7. L’immortalità delle anime alate
29 Giugno 2017Elogio dell’uomo comune – di Laura Alberico
4 Luglio 2017Ciò che ci manca è ciò di cui abbiamo bisogno per domandare
Certo, non ciò che ci manca per diventare più ricchi o più potenti, ma ciò che ci manca di capacità di coerenza, di volontà, di fedeltà.
Quante volte ci avvilisce l’esperienza di una strutturale debolezza nel non saper mantenere le promesse; magari rimproveriamo i bambini perché non hanno mantenuto una promessa: “Ma hai giurato!”
Eppure, questa debolezza è anche di noi grandi, è di tutti gli uomini perché è dell’uomo.
Già Ovidio, un autore latino del I secolo a. C., diceva: “Vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio” . E San Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio. Infatti, io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Io so, infatti, che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; pertanto io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti, acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.
Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!
Io, dunque, con la mia mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato” . (Rom. 7,15-25)
Allora tutto ciò che ci manca non è motivo di scoraggiamento, ma è l’occasione per domandarlo, per chiederlo, per predisporsi a riceverlo.
Questa è la rivoluzione cristiana: che la realtà è veramente e ultimamente positiva e non per un ottimismo banale, ma per la certezza che siamo fatti da un Altro che ci ama e ci costruisce istante per istante.
Sì, tutto ci è dato ma Dio non ci tratta come burattini bensì come uomini liberi che esercitano la loro libertà decidendo di aderire, di appartenere a Colui che ci ha fatti: ecco perché la “domanda” è l’espressione più nobile e più vera dell’uomo.
L’uomo nasce domandando, piangendo cioè urlando, e diventa tanto più vero uomo quanto più la domanda diventa consapevole e rivolta ad un TU, a quel TU che solo può rispondere in maniera adeguata a tutto ciò che ci manca. Ecco perché è provvidenziale accorgersi, riconoscere che siamo mancanti, perché “ciò che ci manca è ciò di cui abbiamo bisogno per domandare” .
don Savino
dal numero di febbraio 2000 del giornale “Lo sguardo” Parrocchia Sacro Cuore Molinazzo di Cormano.