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Conversazione in Sicilia
Elio Vittorini
AUTORE: Primo di quattro fratelli, Elio Vittorini nasce il 23 luglio 1908 a Siracusa da Lucia Sgandurra e Sebastiano Vittorini. Inquieto e ribelle, durante l’adolescenza fugge diverse volte da casa «per vedere il mondo», utilizzando i biglietti omaggio cui hanno diritto i familiari di un dipendente delle ferrovie. Nel 1924 entra in contatto con un gruppo di anarchici siracusani in lotta contro lo squadrismo fascista e interrompe gli studi tecnici a cui i genitori l’hanno destinato. Quindi, a diciassette anni decide di lasciare definitivamente la Sicilia e si stabilisce a Gorizia, dove troverà lavoro in un’impresa di costruzioni. Nel 1926 pubblica un articolo politico sulla rivista «La conquista dello stato», assumendo posizioni di fascismo antiborghese. E nel 1927 grazie all’amicizia con Curzio Malaparte comincia a collaborare con «La Stampa» e pubblica su «La fiera letteraria» il racconto il Ritratto di re Gianpiero con presentazione di Enrico Falqui.Il 10 settembre 1927, dopo la fuga architettata per potersi sposare subito, viene celebrato il matrimonio con Rosa Quasimodo, la sorella del celebre poeta Salvatore Quasimodo. Nell’agosto del ’28 nascerà il loro primo figlio, chiamato Giusto Curzio. In questo periodo intraprende la lettura di alcuni dei maggiori scrittori europei, fra cui Gide, Joyce e Kafka, e nel frattempo le sue collaborazioni si estendono a «Il Mattino», «Il Lavoro fascista» e ad altri periodici. Nel ’29 suscita scandalo un suo articolo contro il provincialismo della cultura italiana. Vittorini comincia ad essere considerato «uno scrittore tendenzialmente antifascista». Quindi perde le collaborazioni dei giornali e comincia a collaborare con una piccola rivista fiorentina, «Sol’aria», su cui pubblica la maggior parte dei racconti, raccolti poi in volume nel 1931 con il titolo Piccola borghesia – il suo primo libro. Grazie al direttore della rivista, Giansiro Ferrata, realizza il suo sogno di vivere a Firenze, dove nel 1930 si trasferisce con la famiglia. Qui lavora come segretario di redazione di «Sol’aria» dopodichè viene assunto come correttore di bozze al quotidiano «La Nazione». Nel 1932 vince ex aequo con Virgilio Lilli il premio per il miglior Diario del viaggio in Sardegna, bandito dal settimanale «L’Italia letteraria». Dal primo Quaderno sardo nascerà nel ’36 il libro Nei Morlacchi. Viaggio in Sardegna, ristampato nel ’52 col titolo Sardegna come un’infanzia. Nel ’33 inizia la pubblicazione a puntate su «Sol’aria» del romanzo Il garofano rosso (edizione definitiva 1948). Nel ’34 è costretto a lasciare il lavoro di correttore di bozze a causa di un’intossicazione da piombo. Nello stesso anno nasce il suo secondo figlio, Demetrio. Nel ’36 interrompe la stesura di Erica e i suoi fratelli (edito incompiuto nel ’54) e comincia a scrivere l’opera che costituisce il punto più alto della sua attività: Conversazione in Sicilia. Il romanzo appare a puntate su «Letteratura» tra il ’38 e il ’39, e poi nel ’41 uscirà in volume: prima presso l’editore Parenti col titolo Nome e lacrime, e poco dopo col titolo definitivo presso la casa editrice Bompiani. Insieme con altri fascisti di sinistra e ex fascisti (come Bilenchi e Pratolini), Vittorini segue con drammatica partecipazione la guerra civile di Spagna, schierandosi dalla parte dei repubblicani spagnoli. E in seguito alla pubblicazione di un articolo antifranchista, divenuto sospetto al Regime, viene espulso dal partito fascista. Quindi si accosta ai gruppi comunisti clandestini. Nel ’37 pubblica sul n.1 di «Letteratura» Giochi di ragazzi, romanzo incompiuto concepito come seguito de Il garofano rosso. Avendo trovato lavoro presso Bompiani, alla fine del 1938, si trasferisce con la famiglia a Milano, dove attraversa un periodo di crisi per via del suo vecchio amore per la milanese Ginetta Varisco, moglie del commediografo Cesare Vico Lodovici. Nel 1941 la censura fascista, contestando le note critiche di Vittorini, sequestra l’antologia Americana, che tuttavia l’anno successivo verrà rimessa in vendita da Bompiani, benché con l’eliminazione di quasi tutte le note critiche. Durante la guerra, svolge attività clandestina per il partito comunista. Nell’estate del ’43 viene arrestato, ma rimane nel carcere di San Vittore fino a settembre. Tornato libero, si occupa della stampa clandestina, prende parte ad alcune azioni della Resistenza e partecipa alla fondazione del Fronte della Gioventù, lavorando a stretto contatto con Eugenio Curiel. Recatosi nel febbraio del ’44 a Firenze per organizzare uno sciopero generale, rischia la cattura da parte della polizia fascista; quindi si ritira per un certo periodo in montagna, dove, tra la primavera e l’autunno, scrive Uomini e no, edito presso Bompiani nel 1945. Finita la guerra, torna a Milano con Ginetta e chiede l’annullamento del suo precedente matrimonio. Nel ’45 dirige per alcuni mesi «L’Unità» di Milano e fonda per l’editore Einaudi la rivista «Il Politecnico». Nel ’47 esce Il Sempione strizza l’occhio al Frejus, mentre nel ’49 escono Le donne di Messina (apparso poi, in una nuova veste, nel ’64) e la traduzione americana di Conversazione in Sicilia, con prefazione di Hemingway. Nel ’50 riprende la sua collaborazione a «La Stampa» e nel ’51 inizia a dirigere per Einaudi la collana di narrativa I gettoni, dimostrandosi un «rabdomantico scopritore di talenti»: Beppe Fenoglio, Carlo Cassola, Italo Calvino, Lalla Romano, Mario Rigoni Stern, Ottiero Ottieri e molti altri. Nel ’55 la sua vita privata è lacerata dalla morte del figlio Giusto. Nel ’56 esce La Garibaldina e nel ’57 Diario in pubblico, volume che raccoglie gran parte dei suoi scritti critici. Grande clamore suscita poi il suo rifiuto di pubblicare Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Nel ’59 fonda con Calvino «Il Menabò» – rivista aperta a una narrativa che voglia essere al passo con la civiltà industriale. L’anno successivo passa alla direzione della collana di Mondadori La Medusa e nel ’61 si avvicina anche al mondo del cinema, scrivendo la sceneggiatura per un film mai realizzato, Le città del mondo. Nel ’63 si ammala gravemente e viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. Malgrado la malattia, fittissima è la sua attività editoriale, avendo assunto nel frattempo la direzione della collana di Mondadori Nuovi scrittori stranieri, e quella di Einaudi Nuovo Politecnico. Il 12 febbraio 1966 muore nella sua casa milanese di via Gorizia. Postumo escono il volume critico Le due tensioni (1967) e il romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta, Le città del mondo (1969).
RIASSUNTO: Il romanzo si apre con la presentazione del protagonista, Silvestro Ferrauto, intellettuale e tipografo che vive a Bologna da 15 anni, il quale riceve una lettera del padre, dalla quale egli apprende che questi ha lasciato la madre per un’ altra donna. Silvestro decide di partire e tornare nel paesino natale, in Sicilia. Durante il viaggio, Silvestro incontra alcuni personaggi che lo colpiscono particolarmente. Sul traghetto che lo porta da Villa San Giovanni a Messina, conosce un piccolo siciliano disperato con una moglie bambina, che lo scambia per americano e gli offre delle arance. Sul treno che lo porta a Siracusa , incrocia un uomo in cerca di doveri più grandi, che chiama Gran Lombardo, un vecchio, un catanese e un ragazzo malato di malaria. Conosce poi due, poliziotti denominati dal protagonista Senza Baffi e Con Baffi, disprezzati dagli occupanti siciliani del vagone.. La seconda parte del romanzo narra dell’incontro tra Silvestro e la madre Concetta. Infatti dopo essersi fermato a dormire a Vizzini giunge nel paese della madre. Dopo averla ritrovata percorrendo la strada solo grazie alla sua memoria, pranza con lei e intraprende una discussione lenta e ripetitiva, in cui entrambi ricordano la vita nelle case cantoniere.. Insieme pranzano e mangiando continuano a discutere. Il dialogo tocca anche il padre, colpevole di averla tradita tante volte e di essere stato un buono a nulla, e il nonno che Silvestro paragona al Gran Lombardo, anche se non lo ricorda bene. Infine parlano anche dell’unico tradimento che la madre ha compiuto, con un soldato scappato dalla Prima guerra mondiale. Dopo essere stata lasciata dal padre,la madre lavora facendo iniezioni ai malati del paese, che hanno un po’ di malaria e un po’ di tifoe vivono quasi tutti nella povertà più assoluta. Silvestro visita delle case che sembrano delle grotte, in cui viene sempre circondato di attenzioni anche se non può vedere i malati a causa del buio in cui vivono. Alla fine visitano anche una vedova ricca e poco prima di andare da una giovane Silvestro decide di andarsene per girare un po’ da solo. Incontra così due personaggi. Inizialmente l’arrotino Calogero, che sostiene che nessuno ha più coltelli da affilare e si rallegra del temperino che Silvestro ha con sé. Calogero lo porta così da Ezechiele, che gli racconta di come il mondo sia “offeso” . Il trio si sposta poi dal paniere Porfirio e infine alla bottega di Colombo, dove bevono alcuni bicchieri di vino. Verso la fine del romanzo si assiste alla visita di Silvestro al cimitero, dove egli parlerà a lungo con l’ombra di un soldato ucciso che, in seguito, riconoscerà essere suo fratello Liborio. Durante la fine del romanzo, Silvestro scoppia a piangere fermandosi davanti alla statua dedicata ai caduti e circondato da tutte le persone che ha incontrato nel suo viaggio. Infine, torna a casa dove trova il padre, che lui neanche saluta.
PERSONAGGI: Silvestro ferrato: protagonista del romanzo che come accennato nel riassunto è un intellettuale e tipografo che vive a Bologna da circa 15 anni
Gran lombardo:padrone di alcune terre in Sicilia, Silvestro lo incontrerà in treno durante il suo viaggio
Calogero:arrotino del paese che sostiene che i suoi siano tempi duri per mancanza di lavoro
Ezechiele:sellaio del paese incontrato da Silvestro e Calogero nella sua bottega
Liborio:fratello del protagonista del cui si scopre essere morto in battaglia durante la guerra
SPAZIO: nel romanzo sono presenti luoghi chiusi come la casa della madre, la bottega del sellaio e il treno e luoghi aperti come ad esempio il cimitero.
TEMPO: il racconto ha luogo durante l’era del fascismo, precisamente durante la guerra in Spagna. L’intera vicenda si svolge in un breve periodo.
STILE: il linguaggio utilizzato dall’autore e piuttosto semplice, infatti è molto comprensibile e senza termini in dialetto o poco comprensibili. Inoltre prevale nel racconto il discorso diretto senza la presenza di monologhi.
TECNICHE e NARRATORE: il narratore essendo il protagonista, è interno alla vicenda, nella quale si scopre un velo di falsità nella esposizione, poiché essendo nel periodo fascista non si poteva parlare e scrivere a discapito del regime.
TEMATICHE: questo libro ci fa riflettere su come era difficoltosa la vita durante gli anni del regime fascista. Inoltre ci fa evidenziare i rischi in cui potevano incorrere gli oppositori di tale movimento politico.
COMMENTO: a dir il vero questo libro non mi ha attratto molto sin dall’inizio, considerazione che ho potuto constatare durante la lettura. Infatti non tratta di temi che ora come ora mi interessano né mi attirano.
ZANGARI DAVIDE 2^F