Ariosto tra realtà e invenzione poetica
28 Dicembre 2019La politica interna e le riforme di Cesare
28 Dicembre 2019La scuola siciliana si sviluppò tra il 1230 e il 1250 alla corte di Federico II, lo Stupor Mundi, che stabilì la sua corte in Sicilia, luogo di incontro e fusione di culture diverse per la sua centralità nel Mediterraneo, dove fondò una scuola di poeti e intellettuali che fecero parte della sua corte.
La denominazione di Scuola Siciliana, che può essere fatta risalire a Dante (volgar. eloq. I, XII, 4), indica un movimento letterario che durante i primi tre quarti del Duecento diede origine ad una vasta produzione operistica nel volgare, e che si svolse con sede alla corte di Federico II, Re di Sicilia e dei suoi discendenti, in particolare Manfredi.
I poeti della scuola siciliana furono considerati i veri fondatori della letteratura italiana, entrarono improvvisamente a far parte dell’ecumene lirico cortese europeo inaugurato nel XII dai trovatori e poi proseguito dai trovatori francesi e dal Minnesänger tedesco del Reno-Danubio.
Inoltre, questi poeti erano principalmente funzionari statali, notai o magistrati, per loro l’attività poetica è una fuga dalla realtà. A differenza dei trovatori, non sono poeti professionisti, e la diversa situazione politica e sociale in cui operano ha un importante impatto stilistico e tematico sulla loro produzione.
Lo storico britannico David Abulafia nel suo libro “A medieval Emperor Frederick II” scrive:
Nella storiografia tradizionale, l’immagine di Federico come “meraviglia del mondo” si basa esclusivamente sui suoi interessi scientifici e sugli aspetti drammatici del conflitto che si oppose al papato. A lui applausi incondizionati come fondatore della poesia lirica italiana. Risalendo le loro origini alla corte sveva, i poeti italiani del Duecento furono chiamati “Scuola Siciliana”; Dante, consapevole delle anticipazioni e delle nuove linee guida richieste al battesimo dai suoi immediati predecessori in Toscana (soprattutto Cavalcanti), mantenne separato dai siciliani il dolce nuovo stile contemporaneo, ma ai suoi occhi la poesia d’amore italiana era una relativa novità, arrivò alla corte siciliana solo nella prima metà del XIII secolo, cioè per ostacoli dopo Guilhem de Peiteu, duca d’Aquitania e iniziatore dell’opera trobadorica. Tale era la forza della tradizione provenzale che lo stesso Dante Alighieri considerò l’idea di scrivere in quella lingua la Commedia; impossibile dire se fosse stato immortalato provenzale o se il suo capolavoro avrebbe trovato oscura sepoltura. Né si può dire che Dante giudicasse il dialetto italiano “siciliano” particolarmente raffinato in cui si esprimevano i primi versi. Fu molto colpito dai mecenati dei cantanti che il linguaggio della poesia:
“Sono in verità quegli uomini grandi e illuminati, Federico II imperatore e il suo degno figlio Manfredi, ho potuto esprimere la nobiltà e la rettitudine del loro spirito, e finché la fortuna gli ha permesso si sono comportati da uomini, disdegnando di vivere come bestie E per questo coloro che avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini si sforzavano di rimanere in contatto con la maestà dei grandi principi, tanto che in quel momento, producendo il più nobile di mente, i corsivi videro la luce per la prima volta nel palazzo dei governanti così illustri».
Tra i maggiori rappresentanti della Scuola Siciliana:
Giacomo da Lentini, o Jacopo da Lentini (Lentini, 1210 circa- Lentini 1260 circa), fu il massimo esponente della Scuola Siciliana, fiorì nel XIII secolo alla corte di Federico II di Svevia. A corte lavorò come funzionario come Notaio Imperiale. Nell’ambito della letteratura delle Origini, la sua produzione poetica di alto stile e tema amoroso, fu la più vasta e l’unica che avesse immensamente influenzato gli scrittori del seguito. Ebbe una formazione culturale di natura giuridica, ci sono manoscritti poetici che tramandano il suo nome in forma di James Notaro.
Il filologo italiano Roberto Antonelli, ha curato il primo volume del libro “I poeti della scuola siciliana, Giacomo da Lentini ‘la protopoeta, Antonelli nella sua prefazione che definisce tout court il “fondatore” dell’opera italiana, analizzando acutamente l’influenza trobadorica e sedimentazione della cultura latina. Tra l’altro a Giacomo da Lentini si deve l’invenzione di stupefacente quella forma metrica perfetta che è il sonetto. Ma Antonelli riconosce che il merito di “lo stimolo decisivo alla nascita e allo sviluppo” della poesia siciliana va a Federico II, e la sua politica culturale.
Il ‘Notaro’, come chiamò la ‘Divina Commedia’ di Dante (La Divina Commedia, Pg. XXIV, 56) e in “Su un discorso ordinario”, Devi la nascita del volgare e dell’opera italiana. Scrisse la raccolta di poesie , “Rime e Sonetti”, e vengono attribuiti 16 canti e 22 sonetti, scritti tra il 1233 e il 1241. Hanno eseguito tutte le composizioni (canti e sonetti) plausibilmente attribuiti alla tradizione manoscritta: Con il canto Madonna voglio dire vo Giacomo da Lentini apre il codice vaticano Latino 3793, la più grande raccolta di rime in italiano volgare duecentesco.
La lingua usata da Jacopo da Lentini, e da altri poeti siciliani, è l’italiano volgare, che è essenzialmente un dialetto siciliano colto purificato da ogni suo componente. Nella sua poesia il tema è l’amore, con grande originalità, usando il sonetto. Nei suoi testi, il Notaio, analizza l’amore come un evento umano e divino.
Di lui sono quaranta poesie, tutte d’amore. Della sua vita sappiamo molto poco; il suo nome compare in alcuni atti (risalenti al 1233) da lui deposti per conto dell’imperatore Federico II.
Diversi poeti che ruotavano attorno a Federico II, siciliani furono, molti messinesi di nascita o della costa orientale: Stefano Protonotaro veniva da Messina, come Guido delle Colonne, Oddone delle Colonne, Rosso Rosso (signore di Villa Sperlinga e Martini e prestatore di Federico II) , Mazzeo Ricco e altri.
Un altro poeta, scrittore, studioso e politico italiano del Regno di Sicilia considerato tra i più grandi maestri dell’ars dictandi fu Pier delle Vigne (1190-1249).
Pier delle Vigne, considerato uno dei massimi esponenti della prosa latina medievale, ha dato anche un prezioso contributo allo sviluppo della scuola volgare siciliana con alcuni canti e un sonetto sulla natura dell’amore. È anche noto per essere menzionato nella Divina Commedia nel tredicesimo canto dell’Inferno. Dante Alighieri, ponendolo nella selva dei suicidi, lo assolve dall’accusa di aver tradito l’imperatore.
Pier delle Vigne fu arrestato all’inizio del 1249 a Cremona come traditore. Le ragioni non furono mai chiarite, ma fu reso cieco per volere di Federico II a Pontremoli nella Piazzetta di San Geminiano..
Nella scuola siciliana, c’era un aspetto innovativo nell’aspetto linguistico: l’allocazione di una nuova lingua poetica. Si usava volgare siciliano, arricchendo i latinismi e anche colti provenzalismi di origine, usati nell’ambiente cortigiano Federico. Col tempo, i testi subiranno un processo di toscanizzazione, perché i copisti toscani copiano a mano secondo la loro lingua.
Dante Alighieri fu un grande estimatore dell’opera siciliana e del volgare in cui si esprime, tanto da fargli dire nella sua Vulgari Eloquentia:
Comincerò a porre attenzione al siciliano: anzi questo volgare sembra pretendere per sé una fama maggiore ad altri, perché tutto quello che fai nella poesia italiana si può dire in siciliano, e perché conosco molti dell’isola, poeti che hanno cantato con maestria.
Possiamo dire che la Scuola Siciliana fu indubbiamente un importante centro culturale alla corte di Federico II, detective e amante della saggezza, come diceva di sé.
Ma con il declino della dinastia sveva e il declino della vita politica siciliana, il centro letterario italiano in Toscana e passato il volgare della regione formarono la nuova lingua nazionale, ma non senza la Scuola Siciliana a trasmettere Toscani, insieme a schemi di contenuto, anche elementi fonetici e lessicali che sono mantenuti stabilmente nella tradizione toscana e italiana.
Audio Lezioni di Letteratura delle origini, duecento e trecento del prof. Gaudio
Ascolta “Letteratura origini duecento e trecento” su Spreaker.