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28 Dicembre 2019In una fase di svolta della cantica, un punto cruciale sul destino dell’anima e sul senso della politica, Dante continua il suo viaggio verso la purificazione e il riscatto delle anime.
Questo brano proviene dal Purgatorio, Canto XVI, dove Dante e Virgilio si trovano nella terza cornice, quella degli iracondi.
Qui, le anime purgano il peccato dell’ira immersi in una nebbia fitta, simbolo dell’oscurità che la rabbia provoca nell’animo umano.
Introduzione
Dante e Virgilio avanzano attraverso una nebbia spessa e opprimente, descritta come più buia dell’inferno stesso, tanto che Dante non può tenere gli occhi aperti. Il maestro Virgilio lo guida, offrendo il suo sostegno fisico e spirituale. Durante il cammino, Dante sente voci che pregano per la pace e la misericordia di Dio, recitando l’Agnus Dei, un inno liturgico cristiano. Uno spirito si rivolge a Dante e inizia un dialogo, rivelandosi essere Marco Lombardo, una figura che personifica la sapienza morale e filosofica dell’epoca.
Analisi
Il tema centrale di questo passaggio è la purificazione dell’ira, un peccato che annebbia il giudizio e oscura la visione del bene. La nebbia simboleggia proprio questa condizione di accecamento che deriva dall’ira: così come le anime che purgano, anche Dante è fisicamente impossibilitato a vedere. L’idea della “notte privata d’ogne pianeto” richiama un buio totale, privo di ogni guida celeste, il che sottolinea l’assenza della luce divina che la collera oscura.
Dante, nel suo cammino, viene paragonato a un cieco che si affida completamente alla sua guida, Virgilio. Questa immagine evidenzia la relazione di fiducia tra maestro e discepolo, in cui Virgilio rappresenta la ragione e la saggezza che guida Dante attraverso le difficoltà spirituali.
Il canto dell’Agnus Dei che Dante sente esprime il desiderio di pace delle anime iraconde, che chiedono la misericordia dell’Agnello di Dio, simbolo di Cristo che toglie i peccati del mondo. L’unisono delle loro voci rappresenta un’armonia che, pur nel dolore della purificazione, preannuncia la pace che esse raggiungeranno dopo la purga dell’ira.
Marco Lombardo, figura di grande spessore morale, interviene per dialogare con Dante. Marco incarna il concetto di libero arbitrio e responsabilità morale, e la sua presenza serve a spiegare a Dante il perché del disordine morale e politico del mondo terreno, collegando la degenerazione alla perdita del senso di giustizia e virtù.
Commento
L’episodio ha una forte valenza simbolica: la cecità temporanea di Dante rappresenta non solo l’effetto fisico della nebbia, ma anche la condizione umana quando si è accecati dalla collera. Solo con l’aiuto della guida, in questo caso Virgilio, l’uomo può attraversare questa condizione e ritrovare la giusta via. Le anime degli iracondi, immerse in questa stessa nebbia, non possono vedere la luce finché non avranno completamente purificato il loro peccato.
La figura di Marco Lombardo, con la sua saggezza e lucidità, è fondamentale per lo sviluppo filosofico del canto. La sua spiegazione sull’importanza del libero arbitrio e sulla corruzione del mondo a causa della perdita di valori guida come la virtù e la giustizia è una critica all’umanità e alle istituzioni dell’epoca di Dante. Marco rappresenta l’ideale di rettitudine morale e viene visto come un esempio di come l’uomo possa aspirare alla giustizia e alla virtù attraverso la scelta consapevole.
Dante, sempre affamato di conoscenza, non si limita a ricevere la risposta di Marco passivamente, ma vuole ulteriormente capire e risolvere il proprio dubbio interiore. Questo atteggiamento di “scoppio dentro ad un dubbio” è caratteristico del viaggio intellettuale e spirituale che Dante compie nella Commedia: ogni tappa del percorso è una nuova scoperta, che porta con sé ulteriori domande e riflessioni.
Parafrasi
Buio d’inferno e di notte privata
d’ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant’esser può di nuvol tenebrata,
Un buio come quello dell’inferno e di una notte senza pianeti, sotto un cielo povero (cioè privo di stelle), oscurata da nuvole tenebrose,
non fece al viso mio sì grosso velo
come quel fummo ch’ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo,
non fu un ostacolo alla mia vista quanto lo era quel fumo che ci avvolse, né era così ruvido al tatto,
che l’occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s’accostò e l’omero m’offerse.
che non riuscivo a tenere gli occhi aperti; allora la mia guida esperta e fidata si avvicinò e mi offrì la sua spalla.
Sì come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che ’l molesti, o forse ancida,
Proprio come un cieco che segue la sua guida per non perdersi e non andare a sbattere contro qualcosa che lo ferisca o lo uccida,
m’andava io per l’aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: “Guarda che da me tu non sia mozzo”.
camminavo io attraverso quell’aria amara e sporca, ascoltando il mio maestro che diceva: “Attento a non allontanarti da me.”
Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l’Agnel di Dio che le peccata leva.
Sentivo delle voci, e ciascuna sembrava pregare per la pace e per la misericordia dell’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.
Pur ’Agnus Dei’ eran le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
sì che parea tra esse ogne concordia.
Tutte iniziavano con le parole “Agnus Dei”; tutte usavano le stesse parole e lo stesso modo, così che sembrava che ci fosse tra loro una perfetta armonia.
“Quei sono spirti, maestro, ch’i’ odo?”,
diss’io. Ed elli a me: “Tu vero apprendi,
e d’iracundia van solvendo il nodo”.
“Maestro, sono spiriti quelli che sento?” dissi io. E lui a me: “Sì, hai ragione, e stanno sciogliendo il nodo del peccato dell’ira.”
“Or tu chi se’ che ’l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi?”.
“Chi sei tu, che attraversi la nostra nebbia, e parli di noi come se ancora tu potessi dividere il tempo in mesi?” (cioè, come se fossi ancora vivo).
Così per una voce detto fue;
onde ’l maestro mio disse: “Rispondi,
e domanda se quinci si va sùe”.
Una voce disse così; allora il mio maestro mi disse: “Rispondi, e chiedi se da qui si sale verso l’alto.”
E io: “O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi”.
E io risposi: “O creatura che ti purifichi per tornare bella agli occhi di colui che ti ha creato, sentirai qualcosa di meraviglioso, se mi segui.”
“Io ti seguiterò quanto mi lece”,
rispuose; “e se veder fummo non lascia,
l’udir ci terrà giunti in quella vece”.
Rispose: “Ti seguirò finché mi sarà possibile, e se il fumo non ci permette di vedere, ascolteremo per rimanere uniti.”
Allora incominciai: “Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l’infernale ambascia.
Allora cominciai: “Io mi muovo verso l’alto con il corpo che la morte dissolve, e sono venuto qui dall’inferno.”
E se Dio m’ ha in sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch’i’ veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso,
E se Dio mi ha concesso la sua grazia, tanto che desidera che io veda la sua corte (il Paradiso) in un modo completamente fuori dal comune,
non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s’i’ vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte”.
non nascondermi chi eri prima di morire, ma raccontamelo, e dimmi se sto andando bene verso la salita; le tue parole saranno la nostra guida.”
“Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l’arco.
“Fui lombardo, e mi chiamavano Marco; conoscevo bene il mondo e amai quella virtù (la giustizia) a cui ora tutti mirano senza riuscirci.”
Per montar sù dirittamente vai”.
Così rispuose, e soggiunse: “I’ ti prego
che per me prieghi quando sù sarai”.
“Per salire dritto, vai per la via giusta.” Così rispose, e aggiunse: “Ti prego di pregare per me quando sarai in Paradiso.”
E io a lui: “Per fede mi ti lego
di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
dentro ad un dubbio, s’io non me ne spiego.”
E io gli dissi: “Ti prometto sulla mia fede di fare ciò che mi chiedi; ma scoppio dentro per un dubbio, se non lo chiarisco.”
Solo Testo dei primi 54 versi del sedicesimo canto del Purgatorio di Dante
Buio d’inferno e di notte privata
d’ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant’esser può di nuvol tenebrata,3
non fece al viso mio sì grosso velo
come quel fummo ch’ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo,6
che l’occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s’accostò e l’omero m’offerse.9
Sì come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che ’l molesti, o forse ancida,12
m’andava io per l’aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: “Guarda che da me tu non sia mozzo”.15
Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l’Agnel di Dio che le peccata leva.18
Pur ’Agnus Dei’ eran le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
sì che parea tra esse ogne concordia.21
“Quei sono spirti, maestro, ch’i’ odo?”,
diss’io. Ed elli a me: “Tu vero apprendi,
e d’iracundia van solvendo il nodo”.24
“Or tu chi se’ che ’l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi?”.27
Così per una voce detto fue;
onde ’l maestro mio disse: “Rispondi,
e domanda se quinci si va sùe”.30
E io: “O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi”.33
“Io ti seguiterò quanto mi lece”,
rispuose; “e se veder fummo non lascia,
l’udir ci terrà giunti in quella vece”.36
Allora incominciai: “Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l’infernale ambascia.39
E se Dio m’ ha in sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch’i’ veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso,42
non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s’i’ vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte”.45
“Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l’arco.48
Per montar sù dirittamente vai”.
Così rispuose, e soggiunse: “I’ ti prego
che per me prieghi quando sù sarai”.51
E io a lui: “Per fede mi ti lego
di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
dentro ad un dubbio, s’io non me ne spiego.