Il Gran Priorato giovannita di Capua
27 Gennaio 2019La Vergine delle Rocce
27 Gennaio 2019di Donato Bramante
Relazione di storia dell’arte, di Samuele Gaudio
Donato Bramante, Cristo alla colonna, Ol’io e tempera su tavola, Cm 93,7 x 62,5, Pinacoteca di Brera
Quest’opera è situata nella ventiquattresima sala della pinacoteca di Brera, dove sono presenti altre due opere: la Pala Montefeltro, realizzata da Piero della Francesca, e lo Sposalizio della Vergine, realizzato da Raffaello Sanzio. Queste sono anche le più importanti opere ospitate dalla Pinacoteca. Il Cristo alla colonna di Bramante proviene dall abbazia di Chiaravalle presso Milano, dalla quale fu portato a Brera nel 1915. Nell’abbazia il dipinto era collocato sull’altare della seconda cappella del transetto destro.
Questa è un’opera significativa, perché l’attività di Bramante sia come pittore (e del Bramante pittore non si hanno molte opere), sia come architetto, ha segnato una svolta nello sviluppo dell’arte lombarda, indirizzandola verso un rinnovamento, in rapporto con le novità prodotte dal Rinascimento, che si era già ampiamente diffuso nelle altre città italiane. Per questo motivo le opere di Bramante influenzeranno l attività degli artisti lombardi posteriori.
Quest opera è stata realizzata da Donato Bramante nei primi anni novanta del ‘400, quando egli era già presente a Milano (si era recato nella città nel 1480). Gli viene commissionata dal cardinale Ascanio Sforza, fratello di Ludovico il Moro. Bramante in quegli anni assume una posizione privilegiata nella corte di Ludovico il Moro, il quale lo coinvolge nella costruzione di importanti cantieri e imprese architettoniche, come per esempio la progettazione della chiesa di Santa Maria presso San Satiro. Prendere in considerazione quest’ultimo progetto, è importante per capire la concezione di spazio e di prospettiva che ha Bramante e che determina anche le opere pittoriche che sono presenti a Brera. Infatti nella chiesa di Santa Maria, Bramante costruisce un finto coro prospettico. Egli riesce a creare l’illusione della profondità di quest’ultimo, che nello spazio reale è profondo solo un metro, insomma uno spazio angusto che non sarebbe stato adatto allo scopo celebrativo e votivo che aveva ledificio. Nella parte del finto coro prospettico, doveva esserci l’immagine della Madonna, ma grazie agli artifici prospettici e architettonici adottati da Bramante, lo spazio sembra molto più profondo. Questo fa capire come Bramante usava la prospettiva, non per riprodurre uno spazio reale, ma al fine di creare uno spazio illusorio, in cui le misure reali risultano distorte, realizzando in questo modo una scenografia. L elevatissima conoscenza dei principi e delle leggi prospettiche, acquisita probabilmente nella corte urbinate, viene usata da Bramante anche per collocare le figure nei suoi dipinti. Gli esempi presenti alla Pinacoteca sono non solamente il Cristo alla colonna, ma anche il ciclo di affreschi degli uomini darme” di Casa Panigarola, realizzati intorno al 1487, cioè non molti anni prima del Cristo alla colonna.
Donato Bramante, Uomo dallo spadone, Affresco, Pinacoteca di Brera
Bramante inserisce le figure di uomini darme, che ritraggono personaggi eminenti della corte sforzesca, all’interno di finte nicchie decorate, che dispone sui lati della sala dove erano presenti gli affreschi, ispirandosi forse all’affresco Pippo Spano di Andrea Castagno.
Egli riesce a creare, attraverso la realizzazione delle finte nicchie, l’illusione che lo spazio della sala sia ingrandito. Lo fa forzando la visione prospettica e scorciando di molto gli elementi spaziali della nicchia. Il risultato che riesce ad ottenere è il senso di monumentalità che acquistano le figure, che si affacciano allo spettatore in modo teatrale, presentandosi in tutta la loro grandezza, sia fisica che morale. Nel Cristo alla colonna, invece, Bramante usa la sua conoscenza della prospettiva, e la sua capacità di creare spazi in cui collocare le figure, per un altro scopo: non per uno scopo celebrativo, ma al fine di accentuare l’impatto emotivo che lo spettatore prova mettendosi davanti a questo dipinto.
L’ambiente in cui inserisce il Cristo, in questo caso, occupa poco spazio nella composizione, ma si riesce comunque bene ad intendere, dagli elementi che Bramante raffigura, che è un luogo ampio, con un colonnato che si apre sull’esterno attraverso una finestra, la quale lascia intravedere, dietro il davanzale, un fiume o un lago, oltre il quale si distende il paesaggio, che sbiadisce, allontanandosi, sempre di più. La pisside, o vaso, sul davanzale, è uno degli elementi più misteriosi del quadro, in quanto ha sicuramente un valore simbolico non facilmente determinabile, ed ha dato luogo, infatti a molte interpretazioni discordanti.
In particolare, il paesaggio, probabilmente, è dovuto all’influenza che le opere di Leonardo hanno avuto sull attività di Bramante. Infatti Leonardo a Milano aveva già dipinto la Vergine delle rocce nel 1483. La composizione mette quindi in relazione l’estremamente vicino (il primo piano del corpo di Cristo) con l’estremamente lontano (il paesaggio esterno fuori dalla finestra). Centrale è la figura di Cristo che è a mezzo busto, non è completa come nel caso di alcuni uomini darme. L’elemento più importante dello spazio architettonico è la colonna, che dà la sensazione di spingere la figura e il corpo di Cristo fuori dal quadro, verso di noi, come per presentarcelo in modo teatrale, mettercelo davanti agli occhi in tutto il suo dolore. E’ questa la prima sensazione che si ha vedendo questo quadro. Il primo contraccolpo si ha proprio nel guardare il corpo di Cristo sospinto verso di noi, presentato in tutta la sua drammaticità. Il corpo muscoloso, un corpo scolpito, perfetto, di impronta classica, non è ancora scalfito, indice del fatto che la flagell’azione non è ancora iniziata, ma sta per cominciare. L’elemento che ci suggerisce che Egli sta per essere percosso è l’espressione del suo viso e dei suoi occhi, che sono il secondo elemento che coglie il nostro sguardo, dopo il corpo. Questi occhi sono come rivolti verso di noi, guardano alla nostra altezza, non si volgono in alto come nel caso degli uomini darme o al cielo, verso il Padre, come nella precedente versione del Cristo alla colonna di Antonello da Messina della fine degli anni 70 del ‘400 (conservato al Louvre), dalla quale probabilmente Bramante era stato ispirato per dipingere la sua opera. Gli occhi che raffigura Bramante è come se guardassero tristemente e con pietà verso di noi, la bocca è socchiusa come se ci stesse per parlare e facessimo parte della folla che assisteva immobile e passiva alla flagell’azione o addirittura come se fossimo noi che lo stessimo per torturarlo. Inoltre l’espressione del Cristo in questa tavola è differente dalle espressioni facciali degli uomini darme, oppure di quelle dei filosofi Eraclito e Democrito, personaggi che raffigura Bramante in un affresco che doveva precedere la sala raffigurante gli uomini darme. Queste espressioni infatti risultano più forzate, come vere e proprie maschere teatrali; mentre l’espressione del Cristo è molto più reale e riesce così a trasmettere più pathos, risulta molto più drammatica. Questo quadro riesce a comunicare nell’osservatore un elevato senso di partecipazione, grazie sia al primo elemento del corpo presentato a noi in tutta la sua nuda umanità, sia all’espressione degli occhi, che suscita in noi pietà . Cristo ci guarda con un immenso amore, il suo sguardo amorevole è segno di qualcosa che va oltre l’umanità del suo corpo. Egli è addolorato per noi, più che per il fatto che dovrà provare dolore lui stesso. Un’altra cosa che colpisce è lelevatissima qualità con cui è reso il soggetto, il cui corpo è stato probabilmente dipinto con delle sfumature create attraverso la sovrapposizione di velature di colore, dato che non si riescono a percepire le pennellate distinte. I ricci dei capelli sono resi con pennellate finissime, che riescono a riprodurre l’effetto che la luce fa colpendoli e creando dei riflessi. L’attenzione di carattere fiammingo alla resa del particolare si può riscontrare nella resa dei particolari del corpo come le vene e anche nella rappresentazione del paesaggio e delle decorazioni classiche in oro sulla colonna, rese con un’attenzione da antiquario, che riflettono anch’esse la luce. Bramante riesce a far risaltare il volume della figura accentuandone la contrapposizione tra parti in luce e parti in ombra. Bramante riesce a rendere anche il modo diverso con cui la luce modella, colpendoli, gli elementi diversi del Cristo, diffondendosi sulla superficie chiara della pelle del corpo,che così risulta ancora più evidenziato, o riflettendosi sui ricci dei capelli finissimi o nelle lacrime del volto. Le forme volumetriche rese attraverso laccentuato chiaroscuro che raffigura Bramante sono ben definite e distinte tra loro, le ombre che raffigura non avvolgono le figure in un’atmosfera buia rendendole confuse, come invece risultavano quelle di Leonardo, dal quale comunque Bramante è stato influenzato, soprattutto nella capacità di rendere le sfumature dei colori. La parte dove è più accentuato il contrasto tra luce e ombra è il volto, che risulta nettamente diviso in due parti, tanto che l’occhio di destra è molto più scuro e si riesce a vedere di meno, anche se malgrado questa la penombra si riesce a cogliere comunque l’espressione di questo, e anzi il contrasto ne fa risultare accentuata la drammaticità e il senso di tragicità, la quale è sottolineata anche dalla resa della carne del braccio stretta dalla corda e dal colore freddo e livido del viso e del collo, dovuto alla morsa del cappio attorno a quest’ultimo. Inoltre la sala dove è presente questo quadro non è molto luminosa quindi risulta accentuato lopprimente e angoscioso tono verdognolo della pelle del viso, in modo quasi esagerato. E’ chiaro quindi l’intento di Bramante di stimolare con questo quadro la nostra emotività, volontà che risulta quindi in opposizione a quella di Piero della Francesca, che attraverso le sue composizioni vuole invece sollecitare la nostra ragione, come accade appunto con la Pala Montefeltro, rispetto alla quale il Cristo alla colonna di Bramante si trova sul lato opposto della sala della pinacoteca, e forse non casualmente.