Non so dove metterla!
2 Agosto 2022Il cielo è limpido di Andrea Zanzotto
2 Agosto 2022Ho sempre studiato sui libri di storia la “Battaglia della Trebbia” sulla scorta di Piganiol, eminente studioso francese di storia romano, per poi scoprire che è più corretto dire Battaglia del Trebbia
Fasi della battaglia sulle pagine degli storici antichi che forniscono la fonte principale di conoscenza:
«…constatando che le prospettive dei Cartaginesi erano più brillanti, dopo aver tramato tra loro stavano in attesa dell’occasione favorevole per un assalto, ciascuno restando nella propria tenda. Quando gli uomini del campo ebbero mangiato e si furono addormentati, essi, lasciata passare la maggior parte della notte, verso la veglia del mattino assalirono armati i Romani che erano accampati nelle vicinanze. E molti ne uccisero, non pochi ne ferirono; infine, tagliate le teste ai morti, andarono a rifugiarsi presso i Cartaginesi: erano circa duemila fanti e poco meno di duecento cavalieri.»
(Polibio, Storie, III, 67, Rizzoli, Milano, 2001, Trad.: M. Mari)
«la maggior parte dei cavalieri e con loro mille fanti armati di lancia. Costoro rapidamente assalirono i nemici al di là della Trebbia e contesero loro il bottino, sicché i Celti furono volti alla fuga con i Numidi e si ritirarono nel proprio campo. Quelli che presidiavano il campo […] da lì portavano soccorso ai compagni in difficoltà […] i Romani cambiarono di nuovo direzione e ripartirono per il loro campo.»
(Polibio, III, 69, 8-10.)
«[…] i Romani, sebbene respinti da una moltitudine che era uscita fuori dall’accampamento, poterono contrattaccare grazie a nuove forze inviate dal console [Sempronio]. La battaglia poi si svolse con varia fortuna, in equilibrio […], tuttavia il numero maggiore di morti diede ai Romani la fama della vittoria.»
(Livio, XXI, 52.10-11.)
«Publio aveva un’opinione contraria, riteneva infatti che le legioni sarebbero state in migliori condizioni dopo essersi esercitate durante l’inverno, e che i Celti, nella loro incostanza, non sarebbero rimasti fedeli se i cartaginesi fossero rimasti inattivi.»
(Polibio, III, 70, 3-4.)
«per chi cali in terra straniera e tenti imprese straordinarie c’è infatti una sola via di salvezza: rinnovare sempre, senza sosta le speranze degli alleati.»
(Polibio, III, 70, 11.)
«…essendosi tratti fuori in fretta uomini e cavalli, senza che avessero potuto prima prender cibo e senza che nulla fosse stato predisposto per difenderli dal freddo, le membra erano irrigidite […] quando poi, per inseguire i Numidi in ritirata, entrarono nell’acqua (che gonfiata dalla pioggia notturna, arrivava loro fino al petto), ne uscirono fuori tanto agghiacciati che a malapena potevano tenere le armi, e venivano meno per la stanchezza e, con l’inoltrarsi del giorno, anche per la fame.»
(Livio, XXI, 54.8-9.)
«[I Romani] avrebbero tuttavia resistito coraggiosamente se avessero dovuto combattere con la sola fanteria pesante.»
(Livio, XXI, 55.10-11.)
«Tuttavia, seppure la schiera romana fosse circondata da tante avversità, per un po’ di tempo riuscì a resistere contro gli elefanti, più di quanto potessero sperare. I velites infatti, predisposti per questo, riuscirono a mettere in fuga i pachidermi con il lancio di dardi. E quelli che fuggivano erano colpiti sotto la coda, dove la pelle è meno spessa e possono essere colpiti.»
(Livio, XXI, 55.10-11.)
«capirono sin troppo chiaramente come erano andate le cose nel combattimento.»
(Polibio, III, 75, 3.)
«Questa sconfitta generò in Roma un tale spavento che si credeva che Annibale sarebbe giunto in città con le insegne ostilmente spiegate. E non vi sarebbe stata alcuna speranza di aiuto su cui potessero contare [i Romani] per tenere lontana dalle porte e dalle mura la violenza [del Cartaginese].»
(Livio, XXI, 57.1.)