Viaggio verso la seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Il decadentismo
27 Gennaio 2019E’ convinzione di molti che tra arte e droga esista un forte connubio. L’artista, secondo un luogo comune, accoglie in sé il binomio “genio” e “sregolatezza”.
A far nascere questa convinzione, probabilmente, ha contribuito il fatto che l’artista, generalmente, non presenta particolari preclusioni mentali o tabù.
Ovviamente, ciò non significa, a priori, che chi si occupa di arte, faccia uso spasmodico e generalizzato di droghe o stupefacenti.
Tuttavia è pure pacificamente risaputo che l’uso di droghe nella produzione artistica di ogni tipo, arte visiva, musica, letteratura, pittura, ecc., non è insolito e né irrilevante.
L’uso di droghe nel campo artistico si differenzia anche a secondo delle epoche.
Alla fine dell’ 800 la droga più diffusa, tra gli artisti è l’assenzio. Una droga a basso costo e di facile reperibilità. Di essa facevano uso, in particolare, gli artisti romantici, incompresi dalla società e oppositori dei valori borghesi, è la droga di Degas, di Manet , Van Gogh, Picasso, Gauguin. Nel 1915, dopo avere assunto le caratteristiche di una vera e propria piaga sociale, l’assenzio viene proibito per legge.
Negli anni ’20, invece, nella Lousiana e in particolare nella New Orleans era molto diffusa la marijuana, diffusione che coincide con la nascita della musica jazz.
All’interno del mondo dell’arte la cultura della droga ha avuto molti profeti, molti teorici, e molti praticanti. Circolano droghe tra gli artisti della beat generation, tra quelli dell’espressionismo astratto, tra gli esistenzialisti parigini del dopo guerra, tra gli aderenti all’arte psichedelica.
Nell’ambito di tali artisti o correnti di pensiero o di estemporanee mode, la droga viene concepita quale mezzo capace di allentare i freni inibitori, di attuare legami tra idee anche lontane tra loro e liberare la creatività dalle trappole del razionalismo permettendo, quindi, al “genio” la liberazione della sua massima capacità immaginifica permettendogli, per questa via, di superare le contraddizioni che derivano dal pensiero razionale e quindi la sua stessa irrazionalità
Secondo taluni esperti, l’assunzione di droga, nel mondo artistico, trova la sua “giustificazione” nella possibilità, per l’artista, di trarre da detta assunzione particolari vantaggi, seppure anomali e innaturali, quali ad esempio: il potenziamento della capacità percettiva e l’amplificazione delle capacità sensitive. Vantaggi che, arricchiranno la sua capacità espressiva, confluendo il tutto, nel prodotto artistico.
Tuttavia, appare evidente, commentano altri, che da uno stato di confusione, quale quello a cui da luogo l’assunzione di droghe, non può avere origine l’arte intesa quale massima espressione di creatività.
Secondo questi ultimi, la dove non c’è creatività autonoma e consapevole, non c’è arte.
Tra le diverse correnti di pensiero, l’impressionismo, secondo taluni, è quello con il quale maggiormente è possibile riscontrare un certo connubio con la droga.
L’impressionismo
Il movimento impressionista si sviluppò a Parigi intorno al 1860.
Ciò che caratterizzava gli impressionisti, insieme al rifiuto dei soggetti storici, era l’interesse a cogliere gli aspetti della realtà circostante (paesaggi naturali, popolati da gente comune), infatti osservando i loro quadri possiamo avere un’immagine di quello che succedeva a Parigi in quegli anni.
Gli artisti impressionisti erano uniti dal comune desiderio di evadere dalle regole dell’arte ufficiale e dalle scuole d’arte, infatti non usavano, nei loro quadri, la prospettiva e non trattavano soggetti storici e religiosi.
Molti di loro non lavoravano in uno studio(atelier) ma all’aperto(en plein air).
La luce, colpendo gli oggetti, viene assorbita o respinta, scomponendosi nei vari colori che si mescolano creando un trionfo di luce, che si può trovare nell’arte impressionista.
I pittori impressionisti cercavano di rappresentare la realtà così come la vedevano, cogliendone solo l’impressione generale senza soffermarsi sui dettagli, e non aggiungendo le proprie emozioni e le proprie considerazioni.
Le pennellate rapide danno un senso di istantaneità, e i colori, accostati ma non mescolati, mantengono la loro luminosità e la loro chiarezza.
Questi artisti si interessavano particolarmente allo studio dei colori e della luce.
Il paesaggio e i soggetti venivano fissati con rapidi tocchi di colore, creando così delle vibrazioni, che danno l’impressione di un movimento nell’immagine.
Alcuni dei pittori più importanti e famosi di questo movimento furono: Monet, Manet, Renoir, Degas, Sisley e Pisarro.
Questi si riunivano presso il Caffè Guerbois, per creare le loro opere, che esposero per la prima volta il 15 Aprile del 1874 ma i critici non accettarono i loro dipinti perché ritenuti rozzi e volgari.
L’Assenzio(Edgar Degas)
L’Assenzio è un dipinto ad olio su tela di cm 92×68 realizzato tra il 1875 ed il 1876 dal pittore francese Edgar Degas.
La tela in origine era intitolata “in un caffè” e fu esposta alla seconda mostra degli impressionisti nel 1876.
Degas raffigura un uomo(l’incisore Marcellin Desboutin) ed una donna(l’attrice Ellen Andrèe) seduti uno accanto all’altro, raccolti nella loro solitudine ed emarginazione; per aumentare il senso di isolamento, il pittore relega le due figure sulla destra e lascia lo spazio centrale della tela alla nuda presenza del tavolo scorciato su cui è abbandonata una bottiglia vuota.
La donna ha davanti a sé un bicchiere pieno di assenzio, un liquore verdastro aromatizzato con menta e anice, molto diffuso tra la popolazione europea del tempo.
Il consumo eccessivo dell’assenzio era allora una vera piaga sociale.
Degas mette in evidenza l’intorpidimento dei due avvolti dall’effetto dell’assenzio che ha reso le loro facce inebetite.
Proprio come in “classe di danza” la prospettiva ha ancora un valore predominante, in questo caso sottolineata dal tavolo e dall’inquadratura tipica dell’autore.
Gli abiti dei personaggi ci danno l’idea del loro ceto sociale, infatti la donna non è sicuramente una borghese, mentre l’uomo è il tipico “clochard”, ovvero uomini che apparivano come dei barboni ma in realtà erano artisti che non esponevano più i loro quadri e dipingevano solo per urgenza creativa, perché sentivano l’esigenza di dover dimostrare qualcosa.
Degas inoltre usa un titolo insolito per l’opera, proprio perché vuole mettere in evidenza gli effetti collaterali della bevanda.
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dalla Tesina per scuola media La droga di Andrea Depani