Il Saul di Vittorio Alfieri
28 Dicembre 2019Giuseppe Ungaretti nomade e i suoi fiumi
28 Dicembre 2019La poesia “Di luglio” di Giuseppe Ungaretti evoca l’immagine dell’estate come una forza primordiale e distruttrice, capace di trasformare e devastare il paesaggio naturale.
“Di Luglio” di Giuseppe Ungaretti: testo e parafrasi
Testo della poesia di Ungaretti:
Quando su ci si butta lei, Strugge forre, beve fiumi, Macina scogli, splende, |
Parafrasi:
Quando lei (l’estate) si getta dall’alto, L’estate distrugge le valli, prosciuga i fiumi, e con la sua potenza frantuma anche le rocce. |
Analisi:
La poesia “Di luglio” si sviluppa attorno a immagini che evocano un’estate inarrestabile e devastante. Ungaretti descrive la stagione come una forza elementare, dotata di una potenza quasi divina o cosmica. L’estate non è semplicemente una fase del ciclo naturale, ma un’entità che trasforma radicalmente il paesaggio, rendendo la natura fragile e vulnerabile.
Il poeta utilizza immagini visive forti e suggestive, come il fogliame che, quando colpito dall’estate, cambia colore, diventando rosa pallido, un colore che suggerisce la decadenza e la debolezza di fronte alla potenza del caldo. Questo colore triste di rosa è molto lontano dal vivace verde dell’estate che ci si aspetterebbe: la natura si indebolisce, e il verde si perde sotto l’azione del calore. La trasformazione della natura è rappresentata in modo drammatico: valli (forre) che si distruggono, fiumi che vengono prosciugati, e rocce che vengono macinate, come se anche la materia più dura fosse vulnerabile alla potenza distruttiva dell’estate.
La frase “È furia che s’ostina, è l’implacabile” sottolinea la natura incessante e crudele dell’estate, che non concede tregua. Non c’è pietà nel suo agire: l’estate, con il suo calore opprimente, persiste nella sua azione, alterando e spogliando la natura senza mai fermarsi. Questo senso di inesorabilità si intensifica con l’immagine degli “occhi calcinanti” dell’estate, che bruciano e trasformano tutto ciò che osservano.
Il tema della distruzione e del decadimento della terra è ricorrente. Il paesaggio che l’estate lascia dietro di sé è uno scheletro spoglio: la vita che riempie la terra in primavera e inizio estate viene consumata e ridotta all’osso. Questo scheletro è un simbolo potente della fragilità e della finitezza di ogni cosa. La natura ciclica delle stagioni, che riporta sempre l’estate ogni anno, fa sì che questo processo di distruzione si ripeta nei secoli, lasciando una terra in continua decadenza.
Commento:
La rappresentazione dell’estate in questa poesia è profondamente ambivalente. Se da un lato il calore e la luce possono essere visti come simboli di vitalità e crescita, qui Ungaretti sottolinea l’altro lato della medaglia: l’estate è anche sinonimo di forza distruttrice, un processo naturale ma spietato che non risparmia nulla. L’immagine della fury associata alla stagione estiva riflette il modo in cui la natura può agire con violenza e senza controllo, abbattendo persino ciò che è solido e duraturo come le rocce.
La poesia può anche essere letta in chiave metaforica: l’estate diventa il simbolo di forze più ampie che sovrastano e dominano l’individuo e la vita. Il calore e la luce possono rappresentare il passare del tempo, che lentamente ma inevitabilmente consuma ogni cosa, lasciando dietro di sé solo “lo scheletro” delle cose, della vita e della memoria. L’azione dell’estate può quindi essere vista come una metafora del ciclo della vita e della morte, in cui l’energia vitale, pur esplodendo con grande potenza, alla fine conduce alla dissoluzione.
Ungaretti sembra suggerire una visione profondamente esistenziale dell’estate: l’implacabilità della stagione diventa una riflessione sulla condizione umana, sulla precarietà della vita e sulla forza inarrestabile della natura che travolge ogni cosa, compreso l’uomo. Questo aspetto del suo pensiero si collega alla sua esperienza di vita, profondamente segnata dalle sofferenze e dalle tragedie della guerra, dove la distruzione e la perdita erano costanti.
La poesia risuona anche con la sensibilità di Ungaretti verso la temporalità e l’impermanenza. Le forze naturali che sembrano eterne, come il calore dell’estate, finiscono per essere anch’esse consumate, riflettendo un ciclo di creazione e distruzione che, nella sua apparente continuità, è comunque segnato dalla fine. Anche l’estate — simbolo per eccellenza del trionfo della luce e della vita — è destinata a cedere il passo alla decadenza e all’autunno, come se il ciclo delle stagioni fosse una costante allegoria del destino umano.
Conclusione:
“Di luglio” è una poesia che spiazza per il suo modo di rappresentare una stagione generalmente associata alla pienezza della vita come un momento di declino e devastazione. Ungaretti riesce a trasformare il calore e la luce dell’estate in simboli della distruzione e della sofferenza, offrendo una visione del tutto personale di questa stagione, che diventa, in ultima analisi, un modo per parlare del tempo che passa e della fragilità delle cose.