Man and the natural world in English Literature of Wordsworth & Coleridge
10 Marzo 2019La follia
10 Marzo 2019Cornelli Andrea
L’IMPERIALISMO ROMANO NELLA LETTERATURA LATINA
DALL’AGRICOLA:
DENUNCIA DELL’IMPERIALISMO ROMANO NEL DISCORSO DI CALGACO
<<Ogni volta che esaminiamo le cause della guerra e la situazione critica in cui ci troviamo, mi sento grandemente incoraggiato a sperare che oggi il vostro accordo darà inizio al recupero della libertà per la Britannia intera: giacché vi siete raccolti tutti insieme, siete liberi da servitù, non ci sono terre alle nostre spalle, e neppure il mare offre rifugio, con la flotta romana che ci stringe da vicino. E così la battaglia e le armi, onorevoli per i valorosi, sono nel medesimo tempo la via più sicura anche per i vili. Nelle precedenti battaglie, in cui con esito vario si combatté contro i Romani, c’era nelle nostre braccia una speranza d’aiuto, giacché noi, i più nobili di tutta la Brítannia, e per questo posti nei suoi recessi più segreti, da dove non vediamo Nidi di popoli asservíti, anche gli occhi conservavamo intatti dal contagio della schiavitù. Noi, posti all’estremo confine del mondo e della libertà, fino ad oggi siamo stati protetti dal nostro isolamento stesso, che manteneva celata ogni notizia di noi. Ora l’estremo lembo della Britannia è accessibile, e tutto ciò che è ignoto si immagina straordinario; ma nessun popolo c’è più in là, niente se non flutti e scogli e, ancor più pericolosi, i Romani, alla cui prepotenza è vano sperar di sfuggire con la sottomissione e il rispetto. Predatori del mondo, ora che tutto devastando hanno esaurito le terre, frugano il mare. avidi se il nemico è ricco, bramosi di dominio se è povero, non l’oriente, non l’occidente è bastato a saziarli. ricchezza e povertà in loro soltanto destano la medesima sfrenata brama. Rubare, trucidare, rapinare con falso nome chiamano impero, e dove fanno il deserto, la chiamano pace.
La natura ha voluto che a ciascuno fossero sommamente cari i propri figli e parenti. i primi ci sono portati via dalle leve, a servire lontano; le nostre spose e sorelle, quando pure riescano a sfuggire alle voglie del nemico, sono poi violate con il pretesto dell’amicizia e dell’ospitalità. Beni e sostanze se ne vanno per il tributo, il frutto dei campi e la fatica di un anno per la contribuzione in frumento, i nostri corpi stessi e le nostre mani si consumano nel rendere praticabili foreste e paludi, tra percosse e insulti. Gli schiavi, che sono nati per servire, sono venduti una volta sola, e sono i padroni a provvedere al loro mantenimento: la Britannia ogni giorno compra la sua schiavitù, ogni giorno la nutre. E come fra gli schiavi gli ultimi arrivati sono oggetto di scherno anche per i compagni di schiavitù, così in questa massa di servi a cui è stato ridotto da tempo il mondo intero, noi, ultimi e disprezzati, siamo aggrediti per essere sterminati, giacché non abbiamo campi fertili, o miniere, o porti, per sfruttare i quali valga la pena di mantenerci in vita. Inoltre il valore e la fierezza dei sottoposti non sono graditi ai dominatori, e la lontananza e l’isolamento stessi, quanto più offrono sicurezza, tanto più destano sospetto. E così non c’è speranza di scampo: animo dunque, sia che la salvezza sia che la gloria soprattutto vi stiano a cuore. “