Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019Artur Rimbaud di Carlo Zacco
Artur Rimbaud (1854 – 1891)
La vita. Nacque a Charleville [Ardenne] nel 1854 da una tipica famiglia borghese agiata, religiosamente osservante. Ebbe una educazione rigida e autoritaria, che alla prima occasione la ripudiò drasticamente. Nel 1870, caduto Napoleone III e il secondo impero, fuggì di casa. Terminato il poemetto “Il battello ebbro”, lo inviò a Verlaine. L’amicizia tra i due divenne strettissima. Il diciassettenne Rimbaud trascinò nella sregolatezza Verlaine, che non esitò a lasciare la moglie e a fuggire con lui in Belgio, poi in Inghilterra, infine di nuovo in Belgio. Quando Rimbaud si stufò di Verlaine questi reagì a revolverate. Rimbaud restò ferito, mentre Verlaine finì in prigione. Lasciato il Belgio, tornò in Inghilterra, poi in Germania, in Italia, nelle colonie olandesi come combattente volontario. Vagò poi per l’europa al seguito di un circo, finché la certezza di essere malato e bisognoso di cure lo riportò a casa. Nel 1880 accettò di fare da agente commerciale in Abissinia per conto di una grossa compagnia. Cercò di arricchirsi commerciando e contrabbandando. Sofferente di un tumore al ginocchio, entrò all’ospedale di Marsiglia. L’arto gli fu amputato, ma questo non bastò a far regredire il male. Morì a Marsiglia dopo pochi mesi, nel 1891.
Lettre du Voyant
Lettre du Voyant. Baudelaire muore nel 1867, e già nel 1871 Rimbaud scrive la lettere cosiddetta du Voyant, lettere del veggente, datata 15 Maggio 1871 e indirizzata all’amico Paul Demeny, dove l’autore fa un sommario della tradizione precedente e parla di Baudelaire come il 1° veggente, il re dei poeti, un vero dio. Rimbaud propone in questa lettera di investigare l’invisibile e l’inaudito.
Rimbaud e l’inconnu. A 20 anni Rimbaud smette di scrivere. Le sue opere hanno infatti carattere adolescenziale, ciò che dice Rimbaud pare essere proprio quel nuovo che Baudelaire cercava. Nella lettera a Paul Demeny (Du Voyant) Rimbaud cita molti esempi di letterati e fa molte affermazioni che ci dicono molto di lui, esplicita molte intuizioni che saranno comprensibili solo dopo molti anni, con la nascita della psicanalisi: la celebre frase io è un altro” riporta ad un io che non conosciamo; il poeta cerca l’anima, la scruta, cerca di conoscerla, anche nella sua bruttezza, ed occorre avere molto coraggio per mostrarsi nella propria mostruosità. Occorre farsi veggente ed arrivare a vedersi nelle parti più nascoste: conoscere l’ignoto: ed eccolo lì l’ignoto, l’inconnu che Baudelaire cercava senza trovarlo, è l’anima del poeta scoperta fin nelle sue intime latebre. Rimbaud cerca il nuovo nell’ignoto, e l’ignoto è la sua stessa anima. Non importa che cosa esce da questo ignoto, importa solo che ciò che scopriamo ci parla di ciò che prima non conoscevamo. La poesia non deve andare appresso all’azione e descriverla o imitarla, deve precederla (il nuovo).
Déreglement e provocazione. Il demone di Rimbaud è quello della rivolta, l’uomo occidentale è da lui disprezzato come pure tutti i suoi valori morali che sono da lui disprezzati e sbeffeggiati [Raymond].
Insofferenza verso la società. Rimbaud è insofferente verso tutto, famiglia, scuola, società; ha un ingegno precoce, registra tutte le contraddizioni che gli stanno intorno e cerca di sfuggire ad esse. Il suo è un bisogno infantile ma per questo schietto ed innocente, non condannabile: ha lui l’innocenza puerile che permette di ridere del re nudo.
Parentesi adolescenziale. Se per Baudelaire l’arte era una possibile via d’uscita alla quale l’artista dedicherà tutta una vita, per Rimbaud l’arte è al massimo un momento passeggero, il suo periodo di produzione artistica infatti si svolge tra 16 e i 20 anni di età, dopo il quale l’autore si occuperà di tutto fuorchè d’arte. Un periodo adolescenziale. Rimbaud incarnerà questo modo di pensare con uno stile di vita sregolato, senza nemmeno preoccuparsi della sua stessa arte, in vita pubblicherà infatti un solo scritto, saison a linfer. Le opere di Rimbaud vengono pubblicate da Verlaine. L’estremismo dello stile di Rimbaud si giustifica interamente col fatto che la sua è una poesia adolescenziale, e porta un senso di sprezzante superiorità tipico dell’adolescenza il senso illusorio di aver trovato qualcosa di nuovo, di assoluto, c’è anche in lui la volontà di defilarsi dal mondo; sente che ha qualcosa di diverso da dire e vuole affermarlo, imporlo;
Del resto sia l’opera che la vita di Rimbaud stesso è meno trasgressiva di ciò che egli vuol far credere: moltissimo è mutuato da Baudelaire. Il salto che Rimbaud fa è quello verso la comunicabilità dell’esperienza, il nucleo di questa poesia più che tematico (filosofico), è volto a rappresentare l’irreale tramite immagini caotiche, spezzate, disarmoniche: non importa il cosa, ma il come.
Voyelles (1871)
Sonetto. Fa un salto in avanti rispetto a Baudelaire; deve molto a Correspondances e mette in atto quello sregolamento dovuto alle droghe.
A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu; voyelles, Je dirai quelque jour vos naissances latentes: A, noir corset velu des mouches éclatantes Qui bombinent autour des puanteurs cruelles, Golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes, Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d’ombelles; I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles Dans la colère ou les ivresses pénitentes; U, cycles, vibrements divins des mers virides, Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux; O, supreme Clairion plein des strideurs étranges, Silences traversés des Mondes et des Anges; – O l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux! |
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, Io dirò un giorno le vostre origini segrete: A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti Che ronzano intorno a fetori crudeli, Golfi d’ombra; E, candori di vapori e di tende, Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di fiori a forma d’ombrello; I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra Nella collera o nelle ebbrezza penitenti; U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi, Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe Che l’alchimia scava nelle ampie fronti studiose. O, Tuba suprema piena di stridori strani, Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli: – O l’Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi! |
Il metro è regolare secondo la tradizione del sonetto francese; l’irregolarità al massimo può essere che il discorso non si interrompe fra prima e seconda quartina, ma è cosa già presente anche nella poesia tradizionale precedente.
Ad ogni vocale è assegnato un colore ed una serie di immagini.
Detto che la A è nera vengono elencate delle immagini sgradevoli legate a questo colore; la E è bianca, e ad essa vengono per contrasto associate della immagini ampie ed ariose (i Re sono bianchi forse perché anziani). La I è rossa, porpora, sangue, labbra insanguiate che ridono con collera; per la Ü abbiamo il verde, ma l’associazione con l’immagine della bicicletta resta davvero misteriosa, sempre al verde viene associato il riposo, la quiete (forse per la natura), e inoltre è seguita da parole che hanno il suono chiuso ‘i; la O dovrebbe essere blu, ma viene associata ad immagini che richiamano il suo suono e per il fatto che l’Ωμηγα è opposta all’ αλÏ+α.
Gratuità delle associazioni. La vera novità è nel primo verso dove ad ogni vocale viene associato un colore come se ciò fosse un fatto del tutto naturale. Quello che conta è la gratuità di queste associazioni, del Resto pare che Rimbaud non fosse interessato alla coerenza, ma semplicemente vedeva in quel momento la A nera, e così ha scritto. I rapporti logici tra immagini sono rari e casuali: la novità è nella sinestesia del primo verso in cui la corrispondenza tra suoni, immagini e profumi anticipata da Baudelaire in Correspondences trova qui compimento.
La sinestesia. La sinestesia è la figura retorica prediletta per i poeti decadenti, che spiazzano il lettore il quale si domanda costantemente quale sia il grado di verità di queste associazioni.
La linguistica novecentesca discuterà molto del rapporto tra segno e realtà: Saussure insisterà molto sull’arbitrarietà del segno e sul fatto che il rapporto tra significante e significato sia unicamente convenzionale; Jakobson invece afferma che questo tipo di simbolismo fonico ha dell’oggettivo: in linguistica si parla di vocali chiare e vocali scure in base alla loro apertura o chiusura. Del resto i linguisti greci non avevano problemi a distinguere vocali scure ( ο Ï? Ï… ) da vocali chiare ( ε η ι ).
Deformazione del reale. Altro aspetto tipico della poetica di Rimbaud è il rifiuto della bellezza classica, e la sua sostituzione con immagini brutte e deformate: rimbaud attacca i fiori, e se li usa sono fiori brutti, cotone, tabacco: va a tutti i costi contro le consuetudini.
Manca una cosa: l’io, il grande assente delle poesie di Rimbaud. Una poesia disumanizzata, che parla al vuoto e ad un certo punto perde anche il metro in favore della prosa poetica o del verso libero.
Marine – 1872
Ecco il primo esempio di verso libero; tutti versi brevi tranne l’ultimo.
MARINE |
MARINA I carri d’argento e di rame |
Intanto occorre notare che il paesaggio marino non centra nulla. Ci sono prue, schiuma, correnti, riflusso, molo, ma tutto è intrecciato con altri elementi che esulano dal paesaggio marino.
Marino/terreno. I carri: non centrano col mare; le prue: centrano, ma battono la schiuma insieme ai carri, per poi sollevare i ceppi dei rovi, ed anche qui nulla a che vedere col mare;
Il testo non autorizza nessuna analogia precisa. Forse è un immagine di navi che arano il mare” ma non è una metafora contenuta nel testo, è possibile che nella testa dell’autore ci sia stata questa metafora, ma non è nel testo, e dunque non possiamo dirlo (e non c’è volutamente).
Distorsione del reale. L’effetto voluto è quello di uno spaesamento del lettore dovuto alle relazioni ingiustificate tra elementi diversi, anche se questi restano pienamente riconoscibili: oggetti reali, familiari, sensibili ma senza relazioni logiche tra loro. L’autore ci fornisce una sua visione del reale, ma senza dirci come e perché di quella distorsione; noi non siamo chiamati a ricostruire tutti i passaggi che lui non esplicita, bensì siamo chiamati ad accettare questa sfasatura così com’è, ad accettare la sua visione soggettiva (ed allo stesso tempo veniamo autorizzati a farcene una nostra).
Baudelaire e Rimbaud si cimentano in una programmatica ricerca del nuovo in ciò che la letteratura aveva fino ad allora scartato: il brutto, il turpe, l’osceno, il deforme. Non si trattava semplicemente di una saturazione nei confronti di quei temi e forme di rappresentazione ormai ripetitive ed abusate, c’è proprio la convinzione che siano quegli oggetti prima scartati ad essere divenuti essenziali.
Dopo Baudelaire viene stabilito che il nuovo consiste nello sconosciuto dentro di sé, l’io è un altro, dove questo altro non è una sostanza spirituale o una specie di anima con cui riconciliarsi, bensì qualcosa di oscuro, terribile, e per questo grandioso; i confini di questo ignoto sono rasenti a quelli della follia, della malattia, e per affrontare la loro brutalità occorre coraggio: questo atto di coraggio può garantire il progresso.
Lo stesso Rimbaud fa della sua vita qualcosa di complesso, contraddittorio, sconcertante, che non possiamo cogliere sempre e far rientrare in dei canoni; siamo di fronte ad una personalità alterata, spinta sempre oltre il limite. Proprio questo sarà l’esempio per le avanguardie che cercano appunto il nuovo, il mai realizzato.
Isidore Lucien Ducasse, conte di Lautréamont (1846 – 1870)
Anche lui uno scrittore dalla vita ambigua e dissoluta, muore nel 70, ventiquattrenne, in circostanze oscure. La sua opera più famosa è Chants de Maldoror, prosa poetica che esprime una visione esacerbata dell’esistenza tramite un linguaggio strano e mostruoso, immagini orride, violente, legami logici non sempre chiari, atmosfera eccitata, sadica; romanticismo sadico, da romanzo gotico. La struttura è frammentata ma ha molto attratto i surrealisti.
Il sogno. inteso come visione, con tutte le sue anomalie ed elementi terribili; visione perché oltrepassa l’atto del vedere. I poeti voglio raggruppare queste visioni, questi oggetti anormali, ma quando lo fanno si accorgono che non esiste un linguaggio per descriverle ed occorre inventarlo. In realtà questo linguaggio esisteva, ed era quello del sogno. Un linguaggio che non serve alla comunicazione, o che per lo meno la rende molto difficile, i sogni sono fatti di visioni non linguistiche, parlano attraverso figure, possono essere immagini gradevoli ma anche terribili, in ogni caso disordinate, fantastiche, frammentarie.
In Lautréamont abbiamo proprio queste immagini oniriche: la difficoltà che abbiamo nell’interpretarle è la stessa che abbiamo noi quando cerchiamo di interpretare i sogni: il sogno vuole mostrare e nascondere insieme.
Nei sogni abbiamo immagini riconoscibili, ma anche anomale, fuori dalla normale esperienza, i sogni ci sorprendono e ci sconvolgono.
L’arte è stata spesso assimilata al sogno: l’arte può mostrare cose che sapevamo, ma altre volte cose che non ci aspettavamo, l’arte è straniamento (?klovkij) perché ci mostra la realtà in modo nuovo trasformando la vista in visione. Questa non è una novità: l’arte è piena di racconti di sogni, ma sempre in forma diegetica, regolare, comprensibile, raccontabile: il sogno del ‘900 non si capisce, non si può capire, non può essere rappresentato da una serie di immagini logiche, come i sogni veri che facciamo.
Nel decadentismo l’inconscio prende il sopravvento; ora siamo abituati a questi concetti perché abbiamo alle spalle oltre un secolo di psicologia, abbiamo Freud e l’interpretazione dei sogni.
Freud
L’interpretazione dei sogni di Freud esce nel 1899. Freud ci insegna che il nostro io non è costituito solo dalla parte conscia, ma che ce né una molto più grande chiamata inconscio, di cui l’io è solo la punta dell’iceberg. L’inconscio è tutto ciò che abbiamo rimosso; inconscio e coscienza sono divisi e noi non sappiamo nulla dell’inconscio, che è fatto di bisogni che la coscienza non accetta, e men che meno lo fa la società. Ma l’inconscio non è del tutto eliminato, giace sul fondo, e gode di straordinaria vitalità.
Un modo per far affiorare l’inconscio è proprio l’interpretazione dei sogni: Freud afferma infatti che durante il sonno si riduce la capacità di censura che la coscienza mette in atto durante la veglia e le pulsioni tentano di affiorare; l’attività censoria, seppur, ridotta, è sempre in azione e dunque l’inconscio non affiora con chiarezza bensì tramite immagini mascherate. Il sogno è dunque un linguaggio figurato, non verbale, o poco verbale, le sue immagini sono ambigue, simboliche, contraddittorie; un immagine può valere per sé stessa o per il suo contrario, e questo fatto è normale per l’inconscio.
Due caratteri del linguaggio onirico:
a) condensazione: quando più cose posso essere condensate in una;
b) spostamento: le cose vengono straniate per non essere riconosciute;
Le immagini sono ambigue e Freud ha messo a punto una tecnica per interpretarle; attraverso il dialogo col paziente il medico è in grado di sciogliere quella simbologia e cogliere il significato del sogno.
L’ignoto di Rimbaud è proprio questo inconscio; Freud ha dato una sistemazione organica alle proposte aperte dal romanticismo e seguite dal decadentismo (Gioanola).
‘Simbolico è sinonimo di allusivo: qualcosa cioè che fa riferimento a realtà diverse secondo delle corrispondenze: se in San Martino di Carducci la nebbia è nebbia, fatto atmosferico, visibile, in Pascoli la nebbia occupa tutta la poesia e non è affatto un semplice fenomeno atmosferico, ma si fa simbolo di un sentimento del poeta, qualcosa che deve nascondere la realtà al cuore; la nebbia diventa simbolo, illustrazione dell’animo del poeta che vuole nascondere il dolore; è in questo caso uninvocazione alla rimozione.
Nel decadentismo, oltre al Simbolo ci sono altre tecniche adatte a rendere impreciso il reale: viene data importanza allo sfumato.
Bergson inizia anche il suo lavoro verso la fine dell’800. In Saggio sui dati immediati della coscienza e Evoluzione creatrice Bergson dice cose che sono alla base dell’opera di Proust: il tempo non viene inteso come fattore cronologico, che scorre sempre uguale a se stesso, bensì viene inteso come durata, che è variabile, dipende dal soggetto singolo, e collega il presente con il passato non attraverso il ricordo ma in una più ampia dimensione di memoria: il ricordo può essere richiamato volontariamente, la memoria no, c’è, e affiora tramite associazioni involontarie con la realtà che abbiamo sotto gli occhi.