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27 Gennaio 2019Confronto tra Il principe e i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
27 Gennaio 2019Nel sistema tolemaico, la Terra è considerata il centro dell’universo, intorno al quale orbitano il Sole, la Luna e tutti i pianeti.
- Questo modello è noto come geocentrismo. Nel sistema copernicano, proposto da Niccolò Copernico nel XVI secolo, il Sole è posto al centro del sistema solare, e la Terra (insieme agli altri pianeti) orbita intorno ad esso. Questo modello è noto come eliocentrismo.
- Movimento dei corpi celesti: Nel sistema tolemaico, i pianeti orbitano attorno alla Terra lungo traiettorie complesse chiamate epicicli, che spiegano il movimento retrogrado osservato dei pianeti nel cielo. Nel sistema copernicano, il movimento retrogrado dei pianeti è spiegato dalla combinazione del movimento di rivoluzione della Terra intorno al Sole e del movimento di rivoluzione dei pianeti stessi.
- Semplificazione del modello: Il modello eliocentrico di Copernico semplifica la complessità del movimento planetario rispetto al modello geocentrico di Tolomeo. Elimina la necessità di introdurre epicicli per spiegare il movimento apparentemente irregolare dei pianeti nel cielo, offrendo una descrizione più elegante e accurata del sistema solare.
- Accettazione e impatto: Il sistema tolemaico era ampiamente accettato nell’antichità e nel medioevo, influenzando la concezione del cosmo per secoli. Tuttavia, con l’emergere delle osservazioni astronomiche più precise e la pubblicazione delle teorie di Copernico, il sistema copernicano ha gradualmente guadagnato accettazione. Le osservazioni di Galileo Galilei e i calcoli di Johannes Kepler confermarono ulteriormente la validità del modello eliocentrico, portando infine alla sua accettazione generale. Il sistema copernicano ebbe un profondo impatto sulla visione del mondo e contribuì alla nascita della rivoluzione scientifica nel XVII secolo.
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Fra il Cinquecento e il Seicento avviene un cambiamento nel pensiero filosofico e scientifico europeo che è stato giudicato epocale e a proposito del quale gli storici della scienza si sono trovati d’accordo nel parlare di “rivoluzione scientifica”.
Tra la pubblicazione di Le rivoluzioni dei corpi celesti (De revolutionibus orbium caelestium) di Copernico nel 1543 e la pubblicazione dei Principi matematici della filosofia naturale (Philosophiae Naturalis Principia Mathematica) di Newton nel 1687, si assiste non solo alla nascita della scienza moderna, ma anche a un mutamento radicale nell’immagine stessa della scienza e della figura del “filosofo naturale”, cioè di colui che si occupa della conoscenza e del dominio del mondo naturale, che si avvia a divenire il moderno “scienziato”. Attraverso i contributi di personaggi come Niccolò Copernico (Niklas Koppernigk, 14731543), Tycho Brahe (1546-1601), Giovanni Keplero (Johannes Kepler, 1571-1630), Galileo Galilei (1564-1642) e infine Isaac Newton (1642-1727), si verifica una vera e propria mutazione che porta a una nuova immagine della scienza. Lo storico della filosofia Paolo Rossi (1923-2012) la sintetizza nei seguenti caratteri:
- la scienza come una costruzione perfettibile che nasce dalla collaborazione tra studiosi e ricercatori, accomunati da un linguaggio specifico e rigoroso e organizzati in istituzioni che valutano risultati e linguaggio. La nuova scienza si costituisce come un’impresa comune, come un «sapere universale», dove più studiosi sono portati a collaborare e a interagire nello sforzo intersoggettivo di comprensione della natura;
- 2. la scienza come formulazione di proposizioni “vere” intorno al mondo, verificabili attraverso esperimenti e confronto con ipotesi alternative;
la scienza come progressiva crescita della conoscenza, attraverso lo sviluppo di teorie sempre più ampie, logicamente più forti, più capaci di spiegare e prevedere i fenomeni, più controllabili.
Parallelamente a questi caratteri, la figura dell’uomo di scienza si differenzia completamente da quella dell’antico sapiente. Colui che si occupa di scienza non è più solo il dotto detentore di un sapere indiscutibile, basato sull’autorità degli antichi e per pochi eletti, ma è invece il portatore di un sapere da sottoporre continuamente al giudizio dell’esperienza, da comunicare il più possibile e quindi da formulare in un linguaggio comprensibile.
Il nuovo uomo di scienza può appartenere alle categorie più diverse e il nuovo processo culturale si svolge, in gran parte, al di fuori delle università e dei luoghi tradizionali del sapere. I protagonisti di questo processo sono infatti non solo insegnanti universitari, ma anche medici, viaggiatori, farmacisti, o chiunque avesse una curiosità, anche dilettantesca, da far valere. A tutti è aperta l’appartenenza alle società scientifiche, senza che sia necessaria una caratteristica del dotto del tempo, la conoscenza del latino, o una cattedra universitaria.
DAL SISTEMA TOLEMAICO GEOCENTRICO AL SISTEMA ELIOCENTRICO
Aristotele visse dal 384 al 322 a.C. Chi ereditò e sviluppò il suo sistema astronomico fu Tolomeo, il più grande astronomo e geografo dell’età imperiale romana, vissuto nel II sec. d.C.
Il sistema aristotelico-tolemaico, impostato sul geocentrismo, verrà scardinato completamente solo a partire da Copernico, che visse tra il 1473 e il 1543. Dopo di lui i contributi più decisivi vennero dati da Tycho Brahe, Keplero e Galilei, che prepararono la rivoluzione di Newton riguardante la gravitazione universale e la cui concezione di spazio e tempo assoluti rimase a fondamento della fisica sino alla fine dell’Ottocento. Questa rivoluzione astronomica, strettamente legata allo sviluppo del capitalismo europeo, comporterà una più generale rivoluzione scientifica, ovvero una progressiva laicizzazione delle idee religiose ereditate dalla tradizione medievale. A sua volta la rivoluzione scientifica (basata sullo sviluppo della matematica, della fisica e della tecnologia) procederà in parallelo con quella filosofica, anch’essa intenzionata a ridimensionare le pretese della teologia. Filosofia e scienza si influenzeranno a vicenda, finché il divorzio tra le due discipline comincerà a farsi netto con la seconda rivoluzione industriale di fine Ottocento, quando apparirà evidente che scienza e tecnica potevano procedere da sole sulla strada del progresso dell’umanità. Ancora oggi, nonostante le guerre mondiali del Novecento e l’odierna devastazione ambientale, la scienza non ritiene d’aver bisogno di un rapporto organico con la filosofia, che di regola viene tenuta ai margini proprio perché non è in grado di dimostrare scientificamente la validità delle proprie affermazioni: per poterlo fare, la filosofia deve appunto avvalersi del contributo delle scienze.
Quindi, la rivoluzione scientifica vera e propria, teorizzata con gli strumenti della matematica e della fisica e supportata da invenzioni tecnologiche, va dalla pubblicazione delle Rivoluzioni dei corpi celesti di Copernico (1543) ai Principi matematici di filosofia naturale di Newton (1687). Prima di questa rivoluzione vi era stata quella umanistico-rinascimentale, che aveva introdotto, in chiave filosofica, temi come l’infinità dell’universo, la pluralità dei mondi, la fine del geocentrismo, l’idea di un dio che dà un ordine matematico e geometrico a tutte le forze della natura, l’idea organicistica di una coincidenza tra microcosmo e macrocosmo, la necessità di sviluppare sensi, ragione, esperienza e metodo induttivo in alternativa a dogmi di fede, tradizioni religiose, autorità ecclesiastiche e metodo deduttivo. È stato lo sviluppo della borghesia che ha spinto gli intellettuali a rivoluzionare i tradizionali criteri d’interpretazione della realtà, fisica e morale, umana e naturale. La rivoluzione scientifica non ha fatto altro che confermare delle intuizioni filosofiche.
Sintesi dell’astronomia aristotelico-tolemaica
Nell’astronomia aristotelica il mondo terrestre (sublunare) risulta dalla mescolanza di quattro elementi: terra e acqua (che tendono verso il basso) e aria e fuoco (che tendono verso l’alto). I mutamenti di questo mondo dipendono dalla mescolanza dei quattro elementi: ecco perché sulla Terra si nasce e si muore.
Il cielo invece, composto di etere (solido e trasparente), è eterno e immutabile e ha movimenti regolari e circolari. Il Sole, la Luna e gli altri pianeti sono come chiodi fissati su delle sfere ruotanti attorno alla Terra.
Esistono quindi due movimenti: uno imperfetto sulla Terra (ferma al centro dell’universo) perché rettilineo, difforme e limitato nel tempo; l’altro nei cieli è perfetto perché circolare, uniforme e perenne.
Le stelle fisse indicano il limite ultimo dell’universo, cioè la sua finitezza. La sfera divina è una sorta di motore immobile che mette in moto tutto il cielo, obbligandolo a girare intorno alla Terra.
Tolomeo, a questo impianto, dovette aggiungere degli accorgimenti matematici per spiegare alcuni fenomeni irregolari o poco comprensibili che avvengono nel movimento dei pianeti. Poi la teologia medievale equiparò le sfere celesti a varie potenze angeliche, come risulta, p.es., nella Commedia di Dante.
Copernico (1473-1543)
A dir il vero l’ipotesi eliocentrica sostenuta da Nicolò Copernico si sviluppò in modo autonomo dalle teorie filosofiche più innovative, a partire da quelle di Cusano, la cui Dotta ignoranza era del 1440. Telesio e Giordano Bruno, comunque, avevano letto le sue opere, anche perché cominciarono a essere divulgate in Europa verso la metà del Cinquecento. Questo a testimonianza che i tempi erano sufficientemente maturi per una svolta di portata epocale nell’area più borghese del continente. L’ intera opera é dedicata al papa di allora , Paolo III : dal suo testo emerge in primo luogo che Copernico non é stato un grande osservatore del cielo ma si é limitato a prendere atto dei dati osservativi . Altra considerazione che va subito fatta é che Copernico sembra non sbilanciarsi troppo nel testo su un fatto estremamente importante che segnerà il destino del copernicanesimo negli anni a venire : e cioè se la sua teoria vada interpretata come pura e semplice ipotesi geometrico matematica , oppure realtà fisica .
Peraltro il De Revolutionibus (dedicato a papa Paolo III!) conteneva una prefazione anonima, scritta da un teologo protestante (Andreas Osiander), ch’era anche editore dell’opera, della quale, per non aver noie, si limitò a esaltare il carattere “ipotetico” delle dimostrazioni matematiche. Da notare però che Lutero, Calvino e Melantone furono subito contrari alle teorie copernicane, mentre il papato le condannerà solo mezzo secolo dopo, quando verranno accettate da Galileo Galilei, che cercherà di dimostrarle col suo telescopio. Il motivo è semplice: il testo era soggetto a due possibili interpretazioni, geometrica (basata su ipotesi matematiche) e fisica. Visto in chiave geometrica, il copernicanesimo non sembrava pericoloso per la teologia ufficiale, ma se lo si accettava in chiave fisica, diventava incompatibile con alcune affermazioni della Bibbia interpretate in maniera letterale (p.es. là dove, in Gs 10,12, si afferma che Giosuè aveva ordinato al Sole di fermarsi).
Che la religione, cattolica o protestante, avesse ormai ben poco di “religioso” e stesse evolvendo, nonostante la Controriforma, in una direzione chiaramente laicistica, è dimostrato anche dal fatto che Copernico era un prelato della chiesa cattolica polacca: cosa che indubbiamente lo influenzò non poco nella decisione di dare alle stampe il suo libro, che infatti uscirà l’anno stesso della sua morte.
Copernico era sicuramente un buon matematico, ma non un osservatore del cielo, tant’è che il suo punto di partenza erano le astrazioni della fisica classica, quella aristotelico-tolemaica.
Le sue idee fondamentali erano le seguenti:
- l’universo è sferico;
- la Terra è sferica (forma con l’acqua un’unica sfera) e non è al centro dell’universo;
- il moto dei corpi celesti è uniforme, circolare e perpetuo e tutti quelli che vediamo a occhio nudo girano attorno al Sole;
- la Terra ha una rotazione annuale (insieme alla Luna) attorno al Sole;
- la Terra ha una rotazione diurna sul proprio asse ed è al centro solo per la Luna;
- il moto della Terra è in grado di spiegare tutti i moti apparenti retrogradi degli altri pianeti che vediamo a occhio nudo;
- esiste un terzo movimento della Terra, detto di “declinazione”, che spiega il motivo per cui l’asse terrestre è sempre inclinato da un lato;
- il centro dell’universo non coincide con quello del Sole (tant’è che sarebbe meglio parlare di “sistema eliostatico” e non “eliocentrico”);
- l’universo resta finito, chiuso dalla sfera trasparente delle stelle fisse, molto più grande di quello aristotelico-tolemaico;
- tutti i corpi celesti sono sostenuti da sfere cristalline trasparenti.
Come si può notare, alcune di queste idee appartenevano alla concezione tolemaica, altre invece erano state prese da astronomi della Grecia classica (Iceta di Siracusa, Filolao, Eraclide Pontico, Ecfanto, Aristarco di Samo; lo stesso Platone, nel Timeo, aveva sostenuto il movimento rotatorio della Terra). Ciò che non lo soddisfaceva erano i calcoli matematici degli scienziati del suo tempo, ancora basati su quelli di Tolomeo, il quale, per far quadrare i suoi ragionamenti, era stato costretto a introdurre molti artifici matematici (epicicli, eccentrici, deferenti e cerchio equante), cui però lo stesso Copernico dovrà ricorrere per colmare le lacune della sua teoria astronomica, rivelandosi, in questo, meno profondo di Tolomeo. Più in generale bisogna dire che davanti a sé Copernico aveva i seguenti problemi da risolvere: se davvero si pensa che un movimento rotatorio sul proprio asse distruggerebbe la Terra, perché non succede nulla agli altri corpi celesti che le girano attorno? Inoltre per quale motivo deve essere l’universo, infinitamente più grande della Terra, a muoversi intorno ad essa e non il contrario? Copernico scelse la teoria eliocentrica perché gli appariva più semplice rispetto a quella geocentrica per spiegare i moti dei pianeti che si vedono a occhio nudo.
In lui sicuramente di rilievo risultava il fatto che veniva eliminata la teoria aristotelica del “Primo Motore” e quella del geocentrismo. La Terra, in sostanza, si muoveva da sola su se stessa e, insieme alla Luna, si muoveva di un moto circolare, uniforme e perpetuo attorno al Sole, della durata di 365 giorni, mentre Mercurio ne impiegherebbe 80, Venere 9 mesi, Marte 2 anni, Giove 12 e Saturno 30. La forma perfetta, per Copernico, restava quella sferica e il moto perfetto quello circolare. Da notare che proprio sulla base delle sue teorie si operò la riforma gregoriana del calendario del 1582. Significativo inoltre che l’universo non lo concepisce più diviso tra mondo celeste o superiore e mondo sublunare o inferiore, ma come un tutto unico, omogeneo, regolato in ogni suo punto dalle stesse leggi e composto dagli stessi elementi, anche se continua a essere chiuso, finito, benché molto più grande di quello di Tolomeo.
Sulle sfere celesti, fisse, poste al limite dell’universo visibile, Copernico continuava a non avere le idee chiare, perché nella cosmologia aristotelica sono esse che danno il movimento dei corpi celesti immediatamente inferiori. Pertanto ribadisce che tutti i corpi celesti sono sostenuti da sfere cristalline ruotanti, altrimenti collasserebbero gli uni sugli altri (come noto per Aristotele il vuoto non esiste: la materia è ovunque e quindi i pianeti sono trascinati dalle sfere concentriche come dei “chiodi” fissati sulle stesse sfere: girando le sfere girano anche i “chiodi”). Cioè Copernico non aveva capito che i pianeti, nel nostro sistema solare, si muovono sulla base di orbite determinate dal Sole.
Giovanni Keplero (1571-1630)
Il tedesco Johannes Kepler (Keplero) approfondì il sistema copernicano sul piano matematico con tre leggi fondamentali sul moto dei pianeti, che portano il suo nome.
- Prima legge. Studiando l’orbita di Marte, stabilì ch’era ellittica, non circolare. Da qui arrivò a dire che tutti i pianeti si muovono secondo ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi (l’idea di orbite ellittiche l’aveva avanzata nell’XI secolo Arzachele, a Toledo, ma senza poterla dimostrare. Non è poi da escludere che l’idea di ellisse gli sia venuta in mente in seguito alla riforma protestante, quando la chiesa romana, di fronte alle richieste dei protestanti di ridurre l’esteriorità del culto, non aveva fatto altro che accentuarla, introducendo appunto l’ellisse nell’arte barocca, che dà l’impressione di irregolarità, avendo due fuochi, pur essendo perfettamente regolare).
- Seconda legge. Si accorse anche che Marte si muoveva più velocemente vicino al perielio (punto di massima vicinanza al Sole) e più lentamente vicino all’afelio (punto di massima distanza dal Sole). Quindi dimostrò che il tempo impiegato dal pianeta a percorrere un arco della propria orbita (cioè una determinata porzione) era proporzionale alla distanza dal Sole. La legge generale fu quindi la seguente: la velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale che la linea (o raggio vettore) che congiunge il Sole e il pianeta copre in uguali intervalli di tempo, uguali porzioni di superficie dell’ellisse. In questa maniera venivano eliminati tutti gli eccentrici e gli epicicli di Tolomeo e si capiva anche il motivo per cui la primavera e l’estate (quando il Sole è più lontano) sono più lunghe dell’autunno e dell’inverno.
- Terza legge. Keplero determinò la relazione tra i periodi di rivoluzione dei pianeti e le loro distanze dal Sole, nel senso che i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle loro rispettive distanze medie dal Sole. Cioè se T1 e T2 sono i periodi necessari a due pianeti perché completino un giro nelle loro orbite, e se R1 e R2 sono le rispettive distanze medie tra loro e il Sole, allora il rapporto tra i quadrati dei periodi orbitali è proporzionale al rapporto esistente tra i cubi delle distanze medie dal Sole: (T1/T2)2=(R1/R2)3. In poche parole più un pianeta è lontano dal Sole e più tempo impiega a circumnavigarlo. Oggi questa legge viene ritenuta vera se la massa del pianeta è trascurabile rispetto a quella della stella di riferimento e se si possono trascurare le interazioni tra i diversi pianeti, in grado di perturbare le orbite.
Keplero in questo modo non solo aveva dimostrato che il cosmo ha una struttura perfettamente matematica, ma aveva anche intuito che questa struttura era in relazione con un principio di gravitazione esistente tra i pianeti e tra questi e il Sole. Con le sue dimostrazioni era impossibile tornare a parlare di moto circolare dei pianeti e di moto costante nelle loro orbite. È il Sole che, ruotando su di sé, dà il moto ai pianeti del nostro sistema. Il Sole ha “un’anima” e una forza magnetica con cui attrae a sé gli altri pianeti, impedendo loro di disperdersi nell’universo. Ci vorrà però Newton a dimostrare questa cosa scientificamente.
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Implicazioni culturali della rivoluzione scientifica da Copernico e Galileo, fino a Leopardi e Pirandello, di Alissa Peron
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COPERNICO di Diego Fusaro