leghi
di stretto giuramento la tua fede
di startene in disparte e non por mano,
per impedirmi in quel che son per fare”.
Io (chi pensato avria caso sì strano,
50 né sì pazzo furor?), com’egli volse,
feci scongiuri orribili, chiamando
e Pane e Pale e Priapo e Pomona,
ed Ecate notturna. Indi si mosse,
e mi condusse ov’è scosceso il colle,
55 e giù per balzi e per dirupi incolti
strada non già, ché non v’è strada alcuna,
ma cala un precipizio in una valle.
Qui ci fermammo. Io, rimirando a basso,
tutto sentii raccapricciarmi, e ‘ndietro
60 tosto mi trassi; ed egli un cotal poco
parve ridesse, e serenossi in viso;
onde quell’atto più rassicurommi.
Indi parlommi sì: “Fa che tu conti
a le ninfe e ai pastor ciò che vedrai”.
65 Poi disse, in giù guardando:
“Se presti a mio volere
così aver io potessi
la gola e i denti de gli avidi lupi,
com’ho questi dirupi,
70 sol vorrei far la morte
che fece la mia vita:
vorrei che queste mie membra meschine
sì fosser lacerate,
ohimè, come già foro
75 quelle sue delicate.
Poi che non posso, e ‘l cielo
dinega al mio desire
gli animali voraci,
che ben verriano a tempo, io prender voglio
80 altra strada al morire:
prenderò quella via
che, se non la devuta,
almen fia la più breve.
Silvia, io ti seguo, io vengo
85 a farti compagnia,
se non la sdegnerai;
e morirei contento,
s’io fossi certo almeno
che ‘l mio venirti dietro
90 turbar non ti dovesse,
e che fosse finita
l’ira tua con la vita.
Silvia, io ti seguo, io vengo”. Così detto,
precipitossi d’alto
95 co ‘l capo in giuso; ed io restai di ghiaccio.
[DAFNE] Misero Aminta! [SILVIA] Ohimè!
[CORO] Perché non l’impedisti?
Forse ti fu ritegno a ritenerlo
il fatto giuramento?
100 [NUNCIO] Questo no, ché, sprezzando i giuramenti,
vani forse in tal caso,
quand’io m’accorsi del suo pazzo ed empio
proponimento, con la man vi corsi,
e, come volse la sua dura sorte,
105 lo presi in questa fascia di zendado
che lo cingeva; la qual, non potendo
l’impeto e ‘l peso sostener del corpo,
che s’era tutto abandonato, in mano
spezzata mi rimase. [CORO] E che divenne
110 de l’infelice corpo? [NUNCIO] Io no ‘l so dire:
ch’era sì pien d’orrore e di pietate,
che non mi diede il cor di rimirarvi,
per non vederlo in pezzi. [CORO] O strano caso!
[SILVIA] Ohimè, ben son di sasso,
115 poi che questa novella non m’uccide.
Ahi, se la falsa morte
di chi tanto l’odiava
a lui tolse la vita,
ben sarebbe ragione
120 che la verace morte
di chi tanto m’amava
togliesse a me la vita;
e vo’ che la mi tolga,
se non potrò co ‘l duol, almen co ‘l ferro,
125 o pur con questa fascia,
che non senza cagione
non seguì le ruine
del suo dolce signore,
ma restò sol per fare in me vendetta
130 de l’empio mio rigore
e del suo amaro fine.
Cinto infelice, cinto
di signor più infelice,
non ti spiaccia restare
135 in sì odioso albergo,
ché tu vi resti sol per instrumento
di vendetta e di pena.
Dovea certo, io dovea
esser compagna al mondo
140 de l’infelice Aminta.
Poscia ch’allor non volsi,
sarò per opra tua
sua compagna a l’inferno.
[CORO] Consòlati, meschina,
145 che questo è di fortuna e non tua colpa.
[SILVIA] Pastor, di chi piangete?
Se piangete il mio affanno,
io non merto pietate,
ché non la seppi usare;
150 se piangete il morire
del misero innocente,
questo è picciolo segno
a sì alta cagione. E tu rasciuga,
Dafne, queste tue lagrime, per Dio.
155 Se cagion ne son io,
ben ti voglio pregare,
non per pietà di me, ma per pietate
di chi degno ne fue,
che m’aiuti a cercare
160 l’infelici sue membra e a sepelirle.
Questo sol mi ritiene,
ch’or ora non m’uccida:
pagar vo’ questo ufficio,
poi ch’altro non m’avanza,
165 a l’amor ch’ei portommi;
e se ben quest’empia
mano contaminare
potesse la pietà de l’opra, pure
so che gli sarà cara
170 l’opra di questa mano;
ché so certo ch’ei m’ama,
come mostrò morendo.
[DAFNE] Son contenta aiutarti in questo ufficio;
ma tu già non pensare
175 d’aver poscia a morire.
[SILVIA] Sin qui vissi a me stessa,
a la mia feritate: or, quel ch’avanza,
viver voglio ad Aminta;
e, se non posso a lui,
180 viverò al freddo suo
cadavero infelice.
Tanto, e non più, mi lice
restar nel mondo, e poi finir a un punto
e l’essequie e la vita.
185 Pastor, ma quale strada
ci conduce a la valle, ove il dirupo
va a terminare? [NUNCIO] Questa vi conduce;
e quinci poco spazio ella è lontana.
[DAFNE] Andiam, che verrò teco e guiderotti;
190 ché ben rammento il luogo. [SILVIA] A Dio, pastori;
piagge, a Dio; a Dio, selve; e fiumi, a Dio.
[NUNCIO] Costei parla di modo, che dimostra
d’esser disposta a l’ultima partita.
[CORO] Ciò che morte rallenta, Amor, restringi,
195 amico tu di pace, ella di guerra,
e del suo trionfar trionfi e regni;
e mentre due bell’alme annodi e cingi,
così rendi sembiante al ciel la terra,
che d’abitarla tu non fuggi o sdegni.
200 Non sono ire là su: gli umani ingegni
tu placidi ne rendi, e l’odio interno
sgombri, signor, da’ mansueti cori,
sgombri mille furori;
e quasi fai col tuo valor superno
205 de le cose mortali un giro eterno.