Milano oggi e domani intervista al prof. Gaudio sul Duomo di Milano
6 Febbraio 2020Video integrale del Convegno di Trieste “Memoria sotto scorta”
11 Febbraio 2020Compito in classe sul libro “Giobbe” di Joseph Roth
Sul tuo foglio protocollo rispondi, in modo non troppo sintetico, alle seguenti domande e alle consegne scrivendo il numero dell’esercizio sul tuo foglio, piegato in due o tre quarti, per lasciare al professore lo spazio per le correzioni:
- Perché, a un certo punto del romanzo, Mendel Singer intende bruciare i suoi libri sacri? Perché vuole, come dice lui stesso, «bruciare Dio»?
- Sintetizza la vicenda umana di Menuchim, il figlio minorato, e spiega la conclusione della sua storia e dell’intero romanzo.
- Descrivi la vita della comunità ebraica del ghetto di New York. Soffermati anche a spiegare cosa fanno gli amici di Mendel una volta che lui è disperato per le molte sventure.
- Spiega la condizione di Mendel e della sua famiglia a Zuchnow, cioè all’inizio del romanzo in quella cittadina della Volinia russa.
Lezione del prof. Gaudio sul libro “Giobbe” di Joseph Roth
Perché leggere Giobbe?
Assistiamo ancora oggi a rigurgiti di antisemitismo. Essi sono dovuti, come sempre, all’ignoranza. Io personalmente non ho mai letto un libro che mi abbia avvicinato alla conoscenza del mondo ebraico come questo (insieme ai romanzo di Chaim Potok, che ho trovato altrettanto interessanti). Non si capisce neanche la rassegnazione degli ebrei durante l’olocausto se non si conosce la mentalità di gente come Mendel Singer.
Leggete anche Chaim Potok!
Giobbe di Joseph Roth: risvolto di copertina
L’opera di Joseph Roth si dispone naturalmente su due versanti: da una parte l’epos del tramonto asburgico, dall’altra quello della dispersione dell’ebraismo orientale. Giobbe è il libro più celebre, più riccamente articolato e più potente che rappresenta questa altra parte di Roth. Pubblicato nel 1930 e accolto subito da un successo internazionale, si può dire che questo romanzo equivalga, sul suo versante, alla Marcia di Radetzky, come felice tentativo di narrazione epica, dal respiro vasto e avvolgente, evocatrice dei più minuti particolari e insieme scandita sin dall’inizio come una favola.
Il Giobbe di Roth si chiama Mendel Singer, è un «uomo semplice» che fa il maestro, cioè insegna la bibbia ai bambini di una cittadina della Volinia russa e ai propri figli: «migliaia e migliaia di ebrei prima di lui avevano vissuto e insegnato nello stesso modo». La sua vita scorre quietamente, «fra magre sponde», ma chiusa in un ordine intatto, fino alla nascita del quarto figlio, Menuchim, che è minorato. Da allora in poi, se «tutto ciò che è improvviso è male», come dice Mendel Singer, molti mali cominciano a sfrecciare sulla sua vita. Dovrà abbandonare la sua terra per andare a New York, in un mondo che gli è totalmente estraneo, e la moglie – ancora una volta un memorabile personaggio femminile -, la figlia e i figli saranno uno dopo l’altro toccati dalla guerra, dalla morte, dalla pazzia.
Via via che sprofonda nella solitudine e nella disperazione, il Giobbe di Roth, quest’uomo comune che aveva seguìto nella sua vita l’ordine dei padri senza quasi riflettere, si staglia sempre più grandioso: dopo aver «visto andare in rovina un paio di mondi», si trova sul punto di bruciare i suoi libri sacri perché vuole «bruciare Dio» – e in quel momento raggiunge un’intensità e una essenzialità che sembrano negate per sempre ai consolatori che gli si affannano intorno. Ora soltanto, Mendel diventa veramente un «uomo semplice»: più la vita lo spoglia e lo sradica da tutto, più egli appare fermo, con lo sguardo lucido e una forza segreta di resistenza che gli impediscono di crollare. Una sotterranea corrente vitale lo lega al figlio che era stato dato per perduto: il loro insperato e miracoloso incontro, alla fine, è il ricongiungersi di queste due correnti che hanno continuato a scorrere fra le rovine della morte e dell’esilio, riapparendo sempre, testardamente, come unica risposta agli enigmatici colpi della sventura. Tutto il sapore, l’immenso «pathos», l’antica saggezza e l’indistruttibile forza vitale di una grande civiltà, sempre minacciata e condannata alla dispersione, sembrano concentrarsi nel profondo sonno finale di Mendel Singer, carico del «peso della felicità e della grandezza dei miracoli».
In America! (USA)
Uno degli aspetti più interessanti di questo romanzo è la storia dell’emigrazione di Mendel Singer in America. Si scopre così la trama di rapporti di reciproco aiuto degli ebrei del ghetto di New York. Terminiamo il nostro video leggendo due passi relativi a questa esperienza di Mendel a New York
Perché il libro si chiama Giobbe?
Giobbe è l’uomo più giusto del popolo di Dio. Proprio per questo viene messo alla prova. Egli perde anzitutto i suoi beni, poi i suoi figli, infine la salute, ed è deriso dagli amici:
“13 I miei fratelli si sono allontanati da me,
persino gli amici mi si sono fatti stranieri.
14 Scomparsi sono vicini e conoscenti,
mi hanno dimenticato gli ospiti di casa; (Giobbe, 19, 13-14)
Giobbe si lamenta con Dio e dice:
“20 Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
21 Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti; (Giobbe, 30, 20-21)
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio
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