Linda De Benedictis
27 Gennaio 2019Mario Falanga
27 Gennaio 2019INTRODUZIONE
La Divina Commedia Poema didascalico-allegorico di Dante Alighieri, scritto verosimilmente tra il 1305 e il 1321, composto in terzine di endecasillabi a rima incatenata e organizzato in 100 canti, suddivisi in tre cantiche – Inferno, Purgatorio e Paradiso – di 33 canti ciascuna, più un canto introduttivo. E’ considerato il massimo capolavoro della letteratura italiana e una delle più grandi opere della letteratura mondiale di tutti i tempi.
LA STRUTTURA E LA LINGUA
Come si può intuire dal contenuto del poema, la Commedia ha una struttura assai articolata e complessa, ricca di allegorie, simmetrie e parallelismi basati sui numeri 3 (numero della Trinità) e 10 (numero perfetto) e sui loro multipli. Ad esempio, 3 sono le cantiche della Commedia, ciascuna è composta da 33 canti e 100 sono i canti totali. Tutti e 3 i regni dell’oltretomba sono ripartiti in 9 zone più una, per un totale di 10: l’inferno ha un vestibolo e 9 cerchi; il purgatorio ha la spiaggia, lantipurgatorio, 7 gironi e il paradiso terrestre; il paradiso ha 9 cieli e lempireo. Le anime dei dannati sono organizzate in tre gruppi principali (incontinenti, violenti, fraudolenti), così come le anime dei penitenti (coloro che diressero il loro amore verso il male, coloro che amarono poco il bene e coloro che amarono troppo i beni terreni) e le anime beate (spiriti mondani, attivi e contemplativi). Altri esempi di simmetria sono il canto VI di ogni cantica, che affronta sempre un tema politico allargando però progressivamente la prospettiva (Firenze nell’inferno, l’Italia nel purgatorio, l’Impero nel paradiso), oppure la selva nella quale si perde Dante all’inizio dell’inferno che è speculare rispetto alla foresta divina” del paradiso terrestre alla fine del purgatorio.
La lingua della Commedia è il volgare di uso corrente, e precisamente il dialetto fiorentino in tutte le sue forme, auliche o plebee, arricchito da latinismi, gallicismi e neologismi (ossia parole inventate da Dante stesso). Ma il poeta ha saputo utilizzare il linguaggio con straordinaria creatività e sapienza, piegandolo a esprimere i sentimenti più sottili e i concetti più difficili e dimostrando così le reali possibilità della nuova lingua (si ricordi che all’epoca della Commedia il volgare non aveva ancora una consolidata dignità letteraria e veniva utilizzato quasi esclusivamente nella lirica amorosa). Per questo motivo Dante è considerato a ragione il padre della lingua italiana.
LE RAGIONI DEL TITOLO
L’aggettivo divina” associato alla Commedia fu utilizzato per la prima volta da Boccaccio nella sua biografia dantesca ed entrò definitivamente a far parte del titolo del poema a partire da unedizione a stampa del 1555 a cura di Ludovico Dolce. Dante aveva intitolato la sua opera semplicamente commedia, ossia appartenente al genere che la retorica medievale definiva comico”, e ne spiegò le ragioni nell’epistola XIII indirizzata a Cangrande della Scala (con la quale accompagnava la presentazione di alcuni canti del Paradiso): il trascorrere della vicenda da un inizio pauroso alla conclusione lieta e l’adozione di uno stile umile e dimesso per raggiungere il pubblico più vasto. L’opera infatti, secondo le intenzioni di Dante, aveva lo scopo di indicare all’umanità il percorso di liberazione dal peccato.
La voragine infernale è costituita da nove enormi gradini o cerchi concentrici che scendono sempre più stretti verso il centro della Terra. Sopra di essi sono puniti i peccatori, con pene la cui gravità è proporzionale alla gravità del peccato commesso e aumenta con il procedere verso il basso. Dopo gli ignavi, che si trovano nel vestibolo, e i morti senza battesimo nel I cerchio, il limbo, i cerchi dal II al V sono occupati dagli incontinenti (incapaci di frenare le passioni), ossia lussuriosi, golosi, prodighi e avari, iracondi e accidiosi. Il VI cerchio ospita gli eretici. Il VII cerchio comprende i violenti ed è diviso in tre gironi: i violenti contro il prossimo (tiranni, omicidi e predoni), i violenti contro se stessi (suicidi e scial’acquatori), i violenti contro Dio (bestemmiatori), natura (sodomiti) e arte (usurai). LVIII cerchio è diviso in dieci fossati (Malebolge), in ciascuno dei quali sono puniti i fraudolenti contro chi non si fida: seduttori, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia, falsari. Il IX cerchio ospita i fraudolenti contro chi si fida, cioè i traditori, ed è diviso in quattro zone: Caina (traditori dei parenti), Antenora (traditori della patria), Tolomea (traditori degli ospiti), Giudecca (traditori dei benefattori). In fondo al IX cerchio, Lucifero dilania nelle sue tre bocche i traditori della Chiesa e dell’Impero, ossia Giuda, Bruto e Cassio.
Doré: Divina commedia I personaggi e gli episodi della Divina commedia, in particolare dell’Inferno, hanno ispirato nei secoli generazioni di pittori e illustratori, dagli anonimi artisti dei tempi di Dante ai maestri ottocenteschi come Füssli, Blake, Delacroix. Celebri sono anche le tavole dell’incisore francese Gustave Doré, come questa scena di fuga e inseguimento tra i dannati datata 1861.Corbis
I dannati, oltre al castigo morale della privazione della vista di Dio, scontano pene fisiche regolate dalla legge del contrappasso, per analogia o per contrasto rispetto alla colpa commessa. Così, ad esempio, i lussuriosi, che in vita furono travolti dalla passione dei sensi, ora sono trascinati dalla bufera infernale, oppure gli indovini, che sulla terra vollero guardare troppo avanti, nell’inferno sono costretti a camminare con la testa rivolta all’indietro.
di Elena