Composizione struttura e trama dell’ Orlando Furioso
28 Dicembre 2019Il sesto canto del Purgatorio di Dante vv. 19-78
28 Dicembre 2019Il secondo canto del Purgatorio nella Divina Commedia di Dante Alighieri è un canto ricco di simbolismo e bellezza poetica.
I versi 37-129 si concentrano sull’arrivo di una schiera di anime sulla spiaggia dell’Antipurgatorio, condotte da un angelo su una barca. Tra queste anime, Dante incontra un vecchio amico, Casella, un musicista che gli canta una canzone. La scena è carica di nostalgia, emozione e un senso di purificazione che è caratteristico del Purgatorio.
In questo passo, il poeta incontra Casella, che canta una delle canzoni di Dante, “Amor che ne la mente mi ragiona”, creando un momento di dolcezza e riflessione prima che l’atmosfera cambi bruscamente con l’intervento di Catone, che ricorda a tutti che devono continuare il loro cammino verso la purificazione.
Testo originale Secondo canto Purgatorio
Poi, come più e più verso noi venne
l’uccel divino, più chiaro appariva: per che l’occhio da presso nol sostenne, 39ma chinail giuso; e quei sen venne a riva con un vasello snelletto e leggero, tanto che l’acqua nulla ne ’nghiottiva. 42Da poppa stava il celestial nocchiero, tal che faria beato pur descripto; e più di cento spirti entro sediero. 45’In exitu Isräel de Aegypto’ cantavan tutti insieme ad una voce con quanto di quel salmo è poscia scripto. 48 Poi fece il segno lor di santa croce; La turba che rimase lì, selvaggia Da tutte parti saettava il giorno quando la nova gente alzò la fronte E Virgilio rispuose: “Voi credete Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco, L’anime, che si fuor di me accorte, E come a messagger che porta ulivo così al viso mio s’affisar quelle Io vidi una di lor trarresi avante Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto! Di maraviglia, credo, mi dipinsi; Soavemente disse ch’io posasse; Rispuosemi: “Così com’io t’amai “Casella mio, per tornar altra volta Ed elli a me: “Nessun m’è fatto oltraggio, ché di giusto voler lo suo si face: Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto A quella foce ha elli or dritta l’ala, E io: “Se nuova legge non ti toglie di ciò ti piaccia consolare alquanto ’Amor che ne la mente mi ragiona’ Lo mio maestro e io e quella gente Noi eravam tutti fissi e attenti qual negligenza, quale stare è questo? Come quando, cogliendo biado o loglio, se cosa appare ond’elli abbian paura,
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Parafrasi
Man mano che l’angelo, paragonato a un uccello divino, si avvicinava sempre di più, diventava sempre più luminoso, tanto che i miei occhi, ormai vicini, non riuscivano più a sostenerne la luce e dovetti abbassarli. L’angelo giunse quindi alla riva con una barca veloce e leggera, così leggera che non affondava nemmeno un po’ nell’acqua. Sulla barca, a poppa, si trovava il nocchiero celeste, la cui bellezza era tale che sarebbe bastato descriverla per rendere felice chiunque lo vedesse; nella barca c’erano più di cento anime. Queste anime cantavano tutte insieme con una sola voce il salmo “In exitu Israel de Aegypto” (l’uscita di Israele dall’Egitto), e proseguirono cantando tutto il resto del salmo. Poi l’angelo fece su di loro il segno della santa croce, e le anime si gettarono tutte sulla spiaggia; l’angelo ripartì rapidamente, come era arrivato. La folla di anime rimasta sulla spiaggia sembrava confusa e spaesata, guardandosi intorno come qualcuno che si trova in un luogo nuovo e assaggia cose sconosciute. Da tutte le parti il sole proiettava i suoi raggi, avendo ormai superato il segno del Capricorno a metà del cielo, quando il nuovo gruppo di anime alzò lo sguardo verso di noi e ci chiese: “Se sapete dove andare, mostrateci la strada per salire al monte”. Virgilio rispose: “Forse pensate che conosciamo bene questo luogo; ma siamo pellegrini come voi. Siamo arrivati poco prima di voi, ma da un’altra via, così difficile e aspra che adesso la salita ci sembrerà un gioco”. Le anime, accortesi che io ero vivo a causa del mio respiro, si meravigliarono e diventarono pallide. E proprio come la gente si avvicina a un messaggero che porta un ramo di ulivo per ascoltare le sue notizie, senza badare a calpestarsi a vicenda, così quelle anime beate fissarono il loro sguardo su di me, quasi dimenticando di continuare il loro cammino per purificarsi. Io vidi una di queste anime farsi avanti con grande affetto per abbracciarmi, e questo mi spinse a fare lo stesso. Ahimè, che delusione scoprire che erano solo ombre, vuote al di là dell’apparenza! Tre volte cercai di abbracciarla, e tre volte le mie mani tornarono indietro vuote. Credo che il mio viso mostrasse stupore, tanto che l’ombra sorrise e si ritirò, ma io, seguendola, mi spinsi oltre. Con dolcezza mi disse di fermarmi; allora la riconobbi e la pregai di fermarsi un po’ per parlarmi. Mi rispose: “Così come ti amavo nel corpo mortale, ti amo ora che ne sono libera; per questo mi fermo, ma tu perché sei qui?”. “Caro Casella, sto compiendo questo viaggio per tornare un’altra volta là da dove sono venuto”, risposi, “ma dimmi, come mai ci hai messo così tanto tempo ad arrivare qui?”. E lui mi rispose: “Non ho subito alcun torto; se colui che ha il potere di condurre le anime quando e come vuole, mi ha negato più volte questo passaggio, è perché agisce secondo una volontà giusta. Ma da tre mesi ormai ha permesso a chiunque volesse entrare, di farlo con tutta pace. E così io, che ora ero giunto alla foce del Tevere, dove il fiume si mescola con il mare, fui accolto benevolmente da lui. Ora si dirige sempre verso quella foce, perché è lì che si radunano tutte le anime che non sono destinate a scendere verso l’Acheronte”. E io: “Se una nuova legge non ti ha tolto la memoria o l’abilità di cantare quelle dolci canzoni che un tempo alleviavano tutti i miei dolori, ti prego di consolare un po’ la mia anima, che, venendo qui con il suo corpo, è così affaticata”. Casella allora iniziò a cantare “Amor che ne la mente mi ragiona” con tanta dolcezza che quella melodia risuona ancora dentro di me. Il mio maestro, io e tutte le anime presenti sembravamo così felici, come se nulla altro importasse. Eravamo tutti fissi e attenti alle sue note, quando improvvisamente il vecchio saggio (Catone) gridò: “Cosa state facendo, anime pigre? Perché questa negligenza e questo indugiare? Correte al monte a liberarvi del peso che vi impedisce di vedere Dio”. Come quando i colombi, radunati a mangiare, tranquilli e senza mostrare il solito orgoglio, vedono qualcosa che li spaventa e improvvisamente lasciano il cibo perché una preoccupazione maggiore li assale, |
Commento:
La parte centrale e quella conclusiva del secondo canto del Purgatorio di Dante Alighieri, sono cariche di simbolismo e rappresentano l’incontro di Dante con Casella, un suo amico musicista, tra le anime che arrivano sulla spiaggia dell’Antipurgatorio, e il rimprovero di Catone.
La scena si apre con l’arrivo di un angelo, descritto come un “uccel divino”, che guida un gruppo di anime su una barca leggera. L’angelo si distingue per la sua luce divina, tanto che Dante non riesce a sostenere la vista e deve abbassare lo sguardo. Le anime, una volta sbarcate, cantano insieme il salmo “In exitu Israel de Aegypto”, simbolo del loro esodo dalla vita terrena alla purificazione.
Dante riconosce tra le anime quella di Casella, il quale si avvicina con grande affetto e tenta di abbracciare Dante, ma le loro mani attraversano l’aria senza poter toccarsi, in quanto Casella è ormai un’anima. Il poeta prova meraviglia e stupore, ma l’incontro si carica di dolcezza quando Casella accetta di cantare per lui una delle sue canzoni, “Amor che ne la mente mi ragiona”. La melodia è così dolce che tutti i presenti rimangono incantati, dimenticando temporaneamente il loro viaggio di purificazione.
Tuttavia, Catone, il guardiano dell’Antipurgatorio, interrompe bruscamente il momento, rimproverando le anime per la loro negligenza e ricordando loro che devono proseguire il cammino verso il monte del Purgatorio per liberarsi dai peccati e avvicinarsi a Dio.
Il canto si chiude con la descrizione del movimento delle anime che, spaventate dall’ammonimento di Catone, abbandonano il canto e si dirigono verso il monte, in un movimento paragonato a quello di colombe che, spaventate, lasciano la pastura per occuparsi di qualcosa di più urgente.
Questo brano evidenzia il tema della transitorietà delle gioie terrene e della necessità di mantenere il focus sulla salvezza spirituale, rappresentato dall’ascesa al monte del Purgatorio.