Toponomastica al femminile questa sconosciuta
27 Gennaio 201925 aprile 2018
27 Gennaio 2019All’alba del 31 maggio Ondina Peteani partiva alla volta di Auschwitz
Trascrizione della lettura dal diario di Ondina Peteani:
All’alba del 31 maggio partiva alla volta di Auschwitz Ondina Peteani – prima staffetta partigiana d’Italia.
Stipata in un carro bestiame nel Silos della Stazione Ferroviaria Centrale di Trieste, partirà verso i Lager nazisti del nord Europa, nel convoglio assieme a partigiane/i, oppositori politici, ebrei e altre disparate identità socio-culturali che la dittatura aveva scelto di sterminare. Ondina ad Auschwitz verrà marchiata con il n. 81672.
… si partì dunque il 31 maggio all’alba, nei vagoni bestiame : DESTINAZIONE AUSCHWITZ – Diario di Ondina Peteani
Audio-lettura di Marisanna Calacione
«Si partì dunque il 31 maggio, all’alba, nei vagoni bestiame. Il convoglio era scortato da carabinieri e da tedeschi. Il comandante doveva aver ancora qualche parvenza di umanità, perché alla prima fermata d’oltre confine ci permise di tenere i vagoni con le porte in fessura, almeno si respirava un po.
Talvolta si arrivava persino a scambiare qualche parola con gli uomini, se la fermata era di notte, cosicché nessuno ci avrebbe visto e non avrebbe messo nei guai quelli che ci scortavano.
«In una stazione, credo Monaco, i vagoni con gli uomini vennero staccati, e inviati, seppi dopo, a Dachau e noi proseguimmo alla volta di Auschwitz. Al quinto giorno di viaggio, vennero a chiudere i vagoni e a sigillarli: si stava arrivando nella zona dei Lager, controllata dalle SS.
«Se durante il viaggio eravamo state abbastanza allegre, specie noi più giovani, e chiacchierone, in quel momento diventammo serie e cominciammo a parlarci sottovoce: davanti a noi avevamo intravisto una desolata pianura sotto un cielo piatto, appestata
da un odore che noi attribuimmo alla bruciatura di immondizie.
«Mentre il convoglio avanzava lentamente, cominciammo a vedere i primi Lager, arrampicandoci fino agli alti finestrini del vagone.
«Durante il viaggio avevamo intravisto prigionieri al lavoro sulle ferrovie ed erano vestiti con la tipica zebra”; vedendo nel campo gente con vestiti variopinti, pensammo che ci avrebbero lasciati i nostri.
Per giunta, era domenica pomeriggio, sentimmo unorchestrina che suonava e la cosa ci rallegrò alquanto:
Ragazze, si potrà anche ballare!” Il nostro ottimismo crollò ben presto. Appena arrivate alla stazione ci fecero scendere e in un primo tempo ci dissero di lasciare tutto nei vagoni, poi, visto che non eravamo ebree, ci permisero di riprenderci la nostra roba. Sapemmo successivamente che l’avrebbero catalogata e riposta, mentre agli ebrei veniva subito requisito tutto. Poco prima era arrivato un treno di ebrei ungheresi e sulla banchina erano rimasti i vecchi e i non autosufficienti. Cera lì un camion e queste persone venivano prese per le braccia e per le gambe e gettate sul camion, tra grida di dolore e orribili tonfi. Quello che ci raggelò fu il vedere che questo tremendo compito era affidato ad alcuni prigionieri.
Ci inquadrarono in fila per cinque e io mi sentivo un po strana: avevo la sensazione di non essere io quella a cui stavano accadendo quelle cose, mi pareva di viverle dall’esterno. E’ una cosa difficile da comprendere e da spiegare. Ci misero in fila per cinque e ci condussero attraverso un intricato dedalo di stradine. Ai lati cerano montagnole di stampelle, di occhiali, di giocattoli ben divisi, secondo il senso dell’ordine teutonico. Poi, arrivate in una baracca, ci ordinarono di spogliarci e il nostro pudore di farlo davanti ai soldati fu ben presto vinto dalle violente bastonate che cominciarono a volare. Ci distribuirono dei vestiti provvisori. A me toccò un pastrano da uomo con una grande stella gialla e, mettendo le mani in tasca, trovai una pipa con un borsellino di tabacco.
Mi sentii rabbrividire, pur non conoscendo ancora la sorte del proprietario di quel cappotto. (…)
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Durante l’occupazione nazista, dai binari del Silos adiacente alla Stazione ferroviaria Centrale di Trieste, tra gli altri convogli, è partito il 75% dei Deportate/i dall’Italia alla volta dell’inferno di Auschwitz.
Contro il perdurare dell’Indifferenza il Paese deve esercitare il ruolo fondamentale nella creazione del “Memoriale Nazionale di Auschwitz e della Deportazione” a perenne Memoria e riconoscimento dei Martiri del Crimine che ha mutato il corso della Storia.
Su impulso di Liliana Segre, ispiratrice e anima di Binario21 a Milano, INDIFFERENZA è la dicitura che sovrasta l’elenco dei nomi. Alla Segre, Deportata tredicenne ad Auschwitz, l’Università di Trieste ha conferito la prima Laurea Honoris Causa a un Ex Deportata/o in Italia:https://www.youtube.com/watch?v=L8oGuOu4Iv0 Nella Lectio Magistralis Liliana Segre chiama Ondina Peteani, Sua sorella ideale.
Indifferenza, rimozione storica, intralci e ostacoli di varia natura, bloccano dal dopoguerra la creazione di un vero e proprio Monumento Nazionale nell’area del Silos,
L’abominio dell’Olocausto/Deportazione, l’immane tragedia dello sterminio nazista ha dilaniato senza pari questo territorio: ricordare è un Dovere verso le nuove generazioni, come sancito da Primo Levi, promosso e sostenuto nella strenua difesa dei Valori supremi di Libertà e Giustizia.
Nella Trieste della Risiera di San Sabba, unico Lager di sterminio nazista munito di forno crematorio sorto in Italia e nell’Europa meridionale, nella Trieste del primo rastrellamento di Ebrei effettuato dai nazisti nel Paese il 9 ottobre 1943, nella Trieste di Alma Vivoda, prima Caduta della Resistenza, nella Trieste Medaglia doro al Valor militare per la Liberazione, a Trieste in Italia e non solo, a Memoria rappresenta continuativo monito e sprone da non confinare alla sola data del 27 Gennaio.
E insegnamento e riflessione costante nella ricerca dell’antidoto migliore, del vaccino che precluda ora e sempre l’accesso a qualsiasi forma di discriminazione e prevaricazione razziale, sociale, culturale e religiosa. Il “Memoriale Nazionale di Auschwitz” a Trieste ha titolo, pregnanza e calibro per essere portato a compimento assieme a tutte le forze democratiche.
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Diario di Ondina Peteani: da Trieste ad Auschwitz: