Giovanna Megna
27 Gennaio 2019Rosanna Mutinelli
27 Gennaio 2019film di Tim Robbins
Prof.ssa Giovanna Megna
Condannato a morte (Dead Man Walking) è un film del 1995 diretto da Tim Robbins, basato sull’omonimo romanzo autobiografico di suor Helen Prejean.
Un condannato a morte riceve la visita di una suora; il suo caso è disperato, manca poco al giorno dell’esecuzione. Matthew Poncelet, insieme ad un suo complice, avrebbe ucciso una coppia di giovani fidanzati sorpresi in un boschetto e lo avrebbe fatto con una ferocia inaudita, dopo aver violentato la ragazza. Continua a professarsi innocente e scarica tutta la responsabilità sul presunto complice, che “se l’è cavata” con l’ergastolo. La suora, pur nutrendo fin dall’inizio sospetti sulla dichiarazione di innocenza del giovane condannato, fa di tutto per rinviare il giorno dell’esecuzione, in attesa di un riesame del caso. Tutti i tentativi sono vani. Non bastasse questo, Suor Helen, per nulla aiutata dal condannato stesso, che in una intervista televisiva si dichiara razzista e terrorista, deve anche subire l’ira dei genitori dei ragazzi trucidati che si sentono beffati dal tanto interesse che lei riserva ad un assassino piuttosto che alle vittime dei suoi crimini. Si aggiunga poi a tutto questo il poco apprezzamento della famiglia di Helen per tutta la vicenda, e il fatto che le povere bambine nere delle quali normalmente si occupava a tempo pieno, ora la scansano in quanto amica di un loro nemico.
Nel buio pesto di questa situazione Suor Helen scorge una piccola luce: Matt l’ha scelta come suo “consigliere spirituale”, vale a dire l’unica persona che può assistere un condannato a morte nei suoi ultimi sei giorni e che può farlo fino all’ultimo istante.
Tra momenti di disperazione e di paura, Helen riesce a far breccia nel cuore di Matt che, salutati affettuosamente i suoi, le confessa ad un quarto d’ora dalla sua fine di essere stato lui ad uccidere il ragazzo ed averne violentato la fidanzata, ottenendo così quella libertà evangelica che appartiene solo alla Verità. Matt ha ora la forza, nella camera della morte, di chiedere perdono al padre del ragazzo da lui ucciso ed augurare ai genitori della ragazza di poter trovare sollievo dalla sua esecuzione. Helen, che più volte si era chiesta perché stesse facendo tutto questo, ora trova una risposta più che esauriente.
“Dead man walking!” è l’espressione che usano comunemente i carcerieri americani per annunciare l’ultima passeggiata del condannato diretto dalla sua cella al patibolo. Il film, nei minuti che precedono l’esecuzione, fa una descrizione quasi documentaristica, per colpire con la crudezza delle immagini, lasciando comunque alla riflessione dello spettatore qualsiasi giudizio.
D’altra parte è indubbio che il crescendo emotivo che porta al finale, sia creato per suscitare un senso di disgusto e un conseguente profondo disappunto verso la pratica della pena di morte, contro la quale il regista e sceneggiatore Tim Robbins, sua moglie Susan Sarandon e il loro amico Sean Penn, si battono da sempre, come attivisti politici, ben noti sotto questo profilo soprattutto presso l’opinione pubblica americana.
Nella valutazione in chiave politica della sceneggiatura di questo film, non va sottovalutata la profonda critica alla società americana che sottende la vicenda del complice del protagonista giustiziato che, reo quanto il suo compagno, ha evitato la pena di morte potendosi permettere spese legali più elevate.
(fonte: wikipedia)
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