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28 Dicembre 2019La poesia “Casa sul mare” di Eugenio Montale, inclusa nella raccolta Ossi di seppia (1925), rappresenta una profonda meditazione sulla vita e sul significato del viaggio esistenziale.
Qui Montale esplora i temi della fine, della memoria e della possibilità di trascendere la condizione umana. La “casa sul mare” è metafora di un luogo di rifugio ma anche di isolamento, dove il poeta riflette sulla natura dell’esistenza, sulla consapevolezza dell’inevitabilità della morte e sul desiderio di lasciare un’eredità spirituale.
Testo e parafrasi della poesia
Testo Il viaggio finisce qui: Il viaggio finisce a questa spiaggia Tu chiedi se così tutto vanisce Il cammino finisce a queste prode Ossi di seppia (Torino, Piero Gobetti Editore 1925). |
Parafrasi:
Il viaggio finisce qui, tra piccole preoccupazioni che dividono l’anima, ormai incapace di urlare. I minuti scorrono tutti uguali e immobili, come il movimento ripetitivo della ruota della pompa. Un giro: sale l’acqua che risuona. Un altro giro: altra acqua, con un cigolio di tanto in tanto. Il viaggio termina su questa spiaggia, dove arrivano le onde lente e continue. La marina, avvolta in pigri vapori, non mostra nulla di speciale; il vento debole disegna vortici di nebbia e solo raramente, nel silenzio della calma, appaiono le isole della Corsica o della Capraia. Mi chiedi se tutto svanisce così, in questo vago ricordo; se il destino si compie nell’ora immobile o nel suono dell’onda che si infrange. Vorrei dirti che non è così, che ti stai avvicinando a un momento oltre il tempo; forse soltanto chi lo vuole davvero si eternizza, e questo potrai farlo, forse, tu, non io. Penso che per la maggior parte delle persone non ci sia salvezza, ma che qualcuno possa spezzare il disegno universale e superare il limite, ritrovandosi come desiderava. Vorrei, prima di arrendermi, mostrarti questa via di fuga, fragile come la schiuma o le rughe sulla superficie del mare. Ti dono anche la mia scarsa speranza. Non riesco a farla crescere nei giorni a venire, e la offro come pegno al tuo destino, nella speranza che ti liberi. Il viaggio finisce su queste rive, erose dall’andare e venire della marea. Il tuo cuore, vicino a me ma che non può sentirmi, forse sta già salpando per l’eternità. |
- Il viaggio come metafora della vita:
- La poesia si apre con la riflessione che “Il viaggio finisce qui” (v. 1), dove il viaggio è metafora della vita stessa. La “casa sul mare” è il luogo della conclusione di questo percorso, dove l’anima sembra ormai esausta, “che non sa più dare un grido” (v. 3). La ripetizione e monotonia dei minuti, paragonati al “giro della pompa” (v. 5), sottolineano il senso di immobilità, quasi di prigionia esistenziale.
- Montale usa l’immagine del “salir d’acqua che rimbomba” (v. 6) come suono che rappresenta la ciclicità e la pesantezza della vita quotidiana, un eterno ritorno di atti e sensazioni uguali che non portano a nulla di nuovo.
- La visione della marina e delle isole lontane:
- Il secondo blocco descrive la marina, un luogo senza vita apparente, coperto da “pigri fumi” e dominato da una calma inquietante (“bonaccia muta”, v. 11). Anche la visione delle isole – Corsica e Capraia – appare sfumata, appena percepibile “tra l’isole dell’aria migrabonde” (v. 13).
- Questi elementi naturali contribuiscono a creare un’atmosfera di solitudine e staticità, in cui tutto sembra sospeso. La scelta di nominare isole lontane e semisconosciute sottolinea l’idea di un obiettivo irraggiungibile, un aldilà immaginato ma inaccessibile.
- La domanda sul destino e l’eternità:
- Montale immagina una domanda da parte di un interlocutore (forse sé stesso), “Tu chiedi se così tutto vanisce” (v. 15), sul senso della vita e la possibilità che tutto finisca in una nebbia di memorie. Il poeta riflette sull’idea del destino come compimento che potrebbe avvenire in “questa poca nebbia di memorie” (v. 16) o “nel sospiro / del frangente” (v. 17), entrambi simboli di uno spegnimento senza gloria.
- Montale introduce poi un’idea di superamento del tempo (v. 19), una trascendenza possibile soltanto per “chi vuole”, suggerendo che l’eternità possa essere una scelta, un’intenzione che chiama l’uomo a una vita superiore, accessibile solo a pochi.
- La speranza e la via di fuga:
- Nei versi successivi, Montale si rivolge direttamente all’interlocutore dicendo che vorrebbe mostrargli una “via di fuga / labile come nei sommossi campi / del mare spuma o ruga” (vv. 25-27). Qui il poeta sembra voler lasciare un’eredità morale, indicare una possibile via di salvezza, anche se vaga e incerta come la schiuma sulla superficie dell’acqua.
- La “mia avara speranza” (v. 28) rappresenta l’ultimo dono che Montale offre, ma è una speranza scarsa e quasi sfinita, in cui il poeta sembra proiettare il proprio scetticismo e sfiducia nella possibilità di salvezza.
- Il distacco finale e l’idea dell’eternità:
- La poesia si chiude con l’immagine di un distacco: l’interlocutore si allontana dal poeta (“Il tuo cuore vicino che non m’ode”, v. 31) e “salpa già forse per l’eterno” (v. 32). Il viaggio dell’altro verso l’eternità rappresenta una separazione inevitabile, un passaggio che Montale osserva con un senso di impotenza e accettazione.
- L’immagine della “marea col moto alterno” (v. 30), che erode le prode, sottolinea il concetto di tempo inesorabile che consuma ogni cosa, mentre il poeta rimane indietro, incapace di salpare con l’altro.
Figure retoriche
- Metafora: Il “viaggio” rappresenta la vita, e la “casa sul mare” è simbolo di isolamento e introspezione.
- Sinestesia: “l’anima che non sa più dare un grido” (v. 3) fonde percezione interiore e fisica.
- Allitterazioni: L’uso della consonante “s” e delle “m” nei versi iniziali e finali crea un ritmo lento, che accentua la sensazione di malinconia e sospensione.
- Similitudine: “labile come nei sommossi campi / del mare spuma o ruga” (vv. 26-27) paragona la via di fuga alla schiuma del mare, sottolineandone la fragilità.
Commento finale
“Casa sul mare” è un testo che trasmette la profonda solitudine e il senso di smarrimento del poeta di fronte alla vita e alla morte. La riflessione sul destino e sull’impossibilità di trovare una risposta definitiva emerge in tutto il componimento, dominato da un’atmosfera di immobilità e rassegnazione. Montale sembra suggerire che il destino dell’uomo sia come una nebbia di memorie, qualcosa di inafferrabile e poco definito, e che solo pochi eletti, attraverso un processo di scelta o volontà, possano aspirare a superare questo stato.
L’ultima parte, in cui il poeta offre la propria “avara speranza” come pegno, rappresenta un gesto di estrema generosità e vulnerabilità. Montale, consapevole della propria incapacità di sperare, cerca comunque di indicare una via possibile all’altro, pur riconoscendo che questa via è fragile e incerta. La conclusione della poesia è quindi caratterizzata da un forte senso di distacco e accettazione, con l’idea che il cammino individuale verso l’eterno sia inevitabile e che il poeta, nonostante tutto, non possa far altro che osservare.
Audio Lezioni su Eugenio Montale del prof. Gaudio