Canto trentesimo del Purgatorio vv. 55-145
28 Dicembre 2019La sintassi del nominativo
28 Dicembre 2019Il Canto XVII del Paradiso di Dante Alighieri è un momento cruciale all’interno del poema, poiché segna il punto cruciale e profetico dell’incontro del poeta con il suo antenato Cacciaguida.
È un canto importante non solo per la narrazione dell’opera, ma anche per la vita di Dante, poiché qui vengono svelate le profezie dell’esilio che il poeta dovrà affrontare.
Parafrasi
Dante è nel cielo di Marte, dove risiedono le anime dei combattenti per la fede. Dopo aver dialogato con Cacciaguida nel canto precedente, Dante sente la necessità di approfondire il suo destino, soprattutto riguardo alle difficoltà future. Il canto inizia con un’immagine suggestiva di Beatrice, che sembra voler anticipare il pensiero di Dante, ma lascia spazio a Cacciaguida per rispondere.
Cacciaguida inizia il suo discorso spiegando che Dio ha previsto il futuro di Dante e che ciò che sta per rivelargli non è altro che la volontà divina. Gli racconta che Dante subirà l’esilio, e che dovrà lasciare Firenze, la sua città natale, diventando un fuggiasco e trovando ospitalità presso varie corti, ma senza mai stabilirsi a lungo in nessun luogo.
Cacciaguida aggiunge che Dante sarà tradito da coloro che riteneva amici, e che soffrirà molto a causa di questa ingiustizia. Tuttavia, gli consiglia di non cambiare il suo atteggiamento, di continuare a scrivere con coraggio e sincerità, poiché il suo lavoro sarà riconosciuto nel futuro.
Analisi
Il Canto XVII è dominato dal tema della profezia e della rivelazione del destino. In questo canto, Dante riceve una delle rivelazioni più dolorose del suo viaggio: il suo esilio da Firenze. Questa sofferenza personale si fonde con il tema universale della giustizia divina e del libero arbitrio.
Dante, pur sapendo che sarà vittima di ingiustizie, non deve perdere la sua integrità morale. L’esilio, quindi, diventa una prova, un modo per dimostrare la sua forza d’animo e la sua capacità di sopportare le avversità, sapendo che tutto ciò fa parte di un disegno divino.
Cacciaguida, con tono autorevole, ma affettuoso, dice a Dante di non temere e di non trattenersi dallo scrivere la verità. In questo modo, Dante viene incoraggiato a continuare la stesura della Commedia, con la consapevolezza che la sua opera sarà apprezzata e avrà un valore duraturo.
Commento
In questo canto, Dante affronta il conflitto tra il desiderio umano e la volontà divina. Da un lato, il poeta vorrebbe rimanere nella sua Firenze, ma dall’altro deve accettare l’esilio come parte del piano divino. La sua sofferenza è personale, ma ha anche una valenza universale: attraverso l’esilio, Dante sperimenta ciò che molti altri uomini hanno vissuto, trasformando il suo dolore in un simbolo di redenzione e crescita spirituale.
Cacciaguida è una figura paterna e guida morale per Dante. Le sue parole sono un invito a non arrendersi, a proseguire nel cammino, nonostante le difficoltà. La rivelazione del futuro e dell’esilio diventa quindi un modo per preparare Dante a ciò che dovrà affrontare, dandogli forza e fiducia nel proprio destino.
Conclusione
Il Canto XVII del Paradiso è un momento di grande intensità emotiva e riflessiva per Dante. La rivelazione del suo esilio e della sua sofferenza personale si intreccia con i grandi temi della giustizia e della provvidenza divina. Attraverso le parole di Cacciaguida, Dante trova la forza per continuare il suo viaggio, sia fisico che spirituale, sapendo che le sue sofferenze hanno un significato più alto e che il suo lavoro sarà riconosciuto nel tempo.
Testo (di Dante) della canzone “Esilio” di Luigi Gaudio
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta. 57
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale 60
E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle; 63
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr’ a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n’avrà rossa la tempia. 66
Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova; sì ch’a te fia bello
averti fatta parte per te stesso. 69 […]
[…] «Coscïenza fusca
o de la propria o de l’altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca. 126
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’ è la rogna. 129
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta. 132
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d’onor poco argomento. 135
(ripeti le ultime due terzine)