Il sacrificio di Ifigenia, De rerum natura, I, vv. 80-94
28 Dicembre 2019Seconda parte dell’elogio di Epicuro vv. 64-79
28 Dicembre 2019I primi 60 versi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia di Giacomo Leopardi rappresentano un dialogo immaginario tra il pastore e la luna, un astro silenzioso e indifferente alle vicende umane.
Il pastore, figura simbolica della condizione esistenziale dell’uomo, si interroga sul senso della vita e cerca un confronto con la luna, che, eternamente distante e imperitura, appare come un’osservatrice privilegiata della miseria umana. Qui il poeta esplora i temi centrali della sua filosofia: la vita come sofferenza, la natura indifferente, e la ciclicità dell’esistenza priva di significato.
Analisi
1. Il dialogo con la luna (vv. 1-26)
La poesia si apre con una domanda diretta e quasi provocatoria alla luna: “Che fai tu, luna, in ciel?” Il pastore chiede alla luna quale sia il significato del suo eterno ciclo, del suo “sorgere la sera” e “andare contemplando i deserti”. La luna, che percorre incessantemente il cielo, sembra vivere una vita monotona e ripetitiva, simile a quella del pastore stesso, che ogni giorno si alza all’alba, guida il suo gregge e poi si riposa la sera, senza mai sperare in altro. Questa ripetizione, sia per la luna che per il pastore, rappresenta l’inutilità della vita, un circolo infinito senza scopo e senza progresso. Leopardi coglie qui un parallelismo tra la condizione umana e quella cosmica, ponendo l’accento sull’indifferenza della natura: il pastore, con il suo breve vagare, e la luna, con il suo corso immortale, sembrano entrambi vittime di un meccanismo che non conduce da nessuna parte.
2. La vita come fatica (vv. 27-60)
Leopardi introduce l’immagine del “vecchierel bianco, infermo”, una figura allegorica della vita umana: un vecchio debole, quasi nudo, che porta un pesante fardello sulle spalle e si affatica senza sosta, attraverso monti e valli, tra intemperie e difficoltà. Questo vecchio è l’emblema della condizione umana: un continuo affannarsi, correre, cadere, rialzarsi, sanguinare e soffrire, senza mai raggiungere un vero riposo. Il viaggio del vecchio termina nell’”abisso orrido, immenso”, metafora della morte, che cancella ogni sforzo e ogni ricordo, portando l’essere umano a dimenticare tutto ciò per cui ha sofferto. La vita, dunque, è vista come una corsa affannosa verso un destino ineluttabile: la morte. Non c’è riscatto, né gloria, solo l’oblio finale.
Leopardi sottolinea l’assurdità di questa condizione umana, già a partire dalla nascita: “Nasce l’uomo a fatica, ed è rischio di morte il nascimento”. La nascita, anziché essere celebrata, è vista come l’inizio di una lunga sofferenza, tanto che i genitori cercano subito di consolare il neonato, quasi a scusarsi per averlo introdotto in un’esistenza così dolorosa. L’immagine della madre e del padre che cercano di “consolarlo dell’esser nato” accentua il paradosso di una vita che deve essere costantemente giustificata e consolata. Se la vita è una sofferenza, si chiede il poeta, perché la si perpetua? Perché continuare a vivere se ogni nuova esistenza è destinata alla stessa fatica e miseria?
Commento
Leopardi, attraverso il pastore errante, esprime una visione profondamente pessimista della vita. La natura, rappresentata dalla luna, è indifferente e distante, insensibile alle sofferenze degli esseri umani. Non esiste uno scopo superiore che giustifichi il dolore e la fatica dell’esistenza: la vita è un ciclo continuo di nascita, sofferenza e morte, senza alcuna redenzione. Il vecchio che corre verso la morte simboleggia l’intera umanità, condannata a faticare inutilmente per poi precipitare nell’”abisso” della morte, dove tutto è dimenticato. Il poeta denuncia anche l’ipocrisia della vita familiare, dove i genitori, pur sapendo quanto la vita sia dolorosa, cercano comunque di consolare e sostenere i figli, perpetuando la sofferenza.
Un altro aspetto significativo di questi versi è il paragone implicito tra la vita del pastore e quella della luna. Entrambi sono prigionieri di un ciclo perpetuo: il pastore con il suo gregge, che vive in uno stato di quieta ripetizione, e la luna, che percorre il suo eterno corso nel cielo. Tuttavia, mentre la luna è un’entità immortale e distante, il pastore è consapevole della sua mortalità, e ciò rende la sua condizione ancora più tragica.
Testo e parafrasi dei primi 60 versi della poesia di Leopardi
Testo
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Vecchierel bianco, infermo, Nasce l’uomo a fatica, Ma perché dare al sole, Intatta luna, tale |
Parafrasi:
Parafrasi1-6: Che fai, luna, in cielo? Dimmi, cosa fai, 7-16: La tua vita somiglia a quella del pastore. 17-26: Un vecchio, bianco di capelli e malato, 27-36: L’uomo nasce con fatica, 37-42: Ma perché dare alla luce un figlio, 43-60: Vergine luna, |