Inno a Venere
27 Gennaio 2019Ad Angelo Mai
27 Gennaio 2019di Giovanni Pontano
di Carlo Zacco
Citiamo un altro autore importante, un umanista che scrive solo in latino; di ambito aragonese, della Napoli aragonese, poi esiliato: il Pontano. Uno dei maggiori autori di trattati del 400, del secondo 400, e scrive molti trattati relativi ad ambito morale. Scrive molti dialoghi molto vivaci e mossi e sono soprattutto di imitazione dello scrittore greco Luciano (uno degli autori importante di riferimento per leopardi nelle operette morali). La ironia corrosiva di Luciano viene adottata come modulo brillante soprattutto nei dialoghi, anche se non in forme strettamente trattatistiche.
Dialoghi in forma monologica. I trattati invece sono in forma monologica. Tra questi due ne dobbiamo citare:
a) De sermone. Datato al 1498. tratta della civile conversazione. Di quello che significa in termini di perfetta convivenza la conversazione. Uno degli degli aspetti più importanti di questo è l’urbanitas, l’affabilità urbana che si contrappone alla rozzezza di chi urbano non è. Di chi è rustico, agreste. E l’urbanitas ha come perno la facetudo: l’essere arguti e faceti. Opera ben presente al Castiglione nel secondo libro del Cortegiano, per l’ampia digressione sulle facezie.
b) De Principe. Fine anni 60 inizio anni 70. In forma di epistola. Rivolto non casualmente al duca di calabria, e si collega strettamente ad un discorso che dovrebbe a vere una pertinenza politica: però il trattato del Pontano politico non è.
Il Pontano scrisse molti trattati; due di questi trattati, il De Fortuna e il De Prudentia, erano presenti al Machiavelli perché pubblicati nel 1512 (Pontano muore nel 1503).
Il De Principe
Quello che ci interessa dire è quello che concerne il De Principe. Teniamo presente che una competenza per quello che riguarda gli affari di stato il Pontano doveva averla poiché in anni successivi divenne segretario di stato, con capacità anche notevoli, dal 1486 al 1495. Per quello che riguarda il De Principe, che è un’epistola, nella parte finale, rivolgendosi ad Alfonso duca di Calabria, gli dice che questo l’ha scritto in breve, ma che se vorrà potrà chiamarlo «libro»: epistola dunque dalla dimensione trattatistica, come è ben presente nella coscienza dello scrittore.
Il particolare aspetto politico. Nel saggio della Sapegno, questa epistola è definita un discorso disorganico, da cui la politica è completamente assente. E un giudizio condivisibile se si considera che la disorganicità è quasi programmatica in questo tipo di scritto del Pontano e se si considera che la politica è assente se noi la consideriamo in relazione alla trattazione dello stato ed a ciò che riguarda l’organizzazione e il governo dello stato e i rapporti di forza: aspetti di questo genere sono certo assenti. C’è però una dimensione politica per quello che riguarda la formazione morale del Principe. Sotto questo profilo alcuni studiosi in anni successivi a quelli in cui scriveva la Sapegno, hanno dato giudizi meno drastici.
La tradizione dello speculum principis. E un tipo di scrittura che rientra nell’ambito dei cosiddetti specula principum, un modo di scrittura nell’ambito della trattatistica politica non certo nuova, anzi di solida tradizione medievale: una scrittura che mette in evidenza un catalogo delle virtù morali nel quale il principe dovrebbe specchiarsi per adeguarvisi; una dimensione di carattere ideale in larga misura fondata, in ambito medievale, sotto il profilo etico-religioso, in ambito umanistico e rinascimentale rimane una dimensione di carattere etico-religiosa in prospettive diverse come diversa è la posizione umanistica, poniamo, rispetto alla scolastica, ma nell’ambito umanistico rinascimentale sono evidenziati altri tratti propri della figura anche esteriore del principe, di quello che è anche il ruolo del principe, e di come viene guardata la sua figura da parte dei sudditi, con dei tratti che puntano per esempio su aspetti che non potevano avere lo stesso peso e significato, oltre che in un altro contesto culturale, anche in un ambito politico diverso.
Il contesto politico aragonese. Teniamo presente che cosa significa anche l’evoluzione storico politica nel contesto di cui stiamo parlando in particolar modo del contesto delle corti signorili del quattrocento. In questo caso si tratta di un regno, quello di Napoli, che era diverso per esempio da quello degli Este a Ferrara, ma nel contesto anche del regno di Napoli cera stata una gara di successione piuttosto rilevante ed alcune delle prospettive che si riflettono entro questo trattato hanno anche un una relazione con aspetti propri di una legittimazione della figura del re e del modo in cui la sua figura poteva imporsi verso i sudditi anche in relazione ai contrasti interni dello stato, contrasti di carattere baronale.
La maestà del principe. Per una buona metà questo trattato del Pontano è dedicato alla maiestas: al modo in cui possa acquisire la figura del principe quelle connotazioni che fanno si che egli sia di esempio e modello, ma anche al tempo stesso assuma agli occhi dei sudditi la figura di massima autorevolezza e peso: la maestà del principe.
La «fama». Ecco, che cosa c’è che può interessare una dimensione più politica? Il fatto che, laddove si tratta delle canoniche virtù del principe, il Pontano sottolinea fortemente quello che deve risultare dall’opinione che i sudditi hanno del principe, non soltanto delle virtù che il principe deve avere, ma di come il principe deve essere giudicato. C’è il discorso relativo a quello che potremmo definire la «fama», che non è di secondaria importanza, come vedremo che emerge nel capitolo XV del Principe. Per altro ci sono aspetti interessanti a livello di confronto per noi proprio per quello che sono le prime virtù che vengono indicate nel trattato: non casualmente parla del fatto che quelli che vogliono comandare devono innanzitutto proporsi due scopi: la liberalità e la clemenza.
La parola data. Se poi aggiungiamo che si afferma e sottolinea come motivo massimo di vergogna sia il non serbare le parola data, la fede, noi possiamo vedere come siano i temi dei capitoli XVI, XVII e XVIII del Principe. Il paragone è interessante perché se c’è un discorso sulle virtù morali, c’è anche un discorso fondato su come il Principe deve essere visto dai sudditi, in relazione al tema della maestà. Il tema della maestà in questa forma e con questo peso nel Principe non c’è tuttavia, emerge, ma non in modo centrale.
Il Principe e le Humanae Litterae. Altri aspetti specificamente relativi al Pontano ed interessanti dal punto di vista umanistico sono relativi all’importanza delle lettere e alla conoscenza dello studio e della sapienza nel rapporto per cui si vorrebbe un principe allo stesso tempo letterato: un rapporto principe-lettere che si prolunga anche nel 500 ed entra nel Castiglione.
I consiglieri del Principe. E poi l’altro: il peso dato a coloro che in quanto intellettuali possono alla corte del principe esercitare positivamente il ruolo di consiglieri del principe, anche quei c’è un doppio discorso: contro gli adulatori, e a favore degli intellettuali, dei letterati, dei cortigiani che hanno virtù e qualità adeguate. Altro tempo che troveremo nel Castiglione.
Il precedente petrarchesco. Altro aspetto interessante è la tradizione in cui si inserisce l’epistola del Pontano: è stato notato che nello scrivere questo suo trattatello in questa forma, il Pontano ha in mente il Petrarca: perché anche Petrarca nelle sue lettere, in particolare in una rivolta al signore di Carrara, aveva delineato la figura del buon principe, ed allo stesso tempo aveva messo in guardia contro i mali del comportamento tirannico proprio in un epistola, che era di fatto un’epistola-trattato: il Pontano la riprende in questa forma, dimostrando anche una consapevolezza della tradizione.
Il Pontano scrive soltanto in latino, dunque si pone come uno degli autori che scrivono trattati, ed è significativo soprattutto per la varietà dei temi di diversi registri. Scrive anche dialoghi alcuni dei quali molto brillanti.
Il De sermone, in sei libri, è sulla conversazione, ed ha un legame per certi aspetti per alcuni tratti ripresi da Castiglione nella sua opera. Diverso è il tipo di conversazione. Non una conversazione di corte quella del de sermone. Una differenza di situazioni.