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E opportuno a questo punto ricordare che il Somnium Scipionis” ebbe unenorme fortuna nei secoli successivi alla sua stesura: esso affascinò senza dubbio i neoplatonici prima, ed i pensatori cristiani poi. La visione ciceroniana dell’universo in effetti ben si adattava alla teologia cristiana, e per alcuni padri della Chiesa costituiva l’unico tipo di cosmo possibile. Grazie anche al commento che ne fece Macrobio, commentatore e letterato latino del V secolo, il Somnium Scipionis” venne diligentemente copiato nel periodo medioevale, ed era perciò ben noto al Sommo Poeta, Dante Alighieri, che ne fece una delle maggiori fonti della Divina Commedia”.
All’interno del capolavoro dantesco certo non mancano i riferimenti astronomici: essi sono presenti in tutte le cantiche (20 passi di argomento cosmologico nell Inferno”, 30 nel Purgatorio” e 40 nel Paradiso”) ma mentre nelle prime due il suo ruolo è semplicemente quello di conferire realismo alla trattazione o al più per far intendere lora, nella terza cantica l’astronomia assume quasi un ruolo portante. Del resto questo processo è abbastanza chiaro: nel corso del Paradiso” Dante si eleva al cielo, attraversando l’atmosfera terrestre e visitando le sfere concentriche che contengono i pianeti: è ovvio che descriva quello che vede intorno a sé, ossia lo spazio interplanetario.
Infine bisogna dire che la sua visione del cosmo è quella tipica dei teologi cristiani medioevali: i nove cerchi tolemaici con l’aggiunta dellempireo, la sede di Dio.
A questo punto ci soffermeremo ad analizzare il canto primo, che costituisce un vero e proprio indice analitico della Cantica, ossia sono in esso espletati quei temi, come la luce, o l’astronomia stessa, che verranno ripresi anche più avanti. Dante e Beatrice si trovano ancora nel Paradiso Terrestre e, dopo una breve invocazione alla Musa ed una dichiarazione d’intenti da parte dell’autore per i successivi canti, Dante sente dentro di sé il trasumanar”, ossia la crescita delle sue percezioni oltre il limite dell’umano; a questo punto inizia a cogliere un aspetto della realtà che prima non percepiva: una musica soave ed armoniosa, accompagnata da una luce intensa, si eleva dalle sfere celesti che ha davanti agli occhi.
Trasumanar significar per verba
non si poria; però l’essemplo basti
a cui esperienza grazia serba.
S’i’ era sol di me quel che creasti
novellamente, amor che ‘l ciel governi,
tu ‘l sai, che col tuo lume mi levasti.
Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l’armonia che temperi e discerni,
parvemi tanto allor del cielo acceso
de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.
La novità del suono e ‘l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume”
La musica che sente, così come la luce che vede (‘l grande lume) costituiscono un chiaro riferimento alla teoria dell’armonia celeste, e per inciso al Somnium Scipionis”, che come detto certamente Dante conosceva. Infatti anche nell’opera di Cicerone si accenna al fatto che gli uomini comuni non sono in grado di percepire tale musica, e Dante la descrive solo dopo il trasumanar”, quando oramai ha assunto delle caratteristiche che lo rendono più simile alla divinità. Tuttavia il collegamento viene da taluni studiosi negato; la motivazione principale risiede nel fatto che mai più questo tema sarà trattato nel Paradiso”. La spiegazione più probabile è che in effetti Dante si sia ispirato al Somnium Scipionis” per quanto riguarda la teoria dell’armonia celeste: tuttavia i pensatori cristiani medioevali (i cosiddetti scolastici) negavano che il moto dei cieli potesse generare un qualche tipo di musica non udibile agli orecchi umani, poiché essi si rifacevano in tutto e per tutto ad Aristotele, il quale aveva a sua volta aspramente criticato il suo maestro Platone proprio su questo punto. Il riferimento è quindi volutamente nascosto, allo scopo di non ricevere critiche dai suoi contemporanei, ma allo stesso tempo, come un messaggio segreto, trasmettere a chi ha l’intelletto per capire la sua personale idea.
Come del resto egli stesso dice in Inferno, IX:
O voi ch’avete li ‘nteletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani“
Oppure ancora in Paradiso, II:
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti”
Subito dopo i nostri protagonisti iniziano ad ascendere al cielo, verso la prima sfera, quella della Luna. Durante il viaggio Dante si interroga sul motivo del loro moto, ed è così che viene trattato il primo tema teologico-dottrinario. La situazione si ripeterà ancora parecchie volte nella Cantica, con copione simile: Dante esprime un dubbio, o pone una domanda, e Beatrice o uno dei beati che i due incontrano nel loro percorso rispondono. La trattazione è quasi sempre impostata sul modello scolastico. Beatrice risponde così al primo dubbio: l’universo è dominato dalla legge dell’ordine universale, ossia ogni realtà presente nell’universo ha insito nella sua natura un fine ultimo da raggiungere. Ad esempio per quanto riguarda l’uomo il fine ultimo è Dio stesso. Per questo motivo Dante, oramai completamente purificato grazie ai riti effettuati nel Paradiso Terrestre, ascende naturalmente” al cielo per ricongiungersi con Dio.
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