Il giorno dei papi – di Laura Alberico
27 Aprile 2014Lezione sul carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo
3 Maggio 2014Patch Adams dopo aver tentato il suicidio viene ricoverato in un ospedale psichiatrico, dove gli si “apre la mente” e aiuta un paziente a superare la paura degli scoiattoli.
Successivamente si dimette dall’ospedale e, volenteroso di aiutare il prossimo, decide di intraprendere gli studi per medicina.
Si iscrive quindi alla facoltà e conosce Truman, un ragazzo con cui stringe subito amicizia, Corin e Mitch.
Patch inizia da subito ad aiutare le persone usando “eccessiva felicità” con trovate bizzarre per migliorare la loro condizione di vita e non far pesare loro troppo la malattia.
Successivamente Patch Corin e Truman aprono una clinica gratuita dove conoscono molti pazienti tra cui Larry, un ragazzo con disturbi mentali. Larry pare un ragazzo molto solo e chiede di poter parlare con uno dei tre “dottori” , così Corin si reca a casa sua per poterlo aiutare ma viene uccisa da lui stesso che successivamente si suicida.
Questo porta molto scompiglio nella vita di Patch il quale era innamorato della ragazza e si sente causa della sua morte, poiché è stato lui a indurla ad aiutare il prossimo.
Patch vuole quindi mollare tutto ma alla fine capisce che ciò che ha fatto non è sbagliato, aiutare gli altri non è sbagliato, se abbandonasse tutto e facesse morire la clinica insieme alla ragazza farebbe un errore enorme.
Egli riceve molti richiami di bocciature e si presenta davanti alla commissione medica con un discorso che lo farà ricordare negli anni, cosi viene assolto e ottiene la laurea.
La frase più nota del discorso di Patch Adams è: ” Se si cura una patologia o si vince o si perde. Se si cura una persona vi garantisco che si vince, qualunque esito abbia la terapia” .
Questa frase fa riflettere molto e fa capire che bisogna migliorare la qualità di vita delle persone. Di certo non basta far ridere i pazienti per curare una malattia complessa ma molto spesso la maggior parte delle malattie sono causate dal sbagliato modo di “curarsi” . Molte persone rinunciano a curare le proprie malattie perché non vogliono stare in ospedale, l’ospedale è visto come un luogo “orribile” , infatti molte strutture ospedaliere sono deprimenti e non aiutano di certo il paziente ad estraniarsi dalla sua condizione fisica.
Molte persone che magari stanno per morire dovrebbero poter vivere al meglio gli ultimi giorni che gli rimangono, ridere fa bene non solo alla salute, ma a se stessi, essere felici dovrebbe essere un’abitudine, soprattutto quando si sta male, anche se non è semplice con l’aiuto degli altri ce la si può fare.
E’ nata quindi la clowterapia che si occupa appunto di distrarre e divertire i pazienti aiutandoli a distrarsi dal contesto ospedaliero e dalla malattia e soprattutto diminuisce le preoccupazioni dei genitori dei bambini ricoverati.
Nell’incontro di clownterapia effettuato con la scuola ci hanno spiegato il lavoro effettuato dai clown per i pazienti ma soprattutto la difficoltà di aiutare i genitori ad affrontare la malattia dei propri figli.
Per i genitori credo che la preoccupazione sia massima, essi infatti si sentono impotenti e incapaci di poter aiutare proprio figlio. I clown servono infatti a stare vicino ai bambini ma soprattutto ai genitori che sono quelli che soffrono di più la situazione. Essi operano quindi non sulla malattia, di cui si occupano i medici, ma sulla qualità della vita del paziente in modo da non affrontare la malattia come un mostro impossibile da sconfiggere.
Secondo me aiutare queste persone in ospedale è un gesto stupendo che pare semplice, ma non è così. Fare il clown richiede una certa capacità di comprendere il momento e le emozioni del paziente che si ha davanti, evitando battute che potrebbero peggiorare la situazione, ma soprattutto richiede una certa “impassività emotiva” in quanto non è semplice vedere un paziente che sta male e magari scoprire che rischia la vita.
Non è quindi per niente facile riuscire a regalare un sorriso la dove c’è paura, i clown hanno una grandissima forza di volontà e riescono, magari non sempre, a trasmetterla ai malati, “guarendoli” non dalla malattia ma dalla paura di affrontare difficoltà che si pongono nel corso della vita e cercando di curare la persona stessa con amore e sorrisi.
Grazie allo svilupparsi della clownterapia il paziente non si sente più solo e incapace di fronte alla malattia ma volenteroso di affrontarla e di vincerla grazie all’aiuto altrui e quando riuscirà a sconfiggerla non ne avrà solo brutti ricordi.
Ciò che invece rimane ai clown che aiutano credo sia una gioia immensa e un “sentirsi parte” della vittoria contro la patologia.