Giuseppe Corso
27 Gennaio 2019Access
27 Gennaio 2019Ricerca di geografia di Serena Dipilato, Alice Punzetti, Chiara Invernizzi e Alessandra Gigliarano
Asmara, capitale dell’Eritrea dal 1993, collegata al porto di Massaua mediante la rete stradale e ferroviaria, è situata in una regione bagnata dai fiumi Barca e Anseba. Le attività economiche della città comprendono la produzione di calzature, la lavorazione di legname, l’industria alimentare, tessile e la produzione di mattoni, vetro, cemento. La città è sede di un’università cattolica e di istituti di istruzione italiani. Asmara venne occupata dall’Italia nel 1889 e divenne capitale dell’Eritrea nel 1900, rimanendo tale fino al 1962. Finché fu parte dell’Africa Orientale Italiana la regione conobbe un certo sviluppo.
Veduta di Asmara
Asmara è la capitale e la maggiore città dell’Eritrea, in passato regione dell’Etiopia, dalla quale si è staccata divenendo indipendente nel 1993. Centro industriale del paese, la città è collegata tramite una rete ferroviaria e stradale alla vicina città di Massaua, porto sul Mar Rosso.
Fonte: Trevor Page./Panos Pictures
Asmara, Eritrea
La Grande Moschea, centro di culto della comunità musulmana che costituisce circa la metà della popolazione di Asmara. La città divenne capitale della colonia italiana di Eritrea nel 1900, ne rimase capoluogo durante il periodo in cui il paese fu annesso all’Etiopia e fu confermata capitale alla conquista dell’indipendenza nel 1993, dopo un conflitto con l’Etiopia durato oltre 25 anni.
Fonte: Debby Hurd/Liaison Agency
Eritrea in cifre
Capitale
Asmara
Superficie
121.144 km²
Città principali (popolazione)
Asmara: 563.948 (2005)
Massaua: 39.098 (2005)
Popolazione
4.786.994 (2006)
Tasso di crescita
2,47% (2006)
Densità di popolazione
40 abitanti per km² (2006)
Popolazione urbana e rurale
Popolazione urbana: 20% (2003)
Popolazione rurale: 80% (2003)
Speranza di vita
Totale: 59 anni (2006)
Femmine: 60,7 anni (2006)
Maschi: 57,4 anni (2006)
Tasso di mortalità infantile
46 morti per 1000 nati vivi (2006)
Tasso di alfabetizzazione
Totale: 55,7% (2000)
Femmine: 44,5% (2000)
Maschi: 67,3% (2000)
Forma di governo
Repubblica
Costituzione
23 maggio 1997
Diritto al voto
Suffragio universale (età minima: 18 anni)
Economia
Prodotto interno lordo (PIL)
925 milioni di $ USA (2004)
PIL pro capite
220 $ USA (2004)
PIL per settore economico
PIL: agricoltura 15,1% (2004)
PIL: industria 24,2% (2004)
PIL: servizi 60,7% (2004)
Occupazione
Forza lavoro totale: 1.718.171 (2004)
Forza lavoro per settore economico
Forza lavoro occupata nell’agricoltura: 81% (1990)
Forza lavoro occupata nell’industria: 5% (1990)
Forza lavoro occupata nei servizi: 15% (1990)
Moneta
1 nakfa (ERN) = 100 centesimi
Esportazioni
Bestiame, sorgo, prodotti tessili, prodotti alimentari, prodotti dell’artigianato
Importazioni
Macchinari, prodotti petroliferi, prodotti alimentari, manufatti
Partner commerciali: esportazioni
Malaysia, Italia, Germania, Francia
Partner commerciali: importazioni
Italia, Stati Uniti d’America, Germania, Ucraina, Turchia, Francia
Industria e servizi
Lavorazione di generi alimentari, bevande, abbigliamento, tessuti
Agricoltura e allevamento
Sorgo, bestiame (caprini), pesce, lenticchie, ortaggi, mais, cotone, tabacco, caffè, agave (per la produzione di funi)
Risorse naturali
Oro, potassa, zinco, rame, sale, pesce; potenziali giacimenti di petrolio e gas naturale nei pressi del Mar Rosso
Colonialismo italiano
Fonte: microsoft
Spartizione dell’Africa
L’occupazione dell’Africa da parte delle potenze europee inizia nel XV secolo; i portoghesi, per agevolare la rotta delle proprie navi per le Indie orientali, creano infatti diverse basi commerciali sulle coste occidentali e orientali del continente. Insieme con gli arabi, i portoghesi avviano anche la tratta negriera, che ha il suo apice nel XVII secolo, quando intervengono nella lucrosa attività anche gli spagnoli, gli inglesi e gli olandesi. Limitato per molto tempo alle coste, il dominio europeo si estende all’interno del continente a partire dalla fine del XVIII secolo, quando il commercio delle materie prime sostituisce quello degli schiavi. La cartina illustra la spartizione del continente africano tra le potenze europee sancita dalla conferenza di Berlino (1884-85). Alla vigilia della prima guerra mondiale l’Africa è interamente colonizzata, a eccezione della Liberia e dell’Etiopia; quest’ultima sarà conquistata dall’Italia nel 1936.
Colonialismo italiano Politica di espansione territoriale al di fuori dei confini nazionali che l’Italia, a imitazione delle grandi potenze europee e in gara con esse, avviò in Africa nell’ultimo ventennio del XIX secolo e che culminò nella formazione dell’impero dell’Africa Orientale Italiana sotto il regime fascista, per concludersi alla fine della seconda guerra mondiale.
Il quadro internazionale che fece da sfondo all’impresa coloniale italiana si evidenziò alla conferenza di Berlino (1884-1885), nel cui ambito i paesi già titolari di colonie definirono le reciproche aree di influenza e stabilirono per il futuro alcuni criteri di concertazione. Pur assente dalla conferenza, l’Italia partecipò alla spartizione dell’Africa mossa da ragioni di prestigio, divenute più consistenti dopo che la Francia si era insediata in Tunisia (dichiarata protettorato francese nel 1881 in virtù del trattato del Bardo) ignorando analoghe ambizioni italiane. Nella scelta coloniale contarono anche ragioni di politica interna: le future colonie potevano rappresentare una valvola di sfogo per assorbire l’eccesso di manodopera.
Le mire espansionistiche del governo italiano si indirizzarono verso una zona dell’Africa orientale nella quale l’insediamento coloniale appariva più agevole, sia perché esploratori e missionari avevano per così dire aperto un varco in quella regione, sia perché la concorrenza degli altri paesi europei nella zona era meno agguerrita. Dopo avere acquistato dalla società di navigazione Rubattino nel giugno del 1882 la baia di Assab, sulla costa meridionale del Mar Rosso, nel febbraio del 1885 il governo italiano, presieduto da Agostino Depretis, inviò i primi contingenti dell’esercito, che sbarcarono a Massaua e di lì assicurarono il controllo sulla vicina zona costiera, che avrebbe formato la futura colonia di Eritrea, stanziandosi poi in Somalia e ponendo le basi per la successiva avanzata in Abissinia (ora Etiopia).
Il presidente del Consiglio Depretis fu costretto a dimettersi e fu sostituito da Francesco Crispi, che nel 1889 concluse con l’imperatore dAbissinia il trattato di Uccialli, in virtù del quale l’Italia si vedeva riconosciute le conquiste in Eritrea, eletta colonia nel 1890.
Africa orientale italiana
Africa orientale italiana Colonia italiana situata sulla costa orientale dell’Africa. Costituita nel 1936 dopo la conquista dellEtiopia da parte delle forze italiane, era formata dallEtiopia e dalle colonie dellEritrea e della Somalia italiana ed era amministrata da un vicerè e da cinque governatori. LEtiopia riconquistò l’indipendenza nel 1941 durante la seconda guerra mondiale quando fu occupata dagli Alleati. Il trattato di pace di Parigi del 1947 sancì per l’Italia la perdita dell’impero coloniale.
LEritrea fu posta sotto amministrazione provvisoria britannica fino al 1952 quando fu dichiarata unità autonoma federata con lEtiopia, paese con il quale ingaggiò una lunga guerra che si concluse nel 1993 con la proclamazione dell’indipendenza dellEritrea. Anche la Somalia Italiana, occupata dalle forze alleate nel 1941, fu governata dalla Gran Bretagna fino al 1950, quando fu assegnata dall’ONU in amministrazione fiduciaria all’Italia per dieci anni; nel 1960 si unì al Somaliland sotto protettorato britannico per formare uno stato somalo indipendente.
Urbanistica
Urbanistica Disciplina che si occupa dell’analisi e della pianificazione dello sviluppo dell’insediamento urbano. L’urbanistica elabora i piani generali di trasformazione del territorio, i piani di circolazione stradale dei veicoli pubblici e privati, le strategie di recupero delle zone depresse e delle aree rurali e i piani di protezione ambientale.
URBANISTICA CONTEMPORANEA
La rivoluzione industriale
La crescente complessità del tessuto urbano portò negli anni Cinquanta ad approfondire alcuni aspetti della vita e della struttura della città (economici, geografici e sociologici), rendendo necessaria per l’urbanistica l’apertura alle competenze di altre discipline. Il progetto urbanistico divenne così frutto della cooperazione di architetti, economisti, studiosi di scienze ambientali, igienisti, sociologi e di tutti gli specialisti in grado di interpretare i problemi e le necessità della città contemporanea. Lo strumento operativo principale dell’urbanistica italiana è il piano regolatore generale (
Solitamente esteso all’intero comune, il piano regolatore prevede la zonizzazione del territorio a seconda della destinazione (residenziale, direzionale, agricola, industriale ecc.), e stabilisce le norme di edificazione e gli indici di fabbricabilità. Il piano deve essere approvato dal Comune e successivamente dalla Regione. Altri sistemi operativi utilizzati in campo urbanistico sono i PEEP (piani per l’edilizia economica popolare), finalizzati alla realizzazione di all’oggi popolari, i PIP (piani di insediamento produttivo), per insediamenti di carattere industriale, commerciale e artigianale, i PPA (programmi pluriennali di attuazione), che stabiliscono i tempi di attuazione del PRG.
Rinnovamento urbanistico
Negli anni Quaranta, in molte città furono avviati piani di ristrutturazione urbanistica intesi a migliorare le condizioni dei quartieri degradati. Le facciate vennero ricostruite, le strade ripavimentate e le strutture portanti rinforzate. Sfortunatamente, gli interventi non tennero conto delle esigenze dei cittadini, che nella maggior parte dei casi si videro costretti a cercare alloggio altrove perché le migliorie apportate aumentarono il valore degli immobili e quindi l’affitto richiesto dai proprietari. Oggi, la pianificazione urbanistica prende seriamente in considerazione i fattori ambientali e umani prima di dare inizio a un programma di ristrutturazione. Nella foto, South Street Seaport, a New York, prima e dopo l’intervento di recupero edilizio.
Il PRG si è dimostrato però uno strumento piuttosto rigido e la stessa zonizzazione ha avuto come effetto un’eccessiva disaggregazione delle funzioni e delle destinazioni sociali delle varie parti della città. Una maggiore flessibilità nella progettazione è stata garantita da nuovi sistemi operativi adottati dagli urbanisti (piani d’inquadramento operativo, progetti di area ecc.) e da una maggiore autonomia locale, grazie al progressivo passaggio di competenze dal ministero dei Lavori Pubblici alle amministrazioni regionali e provinciali.
Le strategie urbanistiche degli anni Ottanta si sono soffermate soprattutto sugli interventi in zone circoscritte della città (le aree industriali dismesse e le zone portuali) e sulle possibili modalità di riutilizzo dell’esistente, puntando alla conservazione e alla ristrutturazione dei quartieri centrali degradati (già negli anni Cinquanta-Sessanta il problema del centro storico nelle città d’arte era stato affrontato da Giancarlo De Carlo con il piano di Urbino e da Giovanni Astengo con il piano di Assisi). Lo sviluppo del terziario avanzato ha inoltre indotto una necessaria riflessione sul tema dei centri direzionali, caratterizzati da alta densità edilizia: la realizzazione della Défense a Parigi e la ristrutturazione dei Docklands di Londra sono tra gli esempi più significativi (per quanto riguarda l’Italia, si consideri il centro direzionale di Napoli, a Poggioreale, e i progetti Garibaldi-Repubblica, Bovisa-Politecnico e Bicocca a Milano).
La nuova tendenza alla diffusione urbana, cioè alla dispersione nel territorio delle realtà abitative, dell’attività produttiva e delle infrastrutture, ha portato negli ultimi anni alla formulazione di interventi su vasta scala, regionali e sovraregionali.