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27 Gennaio 2019eutanasia stato vegetativo legge trapianto
Ricerca informativa riguardo le questioni e le problematiche suscitate dal caso Englaro a proposito della fine della vita
Per poter parlare di questo ampio, importante e delicato argomento è necessario chiarire i termini principali che vengono toccati: in particolare eutanasia”,”testamento biologico”,”accanimento terapeutico” e trapianto”,inteso nell’ambito delle situazioni in cui si debba trovare una persona (donatore) a cui deve essere asportato un organo.
L’eutanasia: è la pratica che consiste nel procurare la morte nel modo più indolore, rapido e incruento possibile a un essere umano (o ad un animale) affetto da una malattia inguaribile ed allo scopo di porre fine alla sua sofferenza.
– L’eutanasia è volontaria, ossia esplicitamente richiesta – se più di una volta e in momenti differenti è autorizzata dalla persona malata;
– rispetto alle modalità di attuazione, si parla di eutanasia attiva qualora la morte sia provocata in maniera diretta ( ad esempio con la somministrazione di sostanze tossiche ) ed eutanasia passiva qualora la morte sopraggiunga in via indiretta, generalmente a seguito della sospensione delle cure indispensabili a tenere in vita il malato, questa è stata per esempio la decisione presa dalla cassazione per i casi di Eluana Englaro e di Terri Schiavo
– nel caso non vi sia intervento diretto di terzi si parla di suicidio assistito, forma di eutanasia che può essere definita indiretta in quanto consiste nel fornire alla persona richiedente i mezzi e le competenze necessarie a terminare la propria vita nel modo più indolore possibile.
Non si può definire eutanasia la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte, in particolare dopo la diagnosi di morte cerebrale. La morte di una persona infatti secondo la medicina legale avviene all’arresto della attività del sistema nervoso, ci sono diversi test che possono essere fatti per accertare la morte di una persona. Con la fine della vita di una persona cessa anche la sua capacità giuridica in quanto quella persona, cioè non è più titolare di rapporti giuridici, a questo argomento è legato anche il problema della successione.
Il testamento biologico (detto anche: testamento di vita, dichiarazione anticipata di trattamento) è l’espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali.
Un caso recente riferito al testamento biologico è quello Englaro ,anche se non si parla di un vero e proprio testamento biologico ma di una interpretazione da parte del padre(tutore legale della figlia) di una sua volontà, espressa tramite il precedente stile di vita della figlia. Cio ha destato molte perplessità e indecisioni da parte della Cassazione sulla decisione da intraprendere, anche se alla fine ha acconsentito, emettendo la sentenza che permetteva la sospensione dell’alimentazione ad Eluana e di conseguenza la sua morte.
Eluana Englaro di 21 anni, lecchese, ebbe un incidente stradale nel 1992 fu ricoverata all’ospedale ma non ricuperò la coscienza e finì in stato vegetativo. Nel 1999 viene respinta dal tribunale di Lecco la richiesta del padre di Eluana di poter staccare il sondino di alimentazione. Anche il successivo ricorso non viene accolto dalla Corte dAppello di Milano, succede la stessa cosa nel 2003, nel 2005 la Corte di Cassazione ritiene inammissibile il ricorso del padre. Il 16 ottobre del 2007 su ulteriore richiesta la Cassazione dichiara che la richiesta del padre si possa soddisfare a due condizioni: che la scienza dichiari irreversibile lo stato in cui Eluana si trova e che si possa ricostruire la sua volontà presunta” in base alle sue precedenti dichiarazioni ovvero alla sua personalità , dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti”. Questo è stato il pretesto per la decisione della Corte dAppello di sospendere l’alimentazione di Eluana(il 13 novembre 2008). La Cassazione ha giudicato “inammissibile per difetto di legittimazione” il ricorso presentato dalla Procura di Milano e quindi ha fatto sì che diventasse definitivo il decreto della Corte di Appello che aveva autorizzato il distacco del sondino. 34 associazioni hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza Englaro in quanto ritengono che essa violi i diritti dei disabili stabiliti dalla Convenzione ONU sulla disabilità del 2006 , e che è stata firmata dall’Italia l’anno scorso. L’articolo 25 di questa Convenzione, che si occupa del diritto alla salute, prevede che gli stati sostenitori debbano prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di cure e servizi sanitari o di cibi e fluidi sulla base della disabilità.
Lo stato di Eluana è definito come stato vegetativo persistente (che non significa irreversibile)
Lo stato vegetativo persistente, noto anche come coma vigile, è una condizione dei pazienti con danno cerebrale severo nei quali il coma è progredito ad uno stato di veglia non corrispondente allo stato di consapevolezza o coscienza. Esistono molte controversie sia da un punto di vista medico che legale sul fatto che questa condizione sia irreversibile o meno, i medici non sono unanimi su questo.
Lo stato vegetativo persistente non è l’equivalente del coma o della morte cerebrale.
I pazienti in uno stato vegetativo persistente sono ritenuti in genere come in stato di incoscienza e non consapevoli. Non rispondono agli stimoli esterni, eccetto, eventualmente, agli stimoli dolorosi. A differenza del coma, dove si osserva che gli occhi del paziente rimangono chiusi, questi pazienti nello stato vegetativo spesso aprono gli occhi. Possono seguire cicli sonno-veglia, oppure restare in uno stato di veglia cronico. Possono mostrare alcuni comportamenti che possono essere il prodotto di un parziale stato di coscienza, come il digrignamento dei denti, ingoiare, singhiozzare, sorridere, lacrimare e piangere senza alcuno stimolo esterno apparente.
Molti pazienti emergono da uno stato vegetativo in poche settimane, ma per quelli che non si riprendono entro 30 giorni si parla di stato vegetativo persistente. Le possibilità di recupero dipendono dall’entità della lesione al cervello e dall’età del paziente, con le migliori possibilità di recupero per i giovani rispetto agli anziani.
Dopo un anno, le possibilità che un paziente in stato vegetativo persistente riguadagni la coscienza sono molto basse e la maggior parte dei pazienti che recuperano la coscienza sperimentano disabilità significative. Mentre quanto più a lungo un paziente si trova in questo stato, tanto maggiori saranno le disabilità risultanti. Si registrano pochi casi di persone che si sono riprese da un lungo stato di coma vigile. In opposizione alla morte cerebrale, lo stato vegetativo persistente (PVS) non viene riconosciuto come morte in nessun sistema legale. Questo argomento indefinito ha portato ad alcuni processi riguardanti persone nello stato di coma vigile, con accesi dibattiti tra quelli che credono che vi debba essere il diritto a morire, e quelli che sono ugualmente determinati nella convinzione, che se esiste una seppur minima possibilità di recupero, le terapie debbano continuare.
Il trapianto d’organo è un intervento di chirurgia che prevede due fasi: il prelievo dell’organo da un soggetto detto donatore e il successivo impianto dell’organo su di un soggetto detto ricevente, con l’eventuale espianto dell’organo non funzionante da rimuovere
Gli organi vengono prelevati da un paziente di cui sia stata accertata la morte cerebrale secondo le modalità di legge per l’accertamento (diverse a seconda degli Stati). In Italia, una commissione di tre specialisti (un esperto in neurofisiologia, un rianimatore e un medico legale) monitora le condizioni cliniche per un periodo di tempo definito dalla legge e può stabilire lo stato di morte soltanto se, oltre alla constatazione clinica del decesso, si presentano contemporaneamente tutte queste condizioni:
-stato di incoscienza
-verifica del danno cerebrale, tramite TAC e imaging a risonanza magnetica
-assenza di riflessi del tronco cerebrale (struttura deputata a mantenere le funzioni fondamentali della vita)
-assenza di respiro spontaneo rispetto al significato proprio del termine
-assenza di qualunque attività elettrica cerebrale, verificata tramite elettroencefalogramma
-assenza dell’irrorazione di sangue al cervello (nei casi in cui non sia possibile verificare i riflessi del tronco cerebrale o effettuare l’elettroencefalogramma)
Il tempo di accertamento dell’assenza di condizioni vitali nell’encefalo è stato con successive modifiche alla legge portato a 12 ore e poi alle 6 ore attuali.
La morte cerebrale non va confusa con lo stato vegetativo, che comporta soltanto la prima di queste condizioni(caso di Eluana Englaro) ovvero la perdita di coscienza, ma conserva le funzioni vegetative del cervello (ossigenazione, battito cardiaco e mantenimento della temperatura corporea).
Nel caso di morte cerebrale l’ossigenazione, la circolazione sanguigna e il mantenimento della temperatura corporea sono possibili soltanto con l’ausilio delle macchine e per un tempo limitato (generalmente non più di 48 ore)oltre questo termine si può parlare di accanimento terapeutico.
Una volta accertata la morte cerebrale, può essere effettuato il prelievo degli organi.
In Italia il trapianto è regolato dalla legge n. 91 del 1º aprile 1999 e da un decreto del Ministero della Sanità
L’ accanimento terapeutico consiste nell’applicazione, in assenza di consenso informato, di tecniche mediche che prevedono l’uso di macchinari e farmaci al fine di sostenere artificialmente le funzioni vitali di individui affetti da patologie inguaribili e tali da determinare la loro morte in assenza dell’impiego di tali tecniche. Welby giustificò la sua decisione di staccare la spina al respiratore con il fatto che ciò fosse un accanimento terapeutico da parte dei medici nei suoi confronti. (fonte: wikipedia)
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