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L’arrivo del ministro Profumo al dicastero dell’istruzione ha “liberato” il mondo della scuola da una sorta di maledizione divina che, dopo i vari Moro, Scalfaro, Spadolini, Berlinguer, De Mauro, ecc.., sembrava essersi abbattuta su viale Trastevere.
Oltre alla marginale competenza in fatto di formazione, chi ha preceduto l’attuale ministro si è dimostrato refrattario verso qualsiasi offerta di collaborazione o suggerimento, limitandosi a trasformare in “politiche scolastiche” le esigenze di bilancio del ministero dell’economia. Tutto questo, ahimè, ha contribuito non poco al decadimento dell’istruzione italiana.
L’approccio più collaborativo con la comunità scolastica, i sindacati e il mondo dell’informazione evidenziato dal professor Profumo, tuttavia, non è sufficiente per risolvere gli innumerevoli problemi esistenti nel settore dell’istruzione pubblica. Occorre, in tempi brevi, ridare credibilità al nostro sistema scolastico e, di conseguenza, favorire l’incremento dell’autostima in tutti gli operatori dell’educazione mortificati da politiche scolastiche incapaci di guardare al futuro. Si tratta di un’operazione difficile che deve necessariamente poggiare sulla predisposizione di regole certe, chiaramente volte al raggiungimento del bene comune e, soprattutto, sul rigoroso rispetto di queste ultime. La legalità, infatti, deve rappresentare una sorta di stella cometa per tutti gli operatori della scuola: l’istituzione a cui è demandato il delicato compito di formare “l’uomo e il cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione” non può, al suo interno, disattendere le norme e sconfinare nell’illegalità.
Per queste ragioni l’attuale ministro dell’istruzione non deve cadere nella trappola della “soluzione politica” , da più parti prospettata, che mira a salvare lo sciagurato concorso per dirigente scolastico. Se una procedura concorsuale sgangherata genera un contenzioso di queste proporzioni è necessario chiedersi il perché con onestà intellettuale e umiltà (doti evidentemente non possedute dall’ex ministra Gelmini, la quale capeggia un folto gruppo di parlamentari di centro-destra che si sono pronunciati a favore della “soluzione politica” ). Coloro i quali sono investiti di responsabilità istituzionali, infatti, non possono piegarsi alla logica del più forte (nel caso specifico le organizzazioni rappresentative dei dirigenti scolastici e i sindacati confederali: Cgil, Cisl e Uil), ma devono avere come unico punto di riferimento il diritto che, volendo usare un paragone calcistico, a partita in svolgimento non può essere adattato alle esigenze specifiche di una delle due squadre in campo. E’ necessario aspettare con serenità le decisioni dei giudici, poiché in uno stato moderno ed evoluto ricorrere alla giustizia, per tutelare un diritto o un interesse legittimo, è segno di civiltà. I disagi che deriverebbero dalla mancata assunzione dei nuovi dirigenti, peraltro già presenti negli anni precedenti, non rappresentano una buona ragione per calpestare dei principi di civiltà giuridica così importanti.
Coloro i quali sono chiamati a dirigere un’istituzione scolastica dovrebbero essere i custodi della legalità e non la conseguenza di manovre deprecabili sia dal punto di vista giuridico che, soprattutto, etico.
Giuseppe Iaconis