Sono timido cover
28 Dicembre 2019Le fonti dei Sepolcri, gli elementi caratterizzanti e la parafrasi dei primi 90 ve…
28 Dicembre 2019La canzone “Andava a Rogoredo” racconta la storia di un uomo che vive una serie di disavventure e frustrazioni personali.
Il testo, scritto in dialetto milanese, racconta una situazione concreta e quotidiana, che riflette la capacità di Jannacci di cogliere e rappresentare la realtà con un tocco di umorismo e una certa crudezza.
Parafrasi e Analisi dei Versi
- “Quest ca sunt dré a cüntavv, l’è ‘na storia vera”
- Questo che sto per raccontare è una storia vera.
- “De vün che l’è mai stà bún de dì de no”
- Di uno che non è mai stato capace di dire di no.
- “I s’era conossü visin a la breda / Lì l’era d’ ruguréd e lü… su no!”
- Si erano conosciuti vicino alla fiera. Lì, lui era di un’altra parrocchia, e l’altro… no!
- “Un dì lü l’avea menada a veder la fiera / La gh’eva un vestidin color del trasú”
- Un giorno lui l’aveva portata a vedere la fiera. Lei indossava un vestitino color traslucido (chiaro).
- “Disse: ‘vorrei un krapfen… non ho moneta’ / ‘Pronti!’ el gh’ha dà dés chili… e l’ha vista pü!”
- Lei disse: “Vorrei un krapfen, ma non ho soldi.” “Ecco!” lui le diede dieci chili e non la vide più.
- “Andava a rogoredo, cercava i suoi danée / Girava per rogoredo e vosava come un strascée”
- Lui andava a Rogoredo cercando i suoi soldi, girava per Rogoredo e urlava come un disperato.
Ritornello:
- “No, no, no no, non mi lasciar / E no, no, no no, non mi lasciar mai, mai, mai!”
- “No, no, no, non mi lasciare / E no, no, no, non mi lasciare mai, mai, mai!”
Analisi del Ritornello
Il ritornello, con la ripetizione insistente di “non mi lasciare,” esprime un disperato appello all’amore e alla stabilità, riflettendo un sentimento di abbandono e solitudine profonda.
Versi Successivi:
- “Triste è un mattin d’aprile senza l’amore!”
- Triste è una mattina di aprile senza amore!
- “I gh’era vegnü anca in ment d’andà a ‘negass / (Là) Dove el navili l’è pussé negher”
- Gli era venuto anche in mente di andare a “Negass” (un quartiere di Milano), dove il lavoro è più duro.
- “Dove i barcún i poeden no ‘rivà / E l’era bel fermott de giamò un quart d’ura”
- Dove i barconi non possono arrivare e lui era rimasto fermo per un quarto d’ora.
- “E l’era passà anca el temp d’andà a timbrà / ‘Mi credi che ‘massàmm, ghe poeuss pensar süra”
- Era passato anche il tempo di timbrare (l’uscita). “Credi che io non mi preoccupi di tutto questo, lo penserei sopra.”
- “’Dess voo a to’ i mè dés chili… poi si vedrà!”
- “Lasciami i miei dieci chili… poi vedremo!”
Riflessione e Commento Finale
La canzone narra un racconto di disillusione e di lotte quotidiane. Jannacci usa il dialetto milanese e una narrazione vivida per dipingere un quadro della vita di persone comuni e delle loro frustrazioni. L’ironia è evidente nella descrizione delle disavventure dell’uomo e nella sua situazione disperata, che culmina in un appello straziante e ripetuto nel ritornello.
L’uso del dialetto, la rappresentazione di scene quotidiane e il ritornello emotivo contribuiscono a rendere la canzone un potente riflesso della condizione umana e sociale, con una miscela di umorismo amaro e riflessione profonda. Jannacci riesce a creare una connessione autentica con l’ascoltatore, mettendo in luce la lotta, la solitudine e il desiderio di appartenenza.